Povertà in patria e lavoro in Italia: negata comunque la protezione allo straniero

Respinta definitivamente la richiesta presentata da un uomo, originario del Bangladesh. Egli spiega di essere scappato dalla situazione di povertà che caratterizza il Paese di origine, aggravata anche da una alluvione, e spiega di essere riuscito a trovare un lavoro in Italia. Questi elementi non sono però ritenuti sufficienti per concedergli la protezione umanitaria.

La povertà vissuta in patria e l’opportunità lavorativa trovata in Italia non sono sufficienti per concedere allo straniero la protezione umanitaria Cassazione, ordinanza n. 1745/21, sez. II Civile, depositata il 27 gennaio . Riflettori su un uomo, originario del Bangladesh, che, una volta approdato in Italia, ha prontamente presentato richiesta di protezione . Per i membri della Commissione territoriale prima e per i Giudici di merito poi, però, non vi sono i presupposti per accogliere la domanda dello straniero. In particolare, in Appello viene posto in evidenza che l’alluvione dedotta come motivo di espatrio dal Paese è avvenuta nel 2006, ben nove anni prima della fuga . Inoltre, per i Giudici di secondo grado non si può ravvisare la condizione di vulnerabilità del cittadino straniero nelle condizioni di povertà del Bangladesh , e lo svolgimento di attività lavorativa in Italia, isolatamente considerata, non è sufficiente per il riconoscimento del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie . Col ricorso in Cassazione l’avvocato che rappresenta lo straniero contesta la decisione emessa in Appello. A questo proposito, il legale sostiene che si è commesso un errore, omettendo di accertare se le condizioni di estrema povertà del Bangladesh impedivano all’uomo di condurre un’esistenza dignitosa, anche considerando che in Italia egli svolgeva una stabile attività lavorativa da due anni . Obiettivo del legale è richiamare l’attenzione sulla condizione di vulnerabilità del suo cliente, alla luce della situazione di povertà del Paese di origine . Il ricorso si rivela però inutile. Per i giudici della Cassazione, difatti, è corretta, e va confermata la decisione con cui in Appello è stata respinta la domanda dello straniero volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari . Legittimamente è stata esclusa la condizione di vulnerabilità dello straniero, preso atto, osservano dal ‘Palazzaccio’, che l’alluvione è avvenuta nel 2006, ben nove anni prima dell’allontanamento dell’uomo dal Paese d’origine . E allo stesso tempo non sussistono ulteriori ragioni di vulnerabilità, non essendo sufficienti né il generico riferimento alla condizione di povertà del Bangladesh né la generica allegazione delle migliori condizioni di vita di cui l’uomo godrebbe in Italia , chiosano dalla Cassazione, precisando, inoltre, che è insufficiente, ai fini della concessione della protezione invocata, lo svolgimento di attività lavorativa isolatamente considerata in Italia.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 8 settembre 2020 – 27 gennaio 2021, numero 1745 Presidente Manna Fatti di causa 1. Sh. Ab. R.-Se., cittadino del Bangladesh, propose, innanzi alla Commissione Territoriale di Verona, domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto al rilascio di un permesso umanitario. 1.1. La domanda venne rigettata in sede amministrativa l'opposizione fu respinta dal Tribunale ed il provvedimento di diniego venne confermato dalla Corte d'Appello di Venezia. 1.2. Per quel che ancora rileva in sede di legittimità, la Corte d'appello rigettò la domanda di protezione umanitaria perché l'alluvione, che era stata dedotta come motivo di espatrio dal proprio Paese, era avvenuta nel 2006, ben nove anni prima della fuga. La Corte di merito non ravvisò la condizione di vulnerabilità del cittadino straniero nelle condizioni di povertà del Bangladesh e ritenne che lo svolgimento di attività lavorativa, isolatamente considerata, non fosse sufficiente per il riconoscimento del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. 2. Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso Sh. Ab. R.-Se. sulla base di due motivi. 2.1 Il Ministero dell'interno non ha svolto attività difensiva. 2.2. Il Procuratore Generale ha concluso per la fondatezza del ricorso con riguardo alla domanda avente ad oggetto il riconoscimento della protezione umanitaria, ritenendo decisivo, al riguardo, l'errore in cui sarebbe incorso il Giudice di merito nel condividere l'orientamento secondo cui la non credibilità del racconto riferito dal ricorrente costituisca motivo sufficiente per negare il riconoscimento della protezione umanitaria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'articolo 5, comma Vi del D.Lgs. 286/98 e dell'articolo 8 del D.Lgs. 25/2008, in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. 2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce l'apparente motivazione del decreto per violazione dell'articolo 132, comma 1, numero 4, c.p.c. 2.1. Con entrambi i motivi, il ricorrente censura la decisione della Corte di merito per avere quest'ultima, pur riconoscendo che in Bangladesh vi fosse una situazione di instabilità politica e sociale, ancorato il diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari all'accertamento rigoroso delle condizioni che avevano determinato l'allontanamento dal Paese d'origine, senza, tuttavia, valutare se, attraverso un giudizio comparativo, vi fosse, nel Paese di provenienza del richiedente una compromissione dei diritti fondamentali. La corte di merito avrebbe omesso di accertare se le condizioni di estrema povertà del Bangladesh impedivano al richiedente di condurre un'esistenza dignitosa, considerando che in Italia egli svolgeva una stabile attività lavorativa da due anni. 2.2. I motivi, che per la loro connessione meritano una trattazione congiunta, sono inammissibili. 2.3. Il rilascio del permesso di soggiorno per gravi ragioni umanitarie, nella disciplina di cui all'articolo 5, comma 6, D.Lgs. numero 286/1998 - applicabile ratione temporis, in conformità a quanto disposto da Cass., Sez. Unumero , numero 29459 del 13/11/2019, essendo stata la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno proposta prima dell'entrata in vigore del D.L. numero 113/2018 -, rappresenta una misura atipica e residuale, volta a tutelare situazioni che, seppur non integranti i presupposti per il riconoscimento delle forme tipiche di tutela, si caratterizzino ugualmente per la condizione di vulnerabilità in cui versa il richiedente la protezione internazionale. 2.4. L'accertamento della summenzionata condizione di vulnerabilità avviene, in ossequio al consolidato orientamento di questa Corte cfr. Cass. civ., sez. I, 15/05/2019 numero 13088 Cass. civ., sez. I, numero 4455 23/02/2018, Rv. 647298 -01 , alla stregua di una duplice valutazione, che tenga conto, da un lato, degli standards di tutela e rispetto dei diritti umani fondamentali nel Paese d'origine del richiedente e, dall'altro, del percorso di integrazione sociale da quest'ultimo intrapreso nel Paese di destinazione. 2.5. Le Sezioni Unite hanno consolidato l'indirizzo espresso dalle Sezioni Semplici, secondo cui occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d'integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l'esame del livello di integrazione raggiunto nel nostro Paese, isolatamente ed astrattamente considerato Cassazione civile, sez. unumero , 13/11/2019, numero 29459 . 2.6. Nell'esaminare la domanda di protezione internazionale, questa Corte ha affermato che il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente, relativo alla specifica situazione dedotta a sostegno di una domanda di protezione internazionale, non preclude al giudice di valutare altre circostanze che integrino una situazione di vulnerabilità ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, poiché la statuizione su questa domanda è frutto di una valutazione autonoma e non può conseguire automaticamente al rigetto di quella concernente la protezione internazionale cfr. Cassazione civile, sez. I, 21/04/2020, numero 8020 . 2.7. Allo stesso modo, le condizioni del Paese di origine vanno valutate nell'ambito del giudizio comparativo perché altrimenti si sovrapporrebbero i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria ex articolo 14, lettera c del D.Lgs. 251/2007 con i presupposti del riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Parimenti, le generiche condizioni di povertà del soggetto, rapportate alla situazione di povertà del Paese di provenienza non rientrano nel novero delle circostanze che giustificano la protezione umanitaria, in assenza delle condizioni di vulnerabilità Cassazione civile, sez. I, 06/12/2018, numero 31670 . 2.8. La Corte d'appello, nel rigettare la domanda volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha escluso la condizione di vulnerabilità -atteso che l'alluvione era avvenuta nel 2006, ben nove anni prima dell'allontanamento del ricorrente dal Paese d'origine, né sussistevano ulteriori ragioni di vulnerabilità, non essendo sufficiente il generico riferimento alla condizione di povertà del Bangladesh né la generica allegazione delle migliori condizioni di vita di cui egli godrebbe in Italia -, ritenendo, pertanto, insufficiente, ai fini della concessione della protezione invocata, lo svolgimento di attività lavorativa isolatamente considerata. 2.9. In definitiva, la corte di merito ha svolto in concreto il giudizio comparativo con riferimento alla specifica condizione di vita e di vulnerabilità del richiedente ed il ricorso si limita a generiche doglianze con riferimento alle condizioni del Paese d'origine. 2.10. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile. 2.11. Non deve provvedersi sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva. 2.12. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater del D.P.R. 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma I-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater del D.P.R. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.