Nessuna relazione in Italia, comunque credibile lo straniero omosessuale

Riprende quota la domanda di protezione presentata da un uomo che, scopertosi gay, è scappato dal Gambia per evitare severissime sanzioni penali per il suo orientamento sessuale. Censurate dalla Cassazione le valutazioni compiute dai Giudici di merito questi ultimi avevano ritenuto non credibile lo straniero, osservando che egli non aveva raccontato di particolari sofferenze nell’acquisizione della consapevolezza di essere omosessuale e non aveva avuto alcun rapporto in Italia.

Scoprirsi omosessuale non comporta obbligatoriamente sofferenze e difficoltà, né tantomeno significa cercare a tutti i costi rapporti fisici e rifuggire legami sentimentali. E queste considerazioni – frutto di logica e di buonsenso – sono sufficienti per ridare speranza a un giovane del Gambia che, approdato in Italia e dichiaratosi gay, si è visto rifiutare la protezione, poiché valutato poco credibile dai Giudici di merito, essendo impossibile, a loro avviso, che egli in patria avesse semplicemente preso atto del proprio orientamento sessuale e che, una volta in Italia, non avesse avuto rapporti fisici con altri uomini. Cassazione, ordinanza n. 23891/20, depositata il 29 ottobre . A essere presa in esame è la delicata vicenda vissuta da uno straniero, originario del Gambia, che a neanche 18 anni si rende conto di essere omosessuale. Inevitabile la scelta di fuggire dal proprio Paese – dove, come da un rapporto di Amnesty International, l’ omosessualità è considerata reato e punita addirittura con l’ergastolo –. Passaggio successivo è l’approdo in Italia e la richiesta di protezione . A dare risposta negativa sono prima i componenti della Commissione territoriale di Verona e poi i Giudici del Tribunale di Venezia. Decisiva è la valutazione del racconto fatto dallo straniero e ritenuto non credibile e inverosimile in merito alle ragioni che lo hanno costretto ad abbandonare la terra d’origine . In particolare, i Giudici sottolineano che lo straniero non ha fatto alcun riferimento a un percorso di presa di consapevolezza sofferta, specie in un contesto come quello del Paese di provenienza in cui essere gay è contrario alla legge, limitandosi a riferire di aver scoperto di essere omosessuale all’età di 16-17 anni , e aggiungono poi che egli ha dichiarato che, da quando è arrivato in Italia, non ha avuto alcun tipo di rapporto omosessuale e pure tale circostanza depone nel senso della non credibilità , essendo contrario a logica che lo straniero non abbia deciso o sentito il bisogno di vivere pienamente la propria omosessualità . Il legale dello straniero contesta duramente le osservazioni compiute dai Giudici del Tribunale, ritenendole poggiate su pregiudizi e idee stereotipate dell’omosessualità, quali il dover dimostrare un percorso di consapevolezza sofferta o il dovere di intrattenere rapporti omosessuali in Italia al fine di risultare credibile . Per il legale la decisione presa dal Tribunale è assolutamente priva di fondamento. E questa opinione è condivisa anche dai Giudici della Cassazione, i quali censurano i Giudici veneziani, ritenendo inaccettabile la valutazione compiuta in Tribunale in merito alla plausibilità del racconto fatto dallo straniero. In premessa, comunque, viene ricordato dal Palazzaccio che l’orientamento sessuale dello straniero che chiede protezione – assunto nel suo essere tale ovvero pure come partecipazione a un gruppo, o nucleo, sociale che sia connotato in modo determinante da un peculiare orientamento sessuale – può risultare fattore rilevante, e, nel caso, anzi determinante, in relazione al riconoscimento della protezione internazionale . Ciò perché l’orientamento sessuale dello straniero nella specie, l’omosessualità costituisce fattore di individuazione del particolare gruppo sociale, la cui appartenenza costituisce ragione di persecuzione idonea a fondare il riconoscimento dello status di rifugiato . Affrontando nello specifico la vicenda del cittadino del Gambia, poi, i magistrati sono tranchant l’assunto formulato dal Tribunale lagunare, secondo cui l’appartenenza a un orientamento omosessuale debba rispondere – in via necessaria o pressoché necessaria – a uno schema di consapevolezza sofferta del soggetto è affermazione in sé stessa autoreferenziale, priva di una base di razionalità . Difatti, aggiungono i Giudici, non si vede, per vero, perché un orientamento omosessuale dovrebbe per forza connotarsi di sofferenza, né perché non potrebbe capitare l’eventualità di vivere in serenità – e, nel caso, pure in letizia – il proprio orientamento omosessuale . Evidente, quindi, nel decreto emesso dal Tribunale un giudizio morale , che risponde a una mera opinione personale del giudicante del merito , sanciscono i Giudici della Cassazione, aggiungendo che più ancora si fonda su regole non già oggettive, bensì espressive di una moralità meramente soggettiva, l’ulteriore assunto per cui la presenza di leggi omofobe in Gambia dovrebbe spingere il soggetto verso un comportamento di maggiore consapevolezza sofferta, quasi fosse inibita la possibilità di un giudizio critico nei confronti di una legislazione che – conculcando fortemente il principio della libertà di orientamento sessuale – in Italia non potrebbe che essere costituzionalmente illegittima . E ugualmente espressiva di una mera opinione ovvero suggestione di ordine soggettivo è pure l’altra allegazione del Tribunale lagunare secondo cui per vivere pienamente la propria omosessualità occorrerebbe la corrente presenza, se non la frequenza, di rapporti di tale genere . E invece, sottolineano dalla Cassazione, la ricerca continua di rapporti sessuali non risulta essere tratto connotante di uno, piuttosto che di un altro, orientamento sessuale, né si scorge la ragione per cui agli orientamenti omosessuali dovrebbe essere sottratta la ricerca di situazioni affettive anche in termini stabili , o perché, comunque, quest’ultima dovrebbe rimanere per i gay marginale, quando non occasionale . Evidente come l’affermazione della sussistenza di un legame fisiologico tra ricerca inesausta di rapporti e orientamento omosessuale è frutto di un pregiudizio ed è prodotto di una lettura di mortificazione punitiva – sul piano della moralità sociale – degli orientamenti omosessuali, lettura che si pone agli antipodi dei principi espressi, sul piano normativo, dalle disposizioni di cui all’articolo 3 della Costituzione, sia in relazione al pieno sviluppo di ciascuna persona, sia in riferimento al divieto assoluto di discriminazione per orientamento sessuale, e poi dalla legge numero 76 del 20 maggio 2016 in materia di regolamentazione delle unioni civile . Vista la censura arrivata dalla Cassazione, i Giudici del Tribunale di Venezia dovranno riesaminare in un’altra ottica la vicenda dell’uomo originario del Gambia, che ora può nuovamente sperare di trovare accoglienza in Italia.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 30 giugno – 29 ottobre 2020, n. 23891 Presidente Sangiorgio – Relatore Dolmetta Fatti di causa 1.- Mo. To., proveniente dalla terra del Gambia, ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Venezia avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Verona, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale status di rifugiato protezione sussidiaria e della protezione umanitaria. 2.- Con decreto emesso in data 14 marzo 2019, il Tribunale ha rigettato il ricorso. 3.- Con riferimento alla richiesta di riconoscimento del diritto di rifugio, il giudice del merito ha ritenuto il racconto svolto dal richiedente, a illustrazione delle ragioni che lo hanno condotto ad abbandonare la terra d'origine, non credibile e inverosimile. Né in sede di audizione amministrativa, né in sede di audizione giudiziale - ha assunto al riguardo il Tribunale - il richiedente ha fatto alcun riferimento a un percorso di presa di consapevolezza sofferta, specie in un contesto come quello del paese di provenienza in cui essere omosessuale è contrario alla legge, limitandosi a riferire di aver scoperto di essere omosessuale all'età di 16-17 anni . Occorre inoltre considerare - così si è aggiunto - che il richiedente ha dichiarato che, da quando è arrivato in Italia, non ha avuto alcun tipo di rapporto omosessuale pure tale circostanza depone nel senso della non credibilità , essendo contrario a logica che questi non abbia deciso o sentito il bisogno di vivere pienamente la propria omosessualità . 4.- Con riguardo poi al tema della protezione sussidiaria, il Tribunale ha rilevato che, secondo quanto riferito dal report Amnesty International 2017/18, il Gambia non presenta, nell'attuale, indici specifici di pericolosità. Si sta assistendo - si è rilevato - a un processo di lenta normalizzazione . 5.- Quanto al tema della protezione umanitaria, il Tribunale ne ha escluso il riconoscimento in quanto la non credibilità e la genericità del racconto del richiedente costituiscono motivi sufficienti per tale proposito. 6.- Avverso questo provvedimento Mo. To. ha presentato ricorso, sviluppando tre motivi di cassazione. Il Ministero non ha volto difese nel presente grado del giudizio. Ragioni della decisione 6.- I motivi formulati dal ricorrente denunziano l'erroneità del decreto impugnato secondo i termini che qui di seguito vengono riferiti. 7.- Il primo motivo assume violazione ex art. 360 nn. 3 e 4 cod. proc. civ. - violazione dell'art. 3,comma 5 D.Lgs. n. 251/2007 e dell'art. 8, comma 3 D.Lgs. n. 25/2008, per avere il Collegio violato i canoni legali di interpretazione degli elementi istruttori . Ad avviso del ricorrente, il Tribunale di Venezia ha omesso di fatto ogni istruttoria , affidandosi a idee stereotipate dell'omosessualità e pregiudizi quali il dover dimostrare un percorso di consapevolezza sofferta o il dovere di intrattenere rapporti omosessuali in Italia al fine di risultare credibile . Si tratta di affermazioni apodittiche e arbitrarie , così si sostiene, che minano alla base la decisione del Tribunale, inficiandola dalle fondamenta. 8.- Il secondo motivo assume la violazione degli artt, 115 cod. proc. civ., 2, comma 1 e 14 D.Lgs. n. 251/2007, 8 D.Lgs. n. 25/2008, per avere il Tribunale falsamente applicato l'art. 14 lett. b in violazione dei criteri legali di valutazione degli elementi di prova con riferimento ai riscontri esterni di cui all'art. 8 D.Lgs. n. 25/208, omettendo di prendere in considerazione le fonti disponibili e prodotte e limitandosi a un giudizio parziale e comunque personale e apodittico sulla credibilità del racconto . 9.- Il terzo motivo lamenta la violazione ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ. in relazione all'art. 132 comma 2 n. 4 cod. proc. civ., per non avere il Tribunale esaminato la richiesta di riconoscimento della protezione umanitaria in relazione alla condizione di vulnerabilità e alla condizione di vita del ricorrente introdotte in giudizio e per avere adottato sul punto una motivazione apparente/inesistente . 10.- Il primo motivo di ricorso è fondato. 11.- Secondo il costante orientamento di questa Corte, la valutazione relativa alla credibilità e verosimiglianza delle dichiarazioni rese dal richiedente rientra nel novero degli apprezzamenti di fatto, che in quanto tali rimangono affidati al giudice del merito cfr., per tutte, Cass., 15 febbraio 2019, n. 3340 . Ciò, di conseguenza, indirizza - e limita - il sindacato, che al riguardo risulta esercitabile da questa Corte, al tema dell'omesso esame di fatto decisivo per l'esito della controversia art. 360 n. 5 cod. proc. civ. , nonché a quelli rappresentati dalla mancanza della motivazione , dalla motivazione contraddittoria in modo intrinseco e assoluto , dalla motivazione appare perplessa od obiettivamente non comprensibile art. 360 n. 4 cod. proc. civ. cfr., tra le più recenti, Cass., 14 agosto 2020, n. 17158 Cass., 10 luglio 2020, n. 14819 Cass., 22 giugno 2020, n. 12049 sul punto specifico della motivazione apparente, come pure patentemente illogica, v. ampiamente, con riguardo alla materia de qua Cass. 3 luglio 2020, n. 13763 . Posto l'innegabile margine di discrezionalità che strutturalmente caratterizza la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente sia in sé, sia pure, e in addizione, in ragione delle difficoltà probatorie che pone la materia della protezione internazionale , la giurisprudenza di questa Corte si è, d'altra parte, più volte preoccupata di sottolineare in modo espresso come al riguardo si debbano in ogni caso escludere i giudizi che riflettono delle mere opinioni del giudice, come pure quelli che risultano frutto proprio di soggettivistiche sue impressioni e/o suggestioni cfr., di recente, Cass., 9 luglio 2020, n. 14671 Cass., 10 giugno 2010, n. 11170, entrambe con diretto riferimento a fattispecie implicanti l'orientamento sessuale del richiedente . La materia richiede, in altri termini, un controllo particolarmente attento in punto di coerenza, plausibilità e attendibilità della motivazione che in concreto risulta effettuata così come non manca di segnalare, del resto, la disposizione dell'art. 3 comma 5 D.Lgs. n. 251/2007 . 12.- Ciò posto, appare opportuno ricordare, altresì, come l'orientamento sessuale del richiedente - assunto nel suo essere tale ovvero pure come partecipazione a un gruppo, o nucleo, sociale che sia connotato in modo determinante da un peculiare orientamento sessuale - ben possa risultare fattore rilevante, e, nel caso, anzi determinante, in relazione al riconoscimento della protezione internazionale cfr., tra le pronunce più vicine, Cass., 5 luglio 2020, n. 15048, da cui è tratta pure la frase che appena sotto è stata virgolettata Cass., 4 febbraio 2020, n. 2458 . La giurisprudenza di questa Corte ha spiegato infatti che l'orientamento sessuale del richiedente nella specie, l'omosessualità costituisce fattore di individuazione del particolare gruppo sociale , la cui appartenenza, ai sensi dell'art. 8, comma 1, lett. d D.Lgs. n. 251/2007 costituisce ragione di persecuzione idonea a fondare il riconoscimento dello status di rifugiato . 13.- L'assunto, per cui l'appartenenza a un orientamento omosessuale debba rispondere - in via necessaria o pressoché necessaria - a uno schema di consapevolezza sofferta del soggetto, che è stato formulato dal Tribunale lagunare cfr. sopra, nell'ambito del n. 3 , si mostra affermazione in sé stessa autoreferenziale priva, prima di tutto sul piano dell' essere , di una base di razionalità. Non si vede, per vero, perché un orientamento omosessuale dovrebbe per forza connotarsi di sofferenza . Né perché non potrebbe capitare l'eventualità di vivere in serenità - e, nel caso, pure in letizia - il proprio orientamento omossessuale. Nei fatti, l'affermazione espressa nel decreto non riesce ad occultare la sussistenza di un giudizio morale, che risponde a una mera opinione personale del giudicante del merito. Più ancora si fonda su regole non già oggettive, bensì espressive di una moralità meramente soggettiva l'ulteriore assunto per cui la presenza di leggi omofobe in Gambia dovrebbe spingere il soggetto verso un comportamento di maggiore consapevolezza sofferta quasi fosse inibita la possibilità di un giudizio critico nei confronti di una legislazione che - conculcando fortemente il principio della libertà di orientamento sessuale - in Italia non potrebbe che essere costituzionalmente illegittima sul tema della rilevanza della legislazione omofoba, in oggi presente in Gambia, per la materia della protezione internazionale, v. Cass., 4 settembre 2020, n. 18505 Cass., 30 luglio 2020, n. 16401 . 14.- Ugualmente espressiva di una mera opinione ovvero suggestione di ordine soggettivo si manifesta pure l'altra allegazione del Tribunale lagunare, per cui la logica esigerebbe che, per vivere pienamente la propria omosessualità , occorrerebbe la corrente presenza, se non la frequenza, di rapporti di tale genere cfr. sopra, nel n. 3 . La ricerca continua di rapporti sessuali, invero, non risulta essere tratto connotante di uno, piuttosto che di un altro orientamento sessuale. Né si scorge la ragione per cui agli orientamenti omosessuali dovrebbe essere sottratta la ricerca di situazioni affettive volendo, anche in termini stabili o perché, comunque, quest'ultima dovrebbe rimanere per costoro marginale, quando non occasionale. L'affermazione della sussistenza di un legame fisiologico tra ricerca inesausta di rapporti e orientamento omosessuale si manifesta, a ben vedere, frutto di un pregiudizio affatto ingiustificato prima di tutto, sul piano del fatto cfr. pure gli spunti rinvenibili nella pronuncia di Cass., 18 settembre 2020, n. 19503 . Si manifesta, meglio, come prodotto di una lettura di mortificazione punitiva - sul piano della moralità sociale - degli orientamenti omosessuali. Lettura che si pone agli antipodi dei principi espressi, sul piano normativo, dalle disposizioni di cui all'art. 3 Cost. in specie di quella del comma 2, in relazione al pieno sviluppo di ciascuna persona, come anche di quella del comma 1, sul divieto assoluto di discriminazione per orientamento sessuale. E poi anche, a ben guardare, della legge 20 maggio 2016, n. 76, in materia di regolamentazione delle unioni civili. 15.- L'accoglimento del primo motivo di ricorso viene a comportare assorbimento del secondo motivo e del terzo motivo. 16.- Il ricorso va dunque accolto e di conseguenza cassato il decreto impugnato. Per l'effetto, la controversia va rinviata al Tribunale di Venezia che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il terzo motivo. Cassa il decreto impugnato e rinvia la controversia al Tribunale di Venezia che, in diversa composizione, provvederà pure alle determinazioni inerenti alle spese del presente giudizio di legittimità.