Concessione della protezione internazionale e doveri motivazionali del giudice

Nel negare o concedere la protezione internazionale, il giudice di merito deve indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento sulla base di un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo possibile il controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento nel raffronto con le evidenze documentali.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1756/20, depositata il 27 gennaio. Il caso. Il Tribunale di Venezia respingeva l’impugnazione proposta da un cittadino del Gambia avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Verona di diniego della domanda di protezione internazionale, richiesta dal ricorrente che nel suo paese di origine era stato vittima di persecuzione a causa della sua omosessualità. Il Tribunale infatti aveva respinto l’impugnazione poiché non riteneva credibile la condizione di omosessualità addotta dal richiedente, dato che questi aveva avuto un figlio. Il cittadino straniero propone ricorso per la cassazione del decreto del Tribunale lamentando che il Tribunale non ha posto a fondamento della propria decisione l’esame della documentazione prodotta, tra cui vi erano due avvertenze che avevano preceduto il suo licenziamento, nelle quali veniva fatto riferimento alla sua omosessualità e alle sue relazioni con le associazioni omosessuali presenti nel suo Paese. Il Tribunale, a dire del ricorrente, si era limitato a dichiarare l’incoerenza delle informazioni raccolte senza esaminarle. Principio. La Cassazione, accogliendo il sopraesposto motivo di ricorso, dapprima richiama la consolidata giurisprudenza in materia che ha ritenuto sussistente il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza ogni volta in cui il giudice di merito non indichi gli elementi alla base del proprio convincimento o li indichi senza una disamina approfondita, impedendo il controllo sull’esattezza e logicità del ragionamento fatto. Chiarito questo, posto che nel caso di specie l’esame dei documenti risulta in parte omesso e in parte seguito da una motivazione illogica e incoerente, i Giudici cassano il decreto impugnato con rinvio al Tribunale affinché riesamini la controversia alla luce del principio di diritto secondo cui il giudice di merito deve indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento sulla base di un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo possibile il controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento nel raffronto con le evidenze documentali .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 8 ottobre 2019 – 27 gennaio 2020, n. 1756 Presidente San Giorgio - Relatore Di Florio Ritenuto che 1. T.Y. ricorre, affidandosi a cinque motivi, per la cassazione del decreto del Tribunale di Venezia che aveva respinto l’impugnazione proposta avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Verona/Vicenza di diniego della domanda di protezione internazionale, declinata in via gradata nelle fattispecie di stato di rifugiato , protezione sussidiaria e protezione umanitaria . 1.1. Per ciò che interessa in questa sede, il ricorrente aveva dedotto di essere omosessuale e di essere fuggito dal , suo paese di origine, per aver subito varie forme di persecuzione in particolare ha riferito di essere stato arrestato dai servizi segreti per essere stato colto in intimità in una camera di albergo con un altro uomo e di essere stato vittima anche di gravi pregiudizi sul luogo di lavoro era stato licenziato per la sua omosessualità ed in ambito religioso, essendogli stato impedito di pregare in moschea. 2. Il Tribunale Venezia ha rigettato l’impugnazione, ritenendo non credibile la sua condizione di omosessualità, in quanto il racconto era infarcito da sfasature temporali ed era anche contraddetto dalla circostanza che il T. aveva avuto un figlio nel . Il Ministero dell’Interno intimato non si è difeso. Considerato che 1. Tutti i motivi di ricorso sono riferiti all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. 1.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, la violazione dell’art. 1 punto A2 della Convenzione di Ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e ed f e art. 14 contesta la decisione del Tribunale che aveva escluso il fumus persecuzionis e, conseguentemente, aveva negato il riconoscimento dello stato di rifugiato, svalutando sia l’avvenuta detenzione in carcere sia il licenziamento subito, rispettivamente ricondotti dal datore di lavoro e dalle autorità statali alla sua condizione di omosessualità. 1.2. Con il secondo motivo, ancora, lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.P.R. n. 21 del 2015, art. 13, comma 2 assume che il Tribunale non aveva assolto il dovere di cooperazione in quanto non erano state acquisite informazioni aggiornate sulla condizione del paese di origine. 1.3. Con il terzo motivo, deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 per non aver ritenuto il rifugiato credibile , riferendo tale valutazione ad una presunta contraddizione del racconto fondata sulla mera asserzione di incredulità dell’intervento dei servizi segreti mentre egli si trovava in una camera di albergo con un partner di sesso maschile, nonostante che egli avesse descritto la sua condizione personale, omosessualità anche in sede di audizione in udienza. 1.4. Con il quarto motivo, lamenta la violazione degli artt. 118 e 258 c.p.c. in quanto il Tribunale aveva apoditticamente affermato che la sua altezza era apparsa diversa, in sede di audizione, da quella risultante dal mandato di arresto cm 155 . 1.5. Con il quinto motivo, deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c. art. 2699 c.c. e ss. e art. 214 c.p.c. e segg. in quanto non era stata posta a fondamento della decisione l’esame della documentazione prodotta consistente, fra le altre cose, nella lettera di licenziamento preceduta da due warning provenienti dal datore di lavoro e riferite alla sua omosessualità e le relazioni delle associazioni degli omosessuali presenti nel paese assume che il Tribunale si era limitato a dichiarare l’incoerenza delle informazioni raccolte senza affatto esaminarle. 2. Tanto premesso, il Collegio ritiene che il quinto motivo costituisca l’antecedente logico degli altri e debba essere preliminarmente esaminato. 2.1. Al riguardo, si osserva che le critiche in esso prospettate sono intrinsecamente connesse e, pur ricondotte in rubrica all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, riguardano, nel complesso, la sostanziale apparenza della motivazione che il ricorrente assume essere stata resa attraverso un percorso logico che non ha dato realmente conto dei motivi di rigetto dell’impugnazione proposta avverso il diniego amministrativo il richiedente infatti ha dedotto che non era stato affatto dato conto, in motivazione, della documentazione prodotta a sostegno della denuncia di persecuzione subita nello stato di origine XXXXXX in relazione alla sua condizione personale di omosessualità, e che mancavano del tutto, nel provvedimento impugnato, argomentazioni logicamente comprensibili e giuridicamente idonee a sostenere la reiezione della sua istanza di protezione, in quanto dalle informazioni ricavabili dalle C.O.I. country origin informations risultava che l’omosessualità era proibita ed oggetto di articolate forme di repressione e che era stato da lui compiutamente allegato e provato sia il preavviso di licenziamento che il provvedimento di recesso, riferito espressamente alla sua condizione, nonché l’arresto che aveva subito e che era fondato proprio su tale accusa. 2.2. Sintetizzate come sopra le doglianze prospettate, una corretta qualificazione del motivo consente alla Corte di ricondurlo nell’alveo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, concernente le ipotesi di nullità della sentenza, fra le quali devono essere ricomprese quelle riferibili ad una motivazione inesistente, resa, cioè, attraverso una mera apparenza argomentativa, non aderente alle emergenze processuali e, soprattutto, alle evidenze documentali cfr., al riguardo, Cass. 1370/2013 Cass. 24553/2013 e Cass. 23381/2017 . 3. In tal modo riqualificato, il quinto motivo è pienamente fondato ed assorbe quelli precedenti che mostrano analogo tenore critico. 3.1. Deve, al riguardo, richiamarsi preliminarmente l’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte che ha affermato, con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento Cass. 9105/2017 . 3.2. Nel caso di specie, risulta effettivamente che, a fronte della statuizione riguardante la poca attendibilità delle dichiarazioni rese fondata sul fatto che il ricorrente non sarebbe stato in grado di descrivere le minacce subite e che la documentazione in atti non avrebbe avuto alcun valore probatorio cfr. pag. 3 cpv secondo e terzo del decreto impugnato , sono stati allegati al ricorso e versati in atti nel precedente grado di merito i documenti doc 8,9 e 10 richiamati a pag. 7 dai quali emergono episodi attestanti, con stretto rigore cronologico, che sia il licenziamento subito che l’arresto erano riferiti alla sua condizione di omosessualità, conosciuta dalle autorità locali cfr. il doc. della Polizia del Gambia del 14.7.2016, riferito all’arresto del 23.4.2016 ed al successivo rilascio il 9.5.2016 a fronte del pagamento di una somma di danaro . 3.3. L’esame di tali documenti risulta in parte omesso non vi è alcun cenno, in motivazione, ai due warning provenienti dal datore di lavoro in data 7.1.2016 e 22.2.2016, seguiti dalla sospensione per una settimana in data 30.3.2016 e dal licenziamento in data 10.5.2016, tutti espressamente riferiti anche alla differenza sessuale omosessualità che è contraria alle leggi del paese ed in relazione alla quale egli era stato sotto osservazione per gli ultimi tre mesi , ed in parte seguito da una motivazione illogica, fondata su una presunta quanto incomprensibile incoerenza fra la data dell’arresto 23.4.2016 e l’anteriorità del licenziamento per omosessualità. 3.4. Risulta, altresì, apparente la motivazione nella parte in cui, a fronte di tale documentazione, il Tribunale ha affermato a. l’inattendibilità delle dichiarazioni del ricorrente prive di descrizione delle minacce subite b. la contraddittorietà della condizione di omosessualità denunciata rispetto all’esistenza di un figlio, circostanze certamente non incompatibili c. l’omessa descrizione dei rischi di persecuzione connessi al suo rientro in XXXXXX, affermazione questa che sembra prescindere dall’esame delle risultanze documentali sopra richiamate. 4. Il decreto impugnato, pertanto, deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Venezia, in diversa composizione, per il riesame della controversia alla luce dei seguenti principi di diritto il giudice di merito deve indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento sulla base di un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, possibile il controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento nel raffronto con le evidenze documentali. . In tema di protezione internazionale, posto che l’autorità amministrativa e il giudice di merito svolgono un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile e libero da preclusioni o impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilità di assumere informazioni ed acquisire tutta la documentazione necessaria, ove il richiedente adduca il rischio di persecuzione, al fine di ottenere lo status di rifugiato, o il danno grave, ai fini della protezione sussidiaria, il giudice non deve valutare nel merito la sussistenza o meno del fatto, ossia la fondatezza dell’accusa, ma deve invece accertare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 2 e art. 14, lett. c , se tale accusa sia reale, cioè effettivamente rivolta al richiedente nel suo Paese, e dunque suscettibile di rendere attuale il rischio di persecuzione o di danno grave in relazione alle conseguenze possibili secondo l’ordinamento straniero nel caso di rientro in patria cfr. in termini Cass. 2875/2018 . 5. Il Tribunale dovrà decidere anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, accoglie il quinto motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Venezia in diversa composizione per il riesame della controversia e per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.