Figli nati e cresciuti in Italia: plausibile il permesso per i genitori stranieri irregolari

Decisivo per i Giudici il richiamo alla prioritaria tutela dei minori. Riprende così vigore la domanda presentata dalla coppia di genitori, originari dell’Albania. Va dato rilievo, in particolare, al danno potenziale, per il minore e per le sue aspettative di vita in Italia, connesso al rimpatrio in un contesto socio-territoriale, cioè il Paese di origine, con cui il minore stesso non ha in concreto alcun rapporto.

Vulnerabili, e quindi meritevoli di tutela adeguata, i figli minori della coppia di stranieri presenti irregolarmente in Italia. Decisiva la constatazione che i ragazzini sono nati nel Belpaese, dove stanno affrontando un percorso scolastico, e non hanno mai avuto contatti col Paese di origine dei genitori. Tutto ciò rende plausibile la richiesta avanzata dai due adulti e mirata ad ottenere un permesso di soggiorno , a fronte dei possibili gravi pregiudizi allo sviluppo psico-fisico dei figli minori in caso di allontanamento dall’Italia. Cassazione, ordinanza n. 18188/20, sezione II Civile, depositata oggi . Riflettori puntati su una donna e un uomo, di origini albanesi, presenti irregolarmente in Italia, assieme ai loro due figli piccoli, entrambi nati sul suolo italiano. Essi presentano domanda ad hoc per il rilascio di un permesso di soggiorno, in considerazione dei gravi pregiudizi allo sviluppo psico-fisico dei loro figli minori in caso di allontanamento dal territorio nazionale . Dai Giudici di merito arriva però una risposta negativa niente permesso di soggiorno, concordano il Tribunale dei minorenni e la Corte d’appello. Ciò significa che i due genitori sono destinati a ritornare in Albania, portando con loro i figli oppure lasciandoli in Italia a strutture ad hoc. Per l’uomo e la donna, però, la battaglia non è conclusa. Ecco spiegato il ricorso in Cassazione, mirato a smentire le valutazioni compiute in secondo grado e a ribadire la legittimità della loro richiesta di un permesso di soggiorno. In questa ottica, innanzitutto, il legale della coppia sostiene che erroneamente è stata negata l’autorizzazione alla permanenza in Italia dei suoi clienti, poiché non si è adeguatamente considerato il primario interesse dei minori, la loro frequenza scolastica in Italia, il fatto che essi non conoscono la lingua albanese né hanno alcun legame con tale Paese – dove non sono mai tornati neanche i genitori –, né tantomeno si è tenuto conto della relazione dei Servizi sociali, relazione attestante il rischio di trauma che il ritorno in Albania potrebbe causare sui due bambini . Allo stesso tempo, il legale richiama anche il principio secondo cui il minorenne non è mai espellibile dal territorio nazionale . Di conseguenza, in questa vicenda, il diniego del permesso di soggiorno ai genitori comporta, di fatto, l’espulsione dei due minori dal territorio nazionale insieme alla madre e al padre, ovvero la loro separazione coatta dai genitori , sempre con un inaccettabile trauma per il loro sviluppo ed equilibrio psicologico . In premessa i Giudici della Cassazione chiariscono che mentre nel caso in cui la famiglia non sia ancora presente sul territorio nazionale la concessione della speciale autorizzazione alla permanenza del genitore – prevista dall’articolo 31 del decreto legislativo numero 286 del 1998 è subordinata alla puntuale allegazione e dimostrazione della sussistenza dei gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico del minore richiesti dalla norma, nella diversa ipotesi in cui il nucleo familiare sia già presente sul territorio nazionale si deve presumere, almeno sino a prova contraria, un radicamento del minore nel suo ambiente nativo, per cui i gravi motivi possono essere collegati all’alterazione di tale ambiente, che consegue, alternativamente, alla perdita della vicinanza con la figura genitoriale, ovvero dal repentino trasferimento in altro contesto territoriale e sociale . Nella vicenda riguardante i due genitori albanesi e i loro due figli, però, i giudici di secondo grado hanno escluso la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 31 del decreto legislativo numero 286 del 1998 sulla base di due elementi, ossia 1 il fatto che le esigenze dei minori non fossero temporanee, ma inquadrabili in una una situazione di tendenziale stabilità” 2 l’assenza di alcuna condizione personale di salute o di altro genere o altra specifica motivazione che ne imponga la permanenza in Italia piuttosto che il trasferimento in Albania che, per logica, conseguirebbe al rientro dei genitori nel Paese di origine ” . Dalla Cassazione osservano però che nessuno di tali elementi era di per sé sufficiente per escludere la sussistenza dei requisiti previsti dalla norma , soprattutto perché si è chiarito, in passato che i gravi motivi idonei ai fini dell’autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia non richiedono necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto. Deve trattarsi tuttavia di situazioni non di lunga o indeterminabile durata e non caratterizzate da tendenziale stabilità che, pur non prestandosi ad essere catalogate o standardizzate, si concretizzino in eventi traumatici e non prevedibili che trascendano il normale disagio dovuto al proprio rimpatrio o a quello di un familiare . E, inoltre, nell’ambito della complessiva valutazione sugli effetti che il diniego dell’autorizzazione potrebbe avere sullo sviluppo del minore, si deve tener conto anche del contesto del Paese di origine del nucleo familiare e della possibilità, per i genitori, di conseguire la regolarizzazione della loro posizione lavorativa in Italia, nonché dello sforzo compiuto dai genitori per inserirsi in Italia e del pregiudizio che i minori potrebbero subire, per effetto dell’allontanamento dal loro luogo natio, a causa dell’insufficiente grado di sviluppo della loro personalità, che ne potrebbe rendere problematico l’adattamento a condizioni di vita e ad usanze profondamente diverse . Fondamentale, quindi, precisano dalla Cassazione, svolgere una verifica, caso per caso, circa la sussistenza di gravi motivi basati su una situazione oggettiva attuale o futura dedotta, attraverso un giudizio prognostico, quale conseguenza dello allontanamento improvviso del familiare, tenendo peraltro conto che tale autorizzazione, concessa a tempo determinato, è revocabile ove vengano meno le sue ragioni giustificative, giacché la condizione psico-fisica del minore è una situazione suscettibile di mutare ed evolversi nel tempo, e considerando altresì che la norma non prevede un periodo minimo di durata, né esclude l’eventuale reiterazione dell’autorizzazione, che quindi può ben essere rilasciata anche per un tempo limitato . In questa ottica bisogna considerare la condizione di abbandono in cui si verrebbe a trovare il minore nel caso di rimpatrio dei soli genitori, nonché le difficoltà di ambientamento del minore stesso, nato e vissuto in Italia, nell’opposta ipotesi in cui, per evitare il distacco dai genitori, lo stesso fosse trasferito nel Paese di origine di questi ultimi, dove potrebbe non godere di relazioni affettive e sociali, né delle forme di assistenza garantite nel nostro Stato . Punto di riferimento imprescindibile è l’esigenza di stabilità affettiva nel delicato periodo di crescita del minorenne, e a questo proposito è fondamentale, osservano dalla Cassazione, tenere a mente il principio secondo cui in tema di immigrazione e di diritto all’unità familiare, la norma d’indirizzo generale di cui all’articolo 3 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo ratificata dalla legge numero 176 del 1991 e richiamata dall’articolo 28 del decreto legislativo numero 286 del 1998 , secondo cui l’interesse del fanciullo deve essere una considerazione preminente, prescrive che gli Stati vigilino affinché il minore non sia separato dai genitori, facendo salva, tuttavia, l’ipotesi in cui la separazione sia il risultato di provvedimenti legittimamente adottati da uno Stato-parte, sicché, ove lo straniero sia colpito da un provvedimento di espulsione, le esigenze di legalità e sicurezza sottese a tale provvedimento non sono di per sé recessive rispetto all’interesse, pur preminente, del fanciullo . Di conseguenza, nel giudizio avente ad oggetto l’autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di un minore straniero la sussistenza di comportamenti del familiare medesimo incompatibili con il suo soggiorno nel territorio nazionale deve essere valutata in concreto attraverso un esame complessivo della sua condotta, al fine di stabilire, all’esito di un attento bilanciamento, se le esigenze statuali inerenti alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale debbano prevalere su quelle derivanti da gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, cui la norma conferisce protezione in via primaria , e tale disamina va condotta considerando che il diniego non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso ‘Testo unico sull’immigrazione’ considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero. Nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione, all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico, attribuisce valore prioritario ma non assoluto . Tirando le somme, il giudice è tenuto ad eseguire un bilanciamento in concreto, nell’ambito del quale va dato valore preminente, ancorché non assoluto, alle esigenze del fanciullo , ma nella vicenda in esame questo bilanciamento è mancato , osservano dalla Cassazione, censurando la decisione presa dai giudici d’appello, i quali hanno ignorato il principio secondo cui l’età del minore assume un rilievo presuntivo decrescente con l’aumentare della stessa. Ergo, in presenza di un minore prescolare la sussistenza del grave danno, alternativamente derivante dalla sua separazione dai genitori naturali o dal suo sradicamento e trasferimento insieme ad essi nel Paese di origine, va presunta sino a prova contraria . Tale omissione è davvero inspiegabile , argomento in Cassazione, poiché in appello si è espressamente ritenuta non rilevante, ai fini del rilascio dell’invocato permesso di soggiorno, la circostanza che i due bambini siano nati e vissuti in Italia e si trovino, quindi, pienamente integrati nel nostro contesto sociale e culturale e si è ignorato l’ulteriore elemento che i genitori – pur senza aver potuto regolarizzare la loro posizione di soggiorno – hanno continuato a trovare valide opportunità di alloggio e lavoro . Così, è stato commesso un errore madornale, rovesciando totalmente la corretta prospettiva, quella secondo cui va data primaria rilevanza, da un lato, al livello di integrazione dei minori e dei loro genitori sul territorio nazionale, e, dall’altro, al rischio che lo sradicamento comporterebbe per l’equilibrio psicologico dei minori stessi. Sotto questo profilo, la stessa età dei due minori – rispettivamente, circa 6 anni e circa 4 anni – avrebbe dovuto indurre il giudice di merito a presumere la loro frequenza scolastica in Italia e, quindi, il pregiudizio collegato al loro allontanamento dal territorio nazionale, se non altro sulla base della relazione degli assistenti sociali, che evidenziava il rischio del grave trauma che il rientro in Albania avrebbe causato, almeno sul più grande dei due bambini . E per i giudici della Cassazione anche la mancata considerazione di tale relazione appare ingiustificabile , poiché l’interesse del minore, pur non avendo valore assoluto, deve sempre essere ritenuto preminente . A questa conclusione si giunge attraverso un bilanciamento ipotetico tra la condizione attuale del minore e quella che gli potrebbe derivare dal suo rientro nel Paese di origine , e il giudice di merito è vincolato a compiere un apprezzamento profondo, da una parte in considerazione della presunzione di vulnerabilità che accompagna la minore età della persona che sarebbe coinvolta nell’eventuale rimpatrio, e dall’altra in aderenza al principio – affermato in materia di protezione umanitaria, ma certamente estensibile anche alla presente fattispecie, caratterizzata pur sempre dal rilievo della natura vulnerabile della persona interessata – secondo cui è necessario procedere a valutazioni soggettive ed individuali, condotte caso per caso” . Così, in relazione ai diritti del minore, come del resto nel caso della protezione umanitaria, va nuovamente riaffermato il principio secondo cui oggetto del giudizio è pur sempre la persona, i suoi diritti fondamentali, la sua dignità di essere umano , e ricorre pertanto estendere, anche in relazione al diritto del minore alla stabilità dei legami familiari fondamentali ed al rapporto con il contesto socio-territoriale in cui esso è nato ed ha avviato il suo processo di formazione personale e crescita individuale, il criterio della cosiddetta comparazione attenuata”, che si risolve in una relazione di proporzionalità inversa tra fatti giuridicamente rilevanti ed impone un peculiare bilanciamento tra condizione soggettiva della persona interessata e situazione oggettiva che deriverebbe dal suo eventuale rimpatrio . In questo caso, dovendosi presumere la vulnerabilità del minore tanto con riferimento al minore in età prescolare, in base al principio della rilevanza decrescente dell’età, quanto con riguardo al minore radicato in Italia, con riguardo al criterio della rilevanza crescente del radicamento socio-territoriale , i giudici d’appello avrebbero dovuto valutare con minor rigore il secundum comparationis – rappresentato evidentemente dall’esigenza di riaffermare la validità delle norme in tema di ingresso e soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale –, apprezzando soprattutto la condizione dei minori in Italia e le conseguenze negative che per essi potrebbero derivare in caso di rimpatrio insieme ai genitori . E in questa ottica, aggiungono dalla Cassazione, non può rilevare la circostanza che le esigenze addotte dai genitori non abbiano carattere temporaneo, poiché nulla osta da un lato al rilascio di un permesso di soggiorno , e dall’altro al successivo riesame della situazione familiare e della condizione dei minori coinvolti . Plausibile, quindi, la richiesta avanzata dall’uomo e dalla donna di origini albanesi, richiesta che però dovrà essere nuovamente esaminata dalla Corte d’Appello. Per i giudici di secondo grado, però, c’è la chiara indicazione dei magistrati della Cassazione, che fissano un principio ad hoc, secondo cui va presunta la vulnerabilità dei minori nati in Italia che siano integrati nel tessuto socio-territoriale e nei percorsi scolastici, in applicazione dei criteri di rilevanza decrescente dell’età, per i minori di età prescolare, e di rilevanza crescente del grado di integrazione, per i minori in età scolare. Il giudice di merito è pertanto tenuto ad applicare alla posizione dei minori eventualmente coinvolti in provvedimenti di rimpatrio interessanti i loro genitori, o uno di essi, il criterio della comparazione attenuata, in base al quale va ritenuta, sino a prova contraria, la prevalenza della condizione di vulnerabilità del minore rispetto alle norme regolanti il diritto di ingresso e soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale, e va quindi dato primario rilievo al danno che deriverebbe, sulla persona del minore e sulle sue aspettative di vita in Italia, per effetto del rimpatrio in un contesto socio-territoriale con il quale il minore stesso non abbia in concreto alcun rapporto .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 25 giugno – 1° settembre 2020, numero 18188 Presidente Di Virgilio – Relatore Oliva Fatti di causa I ricorrenti, cittadini albanesi, proponevano istanza ai sensi dell'articolo 31 del D.Lgs. numero 286 del 1998 invocando il rilascio di un permesso di soggiorno, in tesi a tempo indeterminato ed in ipotesi a tempo determinato, in considerazione dei gravi pregiudizi che sarebbero derivati allo sviluppo psicofisico dei loro figli minori Ar., nato il omissis , e Aj., nata il omissis , dall'allontanamento dal territorio nazionale. Il Tribunale dei Minorenni di Messina, con decreto del 5.11.2018, rigettava la domanda. Interponevano reclamo avverso tale decisione gli odierni ricorrenti e la Corte di Appello di Messina, con il decreto impugnato, rigettava il gravame. Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione Du. Ar. e Du. Si. affidandosi a tre motivi. Il P.G. ha concluso come da requisitoria in atti. Ragioni della decisione Preliminarmente va osservato che il ricorso è stato notificato soltanto al Procuratore generale presso la Corte di appello di Messina. In proposito, questa Corte ha affermato che in materia di autorizzazione all'ingresso o permanenza nel territorio italiano del familiare di un minore di nazionalità straniera in deroga alle disposizioni del d.lgs. numero 286 del 25 luglio 1998, ai sensi dell'articolo 31, comma 3, controparte processuale è il P.M. e dunque il contraddittorio è ritualmente instaurato nei confronti del solo procuratore generale presso la corte di appello, atteso che, per un verso, il pubblico ministero deve partecipare al giudizio anche nelle fasi di merito articolo 38, terzo comma, disp. att. cod. civ. e 70, primo comma, numero 5, cod. proc. Civ. ed è titolare di autonomo potere di impugnazione articolo 740 cod. proc. Civ. e, per altro verso, non è individuabile alcun'altra parte pubblica chiamata a contraddire Cass. Sez. 1, Sentenza numero 17194 del 14/11/2003, Rv.569290 in senso conforme, cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 280 del 09/01/2020, Rv.656619 . Va peraltro dato atto che in altri casi si è ritenuto che -in analogia a quanto avviene per i due gradi di merito, in cui unico contraddittorio della parte istante è, rispettivamente, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni e il P.G. presso la Corte di Appello nel giudizio di cassazione promosso dal cittadino straniero avverso il decreto emesso dalla Corte d'appello sul reclamo dinnanzi menzionato, il contraddittorio è ritualmente instaurato nei confronti del solo P.G. presso la suindicata Corte Cass. Sez. 1, Sentenza numero 14063 del 28/05/2008, Rv. 603412 conf. Cass. Sez. 6-1, Ordinanza numero 28778 del 23/12/2011, Rv. 620017 . Tuttavia nel caso di specie non si pone alcuna esigenza di rinnovare la notificazione del ricorso introduttivo nei confronti del P.G. presso la Corte di Cassazione, avendo quest'ultimo concluso come da requisitoria in atti. Passando ai motivi di ricorso, con il primo di essi i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell'articolo 31 comma terzo del D.Lgs. numero 286 del 1998 in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente denegato l'autorizzazione alla permanenza dei genitori dei minori in Italia senza considerare il primario interesse di questi ultimi, la loro frequenza scolastica in Italia, il fatto che essi non conoscono la lingua albanese né hanno alcun legame con tale Paese, presso il quale i loro genitori non sono mai tornati, e senza tener conto della relazione dei servizi sociali attestante il rischio di trauma che il ritorno in Albania potrebbe causare sui due bambini. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articolo 19 del D.Lgs. numero 286 del 1998 e 9 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. perché la Corte siciliana avrebbe omesso di considerare che il minore degli anni 18 non è mai espellibile dal territorio nazionale di conseguenza, il diniego del permesso di soggiorno ai genitori comportava, di fatto, l'espulsione dei due minori dal territorio nazionale insieme ai genitori, ovvero la loro separazione coatta da questi ultimi, in ogni caso con inaccettabile trauma per il loro sviluppo ed equilibrio psicologico. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all'articolo 360 numero 5 c.p.c. perché la Corte di Appello non avrebbe tenuto in alcun conto la relazione degli operatori dei servizi sociali, che attestava come il rientro della famiglia in Albania avrebbe potuto causare un trauma sull'equilibrio e sullo sviluppo psicologico dei due minori. Le tre censure, che meritano un esame congiunto, sono fondate. Per il migliore inquadramento della fattispecie, giova premettere che è certamente ammissibile il ricorso straordinario per cassazione ex articolo 111 Cost. avverso il decreto pronunciato in camera di consiglio ai sensi degli articolo 739-742-bis c.p.c. con il quale la corte d'appello, sezione minori, decide in ordine alla domanda di autorizzazione ad entrare o a permanere temporaneamente sul territorio nazionale, proposta, in deroga alle disposizioni generali sull'immigrazione, dal cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione Europea, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico di un familiare minorenne, ai sensi dell'articolo 31, terzo comma, del D.Lgs. 25 luglio 1998 numero 286. Sussistono infatti tanto il requisito della decisorietà, atteso che il provvedimento incide sul diritto del minore ad essere assistito da un familiare nel concorso delle condizioni richieste dalla legge e, contemporaneamente, su quello del familiare a far ingresso in Italia e a trattenervisi per prestare la dovuta assistenza quanto quello della definitività, giacché il decreto, anche di rigetto della domanda, è revocabile solo per fatti sopravvenuti, la richiesta di ingresso del familiare sfornito di permesso di soggiorno potendo essere riproposta solo con la prospettazione di una diversa necessità di assistenza del minore principio espresso, in sede di composizione di precedente contrasto di giurisprudenza, da Cass. Sez. U, Sentenza numero 22216 del 16/10/2006, Rv. 592143 conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza numero 747 del 15/01/2007, Rv. 593770 . Con questo arresto le Sezioni Unite hanno chiaramente affermato che il provvedimento con cui la Corte di Appello riconosce o nega ai genitori il diritto alla permanenza in Italia ai sensi dell'articolo 31 del D.Lgs. numero 286 del 1998 incide direttamente non solo sulla posizione soggettiva dei genitori stessi, ma anche su quella del minore soggetto alla loro potestà. Dal che deriva l'obbligo, per il giudice di merito, di attribuire rilevanza alla condizione di quest'ultimo, nell'ambito della valutazione complessiva che gli è affidata dalla legge. Le Sezioni Unite hanno anche affermato che la presenza dei gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minorenne, ai sensi dell'articolo 31 terzo comma del D.Lgs. 25 luglio 1998 numero 286, deve essere puntualmente dedotta nel ricorso introduttivo soltanto nell'ipotesi di richiesta di autorizzazione all'ingresso del familiare nel territorio nazionale in deroga alla disciplina generale dell'immigrazione allorché, invece, la richiesta autorizzazione riguardi la permanenza del familiare che diversamente dovrebbe essere espulso, la situazione eccezionale nella quale vanno ravvisati i gravi motivi può anche essere dedotta quale conseguenza dello allontanamento improvviso del familiare sin allora presente, ossia di una situazione futura ed eventuale rimessa all'accertamento del giudice minorile Cass. Sez. U, Sentenza numero 22216 del 16/10/2006, Rv.592144 . Enunciando tale principio, le Sezioni Unite hanno ritenuto irrilevante che nel ricorso rivolto al tribunale per i minorenni non fossero stati specificamente indicati i gravi motivi richiesti dalla legge, avendone quel giudice ritenuto certo l'avveramento sulla base delle conclusioni di una consulenza tecnica che aveva accertato il grave pregiudizio che sarebbe derivato al minore dalla perdita improvvisa della figura genitoriale di riferimento. Può quindi ritenersi che mentre nel caso in cui la famiglia non sia ancora presente sul territorio nazionale la concessione della speciale autorizzazione di cui all'articolo 31 del D.Lgs. numero 286 del 1998 è subordinata alla puntuale allegazione e dimostrazione della sussistenza dei gravi motivi per lo sviluppo psicofisico del minore richiesti dalla norma, nella diversa ipotesi in cui il nucleo sia già presente sul territorio nazionale si deve presumere, almeno sino a prova contraria, un radicamento del minore nel suo ambiente nativo, per cui i gravi motivi possono essere collegati all'alterazione di tale ambiente, che consegue, alternativamente, alla perdita della vicinanza con la figura genitoriale, ovvero dal repentino trasferimento in altro contesto territoriale e sociale. Nel caso di specie, la Corte di Appello di Messina ha escluso la sussistenza dei presupposti di cui all'articolo 31 del D.Lgs. numero 286 del 1998 sulla base di due elementi, ossia 1 il fatto che le esigenze dei minori non fossero temporanee, ma inquadrabili in una una situazione di tendenziale stabilità 2 l'assenza di alcuna condizione personale di salute o di altro genere o altra specifica motivazione che ne imponga la permanenza in Italia piuttosto che il trasferimento in Albania che, per logica, conseguirebbe al rientro dei genitori nel paese di origine . Nessuno di tali elementi, tuttavia, era di per sé sufficiente per escludere la sussistenza dei requisiti previsti dalla norma in esame. Le Sezioni Unite hanno infatti chiarito che i gravi motivi idonei ai fini dell'autorizzazione temporanea di cui all'articolo 31 del D.Lgs. numero 286 del 1998 non richiedono necessariamente l'esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che in considerazione dell'età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà certamente al minore dall'allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto. Deve trattarsi tuttavia di situazioni non di lunga o indeterminabile durata e non caratterizzate da tendenziale stabilità che, pur non prestandosi ad essere catalogate o standardizzate, si concretino in eventi traumatici e non prevedibili che trascendano il normale disagio dovuto al proprio rimpatrio o a quello di un familiare Cass. Sez. U, Sentenza numero 21799 del 25/10/2010, Rv.614300 conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza numero 7516 del 31/03/2011, Rv.616840 nonché, per un caso avente ad oggetto un minore in età prescolare del tutto simile a quello oggetto del presente giudizio, Cass. Sez.6-1, Sentenza numero 15191 del 20/07/2015 Rv.636213 . Nell'ambito della complessiva valutazione sugli effetti che il diniego dell'autorizzazione potrebbe avere sullo sviluppo del minore, demandata al giudice di merito, si deve tener conto anche del contesto del Paese di origine del nucleo familiare e della possibilità, per i genitori, di conseguire la regolarizzazione della loro posizione lavorativa in Italia Cass. Sez. 6-1, Ordinanza numero 17739 del 07/09/2015, Rv.636197 nonché dello sforzo compiuto dai genitori per inserirsi in Italia e del pregiudizio che i minori potrebbero subire, per effetto dell'allontanamento dal loro luogo natio, a causa dell'insufficiente grado di sviluppo della loro personalità, che ne potrebbe rendere problematico l'adattamento a condizioni di vita e ad usanze profondamente diverse Cass. Sez. 6-1, Ordinanza numero 25419 del 17/12/2015, Rv.638177, con la quale è stato cassato il decreto che, escludendo l'inevitabilità della separazione dei genitori dai loro figli minorenni, nati in Italia ed in età prescolare, aveva omesso di svolgere i predetti accertamenti sui minori . Il giudice di merito è quindi chiamato a svolgere una verifica, caso per caso, circa la sussistenza di gravi motivi basati su una situazione oggettiva attuale o futura dedotta, attraverso un giudizio prognostico, quale conseguenza dello allontanamento improvviso del familiare tenendo peraltro conto che tale autorizzazione, concessa a tempo determinato, è revocabile ove vengano meno le sue ragioni giustificative, giacché la condizione psico-fisica del minore è una situazione suscettibile di mutare ed evolversi nel tempo Cass. Sez.6-1, Ordinanza numero 17861 del 19/07/2017, Rv. 645052, con la quale è stato cassato il decreto con cui la Corte di Appello aveva genericamente escluso che l'allontanamento del familiare avrebbe pregiudicato in modo irreparabile la serenità del minore, senza svolgere un effettivo esame della sussistenza delle condizioni previste dalla norma e considerando altresì che la norma non prevede un periodo minimo di durata, né esclude l'eventuale reiterazione dell'autorizzazione Cass. Sez. 6-1, Ordinanza numero 10930 del 07/05/2018, Rv.648577 , che quindi può ben essere rilasciata anche per un tempo limitato. In tale ambito, il giudice di merito deve considerare la condizione di abbandono in cui si verrebbe a trovare il minore nel caso di rimpatrio dei soli genitori, nonché le difficoltà di ambientamento del minore stesso, nato e vissuto in Italia, nell'opposta ipotesi in cui, per evitare il distacco dai genitori, lo stesso fosse trasferito nel paese di origine di questi ultimi, dove potrebbe non godere di relazioni affettive e sociali, né delle forme di assistenza garantite nel nostro ordinamento Cass. Sez. 1, Sentenza numero 29795 del 12/12/2017, Rv.646198 . Inoltre, deve tener conto che i gravi motivi di cui al citato articolo 31 non si prestano ad essere catalogati o standardizzati, spettando al giudice di merito valutare le circostanze del caso concreto con particolare attenzione, oltre che alle esigenze di cure mediche, all'età del minore, che assume un rilievo presuntivo decrescente con l'aumentare della stessa, e al radicamento nel territorio italiano, il cui rilievo presuntivo è, invece, crescente con l'aumentare dell'età, in considerazione della prioritaria esigenza di stabilità affettiva nel delicato periodo di crescita Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 4197 del 21/02/2018, Rv.648136, che ha cassato il decreto con il quale la Corte di Appello aveva, di fatti, ridotto i gravi motivi ad esigenze determinate, specifiche e temporanee del minore, escludendole, ed aveva altresì svalutato il rapporto affettivo tra il predetto ed il padre, ipotizzando la strumentalizzazione dell'interesse del minore per aggirare le regole sul soggiorno degli stranieri . E' opportuno precisare che la norma non richiede, ai fini del giudizio prognostico affidato al giudice di merito in relazione ai danni che potrebbero verificarsi per il minore a causa del rimpatrio, che il danno o il pericolo di danno debbano essere per forza temporanei e transeunti Cass. Sez.1, Ordinanza numero 20645 del 31/07/2019, Rv.654670, con la quale è stato cassato il provvedimento che aveva negato l'autorizzazione ad una cittadina albanese madre di tre minori, con lavoro precario, coadiuvata solo dalla madre affetta da patologia ingravescente, senza valutare la situazione dei minori in caso di rimpatrio, ma soltanto la limitatezza temporale del soggiorno in Italia e l'intento della madre di far crescere e studiare i minori in Italia . In conclusione, va ribadito che la valutazione del giudice di merito dev'essere ispirata al principio per cui In tema di immigrazione e di diritto all'unità familiare, la norma d'indirizzo generale di cui all'articolo 3 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo ratificata dalla Legge numero 176 del 1991 e richiamata dall'articolo 28 del D.Lgs. numero 286 del 1998 , secondo cui l'interesse del fanciullo deve essere una considerazione preminente , prescrive che gli Stati vigilino affinché il minore non sia separato dai genitori, facendo salva, tuttavia, l'ipotesi in cui la separazione sia il risultato di provvedimenti legittimamente adottati da uno Stato-parte, sicché, ove lo straniero sia colpito da un provvedimento di espulsione, le esigenze di legalità e sicurezza sottese a tale provvedimento non sono di per sé recessive rispetto all'interesse, pur preminente, del fanciullo Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 26831 del 21/10/2019, Rv.655629 . Ne discende che Nel giudizio avente ad oggetto l'autorizzazione all'ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero la sussistenza di comportamenti del familiare medesimo incompatibili con il suo soggiorno nel territorio nazionale deve essere valutata in concreto attraverso un esame complessivo della sua condotta, al fine di stabilire, all'esito di un attento bilanciamento, se le esigenze statuali inerenti alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale debbano prevalere su quelle derivanti da gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, cui la norma conferisce protezione in via primaria Cass. Sez. 1, Sentenza numero 14238 del 04/06/2018, Rv.648936 . Tale disamina va condotta considerando che il diniego non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all'ingresso o al soggiorno dello straniero nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all'esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l'interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario ma non assoluto Cass. Sez. U, Sentenza numero 15750 del 12/06/2019, Rv.654215 . Dalla complessiva elaborazione giurisprudenziale di questa Corte si ricava quindi che il giudice di merito è tenuto ad eseguire un bilanciamento in concreto, nell'ambito del quale va dato valore preminente -ancorché non assoluto alle esigenze del fanciullo. Nel caso di specie, questo bilanciamento è mancato, poiché la Corte di Appello ha completamente omesso di tener conto del principio posto da Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 4197 del 21/02/2018, Rv.648136, secondo cui l'età del minore assume un rilievo presuntivo decrescente con l'aumentare della stessa ergo, in presenza di un minore prescolare la sussistenza del grave danno, alternativamente derivante dalla sua separazione dai genitori naturali o dal suo sradicamento e trasferimento insieme ad essi nel Paese di origine, va presunta sino a prova contraria. L'omissione è tanto più inspiegabile, in quanto la Corte messinese ha espressamente ritenuto non rilevante, ai fini del rilascio dell'invocato permesso di soggiorno in Italia, La circostanza che i due bambini siano nati e vissuti in Italia e si trovino, quindi, pienamente integrati nel nostro contesto sociale e culturale nonché l'ulteriore elemento che / genitori -pur senza aver potuto regolarizzare la loro posizione di soggiorno-abbiano essi stessi continuato a trovare valide opportunità di alloggio e lavoro cfr. pag.5 . In tal modo la Corte siciliana ha totalmente rovesciato la prospettiva ermeneutica tracciata da questa Corte, secondo la quale va data primaria rilevanza da un lato al livello di integrazione dei minori e dei loro genitori sul territorio nazionale, e dall'altro al rischio che lo sradicamento comporterebbe per l'equilibrio psicologico dei minori stessi. Sotto questo profilo, la stessa età dei due minori rispettivamente, sei anni e mezzo e quattro anni, al momento del provvedimento qui impugnato avrebbe dovuto indurre il giudice di merito a presumere la loro frequenza scolastica in Italia e, quindi, del pregiudizio collegato al loro allontanamento dal territorio nazionale, se non altro sulla base della relazione degli assistenti sociali, che evidenziava il rischio del grave trauma che il rientro in Albania avrebbe causato, almeno sul più grande dei due bambini. La mancata considerazione di tale relazione appare ingiustificabile, alla luce del già richiamato principio secondo cui l'interesse del minore, pur non avendo valore assoluto, deve sempre essere ritenuto preminente. A tale conclusione si giunge, come evidenziato anche dalla Procura generale, attraverso un bilanciamento ipotetico tra la condizione attuale del minore e quella che gli potrebbe derivare dal suo rientro nel Paese di origine. In tale opera di esegesi il giudice di merito è vincolato a compiere un apprezzamento funditus, da una parte in considerazione della presunzione di vulnerabilità che accompagna la minore età della persona che sarebbe coinvolta nell'eventuale rimpatrio, e dall'altra in aderenza al principio -affermato in materia di protezione umanitaria, ma certamente estensibile anche alla presente fattispecie, caratterizzata pur sempre dal rilievo della natura vulnerabile della persona interessata secondo cui è necessario procedere a valutazioni soggettive ed individuali, condotte caso per caso onde impedire che il giudice di merito si risolva a declinare valutazioni di tipo seriale , improntate ai più disparati quanto opinabili criteri, altrettanto seriali, a mo' di precipitato di una chimica incompatibile con valori tutelati dalla Carta costituzionale e dal diritto dell'Unione . In relazione ai diritti del minore, quindi, come del resto nel caso della protezione umanitaria, va nuovamente riaffermato il principio secondo il quale oggetto del giudizio è pur sempre la persona, i suoi diritti fondamentali, la sua dignità di essere umano Cass. Sez. 3, Ordinanza numero 8819 del 12/05/2020, non massimata, in particolare alle pagg.17 e s. . Occorre pertanto estendere, anche in relazione al diritto del minore alla stabilità dei legami familiari fondamentali ed al rapporto con il contesto socio-territoriale in cui esso è nato ed ha avviato il suo processo di formazione personale e crescita individuale, il criterio -già posto da questa Corte in materia di protezione internazionale sussidiaria e di protezione umanitaria cfr. ancora Cass. numero 8819 del 2020, cit ma anche Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 1104 del 20/01/2020, non massimata -della cosìddetta comparazione attenuata , che si risolve in una relazione di proporzionalità inversa tra fatti giuridicamente rilevanti ed impone un peculiare bilanciamento tra condizione soggettiva della persona interessata e situazione oggettiva che deriverebbe dal suo eventuale rimpatrio. Nel caso di specie, dovendosi -come già detto presumere la vulnerabilità del minore tanto con riferimento al minore in età prescolare, in base al principio della rilevanza decrescente dell'età, quanto con riguardo al minore radicato in Italia, con riguardo al criterio della rilevanza crescente del radicamento socio-territoriale, entrambi chiaramente affermati da Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 4197 del 21/02/2018, Rv.648136, cit. la Corte messinese avrebbe dovuto valutare con minor rigore il secundum comparationis -rappresentato evidentemente dall'esigenza di riaffermare la validità delle norme in tema di ingresso e soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale-apprezzando soprattutto la condizione dei minori in Italia e le conseguenze negative che per essi potrebbero derivare in caso di rimpatrio insieme ai genitori. Né può rilevare la circostanza che le esigenze addotte dai ricorrenti non abbiano carattere temporaneo, poiché nulla osta da un lato al rilascio di un permesso di soggiorno, e dall'altro al successivo riesame della situazione familiare e della condizione dei minori coinvolti. In definitiva, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione del decreto impugnato e rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Messina, in differente composizione, la quale riesaminerà la fattispecie avendo cura di conformare la propria decisione ai precedenti di questa Corte, come richiamati in motivazione, nonché al seguente principio di diritto 'Va presunta la vulnerabilità dei minori nati in Italia che siano integrati nel tessuto socio-territoriale e nei percorsi scolastici, in applicazione dei criteri di rilevanza decrescente dell'età, per i minori di età prescolare, e di rilevanza crescente del grado di integrazione, per i minori in età scolare, entrambi affermati da questa Corte con Ordinanza numero 4197 del 2018. Il giudice di merito è pertanto tenuto ad applicare alla posizione dei minori eventualmente coinvolti in provvedimenti di rimpatrio interessanti i loro genitori, o uno di essi, il criterio della comparazione attenuata, in base al quale va ritenuta, sino a prova contraria, la prevalenza della condizione di vulnerabilità del minore rispetto alle norme regolanti il diritto di ingresso e soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale, e va quindi dato primario rilievo al danno che deriverebbe, sulla persona del minore e sulle sue aspettative di vita in Italia, per effetto del rimpatrio in un contesto socio-territoriale con il quale il minore stesso non abbia in concreto alcun rapporto . P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Messina, in differente composizione.