I “pregiudizi di polizia” non sono sufficienti per l’allontanamento del genitore straniero

Riprende vigore la richiesta avanzata dalla straniera, madre di due minorenni, e mirata all’ottenimento della autorizzazione alla permanenza sul territorio italiano. Immotivata, secondo i Giudici, la risposta negativa, poiché basata sulla sola esistenza di pregiudizi di polizia”.

I cosiddetti pregiudizi di polizia” non sono sufficienti per ritenere pericoloso il soggetto straniero, genitore di due minori ben integrati in Italia, e negargli così l’autorizzazione a permanere ulteriormente sul suolo dello Stato italiano Cassazione, ordinanza n. 197/21, sez. Lavoro, depositata l’11 gennaio . Dal Tribunale prima e dalla Corte d’Appello poi arriva risposta negativa all’istanza presentata da una donna straniera , madre di due minorenni, e mirata al conseguimento della autorizzazione alla permanenza sul territorio nazionale . Per i giudici di merito non sono stati dedotti né dimostrati i gravi motivi connessi allo sviluppo psico-fisico delle minori, tali da far apprezzare in termini concreti il danno conseguente all’allontanamento dei genitori o ad un ritorno in patria dell’intero nucleo familiare mentre la donna si è limitata alla prospettazione di un generico disagio cui le minori, ben radicate in territorio italiano, sarebbero esposte in caso di distacco o di allontanamento dal luogo dei propri interessi . Inoltre, l’istruttoria ha posto in evidenza un precario contesto socio-ambientale di riferimento delle minori e l’inidoneità all’esercizio del ruolo genitoriale sia della madre, a carico della quale sono risultati pregiudizi di polizia” per ricettazione, sia del coniuge convivente, a carico del quale sono emersi pregiudizi di polizia” per falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in certificati, falsità materiale commessa da privato, possesso e fabbricazione di documenti falsi, guida senza patente, frequentazioni con connazionali dediti al furto e all’associazione a delinquere . Peraltro, la donna, titolare di precedente permesso a permanere in Italia , non si è attivata per sanare la sua posizione o regolarizzare la sua situazione sotto il profilo lavorativo , annotano ancora i giudici di secondo grado. Col ricorso in Cassazione , però, il legale della donna, richiamati i principi scaturenti dalla Costituzione e dalle fonti internazionali in tema di tutela del minore sotto il profilo del diritto dello stesso ad un armonico sviluppo psico-fisico e ad essere educato da entrambi i genitori , sostiene che la decisione emessa dalla Corte d’Appello non ha effettuato la adeguata ponderazione degli interessi coinvolti , non avendo verificato in proiezione futura e non, quindi, con riguardo all’attualità il grave danno psico-fisico derivante dal diniego dell’autorizzazione alla permanenza e avendo invece configurato quale effetto automatico dei pregiudizi di polizia” a carico dei genitori il diniego all’autorizzazione . Queste osservazioni convincono i Giudici del Palazzaccio. In premessa viene ricordato che in tema di autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia del genitore del minore la normativa non può essere interpretata in senso restrittivo, tutelando essa il diritto del minore ad avere rapporti continuativi con entrambi i genitori anche in deroga alle altre disposizioni del decreto , sicché non si pretende la ricorrenza di situazioni eccezionali o necessariamente collegate alla sua salute, ma comprende qualsiasi danno grave che potrebbe subire il minore , sulla base di un giudizio prognostico circa le conseguenze di un peggioramento delle sue condizioni di vita con incidenza sulla sua personalità, cui egli sarebbe esposto a causa dell’allontanamento dei genitori o dello sradicamento dall’ambiente in cui è nato e vissuto, qualora segua il genitore espulso nel luogo di destinazione . In questo quadro, la sussistenza di comportamenti del familiare incompatibili con il suo soggiorno nel territorio nazionale deve essere valutata in concreto attraverso un esame complessivo della sua condotta, al fine di stabilire, all’esito di un attento bilanciamento, se le esigenze statuali inerenti alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale debbano prevalere su quelle derivanti da gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico del minore . Di conseguenza, il diniego di autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero che si trova nel territorio italiano non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati considerati ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero , pur prendendo atto che la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore . In questa vicenda, però, è, secondo i Giudici della Cassazione, evidente l’errore compiuto in secondo grado, poiché si è ritenuto giustificato il diniego di autorizzazione alla permanenza nel territorio italiano sulla base, in concreto, della sola esistenza di pregiudizi di polizia” a carico della donna , ma quell’espressione – pregiudizi di polizia” – non identifica un chiaro titolo di responsabilità della donna per i fatti indicati e non appare idonea a sorreggere l’assunto della minaccia per l’ordine pubblico rispetto alla quale l’interesse delle minori, perfettamente integrate nell’ambiente familiare e sociale di riferimento, assume valenza recessiva . Nuove speranze, quindi, per la donna. La sua posizione dovrà però essere nuovamente presa in esame dai Giudici dell’appello, alla luce delle indicazioni fornite dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 8 ottobre 2020 – 11 gennaio 2021, n. 197 Presidente Tria – Relatore Pagetta Rilevato che 1. con decreto in data 28.11.2019 la Corte di appello di Reggio Calabria ha respinto il reclamo proposto da Ke. Kh., quale genitore dei minori Mi. Kh. nata nel omissis e Ni. Kh. nata nel omissis , avverso il decreto con il quale il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria aveva rigettato l'istanza dalla stessa avanzata per il conseguimento di autorizzazione alla permanenza sul territorio nazionale ai sensi dell'art. 31 D.Lgs. n. 286/1998 2. la conferma della statuizione di rigetto è stata motivata con la considerazione che non erano stati dedotti né dimostrati i gravi motivi connessi allo sviluppo psico fisico delle minori, tali da far apprezzare in termini concreti il danno conseguente all'allontanamento dei genitori o ad un ritorno in patria dell'intero nucleo familiare la reclamante si era infatti limitata alla prospettazione di un generico disagio cui le minori, ben radicate in territorio italiano, sarebbero esposte in caso di distacco o di allontanamento dal luogo dei propri interessi, ma non aveva offerto elementi ulteriori idonei a sollecitare un'ulteriore istruttoria questa, al contrario, aveva evidenziato un precario contesto socio ambientale di riferimento delle minori e l'inidoneità all'esercizio del ruolo genitoriale sia della richiedente a carico della quale erano risultati pregiudizi di polizia per ricettazione sia del coniuge convivente a carico del quale erano emersi pregiudizi di polizia per falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in certificati, falsità materiale commessa da privato, possesso e fabbricazione di documenti falsi, guida senza patente, frequentazioni con connazionali dediti al furto e all'associazione a delinquere la reclamante, titolare di precedente permesso a permanere in Italia non si era, del resto, attivata per sanare la sua posizione o regolarizzare la sua situazione sotto il profilo lavorativo 3. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Ke. Kh. sulla base di un unico articolato motivo l'intimato PG presso il la Corte di appello di Reggio Calabria non è intervenuto Considerato che 1. con l'unico motivo parte ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 31, comma 3, D.Lgs. n. 286/1998 nonché contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per la controversia censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto la concessione dell'autorizzazione ex art. 31 D.Lgs cit. condizionata al ricorrere di situazioni di estremo a eccezionale pericolo per la salute psicofisica del minore violazione e/o falsa applicazione dell'art. 31, comma 3, D.Lgs. n. 286/1998 in combinato disposto con gli artt. 1, 2, 6, 7, 8, 9, 27, 28, 29 e 30 della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, dell'art. 16.3. della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali e dell'art. 30 Cost. censura la decisione per avere negato tutela all'esigenza di unità familiare intesa come diritto primario sia nel diritto interno che negli strumenti internazionali 1.1. richiamati i principi scaturenti dalla Costituzione e dalle fonti internazionali in tema di tutela del minore sotto il profilo del diritto dello stesso ad un armonico sviluppo psico fisico e ad essere educato da entrambi i genitori, censura, in sintesi, la decisione per non avere effettuato la adeguata ponderazione degli interessi coinvolti per non avere verificato in proiezione futura e non, quindi , con riguardo all' attualità il grave danno psico-fisico derivante dal diniego dell'autorizzazione alla permanenza e per avere configurato quale effetto automatico dei pregiudizi di polizia a carico dei genitori il diniego all'autorizzazione 2. il motivo è fondato 2.1. secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, in tema di autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia del genitore del minore, l'art. 31 del D.Lgs. n. 286 del 1998 non può essere interpretato in senso restrittivo, tutelando esso il diritto del minore ad avere rapporti continuativi con entrambi i genitori anche in deroga alle altre disposizioni del decreto, sicché la norma non pretende la ricorrenza di situazioni eccezionali o necessariamente collegate alla sua salute, ma comprende qualsiasi danno grave che potrebbe subire il minore, sulla base di un giudizio prognostico circa le conseguenze di un peggioramento delle sue condizioni di vita con incidenza sulla sua personalità, cui egli sarebbe esposto a causa dell'allontanamento dei genitori o dello sradicamento dall'ambiente in cui è nato e vissuto, qualora segua il genitore espulso nel luogo di destinazione ne consegue che le situazioni che possono integrare i gravi motivi di cui al citato art. 31 non si prestano ad essere catalogate o standardizzate, spettando al giudice di merito valutare le circostanze del caso concreto con particolare attenzione all'età del minore, che assume un rilievo presuntivo decrescente con l'aumentare della stessa, e al radicamento nel territorio italiano, il cui rilievo presuntivo è, invece, crescente con l'aumentare dell'età, in considerazione della prioritaria esigenza di stabilità affettiva nel delicato periodo di crescita Cass. 20762/2020, 4197/2018, n. 17739/2015 in questa prospettiva è stato precisato che la condizione di vulnerabilità del minore deve essere ritenuta prevalente, sino a prova contraria, rispetto alle norme regolanti il diritto di ingresso e soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale, dovendosi dare primario rilievo al danno che deriverebbe loro per effetto del rimpatrio in un contesto socio-territoriale con il quale il minore stesso non abbia alcun concreto rapporto Cass. n. 18188/2020 2.2. la sussistenza di comportamenti del familiare incompatibili con il suo soggiorno nel territorio nazionale deve essere valutata in concreto attraverso un esame complessivo della sua condotta, al fine di stabilire, all'esito di un attento bilanciamento, se le esigenze statuali inerenti alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale debbano prevalere su quelle derivanti da gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, cui l'art. 31 D.Lgs. n. 286/1998 conferisce protezione in via primaria Cass. n. 1563/2020, n. 14238/2018 , fermo restando che la norma d'indirizzo generale di cui all'art. 3 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo ratificata dalla I. n. 176 del 1991 e richiamata dall'art. 28 del D.Lgs. n. 286 del 1998 in tema di immigrazione e di diritto all'unità familiare, secondo cui l'interesse del fanciullo deve essere una considerazione preminente , prescrive che gli Stati vigilino affinché il minore non sia separato dai genitori, facendo salva, tuttavia, l'ipotesi in cui la separazione sia il risultato di provvedimenti legittimamente adottati da uno Stato-parte, sicché, ove lo straniero sia colpito da un provvedimento di espulsione, le esigenze di legalità e sicurezza sottese a tale provvedimento non sono di per sé recessive rispetto all'interesse, pur preminente, del fanciullo Cass. 26831/2019 2.3. il diniego di autorizzazione all'ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero che si trova nel territorio italiano, ai sensi dell'art. 31, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all'ingresso o al soggiorno dello straniero nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all'esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l'interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario ma non assoluto Cass. Sez. Un. 15750/2019 2.4. la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati in quanto ha mostrato di ritenere giustificato il diniego di autorizzazione alla permanenza nel territorio italiano sulla base, in concreto, della sola esistenza di pregiudizi di polizia a carico di Ke. Kh., espressione che non identifica un chiaro titolo di responsabilità della odierna ricorrente per i fatti indicati e che non appare idonea a sorreggere l'assunto della minaccia per l'ordine pubblico rispetto alla quale l'interesse delle minori, perfettamente integrate nell'ambiente familiare e sociale di riferimento assume valenza recessiva 3. a tanto consegue la cassazione con rinvio del decreto impugnato per un riesame della vicenda alla luce dei principi richiamati 4. al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese di lite del giudizio di legittimità P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Reggio Calabria in diversa composizione alla quale demanda il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.