Il diritto di superficie si esercita anche con il compimento di atti preparatori

Ai fini dell'esercizio dello ius edificandi, ai sensi degli artt. 952, comma 1, e 954 c.c., è qualificabile come costruzione qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal materiale impiegato per la sua realizzazione, purché determini un ampliamento della superficie e della funzionalità dell'immobile.

Così la Cassazione con ordinanza n. 25786/20 depositata il 13 novembre. Il caso. La questione attiene due immobili il primo a piano terreno, il secondo, sovrapposto, al primo piano. Il cespite posto al piano terreno si compone di appartamento e annesso cortile. Il proprietario del secondo ha installato una copertura sporgente, tale da coprire una parte del cortile. Il proprietario del primo conveniva in giudizio il proprietario del secondo piano affinché il secondo fosse condannato alla demolizione della pensilina che, occupando la proiezione del cortile riduceva il godimento dello stesso. Parte convenuta si difendeva sostenendo che la copertura oggetto di contesa era stata costruita in ragione di diritto di superficie legittimamente acquistato dal precedente proprietario dell’immobile del piano terreno. Il Tribunale accoglieva le difese di parte convenuta così riconoscendo legittima la pensilina realizzata in attuazione del diritto di superficie legittimamente acquistato dal proprietario dell’immobile posto al primo piano dal precedente proprietario dell’immobile posto al piano. Il giudice di primo grado rilevava che tale diritto di superficie era noto agli attori perché espressamente indicato nell’atto di vendita-acquisto. La Corte d’Appello riformava la decisione di primo grado, accoglieva le istanze formulate da parte originariamente attrice, spiegando che il diritto di superficie – ex art. 954 c.c. - era prescritto per non utilizzo ultraventennale, per l’effetto condannava i convenuti alla demolizione della pensilina. La corte territoriale chiariva che le opere intermedie e non completate apposizione e sostituzioni di travi metalliche non erano atti idonei ad interrompere il termine prescrizionale. Parte soccombente ha proposto ricorso per cassazione. Il diritto di superficie , chiarisce l’art. 952 c.c., consiste nel diritto di costituire, di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà. Il titolare del diritto di superficie può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo. Sul punto, è orientamento consolidato quello a tenore del quale, lo spazio sovrastante una costruzione non costituisce un bene giuridico suscettibile di un autonomo diritto di proprietà, ma può formare oggetto di un diritto di superficie art. 952 c.c. insistente sulla proprietà altrui, il quale al pari di ogni altro ius in re aliena è soggetto ad estinzione per effetto del non uso protrattosi per il tempo stabilito dalla legge art. 954 c.c. ove la costruzione non venga edificata – Cass. n. 10498/1994. Le opere preparatorie , ovvero le opere intermedie attraverso le quali si realizza, anche progressivamente, il manufatto finale e finito, sono atti idonei ad interrompere il termine prescrizionale. Le SS.UU., cass. n. 8434/2020 , hanno chiarito che costituisce bene immobile qualsiasi costruzione, di qualunque materiale formata, che sia incorporata o materialmente congiunta al suolo, anche se a scopo transitorio cass. n. 679/1968 che, ai fini delle norme codicistiche sulla proprietà, la nozione di costruzione non è limitata a realizzazioni di tipo strettamente edile, ma si estende ad un qualsiasi manufatto, avente caratteristiche di consistenza e stabilità, per le quali non rileva la qualità del materiale adoperato cass. n. 4679/2009, pag. 6 che la nozione di costruzione comprende qualsiasi opera, non completamente interrata, avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo cass. n. 22127/2009 che ha ritenuto che integrasse la nozione di costruzione una baracca di zinco costituita solo da pilastri sorreggenti lamiere, priva di mura perimetrali ma dotata di copertura . La nozione di costruzione , hanno chiarito i giudici di legittimità, non coincide con la nozione tradizionale di costruzione intesa come manufatto stabilmente destinato a circoscrivere lo spazio e quindi a distinguere uno spazio interno da uno esterno così generando un volume. La soluzione. I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso, rinviato a Corte d’Appello in diversa composizione affinché faccia applicazione del seguente principio ai fini dell'esercizio dello ius edificandi , ai sensi degli artt. 952, comma 1, e 954 c.c., è qualificabile come costruzione qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal materiale impiegato per la sua realizzazione, purché determini un ampliamento della superficie e della funzionalità dell'immobile.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 15 settembre – 13 novembre 2020, n. 25786 Presidente Lombardo – Relatore Varrone Fatti di causa 1. C.A. , S. e M.R. , proprietari del piano terreno di un immobile, con annesso cortile, sito in omissis , convenivano in giudizio I. , C. e L.M.A. , proprietari dell’immobile posto al primo piano, confinante con il predetto cortile, lamentando l’apposizione da parte del dante causa dei convenuti L.T. , di travi in ferro e lamiere, successivamente sostituite da grate metalliche del tipo Orsogril a copertura dello spazio sovrastante il cortile di loro proprietà. Detta copertura precludeva, secondo la prospettazione degli attori, il pieno godimento del cortile, privandolo di luce e aria, creando anche un danno a causa della caduta di frammenti di materiale e di ruggine. Sulla base di tali fatti gli attori chiedevano l’accertamento dell’inesistenza del diritto dei convenuti di mantenere il piano di calpestio realizzato in maglia metallica, precisando, altresì, che un eventuale diritto di superficie si sarebbe comunque estinto per prescrizione, stante il mancato esercizio per oltre vent’anni del diritto di sopraelevazione, con condanna dei convenuti alla rimozione della copertura e risarcimento del danno. 2. Si costituivano i convenuti contestando la fondatezza delle avverse domande e precisando che la copertura era conforme ad un diritto espressamente riconosciuto al loro dante causa nel contratto di transazione del 23 dicembre 1968 stipulato tra lo stesso avvocato L. e Co.Ce. , precedente proprietario dell’immobile degli attori. 3. Il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo provato che la copertura metallica insistente sopra il cortile degli attori rappresentava una legittima estrinsecazione di un diritto di superficie sussistente in capo ai convenuti, in virtù del suddetto contratto di transazione. In tale transazione era stata espressamente attribuita all’acquirente la facoltà di demolire la soletta del tetto di copertura dello stabile del venditore, al fine di costruire una nuova soletta a livello di quella del primo piano dello stabile e di estendere la costruzione della soletta sino a copertura totale del cortiletto annesso allo stabile. Di tale circostanza erano a conoscenza gli attori come risultante dal relativo atto di compravendita stipulato tra Co. e C. . Dunque, al di là del materiale utilizzato, una struttura metallica in luogo di una soletta, in ogni caso la copertura doveva ritenersi legittima espressione del diritto di superficie, riconosciuto ai convenuti sopra il cortile degli attori. 3. Avverso la suddetta sentenza proponevano appello C.A. , S. e M.R. . 3.1 Si costituivano I. , C. e L.M.A. . 4. La Corte d’Appello di Cagliari accoglieva il gravame e, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava prescritto il diritto di superficie degli appellati, condannandoli alla rimozione di quanto posto a copertura del cortile degli appellanti. Secondo la Corte d’Appello, il giudice di primo grado aveva malamente interpretato l’art. 952 c.c., comma 1 e l’art. 954 c.c., u.c., ovvero lo ius edificandi in deroga al generale principio dell’accessione immobiliare che stabilisce espressamente che il proprietario possa concedere ad un altro soggetto di fare una costruzione al di sopra del proprio fondo e di acquisirne la proprietà una volta realizzata l’opera. Tale diritto si concretizza nella realizzazione dell’opera e, dunque, se nel ventennio la costruzione non viene edificata il relativo diritto di superficie deve considerarsi estinto per prescrizione ex art. 954 c.c., u.c. Ciò premesso, nel caso di specie, le opere realizzate dagli appellati e dal loro dante causa, L.T. , consistevano nell’apposizione di travi di ferro, poi sostituite da una struttura metallica tipo orsogril e, dunque, non integravano l’esercizio del diritto di superficie e non erano idonee ad interrompere il termine di prescrizione previsto. Gli appellati si erano limitati ad occupare idealmente lo spazio sovrastante il cortile, contrariamente alla facoltà di estendere la costruzione della soletta sino a copertura totale del cortiletto annesso allo stabile dei venditori, espressamente contenuto nella transazione. L’apposizione di tale materiale non poteva ritenersi in alcun modo diretto alla realizzazione della soletta. La Corte d’Appello, a sostegno di quanto affermato, richiamava anche una lettera dell’avvocato L.T. che, nel riscontrare a sua volta una lettera inviatagli dagli appellanti, dopo aver affermato di aver acquistato la proprietà dell’area sovrastante il cortile dei M. , chiariva che non aveva voluto estendere la costruzione sino a coprire il cortiletto oggetto di calcestruzzo e di aver preso possesso dell’area sovrastante mediante l’appoggio di travi in ferro senza rinunciare al diritto di proprietà, volendosene servire come aveva sempre fatto. Era dunque manifesta la volontà di non esercitare, mediante la realizzazione della soletta, il diritto di superficie acquisito, mentre doveva escludersi che le opere metalliche a copertura del cortile potessero integrare l’esercizio del diritto reale ex art. 954 c.c. non essendo prodromiche alla realizzazione di una soletta o comunque di un’opera ad essa assimilabile. Dunque, il diritto degli appellati doveva ritenersi prescritto. 4. I. , C. e L.M.A. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di un motivo. 5. C.A. , S. e M.R. hanno resistito con controricorso. 6. Con memoria depositata in prossimità dell’udienza i contro ricorrenti hanno insistito nella richiesta di inammissibilità o rigetto del ricorso. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 952 c.c., comma 1 e all’art. 954 c.c., comma 4. A parere del ricorrente la Corte territoriale avrebbe malamente interpretato l’art. 952 c.c. nel senso che il concetto di costruzione non consentirebbe di considerare il manufatto realizzato sin dai primi anni 70 dal dante causa degli appellati avente la funzione di soletta e piano di calpestio, anche se costituito da pannelli metallici posati su travi in acciaio, come integrante esercizio del diritto derivante dal contratto di transazione del 23 dicembre 1968. Secondo i ricorrenti è pacifico che nella nozione di costruzione possa rientrarvi ogni opera umana o manufatto infissa al suolo o su precedente costruzione, sicché la prescrizione sarebbe impedita qualora il superficiario realizzi una nuova opera suscettibile in sé di utilità del tutto nuova e diversa da quella che lo stato dei luoghi preesistente poteva fornire. I ricorrenti riportano la clausola dell’atto di transazione in esame, evidenziando che il suddetto titolo non specificava in alcun modo le caratteristiche costruttive della soletta o della copertura preesistente e neanche le modalità della nuova costruzione, nè poneva vincoli o limitazioni circa i materiali da utilizzare, con particolare riguardo all’estensione sul cortile di pertinenza. Sulla base della corretta interpretazione delle norme del codice civile la realizzazione della struttura piana mediante un pannello grigliato in metallo, sostenuta da travi d’acciaio, ancorata stabilmente alle pareti del sottostante cortile di proprietà delle controparti costituiva legittimo esercizio dello ius edificandi, conformemente a quanto previsto nel titolo citato. Il diritto di mantenere il manufatto già realizzato dovrebbe considerarsi imprescrittibile, peraltro anche la consulenza tecnica espletata nel giudizio di primo grado aveva confermato l’assunto del ricorrente. Tali consulenze sarebbero state ignorate dalla Corte d’Appello senza alcuna motivazione. Infine, l’opera realizzata, secondo il ricorrente, non costituisce un’opera intermedia ma una struttura finita, espressione ed esercizio del diritto di estendere la costruzione della soletta sino a totale copertura del cortiletto annesso allo stabile dei venditori, come stabilito nel titolo della più volte citata transazione, con l’unica differenza che, in luogo dell’impiego di materiale cementizio1 si è preferito l’utilizzo di pannelli grigliati metallici su travi in acciaio, non essendo ciò vietato dal titolo. 1.1 L’unico motivo di ricorso è fondato. La Corte d’appello ha ritenuto che l’apposizione da parte dei convenuti/appellati di travi di ferro, poi sostituite da una struttura metallica tipo orsogril , non costituisse esercizio del diritto di superficie e non fosse un’attività idonea ad interrompere il termine di prescrizione. Gli appellati si erano limitati ad occupare idealmente lo spazio sovrastante il cortile, contrariamente alla facoltà di estendere la costruzione della soletta sino a copertura totale del cortiletto annesso allo stabile dei venditori, espressamente contenuto nella transazione. L’apposizione di tale materiale non poteva ritenersi in alcun modo diretto alla realizzazione della soletta. La Corte d’Appello ha, quindi, ritenuto che fosse configurabile la fattispecie estintiva del diritto di superficie, prevista dall’art. 954 c.c., u.c., vale a dire il non uso protratto per venti anni, giacché il diritto di superficie non era stato esercitato con la realizzazione delle opere previste. L’assunto non è condivisibile, poiché poggia su una interpretazione errata della nozione di costruzione cui ricondurre l’esercizio dello ius edificandi da parte dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 952 c.c., comma 1 e art. 954 c.c., u.c La prima delle norme citate prevede che il proprietario possa costituire il diritto di fare e mantenere una costruzione al di sopra del suolo a favore di altri, che ne acquista la proprietà. Si tratta di diritto reale su cosa altrui, temporalmente limitato, al quale fa seguito la proprietà superficiaria sulla costruzione. Se quest’ultima non è edificata, al pari di ogni altro ius in re aliena, il diritto di superficie è soggetto ad estinzione per effetto del non uso protrattosi per il tempo stabilito dalla legge ex plurimis, Sez. 2, Sent. n. 10498 del 1994 . Nel caso di specie, le opere realizzate dai ricorrenti devono essere considerate espressione dello ius edificandi e, dunque, integrano l’esercizio del suddetto diritto. Infatti, ai fini della soluzione della questione, il collegio ritiene di dover aderire alla nozione di costruzione recentemente chiarita, anche in riferimento al diritto di superficie, dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8434 del 2020. Nella citata pronuncia le Sezioni Unite hanno sottolineato come la giurisprudenza di legittimità abbia già chiarito che costituisce bene immobile qualsiasi costruzione, di qualunque materiale formata, che sia incorporata o materialmente congiunta al suolo, anche se a scopo transitorio Cass. n. 679/1968 che deve considerarsi costruzione qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso a corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, e ciò indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell’opera, dai caratteri del suo sviluppo volumetrico esterno, dall’uniformità o continuità della massa, dal materiale impiegato per la sua realizzazione e dalla sua funzione o destinazione Cass. n. 20574/2007 che, ai fini delle norme codicistiche sulla proprietà, la nozione di costruzione non è limitata a realizzazioni di tipo strettamente edile, ma si estende ad un qualsiasi manufatto, avente caratteristiche di consistenza e stabilità, per le quali non rileva la qualità del materiale adoperato Cass. n. 4679/2009, pag. 6 che la nozione di costruzione comprende qualsiasi opera, non completamente interrata, avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo Cass. n. 22127/2009 che ha ritenuto che integrasse la nozione di costruzione una baracca di zinco costituita solo da pilastri sorreggenti lamiere, priva di m. perimetrali ma dotata di copertura Sez. U, Sent. n. 8434 del 2020 . Le sezioni Unite hanno anche precisato come non possa condividersi l’opinione, avanzata in dottrina, secondo la quale il concetto di costruzione di cui all’art. 952 c.c. evocherebbe una nozione tradizionale di costruzione che richiamerebbe pur sempre l’idea di un manufatto stabilmente destinato a circoscrivere lo spazio e, quindi, a distinguere uno spazio interno dallo spazio esterno, in tal modo generando un volume. La suddetta opinione, infatti, non risulta sorretta da evidenze esegetiche che autorizzino ad assegnare alla nozione di costruzione contemplata nell’art. 952 c.c. un significato diverso da quello alla stessa correntemente assegnato dalla giurisprudenza civile richiamata, oltre che dalla giurisprudenza penale, amministrativa e costituzionale. Nel caso di specie, dunque, ha errato la Corte d’Appello di Cagliari nell’escludere che le lastre di orsogril apposte dal dante causa dei ricorrenti in esecuzione della transazione con la quale era stato costituito il diritto reale di superficie sulla proprietà dei controricorrenti potessero ritenersi modalità di realizzazione della soletta. L’errore in cui è incorso il giudice del merito emerge dall’esame delle espressioni utilizzate nella sentenza impugnata, dove si legge che le opere realizzate dagli appellati e dal loro dante causa, consistite nell’apposizione di travi di ferro, poi sostituite da una struttura metallica del tipo orsogril non integrano l’esercizio del diritto di superficie in quanto l’apposizione di tali materiali non può ritenersi diretta alla realizzazione di una soletta o comunque di un’opera ad essa assimilabile. La qualità del materiale utilizzato, infatti, non rileva in alcun modo ai fini della suddetta qualificazione e l’opera in esame presenta tutti i requisiti propri della costruzione nel senso indicato dalle Sezioni Unite quali la solidità, stabilità e immobilizzazione nel senso sopra chiarito, oltre ad aumentare la superficie del bene immobile ed essere funzionale ad aumentare il piano di calpestio. 1.2 In conclusione La Corte accoglie l’unico motivo di ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto Ai fini dell’esercizio dello ius edificandi ai sensi dell’art. 952 c.c., comma 1 e art. 954 c.c., u.c., è qualificabile come costruzione qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal materiale impiegato per la sua realizzazione, purché determini un ampliamento della superficie e della funzionalità dell’immobile . 2. In conclusione, la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Cagliari, in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.