Effetti della provvisoria sospensione dell’efficacia esecutiva di un titolo

L’intervento del creditore, del cui titolo esecutivo la provvisoria esecutività sia stata sospesa, non per ciò stesso perde ogni effetto nell’ambito del processo di espropriazione forzata. Tale creditore, certamente, non potrà partecipare alle distribuzioni che dovessero avvenire medio tempore, ma se, prima della conclusione del processo esecutivo, il titolo recupera la sua vigenza, l’atto di intervento già compiuto riprende l’originario vigore, legittimando la concorrenza del creditore alle ulteriori fasi distributive.

Così la Corte di Cassazione Civile, con la sentenza n. 4034/21, depositata il 16 febbraio La sentenza in commento trae origine dal procedimento esecutivo immobiliare instaurato avanti al Tribunale di Roma relativamente a tre diversi crediti vantati dalla medesima creditrice nei confronti del debitore esecutato. Nell’ambito di tale procedimento, il Giudice dell’esecuzione aveva escluso dalla distribuzione dei proventi della vendita coatta del bene pignorato i crediti vantati dalla ricorrente in forza di una sentenza la cui efficacia esecutiva era stata sospesa prima dell’udienza ex art. 596 c.p.c., salvo poi essere definitivamente confermata in data anteriore all’approvazione del progetto di distribuzione. Secondo il Giudice dell’esecuzione, al fine di non procrastinare sine die l’approvazione del progetto di distribuzione, il requisito dell’esecutività del titolo esecutivo deve sussistere al momento della celebrazione dell’udienza di cui all’art. 596 c.p.c., senza che possa avere rilievo la circostanza, come avvenuto nel caso di specie, che nelle more del rinvio di tale udienza sia venuta meno la ragione di sospensione dell’esecutività del titolo. La creditrice ha impugnato avanti alla Corte di Cassazione la sentenza del Giudice dell’esecuzione, censurando la decisione nella parte in cui quest’ultimo aveva ritenuto che, essendo stata sospesa l’esecutività della sentenza da cui derivano i crediti oggetto di intervento, risultavano insussistenti sia i presupposti per l’intervento di cui all’art. 499 c.p.c., sia quelli per l’accantonamento di cui all’art. 501 c.p.c Accogliendo il ricorso, gli Ermellini hanno statuito che l’intervento del creditore, del cui titolo esecutivo la provvisoria esecutività sia stata sospesa, non per ciò stesso perde ogni effetto nell’ambito del processo di espropriazione forzata. Tale creditore , certamente, non potrà partecipare alle distribuzioni che dovessero avvenire medio tempore, ma se, prima della conclusione del processo esecutivo, il titolo recupera la sua vigenza, l’atto di intervento già compiuto riprende l’originario vigore, legittimando la concorrenza del creditore alle ulteriori fasi distributive. In tal modo si evita un’irragionevole disparità di trattamento rispetto alla posizione del creditore pignorante, per il quale la perdita della provvisoria esecutività del titolo non determina l’inefficacia del pignoramento, ma soltanto la sospensione esterna” del processo esecutivo, in attesa che il titolo sia definitivamente revocato oppure confermato. Tale disparità di trattamento, peraltro, risulta ancora più marcata ove si consideri l’ipotesi, adombrata dallo stesso Giudice dell’esecuzione nel caso di specie, nella quale la sospensione dell’efficacia esecutiva riguardi il titolo del creditore interveniente rimasto l’unico capace di provocare i singoli atti espropriativi, essendo venuto definitivamente meno il diritto ad agire in executivis del creditore pignorante in tal caso, infatti, si dovrebbe ammettere che si faccia luogo alla sospensione esterna” del processo esecutivo, invece negata nel caso in cui al medesimo creditore si affianchi un altro munito di tiolo efficace.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 13 novembre 2020 – 16 febbraio 2021, n. 4034 Presidente Vivaldi – Relatore D’Arrigo Fatti di causa D.G.A. è creditrice nella procedura esecutiva immobiliare pendente innanzi al Tribunale di Roma a carico di D.C.G. . In particolare, ad oggi la D.G. vanta tre distinti crediti anzitutto, è creditrice in proprio, in forza della sentenza del Tribunale di Roma, sezione lavoro, n. 4717/2004 in secondo luogo, si è resa cessionaria del credito del proprio difensore distrattario avvocato Daniela Terracciano, nella cui posizione di creditore intervenuto nella medesima procedura esecutiva è subentrata ex art. 111 c.p.c. infine, la d.G. è cessionaria anche del credito vantato da M.G. . Quanto al primo credito, accadeva che Corte d’appello di Roma, dinanzi alla quale la sentenza era stata impugnata, ne sospendeva la provvisoria esecutività. In ragione di tale sospensione, all’udienza dell’8 novembre 2011, fissata dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 596 c.p.c., la D.G. chiedeva l’accantonamento delle somme a lei spettanti. Il giudice dell’esecuzione, invece, escludeva definitivamente il credito della D.G. , osservando che la sospensione c.d. esterna ex art. 623 c.p.c. concerne solo la posizione del creditore procedente o dell’intervenuto titolato che, essendo venuto meno il credito principale, è rimasto l’unico capace di promuovere i singoli atti esecutivi. Ed invece, nessuna analoga previsione esiste nell’ipotesi in cui la sospensione riguardi il titolo di un creditore intervenuto ai soli fini del diritto alla partecipazione alla distribuzione poiché tale diritto richiede l’attualità del titolo esecutivo, ove questo sia stato sospeso, l’intervenuto non può partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla vendita forzata, nè darsi luogo ad accantonamento in suo favore. Quanto al credito originariamente della M. , va detto che la stessa, unitamente a tale C.E. , aveva eseguito il pignoramento immobiliare a carico del D.C. , in forza della sentenza del Tribunale di Roma, sezione lavoro, n. 4721/2004. In sede di approvazione del progetto di distribuzione, tuttavia, il giudice dell’esecuzione riteneva che la sentenza contenesse una condanna solamente generica e, di conseguenza, non costituisse idoneo titolo esecutivo. La M. veniva quindi esclusa dalla partecipazione alla distribuzione delle somme ricavate dalla vendita giudiziaria. Dopo l’esecuzione di un riparto parziale, il giudice dell’esecuzione fissava una nuova udienza, per il giorno 13 giugno 2012, per approvare un secondo progetto di distribuzione. Medio tempore si verificavano due circostanze. La Corte d’appello di Roma, che aveva sospeso la provvisoria esecutività della sentenza n. 4717/2004, sulla quale si basavano le prime due posizioni creditizie della D.G. il credito ab origine suo e quello cedutole dal difensore distrattario , rigettava il gravame. Pertanto, la D.G. chiedeva di essere riammessa a partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla vendita. Per altro verso, la M. così come altri creditori nella sua stessa posizione si muniva, per il medesimo credito risultante dalla sentenza n. 4721/2004 ritenuta dal g.e. come contenente una condanna solamente generica , di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 3637/2012 , con il quale interveniva nel medesimo processo esecutivo. Chiedeva quindi di partecipare al concorso distributivo. Il giudice dell’esecuzione approvava solo in parte il progetto di distribuzione e, quanto alle posizioni sopra indicate, rinviava dapprima all’udienza del 2 ottobre 2012 e poi a quella del 6 marzo 2013. All’esito, con ordinanza emessa in pari data, il giudice dell’esecuzione escludeva definitivamente dalla distribuzione i crediti vantati dai creditori intervenuti in forza della sentenza n. 4717/2004, e quindi anche il credito già ab origine facente capo alla D.G. e quello dell’avvocato Terracciano, nel frattempo ceduto alla medesima D.G. . Con la medesima ordinanza, il giudice dell’esecuzione riteneva tardivi gli interventi effettuati dai creditori che si erano nel frattempo muniti di decreti ingiuntivi, tra cui quello della M. , che poi cedeva il proprio diritto alla D.G. . I creditori pretermessi proponevano opposizione ai sensi degli artt. 512 e 617 c.p.c. con ordinanza del 20 dicembre 2013, il giudice dell’esecuzione rigettava le opposizioni fatta eccezione per quella proposta dalla SARA s.r.l., che qui non rileva ed assegnava alle parti un termine per l’introduzione del giudizio di merito. Il Tribunale di Roma rigettava le domande dei creditori opponenti, condannandoli al pagamento delle spese processuali. La sentenza è stata fatta oggetto di ricorso per cassazione, articolato in due motivi, da parte della D.G. , a tutela di tutte le tre posizioni creditorie delle quali è divenuta nel frattempo titolare. Hanno resistito con controricorso il D.C. , debitore esecutato, e il Condominio OMISSIS , creditore ammesso alla fase distributiva. La D.G. e il D.C. hanno depositato memorie difensive. All’esito della pubblica udienza del 23 maggio 2019, la trattazione del ricorso è stata rinviata per consentire l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i creditori inclusi nel progetto di distribuzione, litisconsorti necessari. Espletato tale adempimento, la causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 13 novembre 2020. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo concerne i due crediti risultanti dalla sentenza n. 4717/2004, la cui provvisoria esecutività è stata sospesa dalla Corte d’appello precedentemente alla prima udienza ex art. 596 c.p.c., ma che poi era stata definitivamente confermata in data anteriore alla approvazione del progetto di distribuzione definitivo. La ricorrente, deducendo la violazione degli artt. 499, 500, 510, 596, 623 e 626 c.p.c., censura la pronuncia impugnata nella parte in cui ha ritenuto che, essendo stata sospesa l’esecutività della sentenza da cui derivavano i crediti oggetto di intervento, risultavano insussistenti, sia i presupposti per l’intervento di cui all’art. 499 c.p.c., sia quelli per l’accantonamento di cui all’art. 510 c.p.c. Il Tribunale ha ritenuto che, onde non procastinare sine die l’approvazione del progetto di distribuzione, il requisito della esecutività del titolo esecutivo deve sussistere all’udienza di cui all’art. 596 c.p.c., senza che possa avere rilievo la circostanza, come avvenuto nel caso di specie, che nelle more del rinvio di tale udienza sia venuta meno la ragione di sospensione della esecutività del titolo. Osserva, invece, la ricorrente che la sospensione temporanea del titolo esecutivo non aveva fatto venir meno la legittimità dell’intervento, che deve essere valutata in relazione al momento in cui esso è compiuto, sicché il Tribunale avrebbe errato nell’escludere dalla distribuzione i crediti in esame soltanto perché, alla data dell’udienza di cui all’art. 596 c.p.c., l’efficacia del titolo esecutivo era sospesa, a maggior ragione se ove si consideri che l’udienza di formazione del progetto di distribuzione aveva subito un rinvio e, nelle more, il titolo aveva nuovamente acquistato la propria esecutività. In aggiunta, la ricorrente si duole del mancato accantonamento delle somme, sostenendo che - in subordine - il Tribunale avrebbe comunque dovuto concederle il termine per munirsi di un titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 499 c.p.c., u.c. 2. In ordine logico, va affrontata anzitutto la questione della riacquisita efficacia esecutiva del titolo in data anteriore alla approvazione del definitivo progetto di distribuzione. Sotto questo profilo, la censura è fondata. Se, da un lato, è sostenibile che la perdita dell’efficacia esecutiva del titolo dell’interveniente non può legittimare la sospensione esterna dell’intero processo esecutivo e se è altrettanto vero che tale requisito deve essere verificato alla data di formazione del progetto di distribuzione, la decisione impugnata merita censura nella parte in cui ritiene irrilevante la circostanza dell’avvenuto ripristino dell’efficacia esecutiva del titolo provvisoriamente sospeso. In sostanza, il Tribunale così sembra ragionare poiché la sospensione esterna dell’efficacia esecutiva del titolo dell’interveniente non ha effetti paralizzanti dell’intero processo esecutivo, costui esce definitivamente di scena e non può rientrarvi, in forza dell’originario intervento, che nel frattempo ha perso validità, neppure se l’efficacia di quello stesso titolo esecutivo viene nel frattempo ripristinata. Ciò che ripugna al Tribunale, dunque, è l’idea che - pur non ricorrendo le condizioni per una sospensione esterna dell’intero processo esecutivo, per esservi altri creditori autonomamente capaci di provocare i singoli atti di espropriazione la singola posizione dell’intervenuto, il cui titolo esecutivo sia stato sospeso, possa entrare in una situazione di quiescenza che, senza danneggiare il decorso del processo esecutivo, nè rallentare i tempi di soddisfazione degli altri creditori, sia suscettibile di reviviscenza qualora il titolo riacquisti l’efficacia esecutiva persa. Invece, deve ritenersi che l’intervento del creditore, del cui titolo esecutivo la provvisoria esecutività sia stata sospesa, non per ciò stesso perde ogni effetto nell’ambito del processo di espropriazione forzata. Tale creditore, certamente, non potrà partecipare alle distribuzioni che dovessero avvenire medio tempore, ma se, prima della conclusione del processo esecutivo, il titolo recupera la sua vigenza, l’atto di intervento già compiuto riprende l’originario vigore, legittimando la concorrenza del creditore alle ulteriori fasi distributive. A fare di una simile conclusione milita, per un verso, il principio della par condicio creditorum, in quanto in tal modo viene favorita la concorrenza dei creditori nel processo esecutivo avente ad oggetto i beni del comune debitore. Per altro verso, in tal modo si evita un’irragionevole disparità di trattamento rispetto alla posizione del creditore pignorante, per il quale la perdita della provvisoria esecutività del titolo non determina l’inefficacia del pignoramento, ma soltanto la sospensione esterna del processo esecutivo, in attesa che il titolo sia definitivamente revocato oppure confermato. Tale disparità di trattamento, peraltro, risulta ancora più marcata ove si consideri l’ipotesi, adombrata dallo stesso Tribunale, nella quale la sospensione dell’efficacia esecutiva riguardi il titolo del creditore interveniente rimasto l’unico capace di provocare i singoli atti espropriativa, essendo definitivamente venuto meno il diritto ad agire in executivis del creditore pignorante in tal caso, infatti, si dovrebbe ammettere che si faccia luogo alla sospensione esterna del processo esecutivo, invece negata nella forma particolare della quiescenza di cui si è detto nel caso in cui al medesimo creditore affianchi un altro munito di titolo efficace. 3. Il primo motivo è quindi fondato, con assorbimento della questione relativa all’accantonamento. 4. Il secondo motivo concerne il credito già appartenuto alla M. e poi ceduto alla D.G. . In questo caso il giudice dell’esecuzione, interpretando la sentenza n. 4721/2004, ha escluso l’idoneità della stessa a valere come titolo esecutivo, in quanto contenente una condanna meramente generica. La M. , unitamente ad altri creditori nella sua stessa situazione, si è munita di un titolo esecutivo per il medesimo credito ed in forza di tale titolo è intervenuta nel processo esecutivo, ma il suo intervento è stato ritenuto tardivo e quindi inefficace. 5. La ricorrente deduce la violazione degli artt. 499, 500, 510, 566 e 596 c.p.c. A suo parere, il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che tali interventi si riferissero a crediti nuovi e fossero, pertanto, inammissibili in quanto tardivi. Ed invece, avrebbe dovuto considerare che, sebbene la M. , già creditore pignorante, fosse intervenuta nel processo esecutivo, da essa stessa instaurato, azionando formalmente un titolo esecutivo diverso da quello in forza del quale era stato eseguito il pignoramento, il rapporto sostanziale sottostante era il medesimo e dunque l’atto di intervento non poteva considerarsi nuovo , trattandosi della semplice sostituzione formale di un titolo esecutivo ad un altro. Pertanto, il Tribunale avrebbe dovuto assimilare la posizione della M. a quella dell’interveniente non titolato, con applicazione dell’art. 499, comi 5 e 6, oppure ritenere l’intervento direttamente ammissibile, in quanto relativo al medesimo credito per il quale era stato eseguito il pignoramento. 6. Il motivo è infondato. Il titolo esecutivo non deve possedere solamente i requisiti formali di cui all’art. 474 c.p.c., comma 2, ma deve essere pure relativo, ai sensi del comma 1 medesima disposizione, ad un credito liquido ed esigibile. Qualora il giudice dell’esecuzione escluda tali caratteristiche in capo al credito per il quale si procede e la decisione non risulta essere stata impugnata nelle forme di rito , l’effetto è che la nullità del precetto si propaga al pignoramento ed il processo esecutivo si estingue, a meno che come è avvenuto nel caso in esame - non sia nel frattempo intervenuto qualche altro creditore munito di titolo esecutivo. Se il processo esecutivo procede su impulso del creditore intervenuto, il creditore pignorante, per così dire espulso dal processo esecutivo da lui stesso originariamente avviato, potrà certamente rientrarvi, munitosi di titolo esecutivo, mediante atto di intervento. Ma, in tal caso, dovrà accettare il processo esecutivo nello stato in cui si trova per effetto delle iniziative nel frattempo compiute dagli altri creditori, senza alcuna possibilità - non prevista dalla legge - di ancorare gli effetti del proprio intervento a quelli del pignoramento nullo perché compiuto in difetto di titolo esecutivo. Consegue che, qualora nel frattempo nel processo esecutivo si sia tenuta la prima udienza per l’autorizzazione della vendita, l’interveniente non potrà partecipare all’espropriazione, ai sensi dell’art. 564 c.p.c., senza che possa acquistare alcun rilievo la circostanza che l’intervento sia stato eseguito per il medesimo credito per il quale era stato effettuato il pignoramento nullo. 7. In conclusione, il primo motivo di ricorso è fondato e va accolto, mentre il secondo è infondato e deve essere rigettato. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio al medesimo Tribunale, in persona di diverso magistrato. La liquidazione delle spese del giudizio di legittimità va rimessa al giudice del rinvio. P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Roma in persona di diverso magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.