Le spese dell’esecuzione rimaste insoddisfatte per incapienza della massa pignorata sono irripetibili

Il provvedimento di liquidazione delle spese dell’esecuzione implica un accertamento meramente strumentale alla distribuzione o assegnazione stessa, privo di forza esecutiva e di giudicato al di fuori del processo in cui è stato adottato, con la conseguenza che le suddette spese, quando e nella misura in cui restino insoddisfatte, sono irripetibili.

È il principio affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26429/20, depositata il 20 novembre, decidendo sul ricorso avverso la sentenza con cui il Tribunale di Salerno aveva confermato la pronuncia del Giudice di Pace di reiezione dell’ opposizione a decreto ingiuntivo per circa 85 euro a favore di un avvocato, a titolo di spese legali maturate nel corso di una procedura esecutiva quale difensore distrattario. Con il ricorso in sede di legittimità, il debitore ingiunto lamenta la violazione e falsa applicazione dell’ art. 339 c.p.c. non avendo il Tribunale considerato dedotta l’inosservanza delle norme sul procedimento e/o dei principi regolatori della materia e per aver di conseguenza riconosciuto il diritto del creditore ad agire extra processum per il recupero delle spese legali non incassate per incapienza della massa pignorata. Il Collegio richiama la sentenza n. 24571/18 della medesima Corte con la quale è stato affermato il principio di diritto secondo cui il giudice dell’esecuzione , quando provvede alla distribuzione o assegnazione del ricavato o del pignorato al creditore procedente e ai creditori intervenuti, determinando la parte a ciascuno spettante per capitale, interessi e spese, effettua accertamento funzionali alla soddisfazione coattiva dei diritti valere nel processo esecutivo e, conseguentemente, il provvedimento di liquidazione delle spese dell’esecuzione , in tal caso ammissibile, implica un accertamento meramente strumentale alla distribuzione o assegnazione stessa, privo di forza esecutiva e di giudicato al di fuori del processo in cui è stato adottato, sicchè le suddette spese , quando e nella misura in cui restino insoddisfatte, sono irripetibili . Dando continuità a tale principio, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnato, decidendo nel merito con la revoca del decreto ingiuntivo opposto.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 14 ottobre – 20 novembre 2020, n. 26429 Presidente Vivaldi – Relatore De Stefano Rilevato che la Azienda Sanitaria Locale ASL Salerno ricorre, con atto notificato in data 11/05/2017 ed articolato su due motivi, per la cassazione della sentenza con cui il Tribunale di Salerno ha dichiarato inammissibile il primo e rigettato il secondo motivo dell’appello da quella proposto contro la pronuncia del Giudice di pace di quel capoluogo, di reiezione dell’opposizione dispiegata al Decreto Ingiuntivo che in ricorso si indica col n. 780/2015, ma in sentenza gravata col n. 128/15 per Euro 85,02 in favore dell’avv. D.C.V. a titolo di spese legali maturate nel corso di una procedura esecutiva la n. 2094/10 r.g.e. quale difensore distrattario, ma rimaste ivi parzialmente insoddisfatte resiste con controricorso il D.C. non consta il deposito di conclusioni da parte del Pubblico Ministero, nè di memorie ad opera delle parti. Considerato che vanno disattese le preliminari eccezioni di inammissibilità, attesa l’idoneità dell’esposizione in ricorso delle vicende processuali riducendosi ad errori materiali alcune imprecisioni effettivamente sussistenti e delle tesi in diritto, riferite alla decisione gravata la ricorrente articola due motivi e - col primo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 339 c.p.c., in relazione all’art. 553 c.p.c., per aver considerato non dedotta l’inosservanza delle norme sul procedimento e/o dei principi regolatori della materia e, per l’effetto, sussistente il diritto del creditore ad agire extra processum per il recupero delle spese legali non incassate per incapienza della massa pignorata - col secondo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1175 c.c., in relazione anche all’art. 151 disp. att. c.p.c., per quanto riguarda la mancata riunione dei giudizi, per non aver riconosciuto la sussistenza del frazionamento giudiziale di un credito unitario la controversia si connota per la sua piena sovrapponibilità a quella definita da Cass. 05/10/2018, n. 24571, la quale, accogliendo quale ragione più liquida la censura di violazione o falsa applicazione proprio degli artt. 339 e 553 c.p.c., per non avere la gravata sentenza di appello considerato dedotta la violazione di un principio informatore della materia processuale nell’atto di gravame, ha, prima di decidere nel merito con revoca definitiva del monitorio opposto, sancito il seguente principio di diritto il giudice dell’esecuzione, quando provvede alla distribuzione o assegnazione del ricavato o del pignorato al creditore procedente e ai creditori intervenuti, determinando la parte a ciascuno spettante per capitale, interessi e spese, effettua accertamenti funzionali alla soddisfazione coattiva dei diritti fatti valere nel processo esecutivo e, conseguentemente, il provvedimento di liquidazione delle spese dell’esecuzione, in tal caso ammissibile, implica un accertamento meramente strumentale alla distribuzione o assegnazione stessa, privo di forza esecutiva e di giudicato al di fuori del processo in cui è stato adottato, sicché le suddette spese, quando e nella misura in cui restino insoddisfatte, sono irripetibili non sono nemmeno somministrati dalle parti elementi per discostarsi dal precedente appena richiamato al quale, qui integralmente richiamate le esaustive argomentazioni sviluppate in quella sede, va così assicurata piena continuità, con adozione di soluzione in tutto analoga, di accoglimento del primo motivo e, assorbito il secondo, decisione nel merito di revoca del monitorio a suo tempo opposto, liquidate le spese secondo la soccombenza nella medesima misura ed esclusi i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, essendo stato accolto il ricorso . P.Q.M. la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo cassa la gravata sentenza e, decidendo nel merito, revoca il decreto ingiuntivo opposto del giudice di Pace di Salerno. Condanna il controricorrente alla rifusione delle spese processuali della ricorrente, liquidate per il primo grado in Euro 600,00, per il secondo grado in Euro 600,00 e per il giudizio di legittimità in Euro 1.100,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, 15 per cento di spese forfettarie e accessori - tra cui l’eventuale contributo unificato - nella misura dovuta per legge.