Permesso di soggiorno per motivi umanitari: quali elementi tenere in considerazione?

La Suprema Corte chiarisce quali elementi è necessario tenere in considerazione nell’ambito della valutazione comparativa che deve operare il giudice ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Questo l’oggetto dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 18645/20, depositata l’8 settembre. Il Tribunale di Bologna rigettava l’opposizione contro il rifiuto da parte della Commissione Territoriale di Bologna della richiesta di un cittadino straniero relativa al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria e del rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. Il cittadino straniero si rivolge, dunque, alla Corte di Cassazione, lamentando, da un lato, la violazione del dovere di cooperazione nella ricerca delle fonti internazionali e, dall’altro, la mancata considerazione da parte del Tribunale dell’avvenuta integrazione all’interno del territorio italiano, manifestata attraverso lo svolgimento di attività lavorativa e la partecipazione a corsi di studio. La Corte di Cassazione dichiara il primo motivo di ricorso inammissibile , osservando come il Giudice abbia valutato l’inattendibilità delle dichiarazioni fornite dal ricorrente a causa della loro genericità, tenendo conto che la valutazione della credibilità è avvenuta sulla base dei criteri contenuti nell’art. 3, comma 5, d.lgs. n. 251/2007 circa il controllo di coerenza interna ed esterna della vicenda narrata a fondamento della richiesta, controllo sottratto al vaglio di legittimità al di fuori dei limiti ex art. 360 c.p.c Quanto al secondo motivo di ricorso, i Giudici di legittimità ne dichiarano l’ infondatezza . A tal proposito, la Corte evidenzia che il permesso di soggiorno per motivi umanitari , nella disciplina applicabile ratione temporis , consiste in una misura atipica e residuale, avente lo scopo di tutelare situazioni che si caratterizzano per la condizione di vulnerabilità in cui si trova l’istante, anche se non integrano i presupposti per il riconoscimento delle forme di tutela tipiche. Inoltre, le Sezioni Unite hanno recentemente sostenuto che nella materia in oggetto è necessaria una valutazione comparativa della situazione oggettiva e soggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, confrontata con l’effettiva condizione di integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza, considerando che è privo di rilievo il livello di integrazione raggiunto. Nel caso concreto, il ricorrente non aveva un effettivo radicamento sul territorio italiano, vista la persistenza dei riferimenti affettivi e familiari nel Paese d’origine, nonostante lo svolgimento di attività lavorativa e la partecipazione a corsi di studio. Per i motivi illustrati, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 21 gennaio – 8 settembre 2020, n. 18645 Presidente Manna – Relatore Giannaccari Fatti di causa 1. Il Tribunale di Bologna, con decreto del 13.5.2019 comunicato in pari data, rigettò l’opposizione avverso il diniego, da parte della Commissione Territoriale di Bologna, Sezione distaccata di Forlì - Cesena, della richiesta di S.A.S. di riconoscimento dello status di rifugiato e, in subordine, della protezione sussidiaria e del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. 1.1. L’istante aveva dichiarato di essere fuggito dalla Sierra Leone perché temeva di essere costretto ad affiliarsi all’organizzazione segreta omissis di cui faceva parte il padre, a seguito di pressioni da parte degli altri membri della famiglia. Il padre, che, in seguito all’affiliazione, aveva smesso di partecipare agli incontri con i componenti della setta, si era gravemente ammalato di una malattia misteriosa, gli aveva raccomandato di fuggire per non aderire a detta organizzazione. 1.2. Il Tribunale ha considerato intrinsecamente inattendibili le dichiarazioni, anche alla luce delle informazioni sul Paese di provenienza del cittadino straniero ed ha, altresì, rigettato la richiesta volta ad ottenere la protezione umanitaria, in assenza di condizioni di particolare vulnerabilità e di integrazione effettiva nel nostro Paese. 1.3. Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso S.A.S. sulla base di motivi 1.4. Non ha svolto attività difensiva il Ministero dell’Interno. Ragioni della decisione 1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 9, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del dovere di cooperazione nella ricerca delle fonti internazionali. 1.1. Il motivo è inammissibile. 1.3. Il Tribunale ha valutato l’inattendibilità intrinseca delle dichiarazioni del ricorrente per la loro genericità quanto alla descrizione dell’associazione segreta omissis , alla quale il padre sarebbe stato costretto ad aderire dai componenti della famiglia. Ha rilevato, quanto all’incoerenza del racconto, che la partecipazione da parte del padre all’associazione segreta non fosse compatibile con la conoscenza di tale affiliazione da parte della comunità locale e dell’Imam. Dall’incongruenza della patologia del padre, risultante dalla certificazione medica prodotta - che reca la diagnosi di ipoglicemia - ha tratto ulteriore elemento per la valutazione dell’inattendibilità delle dichiarazioni in ordine ad una presunta paralisi. Inoltre, il giudice di merito ha fatto puntuale riferimento alle informazioni sul Paese di provenienza del cittadino straniero, tramite la consultazione di accreditati siti istituzionali, e, non ha accertato se l’organizzazione pratichi il reclutamento forzato. 1.4. Ne consegue che, la valutazione della credibilità del ricorrente è avvenuta nel rispetto dei criteri di valutazione previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, quanto al controllo di coerenza interna ed esterna della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, verifica sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 Cassazione civile sez. I, 07/08/2019, n. 21142 . 1.5. La valutazione della credibilità è avvenuta, quindi, attraverso l’acquisizione di elementi conoscitivi tratti dalle informazioni sul Paese di origine, che il ricorrente non ha nemmeno genericamente contestato, limitandosi a sollecitare la consultazioni di informazioni più aggiornate, che, peraltro, omette di allegare in modo specifico Cassazione civile sez. I, 21/10/2019, n. 26728 . 2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla protezione umanitaria in quanto il Tribunale non avrebbe tenuto conto dell’integrazione avvenuta nel nostro paese, manifestata con lo svolgimento di attività lavorativa a tempo determinato e con la partecipazione a corsi di studio, e delle condizioni del paese di provenienza. 2.1. Il motivo è infondato. 2.2. Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, nella disciplina di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 - applicabile ratione temporis, in conformità a quanto disposto da Cass., Sez. Un. 29459 del 13/11/2019, essendo stata la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno proposta prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018 - rappresenta una misura atipica e residuale, volta a tutelare situazioni che, seppur non integranti i presupposti per il riconoscimento delle forme tipiche di tutela, si caratterizzino ugualmente per la condizione di vulnerabilità in cui versa il richiedente la protezione internazionale. 2.3. L’accertamento della summenzionata condizione di vulnerabilità avviene, in ossequio al consolidato orientamento di questa Corte cfr. Cass. civ., sez. I, 15/05/2019 n. 13088 Cass. civ., sez. I, n. 4455 23/02/2018, Rv. 647298-01 , alla stregua di una duplice valutazione, che tenga conto, da un lato, degli standards di tutela e rispetto dei diritti umani fondamentali nel Paese d’origine del richiedente e, dall’altro, del percorso di integrazione sociale da quest’ultimo intrapreso nel Paese di destinazione. 2.4. Le Sezioni Unite hanno consolidato l’indirizzo espresso dalle Sezioni Semplici, secondo cui occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto nel nostro Paese, isolatamente ed astrattamente considerato Cassazione civile sez. un., 13/11/2019, n. 29459 . 2.5. Ebbene, il Giudice territoriale, nel rigettare la domanda volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha puntualmente valutato entrambe le condizioni menzionate, ritenendo che, sebbene il ricorrente avesse effettivamente intrapreso un percorso di integrazione sociale nel territorio italiano, con lo svolgimento di attività lavorativa a tempo determinato e partecipazione a corsi di studio, non sussisteva, tuttavia un effettivo radicamento sul territorio, considerando la persistenza dei riferimenti affettivi e familiari nel Paese d’origine. Inoltre, non ha ravvisato nelle condizioni del ricorrente una situazione integrante la condizione dei seri motivi di carattere umanitario, derivante dalla compromissione dei diritti umani fondamentali, il cui accertamento è presupposto indefettibile per il riconoscimento della misura citata cfr. Cass. civ., sez. I, 15/01/2020, n. 625 Cass. civ., Sez. 6 - 1, n. 25075 del 2017 . 3. Il ricorso va pertanto rigettato. 3.1. Non deve provvedersi sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva. 3.2. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.