Fresco sposo di un’italiana: confermata comunque l’espulsione

Prioritaria, secondo i Giudici, la pericolosità sociale dello straniero, un uomo originario della Tunisia. Inequivocabili i precedenti penali a suo carico. Non rilevante, invece, il dato relativo al matrimonio celebrato poco tempo prima con una cittadina italiana.

Legittima l’espulsione dello straniero fresco sposo di una cittadina italiana. A fronte dei reati commessi dall’uomo, è decisiva la constatazione che il matrimonio è stato celebrato recentemente, e che quindi la convivenza con la moglie è di pochi mesi Cassazione, ordinanza n. 26215/20, depositata il 18 novembre . All’origine del caso giudiziario c’è il provvedimento con cui la Prefettura dispone l’ espulsione amministrativa di un cittadino tunisino, ritenuto socialmente pericoloso a fronte delle plurime condanne da lui subite per svariati reati contro il patrimonio e per spaccio di sostanze stupefacenti e del carattere recente dell’ultimo arresto, avvenuto per un reato in materia di stupefacenti . Il provvedimento viene ritenuto legittimo dal Giudice di pace, che considerata prioritaria la preservazione dell’ interesse pubblico alla sicurezza del territorio dello Stato rispetto alla vita familiare dello straniero, sposatosi da poco con una cittadina italiana. Su quest’ultimo fronte viene posta in evidenza la breve durata del matrimonio contratto da pochi mesi, rispetto all’espulsione e l’assenza di figli . E significativo viene ritenuto anche il fatto che l’ultimo arresto dell’uomo sia avvenuto in epoca successiva al matrimonio . Col ricorso in Cassazione il cittadino tunisino pone nuovamente sul tavolo la propria condizione di soggetto convivente con coniuge di nazionalità italiana , sostenendo, di conseguenza, l’illegittimità del provvedimento espulsivo adottato dalla Prefettura. Il legale dello straniero richiama la condizione familiare del suo cliente e, allo stesso tempo, ritiene illogico addebitargli un carattere di pericolosità, vista l’indole non grave dei reati commessi dall’uomo. Dal ‘Palazzaccio’ ritengono invece corretta la valutazione compiuta dal Giudice di pace, valutazione centrata sulla pericolosità dello straniero , ritenuta prioritaria a fronte del suo interesse al rispetto della vita familiare con la moglie italiana. Più precisamente, il Giudice di pace ha opportunamente sottolineato, al fine di accreditare la prevalenza dell’interesse generale alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dello Stato, la pluralità degli episodi criminosi in cui fu coinvolto lo straniero anche successivamente alla contrazione del matrimonio , a fronte di una vita matrimoniale instaurata da brevissimo tempo, senza che fosse stata generata alcuna prole , concludono dalla Cassazione, confermando la legittimità del provvedimento espulsivo adottato nei confronti del cittadino tunisino.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 23 luglio – 18 novembre 2020, n. 26215 Presidente Travaglino – Relatore Dell’Utri Rilevato che Ha. Is., cittadino tunisino, ha impugnato il decreto in data 10/10/2018 con il quale il Prefetto di Rimini ha disposto la relativa espulsione amministrativa a sostegno dell'impugnazione proposta, il ricorrente ha evidenziato la propria condizione di soggetto convivente con coniuge di nazionalità italiana, e la conseguente applicabilità, al caso di specie, dell'art. 19, co. 2, lett. c , del D.Lgs. n. 286/98, che esclude l'espulsione degli stranieri conviventi con il proprio coniuge di nazionalità italiana, salvi i casi previsti dall'art. 13, co. 1, del medesimo decreto legislativo legati alla sussistenza di motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato con ordinanza resa in data 7/3/2019, il giudice di pace di Rimini ha rigettato il ricorso di Ha. Is., attesa la prevalente esigenza, nel caso concreto, della preservazione dell'interesse pubblico alla sicurezza del territorio dello Stato, rispetto al valore, ad esso contrapposto, del rispetto della vita familiare del richiedente, tenuto conto 1 delle plurime condanne subite dall'istante per svariati reati contro il patrimonio e per spaccio di sostanze stupefacenti 2 della breve durata del matrimonio contratto da pochi mesi, rispetto all'adozione del provvedimento giudiziario impugnato in questa sede e dell'assenza di figli 3 del carattere recente dell'ultimo arresto dell'istante, avvenuto per un reato in materia di stupefacente, in epoca successiva al matrimonio tale ordinanza è stata impugnata per cassazione da Ha. Is. con ricorso fondato su un unico motivo nessun intimato ha svolto difese in questa sede Considerato che, con l'unico motivo d'impugnazione proposto, il ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione di legge, avendo il giudice a quo erroneamente condotto la valutazione comparativa tra le esigenze di salvaguardia dell'ordine pubblico e della sicurezza dello Stato e la condizione familiare del ricorrente, tenuto conto della assenza di alcun carattere di pericolosità di quest'ultimo in ragione dell'indole non grave dei reati commessi il motivo è infondato osserva il Collegio come il giudice a quo abbia correttamente interpretato i parametri normativi posti a fondamento del provvedimento di espulsione adottato nei confronti dell'odierno istante, avendo proceduto a una valutazione concreta ed effettiva della pericolosità del soggetto considerato, ponderandone ragionevolmente la considerazione, rispetto al contrapposto interesse al rispetto della relativa vita familiare in particolare, il giudice di pace ha opportunamente sottolineato, al fine di accreditare la prevalenza dell'interesse generale alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza dello Stato, la pluralità degli episodi criminosi in cui fu coinvolto il ricorrente, anche successivamente alla contrazione del matrimonio avvenuta pochi mesi prima dell'adozione del provvedimento impugnato in questa sede , a fronte di una vita matrimoniale instaurata da brevissimo tempo, senza che fosse stata generata alcuna prole ciò posto, deve ritenersi che, in forza della concreta e logicamente coerente valutazione degli estremi di fatto qui evidenziati, il giudice a quo abbia correttamente ritenuto sussistente il ricorso delle condizioni previste dall'art. 13, co. 1, del D.Lgs. n. 286/98 per la deroga al divieto di espulsione sancito dall'art. 19, co. 2, lett. c , del medesimo decreto legislativo sulla base di tali premesse, rilevata l'infondatezza delle censure esaminate, dev'essere pronunciato il rigetto dell'odierno ricorso non vi è luogo per l'adozione di alcuna statuizione, in ordine alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità, non avendo nessun intimato svolto difese in questa sede dev'essere, viceversa, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell'art. 1-bis, dello stesso articolo 13 P.Q.M. Rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dell'art. 1-bis, dello stesso articolo 13.