Al funzionario che rappresenta la P.A. in giudizio spetta solo il rimborso delle spese vive

Ove la Pubblica Amministrazione si costituisca in giudizio mediante un proprio funzionario, il Giudice non può attribuire a quest’ultimo diritti o onorari ma solo il rimborso delle spese vive.

Così ha deciso la Cassazione con l’ordinanza n. 15641/20, depositata il 22 luglio. Il Tribunale respingeva l’appello proposta avverso la sentenza del Giudice di Pace, confermando la legittimità della cartella di pagamento relativa a sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, emesse a carico di un automobilista, deceduto durante il giudizio di secondo grado . Avverso la decisione propongono ricorso in Cassazione gli eredi dell’automobilista lamentando che il Tribunale non si è pronunciato sull’errore in cui era incorso il primo giudice nel liquidare in favore del Comune i compensi di difesa, non considerando che questo si è costituito mediante un proprio funzionario , a cui non potevano essere attribuiti diritti o onorari ma solo il rimborso delle spese vive . La Cassazione dichiara d’ufficio la cessazione della materia del contendere per l’intervenuta sanzione a casa del decesso dell’originario ricorrente. Infatti, la morte di colui che nel provvedimento sanzionatorio è individuato come autore della violazione comporta l’estinzione dell’obbligazione di pagare la sanzione pecuniaria poiché questa non si trasmette agli eredi . Pertanto, in casa di pendenza del giudizio, il decesso della parte originaria determina la cessazione della materia del contendere sia in ordine alla sussistenza della responsabilità che riguardo all’entità della sanzione applicata. Scrutinando il ricorso, la Suprema Corte lo reputa fondato e osserva che il ricorrente deceduto aveva impugnato la sentenza del giudice di Pace nella parte in cui le spese processuali erano state liquidate nell’importo di €200 per i diritti e 150 per gli onorari, oltre esborsi e accessori, senza tenere conto che l’amministrazione si era costituita mediante un proprio funzionario, per cui le competeva solo il rimborso delle spese vive e non di diritti e onorari . Confermando la decisione di primo grado, il Tribunale non si è pronunciato su tale motivo di impugnazione. Pertanto, la Cassazione dichiara cessata la materia del contendere e cassa la sentenza con rinvio al Tribunale per la pronuncia sulle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 16 gennaio – 22 luglio 2020, n. 15641 Presidente D’Ascola – Relatore Fortunato Fatti di causa Con sentenza n. 13987/2018, il Tribunale di Roma ha respinto l’appello avverso la sentenza del Giudice di pace di Roma n. 42445/2013, confermando la legittimità della cartella di pagamento n. omissis , relativa a sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, emessa a carico di C.A. , deceduto nel corso del giudizio di secondo grado. Il giudice di appello, preso atto che già in primo grado era stata contestata la conformità all’originale della notifica del verbale di accertamento, ha rilevato che l’amministrazione aveva prodotto copia della relata, su cui era riportato un numero identificativo del verbale corrispondente a quello riportato nella cartella, sostenendo che il disconoscimento delle conformità all’originale, svolto dall’opponente, non era ammissibile poiché, essendo la relata un atto pubblico, non era stata contestata l’esistenza del documento nella sua materialità, nè era stata preannunciata la proposizione della querela di falso. Ha respinto l’eccezione di decadenza in relazione al termine biennale, decorrente dalla data di consegna del ruolo, per il compimento degli atti di riscossione , osservando che il verbale era stato emesso nel 2007 e la cartella nel 2010 e che la disposizione dell’art. 154 della legge finanziaria 2008 non trovava applicazione con riferimento ad anni antecedenti al 2008 . Ha infine ritenuto legittima la maggiorazione L. n. 689 del 1981, ex art. 27, ed ha posto le spese processuali a carico degli appellanti. Per la cassazione di questa sentenza C.F. e M.I. , eredi di C.A. , hanno proposto ricorso in quattro motivi, illustrati con memoria. Roma Capitale ha depositato controricorso, mentre l’Agenzia delle Entrate Riscossione non ha svolto difese. Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente fondato, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio. Ragioni della decisione 1. Deve dichiararsi d’ufficio la cessazione della materia del contendere per l’intervenuta estinzione della sanzione a causa del decesso di C.A. . È la stessa sentenza d’appello a dare atto che l’appellante è deceduto nel corso del giudizio di secondo grado e che il processo è stato riassunto dagli eredi. La morte di colui che nel provvedimento sanzionatorio è individuato come autore della violazione comporta l’estinzione dell’obbligazione di pagare la sanzione pecuniaria - giacché detta sanzione, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 7, non si trasmette agli eredi. Ove sia pendente il giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione, tale evento determina la cessazione della materia del contendere sia in ordine alla sussistenza della responsabilità, che all’entità della sanzione applicata. La relativa statuizione - che fa venir meno la pronuncia sull’opposizione e che determina l’inefficacia sopravvenuta dell’ordinanza ingiunzione - può essere assunta d’ufficio anche in cassazione Cass. 22199/2010 Cass. 6737/2016 Cass. 27650/2018 . Nonostante l’intervenuta estinzione della sanzione e la sopravvenuta cessazione della materia del contendere, occorre procedere comunque allo scrutinio dei motivi di ricorso, essendo il loro esame indispensabile ai fini della regolazione delle spese processuali, da compiere - all’esito - in base al criterio della soccombenza virtuale. 2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver il tribunale omesso di pronunciare sul terzo motivo di appello, concernente l’errore in cui era incorso il primo giudice nel liquidare in favore di Roma Capitale i compensi di difesa, non considerando che il Comune si era costituito mediante un proprio funzionario e che non potevano essere attribuiti nè i diritti, nè gli onorari, ma solo le spese riportate nella nota, ove depositata. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 2712, 2714, 2719 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che il giudice abbia ritenuto irrilevante il disconoscimento della copia della relata di notifica in assenza di attestazione di conformità, pur non avendo l’amministrazione depositato gli originali. Il terzo motivo denuncia la violazione del D.M. n. 55 del 2014,artt. 4 e ss., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza omesso di liquidare le spese processuali per fasi, attribuendo alla controparte, del tutto immotivatamente, un importo notevolmente superiore ai valori tabellari medi. 3. Il primo motivo di ricorso è fondato. Si evince dagli atti che effettivamente C.A. , deceduto nella pendenza del giudizio di secondo grado, aveva impugnato la sentenza del giudice di pace, nel punto in cui le spese processuali erano state liquidate nell’importo di Euro 200,00 per diritti ed Euro 150,00 per onorari, oltre esborsi ed accessori, senza tener conto che l’amministrazione si era costituita dinanzi al giudice di pace mediante un proprio funzionario, per cui le competeva solo il rimborso delle spese vive ove fosse stata depositata un’apposita nota, non anche l’attribuzione dei diritti e degli onorari. Il tribunale ha confermato integralmente la decisione di primo grado, limitandosi a statuire sulle sole spese di appello, senza pronunciare sul predetto motivo di impugnazione, così incorrendo nella violazione denunciata. 4. Anche il secondo motivo merita accoglimento. Il tribunale ha dato atto che parte appellante aveva contestato la conformità all’originale della copia della relata di notifica del verbale di accertamento, ma ha erroneamente sostenuto che, essendo la relata un atto pubblico, occorreva che fosse contestata in primo grado l’autenticità del documento nella sua materiale e storica esistenza, preannunciando, inoltre, la proposizione della querela di falso. Ha inoltre osservato che il soggetto sanzionato aveva potuto comprendere i termini essenziali della sanzione irrogata, la notifica e l’emissione della cartella di pagamento. Deve tuttavia obiettarsi che l’art. 2719 c.c. - per ti quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche, non solo se la loro conformità all’originale è attestata dal pubblico ufficiale competente, ma anche qualora detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte, con divieto per il giudice di sostituirsi nell’attività di disconoscimento alla parte interessata, pure se contumace - trova applicazione per tutti i documenti, anche ove trattasi di atti pubblici Cass. 21003/2017 . Tale principio è invocabile, in particolare, nell’ipotesi in cui l’agente della riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento recanti il numero identificativo della cartella , essendo sempre ammesso il disconoscimento della conformità all’originale, nel qual caso quale il giudice deve valutare le specifiche difformità contestate alla luce degli elementi istruttori acquisiti al processo Cass. 23902/2017 Cass. 16998/2016 . Non occorreva, quindi, che l’eccezione di difformità della copia fosse formulata in modo da porre in discussione la stessa esistenza dell’originale, nè che fosse preannunciata la proposizione della querela di falso, attese le diverse finalità cui rispondono i due distinti rimedi Cass. 21339/2011 . 5. Il terzo motivo è assorbito, dovendo il giudice del rinvio liquidare le spese processuale1, in applicazione del principio di soccombenza virtuale, valutando nuovamente, per tale effetto, la fondatezza dei motivi di impugnazione. Segue quindi declaratoria di cessazione della materia del contendere e di estinzione della sanzione, nonché l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso ed assorbimento del terzo. La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa ad altro Magistrato del Tribunale di Roma, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. dichiara la cessazione della materia del contendere e l’estinzione della sanzione accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa ad altro Magistrato del Tribunale di Roma, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.