Sulla legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo

La Suprema Corte chiarisce in presenza di quali condizioni può dirsi legittima l’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo.

Questo l’oggetto della sentenza della Corte di Cassazione n. 19938, depositata il 23 settembre. Il Giudice di Pace di Chieti ingiungeva mediante decreto il pagamento di una certa somma ad una società. Con atto di citazione, quest’ultima proponeva opposizione avverso il decreto, deducendo la nullità non solo del medesimo ma anche della sua notificazione . In risposta, il Giudice di Pace accoglieva l’opposizione, ritenendone tempestiva la proposizione, e revocava il decreto ingiuntivo opposto. A seguito di impugnazione della suddetta pronuncia, il Tribunale di Chieti dichiarava inammissibile, poiché tardiva , l’opposizione al decreto e, di conseguenza, provvedeva all’annullamento della sentenza impugnata e alla conferma del decreto ingiuntivo opposto. A questo punto, il titolare della ormai cessata attività propone ricorso per cassazione, lamentando il fatto che il Giudice, in sede di dichiarazione di non tempestività dell’opposizione, non avesse tenuto conto che la notificazione era stata effettuata prima della cancellazione della società ma dopo che l’accomandataria aveva ceduto a lui la propria quota, non avendo ella più alcuna legittimazione a ricevere la notificazione. La Suprema Corte non accoglie il motivo di ricorso, evidenziando che il ricorrente ha trascurato di considerare che, affinché l’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo sia legittima ai sensi dell’art. 650 c.p.c., non basta l’accertamento circa l’ irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, essendo necessaria anche la prova il cui onere incombe sull’opponente del fatto che a causa di tale irregolarità egli, nelle vesti di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del decreto e non sia stato in grado di proporre tempestiva opposizione. Essendo stato tale profilo completamente omesso nello svolgimento del motivo di ricorso, gli Ermellini rigettano lo stesso e condannano il ricorrente al pagamento delle spese processuali a favore della controricorrente.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 novembre 2019 – 23 settembre 2020, n. 19938 Presidente Manna – Relatore Besso Marcheis Fatti di causa 1. Su domanda di Edilalba s.n.c. di S. A. & amp C., il Giudice di pace di Chieti ingiungeva con decreto n. 372/2013 a Tecnomontaggi di A.M. s.a.s. il pagamento della somma di Euro 3.827,94. Con atto di citazione del 28 settembre 2013 Tecnomontaggi di S.D.B. proponeva opposizione avverso il decreto, deducendo la nullità del decreto e della sua notificazione il che giustificava il mancato rispetto del termine di cui all’art. 641 c.p.c., comma 1 , nonché l’insussistenza del credito la controparte si costituiva, contestando la tempestività dell’opposizione e la sua fondatezza. Il Giudice di pace, ritenuta tempestiva la proposizione dell’opposizione, con sentenza n. 431/2014 la accoglieva nel merito e revocava il decreto ingiuntivo opposto. 2. Edilalba s.n.c. ha impugnato la sentenza. Con sentenza 29 marzo 2017, n. 215 il Tribunale di Chieti, in accoglimento del motivo d’appello, dichiarava inammissibile perché tardiva l’opposizione al decreto e conseguentemente annullava la sentenza impugnata, confermando il decreto ingiuntivo opposto. 3. Contro la sentenza ricorre per cassazione D.B.S. , già titolare della cessata ditta individuale Tecnomontaggi. Resiste con controricorso la società Edilalba s.n.c. di S. A. & amp C. Questa Corte, con ordinanza n. 20758/2018, ha rimesso la causa alla pubblica udienza. Considerato che 1. Il ricorso è articolato in un unico motivo con cui si denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio il Tribunale avrebbe accolto l’appello seguendo un processo logico viziato, disapplicando le norme di diritto sostanziale e processuale ed ignorando elementi di fatto pacifici e incontrovertibili il giudice d’appello, nel dichiarare la non tempestività dell’opposizione, non ha considerato che la notificazione del decreto ingiuntivo è sì stata effettuata, il 22 maggio 2013, prima della cancellazione della società Tecnomontaggi di A.M. s.a.s. avvenuta il 31 maggio 2013 , ma dopo che l’accomandataria A.M. , con atto ricevuto da notaio, aveva ceduto, il 10 novembre 2012, la propria quota a D.B.S. , con la conseguenza che A.M. - presso la cui residenza l’atto è stato notificato - non aveva più alcuna legittimazione a riceverlo non avendo più alcun legame con la società Tecnomontaggi. Il motivo non può essere accolto. Il ricorrente non considera che, ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo di cui all’art. 650 c.p.c. non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre, altresì, la prova - il cui onere incombe sull’opponente - che a causa di detta irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione così, ex multis, Cass. 20850/2018 . Il profilo è del tutto omesso nello svolgimento del motivo v. la conclusione a p. 8 del ricorso la notifica, effettuata nei confronti di un soggetto estraneo alla compagine sociale al momento della notifica e in luogo estraneo alla società, non poteva non considerarsi nulla , l’opposizione, quindi, non può, per l’effetto, ritenersi tardiva e, conseguentemente va dichiarata ammissibile l’opposizione ex art. 650 c.p.c. , con un unico generico riferimento, nel fatto , alla circostanza per cui il ricorrente è venuto a conoscenza del decreto ingiuntivo successivamente v. p. 2 del ricorso . 2. Il ricorso va quindi rigettato. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in Euro 1.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali 15% e accessori di legge. Sussistono, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.