Fermi di polizia e condanne penali: espulso lo straniero pericoloso. Irrilevante la presenza in Italia di moglie e figli minori

Inequivocabile il comportamento tenuto dallo straniero, originario del Marocco. Egli è riuscito ad ottenere il permesso di lungo periodo ma ha poi iniziato a riportare condanne penali e fermi di polizia per diversi reati. Evidente, quindi, la sua pericolosità sociale. A inchiodarlo anche il fatto che egli ha ignorato il provvedimento con cui il Questore gli imponeva di cambiare condotta. Per quanto concerne la situazione familiare, anche la moglie è imputata per furto, e i figli minori meritano di essere protetti.

Errare è umano. Perseverare è diabolico” e può costare carissimo al cittadino straniero, che, pur inserito in Italia – con moglie e figli –, si becca un provvedimento di espulsione alla luce della sua pericolosità, testimoniata da fermi di polizia e condanne penali. Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 19949, depositata il 23 settembre . La vicenda riguarda un cittadino marocchino, colpito da un provvedimento di espulsione – adottato ai sensi degli artt. 13, comma 2, lettera c , e 14 del d.lgs. n. 286/1998 – poiché ritenuto socialmente pericoloso . A dare solidità alla misura provvede il Giudice di pace, respingendo le osservazioni proposte dal legale dello straniero. E sulla stessa linea si attesta anche la Cassazione, rendendo definitivo il provvedimento di espulsione. Inutili le complesse osservazioni proposte dal cittadino marocchino. L’uomo ha spiegato, tramite il proprio legale, che erroneamente è stata ritenuta sussistente la sua pericolosità sociale, nonostante la risalenza nel tempo delle condanne penali indicate nel provvedimento impugnato, il suo inserimento in Italia , l’attività lavorativa da egli svolta nel territorio nazionale e l’ assenza di legami con il Paese di origine . Dalla Cassazione ribattono richiamando alcuni dettagli decisivi. In prima battuta viene evidenziato che lo straniero è entrato in Italia e vi si era trattenuto per effetto della sanatoria del 2002 e poi aveva ottenuto un permesso di soggiorno per motivi di lavoro sino al 2008 . Successivamente aveva quindi ottenuto il permesso di lungo periodo ma, annotano i Giudici, da quel momento aveva iniziato a riportare condanne penali e fermi di polizia per diversi reati . A completare il quadro, infine, anche il fatto che l’uomo vive in Italia con la moglie e le figlie minorenni . Per i giudici del Palazzaccio, però, bisogna ricordare che in tema di permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare , il divieto di espulsione non opera in ipotesi di comportamenti della persona che rappresentino una minaccia concreta ed attuale, tale da pregiudicare l’ordine e la sicurezza pubblica , senza ricorrere ad automatismi sulla base dei precedenti penali ma valutando, ad esempio, la rilevanza dei reati accertati e l’eventuale condizione di disoccupazione . E le ragioni di pericolosità sociale vanno esplicitate in concreto nella motivazione del provvedimento espulsivo, mediante una valutazione che non è più effettuata ex ante in via legislativa, ma articolata su un giudizio di pericolosità sociale da svolgere in concreto e che induca a concludere che lo straniero rappresenti una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico e la sicurezza , tale da rendere recessiva la valutazione degli ulteriori elementi di valutazione contenuti nell’articolo 5, comma 5, del decreto legislativo numero 286 del 1998 , cioè la natura e la durata dei vincoli familiari, l’esistenza di legami familiari e sociali con il Paese d’origine, e, per lo straniero già presente nel territorio nazionale, la durata del soggiorno pregresso . E, aggiungono ancora dalla Cassazione, la pericolosità sociale va intesa come pericolosità non solo per l’ordine pubblico, ma anche solo per la sicurezza pubblica . Nella vicenda riguardante il cittadino marocchino si è potuto appurare che egli ha collezionato” dal 2008 in avanti numerosi precedenti penali e fermi di polizia, per reati gravi quali il furto in concorso e la detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio e in ragione di tali comportamenti è stato destinatario di un provvedimento del Questore di Novara , datato ottobre 2015, contenente un avviso a cambiare condotta , ma, nonostante ciò, egli non ha modificato le proprie abitudini di vita, tanto da essere rinvenuto, nel dicembre 2017, in possesso di due chilogrammi e mezzo di hashish, che deteneva anche presso l’abitazione in cui risiede insieme ai figli minori . A fronte di tali elementi, e tenendo presente che anche la moglie risultava essa pure imputata per furto e che i figli minori della coppia, di tenerissima età, meritano di essere protetti , è corretto l’inquadramento dello straniero come soggetto socialmente pericoloso .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 25 giugno – 23 settembre 2020, numero 19949 Presidente Di Virgilio – Relatore Oliva Fatti di causa Il ricorrente, cittadino marocchino, veniva attinto da provvedimento di espulsione adottato ai sensi degli articolo 13 comma secondo lettera c e 14 del D.Lgs. numero 286 del 1998 perché socialmente pericoloso. Con il provvedimento impugnato il Giudice di Pace di Novara rigettava il ricorso proposto avverso la predetta misura espulsiva. Propone ricorso per la cassazione di detto provvedimento El Ma. El Mo. affidandosi ad un unico motivo. La parte intimata non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. Ragioni della decisione Con l'unico motivo il ricorrente lamenta la mancanza, erroneità ed illogicità della motivazione e l'omessa valutazione delle prove fornite in uno al ricorso avverso l'espulsione. Ad avviso del ricorrente, il Giudice di Pace avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la sua pericolosità sociale nonostante la risalenza nel tempo delle condanne penali indicate nel provvedimento impugnato, il suo inserimento in Italia, l'attività lavorativa da egli svolta nel territorio nazionale e l'assenza di legami con il Paese di origine. La censura è infondata. Dal provvedimento impugnato risulta che il ricorrente è entrato in Italia e vi si era trattenuto per effetto della sanatoria del 2002 aveva poi ottenuto un permesso di soggiorno per motivi di lavoro sino al 2008 aveva quindi ottenuto il permesso di lungo periodo ed aveva, da quel momento, iniziato a riportare condanne penali e fermi di polizia per diversi reati. Dalla lettura del ricorso risulta altresì che il ricorrente vive in Italia con la moglie e le tre figlie minorenni. In tema di permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare, il divieto di espulsione non opera in ipotesi di comportamenti della persona che rappresentino una minaccia concreta ed attuale tale da pregiudicare l'ordine e la sicurezza pubblica, secondo un giudizio che il giudice di merito deve effettuare in concreto, senza ricorrere ad automatismi sulla base dei precedenti penali ma valutando, ad esempio, la rilevanza dei reati accertati, l'eventuale condizione di disoccupazione, il comportamento tenuto nelle occasioni in cui ha dichiarato false generalità Cass. Sez. 6-1, Ordinanza numero 6666 del 15/03/2017, Rv. 643648 . Analogamente, si è affermato che le ragioni di pericolosità sociale vanno esplicitate in concreto nella motivazione del provvedimento espulsivo, mediante una valutazione che -a seguito delle modifiche introdotte con il D.Lgs. numero 5 del 2007 all'articolo 4 comma 3 ed all'articolo 5 comma 5, nonché dell'aggiunta del comma 5-bis, del D.Lgs. numero 286 del 1998- non è più effettuata ex ante in via legislativa, ma articolata su un giudizio di pericolosità sociale da svolgere in concreto, il quale induca a concludere che lo straniero rappresenti una minaccia concreta ed attuale per l'ordine pubblico e la sicurezza, tale da rendere recessiva la valutazione degli ulteriori elementi di valutazione contenuti nel novellato articolo 5 comma 5 del D.Lgs. numero 286 del 1998 la natura e la durata dei vincoli familiari, l'esistenza di legami familiari e sociali con il paese d'origine e, per lo straniero già presente nel territorio nazionale, la durata del soggiorno pregresso Cass. Sez. 6 -1, Ordinanza numero 17070 del 28/06/2018, Rv. 649646 . Si è parimenti ritenuto che la pericolosità sociale vada intesa come pericolosità non solo per l'ordine pubblico, ma anche solo per la sicurezza pubblica e, pertanto, la sua sussistenza deve essere valutata dall'autorità competente al rilascio o al rinnovo del titolo, in conformità con l'articolo 20 del D.Lgs. numero 30 del 2007, in forza del quale la pericolosità sociale costituisce, conformemente alla direttiva 2004/38/CEE, una limitazione al mantenimento del diritto di soggiorno Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 17289 del 27/06/2019, Rv. 654421 Nel caso concreto i principi affermati dai sopra richiamati precedenti di questa Corte sono stati correttamente applicati dal giudice di merito quest'ultimo ha infatti evidenziato, nel provvedimento impugnato, che il ricorrente ha collezionato dal 2008 in avanti numerosi precedenti penali e fermi di polizia, per reati gravi quali il furto in concorso e la detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio è stato destinatario, in ragione di tali comportamenti, di un provvedimento del Questore di Novara in data 26.10.2015, contenente un avviso a cambiare condotta non ha, nonostante tale avviso, modificato le proprie abitudini di vita, tanto da essere rinvenuto, in data 30.12.2017, in possesso di due chilogrammi e mezzo di hashish, che deteneva anche presso l'abitazione nella quale lo stesso risiede insieme ai figli minori. Sulla base di tali considerazioni, nonché del fatto che anche la moglie del ricorrente risultava essa pure prevenuta per furto e che i figli minori della coppia, di tenerissima età, meritavano di essere protetti, hanno portato il Giudice di Pace a ritenere corretto l'inquadramento del ricorrente come soggetto socialmente pericoloso. Simile motivazione, che appare logicamente coerente e conforme ai principi affermati da questa Corte, esprime un giudizio di pericolosità formulato in concreto, sulla base di elementi di fatto aggiornati -l'ultimo episodio apprezzato dal giudice di merito è del 30.12.2017- e, pertanto, non è suscettibile di essere oggetto di sindacato in questa sede. In definitiva, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte intimata nel presente giudizio di legittimità. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. numero 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell'impugnazione, se dovuto. PQM la Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1-quater del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.