Condizioni precarie, stato di alterazione ed esami clinici: elementi sufficienti a inchiodare l’automobilista

Confermata la sanzione applicata dalla Prefettura dieci punti tolti dalla patente, sospesa per due anni. I dati raccolti sono sufficienti, secondo i Giudici della Cassazione, per ritenere colpevole l’uomo alla guida.

Le evidenti precarie condizioni psico-fisiche e il risultato dell’esame delle urine, che attesta l’assunzione di sostanze stupefacenti – ammessa, peraltro, dall’automobilista – rendono non discutibile il verbale redatto dai carabinieri nei confronti dell’uomo alla guida. Definitiva, di conseguenza, la sanzione comminatagli, ossia dieci punti tolti dalla patente, sospesa, peraltro, per due anni Cassazione, sentenza n. 1732/20, sez. II Civile, depositata oggi . Sanzione. Scenario della vicenda la provincia di Brindisi. Lì i carabinieri fermano una vettura e si rendono subito conto dello stato di alterazione” dell’uomo alla guida. A cancellare ogni dubbio è l’esame delle urine, che certifica il fatto che l’automobilista ha fatto uso di sostanze stupefacenti. Consequenziale è il verbale redatto dai militari. E inevitabile la sanzione decisa dalla Prefettura di Brindisi sospensione della patente per la durata di due anni” e decurtazione di dieci punti dalla patente”. La visione adottata dalla Prefettura, e basata soprattutto sul verbale dei carabinieri, viene condivisa dal Giudice di pace. Di parere opposto, però, i giudici del Tribunale, i quali ricordano in premessa che per ritenere violato il codice della strada è necessario che si sia colti alla guida di un veicolo in stato di alterazione psico-fisica derivante dall’uso di sostanze stupefacenti, e quindi non è sufficiente che alla guida si sia sorpresi semplicemente dopo aver assunto sostanze stupefacenti”. In questo quadro si inserisce la considerazione dei giudici del Tribunale, secondo cui avevano valenza di semplici indizi, e dunque non erano sufficienti a dar ragione della quantità di sostanze stupefacenti assunte e dell’incidenza sullo stato psico-fisico dell’automobilista al momento dell’elevazione del verbale, gli elementi raccolti all’esito delle indagini, ossia le dichiarazioni rese dallo stesso automobilista, le circostanze acclarate e riferite dai militari e il risultato delle analisi delle urine”. Prove. A contestare la decisione presa dal Tribunale è il Ministero dell’Interno, che col ricorso in Cassazione rivendica la giustezza della misura adottata dalla Prefettura di Brindisi, soprattutto tenendo presente le inequivocabili condizioni psico-fisiche dell’automobilista all’epoca del controllo effettuato dai carabinieri. Per il Ministero, difatti, alla stregua degli elementi indiziari raccolti – uso di cannabinoidi, attestato dall’analisi delle urine sintomi di eccitazione, senso di sicurezza e occhi lucidi, attestati dal verbale elevato dai carabinieri al momento dell’accertamento dichiarazione dell’automobilista di aver fatto uso di stupefacenti il giorno precedente –” è certo lo stato di alterazione dell’automobilista”. Questa visione è condivisa ora dalla Cassazione. I magistrati riconoscono che per ritenere violato il Codice della strada è necessario l’accertamento, oltre che dell’assunzione di sostanze stupefacenti, di uno stato di alterazione psicofisica derivante da tale assunzione”, e il riferimento è a uno stato di alterazione del conducente della vettura” che non deve essere necessariamente accertato attraverso l’espletamento di una specifica analisi medica” ma si può desumere anche dagli accertamenti biologici dimostrativi dell’avvenuta precedente assunzione dello stupefacente, unitamente all’apprezzamento delle deposizioni raccolte e del contesto in cui si è verificato il fatto”. E allo stesso tempo l’alterazione richiesta per l’integrazione del reato di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti, previsto dall’articolo 187 del Codice della strada, esige l’accertamento di uno stato di coscienza semplicemente modificato all’assunzione delle predette sostanze, che non coincide necessariamente con una condizione di intossicazione”. In questa vicenda, quindi, gli elementi di prova a disposizione sono sufficienti per legittimare la sanzione adottata nei confronti dell’automobilista, poiché si fa riferimento agli esiti delle analisi delle urine”, alle dichiarazioni rese dall’automobilista” e alle circostanze riprodotte dai carabinieri nel verbale di accertamento e da loro riferite in qualità di testimoni”. Peraltro, è inevitabile che l’assunzione di sostanza stupefacente determini un’alterazione psico-fisica” come quella manifestata dall’automobilista al momento del controllo effettuato dai carabinieri, concludono i Giudici.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 giugno 2019 – 27 gennaio 2020, n. 1732 Presidente Petitti – Relatore Abete Fatti di causa 1. In data 14.10.2010 i Carabinieri di Ceglie Messapica elevavano nei confronti di Gi. Ru. verbale n. omissis , con il quale gli contestavano l'illecito di cui all'art. 187, 1. co., c.d.s., poiché circolava alla guida del veicolo in condizioni di alterazione psicofisica dovuta all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope . Con decreto in data 21.10.2010 la Prefettura di Brindisi disponeva la sospensione della patente di guida per la durata di due anni e la decurtazione di dieci punti dalla patente. 2. Avverso tale decreto Gi. Ru. proponeva opposizione al giudice di pace di Ceglie Messapica. Resisteva la Prefettura Brindisi. Con sentenza del 10.6.2011 il giudice adito rigettava l'opposizione. 3. Proponeva appello Gi. Ru Resisteva l'U.T.G. di Brindisi. Con sentenza n. 1559 dei 5/16.9.2016 il tribunale di Brindisi accoglieva il gravame, annullava il decreto del 21.10.2010 e condannava l'appellato a rimborsare al difensore anticipatario dell'appellante le spese di ambedue i gradi. Premetteva il tribunale che, onde integrare il reato di cui all'art. 187 c.d.s., è necessario che si sia colti alla guida di un veicolo in stato di alterazione psicofisica derivante dall'uso di sostanze stupefacenti e quindi che non è sufficiente che alla guida si sia sorpresi semplicemente dopo aver assunto sostanze stupefacenti. Indi evidenziava che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, avevano valenza di semplici indizi e dunque non erano sufficienti a dar ragione della quantità di sostanze stupefacenti assunte e dell'incidenza sullo stato psicofisico dell'appellante al momento dell'elevazione del verbale gli elementi raccolti all'esito delle indagini, ossia le dichiarazioni rese dallo stesso Ru. ai verbalizzanti, le circostanze dai medesimi verbalizzanti acclarate e riferite in qualità di testimoni e il risultato delle analisi delle urine. 4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell'Interno ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese. Gi. Ru., ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ha depositato controricorso ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l'avverso ricorso con il favore delle spese, da attribuirsi al difensore anticipatario. Con ordinanza interlocutoria dei 18.1/9.5.2018 il procedimento è stato rimesso alla pubblica udienza della seconda sezione civile di questa Corte. Ragioni della decisione 5. Con l'unico motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360, 1. co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell'art. 187 c.d.s. e dell'art. 2697 cod. civ Deduce che alla stregua degli elementi indiziari raccolti - uso di cannabinoidi attestato dall'analisi delle urine, sintomi di eccitazione, senso di sicurezza e occhi lucidi attestati dal verbale elevato dai carabinieri al momento dell'accertamento, dichiarazione del Ru. di aver fatto uso di stupefacenti il giorno precedente - il tribunale avrebbe dovuto ritenere sussistente lo stato di alterazione e quindi la condotta illecita contestata, salvo prova contraria dell'interessato così ricorso, pag. 6 . Deduce che d'altra parte l'art. 187 c.d.s. non richiede che lo stato di alterazione debba essere accertato mediante indagine sulla quantità delle sostanze stupefacenti, attraverso l'espletamento di una specifica analisi medica così ricorso, pag. 6 . Deduce che, a fronte dei rilevanti elementi indiziari acquisiti, aveva appieno assolto l'onere della prova, sicché ricadeva sull'interessato dimostrare che lo stato di alterazione derivava da altra causa così ricorso, pag. 8 . Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento. 6. E' fuor di dubbio che, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 187 cod. strada, è necessario l'accertamento, oltre che dell'assunzione di sostanze stupefacenti, di uno stato di alterazione psicofisica derivante da tale assunzione cfr. Cass. pen. 18.7.2018, n. 41376 . Segnatamente, ai fini della configurabilità della contravvenzione di guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti art. 187 del cod. strada , lo stato di alterazione del conducente dell'auto non deve essere necessariamente accertato attraverso l'espletamento di una specifica analisi medica, ben potendo il giudice desumerla dagli accertamenti biologici dimostrativi dell'avvenuta precedente assunzione dello stupefacente, unitamente all'apprezzamento delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il fatto si è verificato cfr. Cass. pen. 13.6.2017, n. 43486 . Al contempo l'alterazione richiesta per l'integrazione del reato di guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti, previsto dall'art. 187 cod. strada, esige l'accertamento di uno stato di coscienza semplicemente modificato dall'assunzione delle predette sostanze, che non coincide necessariamente con una condizione di intossicazione cfr. Cass. pen. 14.3.2017, n. 19035 Cass. sez. peri. 27.3.2012, n. 16895 . In questo quadro, in cui - si ribadisce - si prescinde dal riscontro della sussistenza di una condizione di intossicazione ed in cui - si ribadisce - è necessario e sufficiente che il contravventore abbia guidato in stato di alterazione causato dall'assunzione di sostanze stupefacenti, si configurano senz'altro i denunciati errores in iudicando. Invero il giudice di seconde cure ha errato, per un verso, allorquando ha posto in risalto il difetto di elementi diagnostici da cui desumere la quantità di sostanze stupefacenti assunte così sentenza d'appello, pag. 3 ed ha ritenuto il tipo di indagine eseguita [in]idonea a rilevare la quantità di sostanza presente nell'organismo così sentenza d'appello, pag. 4 , ha errato, per altro verso, allorquando ha reputato insufficienti gli elementi di prova raccolti, ovvero gli esiti delle analisi delle urine, le dichiarazioni rese da Gi. Ru. ai Carabinieri, le circostanze dai Carabinieri riprodotte nel verbale di accertamento e riferite in qualità di testimoni. D'altro canto è inevitabile che l'assunzione di sostanza stupefacente determini un'alterazione psicofisica, sicché, in assenza di riscontro dell'operatività di un fattore eziologico di diversa natura, non può esser condiviso il postulato del giudice a quo, secondo cui quand'anche effettivamente il Ru. al momento dell'operato accertamento mostrasse una condizione attuale di alterazione psicofisica, tuttavia non vi è alcuna certezza che tale condizione fosse dipesa dall'uso della sostanza rinvenuta nelle urine così sentenza d'appello, pag. 4 . 7. In accoglimento del ricorso la sentenza n. 1559 dei 5/16.9.2016 del tribunale di Brindisi va cassata. All'enunciazione - in ossequio alla previsione dell'art. 384, 1. co., cod. proc. civ. - del principio di diritto può farsi luogo per relationem, nei termini espressi dagli insegnamenti di questa Corte in precedenza citati. In pari tempo, in dipendenza della gravità, precisione e concordanza degli elementi di prova raccolti e correttamente vagliati dal primo giudice, in dipendenza perciò dell'insussistente necessità di ulteriori accertamenti di fatto, nulla osta a che questa Corte decida ai sensi dell'art. 384, 2. co., ultima parte, cod. proc. civ. nel merito e pertanto faccia luogo al rigetto dell'appello proposto da Gi. Ru. avverso la sentenza del giudice di pace di Ceglie Messapica del 10.6.2011. 8. Le personali condizioni del controricorrente peraltro ammesso al patrocinio a spese dello Stato suggeriscono la compensazione delle spese dell'intero giudizio. In dipendenza del buon esito del ricorso e della veste di amministrazione dello Stato del ricorrente non sussistono i presupposti perché il ricorrente sia tenuto, ai sensi dell'art. 13, 1. co. quater, D.P.R. n. 115/2002, a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza n. 1559 dei 5/16.9.2016 del tribunale di Brindisi e, decidendo nel merito, rigetta l'appello proposto da Gi. Ru. avverso la sentenza del giudice di pace di Ceglie Messapica del 10.6.2011 compensa integralmente le spese dell'intero giudizio.