Sulla proponibilità della domanda volta ad ottenere la costituzione di servitù coattiva di passaggio dopo la sentenza che affermi la libertà del fondo

La Suprema Corte chiarisce le caratteristiche proprie dei diritti autodeterminati ed afferma il principio di diritto in base al quale l’appartenenza del diritto di servitù a tale categoria non preclude la proposizione di una domanda finalizzata ad ottenere la costituzione giudiziale di una servitù coattiva di passaggio a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che affermi la libertà del fondo medesimo.

Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 2124/21, depositata il 29 gennaio. La Corte d’Appello di Trieste riformava la sentenza emessa dal Giudice di prima istanza, la quale aveva costituito servitù coattiva di passaggio pedonale e con mezzi motorizzati a favore dell’immobile abitativo dei due coniugi ricorrenti e a carico del complesso immobiliare di proprietà di una società, accogliendo il gravame in quanto aveva ritenuto sussistente la preclusione dovuta ad un precedente giudicato . I due coniugi impugnano la suddetta decisione mediante ricorso per cassazione, lamentando la violazione dei principi in tema di giudicato civile e della sua estensione oggettiva, nonché la violazione e falsa applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di diritti autodeterminati e di diritti eterodeterminati. La Suprema Corte dichiara il ricorso fondato , ribadendo che in materia di limiti alla proposizione di domande nuove in grado di appello , il divieto di ius novum non è violato dalla deduzione della proprietà dell’area rivendicata dalla controparte quando in primo grado essa abbia eccepito ad altro titolo la proprietà sulla stessa area, poiché la proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cosiddetti diritti autodeterminati , che si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto e non per il titolo che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non assolve ad una funzione di specificazione della domanda o dell’eccezione, ma è necessaria ai soli fini della prova . Da quanto descritto deriva che nel caso in cui venga proposta una domanda di accertamento o di condanna relativa ai diritti menzionati e questa venga rigettata per ragioni dovute al fatto costitutivo dedotto, l’accertamento con efficacia di giudicato circa l’inesistenza del diritto medesimo preclude la facoltà di farlo valere ex novo in base a diverso titolo di acquisto . La servitù coattiva di passaggio, dunque, prende vita mediante la sentenza costitutiva , previa verifica dell’attualità della presenza dei presupposti di legge, conseguendone l’esclusione che il titolo sia spendibile al momento della prima causa. Al termine di tali argomentazioni, gli Ermellini accolgono il ricorso ed affermano il seguente principio di diritto L’appartenenza del diritto di servitù ai diritti autodeterminati, cioè a quei diritti nella specie reali , che si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto e non per il titolo che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non assolve ad una funzione di specificazione della domanda o dell’eccezione, ma è necessaria ai soli fini della prova, non preclude , dopo che sia passata in giudicato la sentenza che affermi la libertà del fondo , la proposizione di una domanda volta all’ottenimento, in presenza di attualità dei presupposti di legge , della costituzione giudiziale di una servitù coattiva di passaggio .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 novembre 2020 – 29 gennaio 2021, n. 2124 Presidente D’Ascola – Relatore Grasso I fatti di causa 1. La Corte d’appello di Trieste in riforma della sentenza di primo grado, la quale aveva costituito servitù coattiva di passaggio pedonale e con mezzi motorizzati a favore dell’immobile abitativo di Q.A. e G.V. e a carico del complesso immobiliare di proprietà della Scuola del Castelletto s.r.l., determinando l’indennizzo in Euro 28.800,00, accolse l’appello reputando sussistere preclusione derivante da precedente giudicato. In passato, infatti, i danti causa degli attori appellati, resistendo alla domanda di negatoria servitutis proposta dalla Scuola del Castelletto, avevano, in via riconvenzionale eccepito l’esistenza di una servitù di passaggio acquisita per usucapione. Con sentenza divenuta definitiva la medesima Corte d’appello aveva accertato la libertà del fondo di proprietà della Scuola del Castelletto e rigettato la riconvenzionale di usucapione. Ciò posto, con la sentenza oggi sottoposta a impugnazione, la Corte locale, premette che si controverte su diritti autodeterminati, sicché nelle azioni ad essi relativi la causa petendi si identifica con i diritti stessi e non con il titolo che ne costituisce la fonte e che, pertanto, l’attore può mutare il titolo in base al quale chiede la tutela del diritto assoluto senza incorrere nelle preclusioni , senza che l’accoglimento della domanda sulla base di un diverso titolo procuri violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Per converso, conclude la decisione, deve riconoscersi l’opposta conseguenza se infatti il diritto trova la sua causa in se stesso e non nel titolo, e se non costituisce domanda nuova quella formulata in forza di un titolo diverso, ma pur sempre diretta ad ottenere il medesimo diritto reale e cioè, come nel caso, la servitù di passaggio, allora ne consegue che il giudicato formatosi sull’inesistenza di una servitù di passaggio preclude la riproposizione, in un successivo processo, della domanda di costituzione della medesima servitù in forza di diverso titolo . 2. Avverso la statuizione d’appello insorgono Q.A. e G.V. sulla base di due motivi. L’intimata resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. All’epilogo dell’adunanza camerale del 28 gennaio 2020 la causa è stata rimessa alla pubblica udienza, in vista della quale la controricorrente ha depositato ulteriore memoria. Ragioni della decisione 3. Con le due osmotiche censure i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 e 2908 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonché violazione dei principi in materia di giudicato civile e di sua estensione oggettiva - Violazione e falsa applicazione dei principi, di fonte giurisprudenziale, concernenti i diritti autodeterminati e i diritti eterodeterminati . Questi, in sintesi, gli argomenti delle enunciate doglianze. La domanda dei coniugi ricorrenti che qui viene in rilievo ha natura costitutiva e il giudice, con apprezzamento discrezionale, ove reputi ricorrano i presupposti di cui all’art. 1052 c.c., costituisce il diritto di servitù coattiva di passaggio, determinando l’indennizzo spettante al titolare del fondo asservito. Quella svolta nel 1997 dai danti causa dei ricorrenti e altri, ha natura dichiarativa, poiché diretta all’accertamento del diritto di servitù di passaggio acquisito per usucapione, quindi, prescindendosi del tutto dalle caratteristiche dei due fondi e invocante una pronuncia dichiarativa, con effetto, pertanto, ex tunc , a differenza della pronuncia costitutiva della servitù coattiva di passaggio, che non può avere che effetto ex nunc . Ne consegue, proseguono i ricorrenti, che la pronuncia, con la quale venne accertata la libertà del fondo della controparte, non può avere effetti preclusivi in ordine all’odierna pretesa, diretta a costituire il diritto coattivo di passaggio. È di tutta evidenza, secondo l’assunto impugnatorio, che in quella prima sede, definita con sentenza passata in giudicato, non andavano provati i presupposti di cui all’art. 1052 c.c., del tutto eterogenei rispetto al diritto rivendicato per usucapione, e, comunque, solo ad opera dell’intervento additivo della Corte Costituzionale sentenza n. 167 del 1075/1999 , resi tali da riguardare esigenze di accessibilità abitativa. Inoltre, prosegue il ricorso, la Corte locale era incorsa in un errore di fatto, poiché solo uno dei primigeni convenuti avrebbe potuto, in teoria, domandare la costituzione della servitù coattiva. Si conclude precisando che qui non è in gioco un alternativo titolo d’acquisto del diritto reale, poiché quello che è ora controverso è un diritto del tutto nuovo, costituito dal giudice di conseguenza, la decisione aveva errato a evocare la categoria dei diritti autodeterminati, trattandosi di categoria estranea alla presente vicenda, non potendosi affermare che la causa petendi qui si identifichi con il diritto stesso e, inoltre, la preclusione riferita al dedotto e al deducibile non era pertinente, poiché la stessa non comprende qualsiasi prospettazione giuridica sia in astratto riconducibile ad una categoria la servitù, nel caso , ma riguarda invece le ragioni non dedotte che si presentano come un antecedente logico necessario per la pronuncia, nel senso che è precluso far successivamente valere in altro giudizio situazioni soggettive incompatibili con il diritto accertato cf, ex plurimis, Cass. nn. 7890/94 e 3939/93 . Andava escluso un tale antecedente logico, anche per la ragione fattuale che fino alla pronuncia della Corte Costituzionale di cui detto il fondo dei ricorrenti non poteva qualificarsi intercluso. 4. Il complesso censuratorio è fondato. 4.1. Costituendo punto nevralgico per la risoluzione della questione giuridica sottoposta a questa Corte, occorre, sia pure brevemente, riprendere la categoria dei diritti autodeterminati. Si è affermato che, in tema di limiti alla proposizione di domande nuove in appello, non viola il divieto di ius novorum la deduzione, da parte del convenuto dell’acquisto per usucapione, ordinaria o abbreviata, della proprietà dell’area rivendicata da controparte qualora già in primo grado egli abbia eccepito ad altro titolo la proprietà dell’area medesima, in quanto la proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cosiddetti diritti autodeterminati, che si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto e non per il titolo che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non assolve ad una funzione di specificazione della domanda o dell’eccezione, ma è necessaria ai soli fini della prova Sez. 2, n. 40, 8/1/2015, Rv. 633805 conf. Cass. nn. 11521/1999, 3192/2003, 12607/2010, 23851/2010, 26009/2010 . Da qui se ne è tratto che qualora sia proposta una domanda di accertamento o di condanna, relativa ad uno dei su indicati diritti, sulla base di un determinato fatto costitutivo, e questa venga rigettata per ragioni inerenti al fatto costitutivo dedotto, l’accertamento con efficacia di giudicato dell’inesistenza del diritto stesso preclude la possibilità di far valere ex novo il medesimo diritto sulla base di un diverso titolo di acquisto Nella fattispecie, la parte ricorrente aveva chiesto accertarsi l’avvenuto acquisto per usucapione di un terreno a seguito del rigetto di precedente domanda volta ad ottenerne la proprietà in virtù di un contratto di rendita vitalizia - Sez. 2, n. 22591, 16/10/2020, Rv. 633805 . 4.2. L’appartenenza, quale diritto reale, del diritto di servitù alla predetta categoria non involge il quesito giuridico posto in questa sede. Se, cioè, essendo stata accertata con sentenza divenuta definitiva, la libertà del fondo di cui è proprietaria la Scuola del Castelletto, con contestuale rigetto della domanda riconvenzionale di usucapione della prospettata in sede riconvenzionale servitù di passaggio acquisita per usucapione ma il quesito non sarebbe mutato pur ove non fosse stata svolta tale ultima domanda , quel giudicato oggi precluda di domandare al giudice la costituzione di una servitù di passaggio coattiva. Il quesito, infatti, resta indifferente al titolo d’acquisto del diritto, proprio perché, sussistendo i presupposti di cui all’art. 1052 c.c., siccome riformulato dalla Corte Costituzionale, è il giudice che costituisce il diritto. Inoltre, l’aspettativa di un tal diritto si concretizza nella statuizione giudiziale costitutiva, in presenza di interclusione, o di una di quelle esigenze di accessibilità , anche alla casa di abitazione, aggiunte dalla Corte Costituzionale, la cui effettività e consistenza deve essere verificata dal giudice al momento della proposizione della domanda, o, comunque, nel corso del giudizio. 4.3. Ora, nel corso della causa esitata con la sentenza divenuta irrevocabile, non constando essere stata proposta domanda di costituzione di servitù coattiva di passaggio neppure è dato sapere se, al tempo, sussistessero i presupposti perché una tale prospettazione potesse essere costituita in diritto dalla sentenza del giudice, il quale, pertanto, non fu chiamato a verificare gli stessi, ma esclusivamente ad accertare che il fondo fosse libero da servitù ovviamente preesistenti . Diversamente si dovrebbe concludere ove si ipotizzi, per esemplificazione espositiva, che nel secondo giudizio gli odierni ricorrenti pretendano affermarsi diritto di servitù, avente titolo diverso dall’usucapione destinazione del padre di famiglia, contratto in questo caso, infatti, proprio la categoria di appartenenza ai diritti autodeterminati imporrebbe la preclusine del giudicato. In definitiva, la servitù coattiva di passaggio, prende vita attraverso la sentenza costitutiva, previo verifica nell’attualità della sussistenza dei presupposti di legge interclusione, anche solo funzionale , con la conseguenza obbligata doversi escludere che un tale titolo fosse spendibile al momento della prima causa. Col risultato che la domanda di costituzione di una tale servitù non avrebbe potuto essere proposta tardivamente evocandosi la teoria dei diritti autodeterminati. 4.4. Sotto altro speculare profilo si è chiarito che siccome il diritto di proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei diritti cosiddetti autodeterminati, e cioè individuati in base alla sola indicazione del loro contenuto cioè del bene che ne costituisce l’oggetto, nelle azioni ad essi relative, la deduzione del fatto costitutivo non è necessaria ai fini della loro individuazione ma è rilevante soltanto ai fini della prova del diritto , qualora sia proposta una domanda di accertamento o di condanna, relativa ad uno dei suindicati diritti sulla base di un determinato fatto costitutivo, e questa venga rigettata per ragioni inerenti al fatto costitutivo dedotto, l’accertamento dell’inesistenza del diritto stesso fa stato anche nel successivo processo instaurato con la riproposizione della medesima domanda pure se fondata su di un diverso fatto costitutivo salvo se intervenuto medio tempore , trattandosi dello stesso petitum ed essendo irrilevante la causa petendi . Per contro, la preclusione non opera in ordine alla ulteriore domanda di costituzione di servitù coattiva in quanto fondata su causa petendi e petitum diversi da quelli dell’azione confessoria e diretta alla pronuncia di una sentenza costitutiva Sez. 2, n. 1682, 18/2/1991, Rv. 470957 conf. Cass. n. 19758/2011 . 5. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio, perché il Giudice del rinvio nel nuovo esame si attenga al seguente principio di diritto L’appartenenza del diritto di servitù ai diritti autodeterminati, cioè a quei diritti nella specie reali , che si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto e non per il titolo che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non assolve ad una funzione di specificazione della domanda o dell’eccezione, ma è necessaria ai soli fini della prova, non preclude, dopo che sia passata in giudicato la sentenza che affermi la libertà del fondo, la proposizione di una domanda volta all’ottenimento, in presenza di attualità dei presupposti di legge, della costituzione giudiziale di una servitù coattiva di passaggio . Il Giudice del rinvio regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Trieste, altra composizione.