Quando la decisione è affetta da errore di fatto?

Ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., l’errore di fatto deve consistere in una mera svista materiale, che abbia condotto il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto decisivo che non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice stesso si sia pronunciato.

Lo ribadisce la Corte di Cassazione con ordinanza n. 471/20, depositata il 14 gennaio. I ricorrenti si rivolgono ai Giudici di legittimità per la cassazione del decreto con cui la Corte d’Appello dichiarava estinto per mancata rinnovazione della notifica in favore del Ministero della Giustizia il giudizio di equa riparazione per irragionevole durata del processo del giudizio civile che vedeva coinvolti gli stessi ricorrenti. In particolare, questi denunciano violazione dell’art. 91 c.p.c. per aver il provvedimento impugnato liquidato le spese processuali in favore del Ministero, che non si era costituito dinanzi alla Corte territoriale. Errore di fatto . Sta di fatto che il Ministero della Giustizia era rimasto contumace davanti alla Corte distrettuale e non dovevano essere liquidate in suo favore le spese processuali. Infatti, la condanna a tali spese, in virtù dell’art. 91 c.p.c., trova fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto. Per tale ragione, essa non può essere pronunciata in favore del contumace vittorioso, posto che questi, non avendo espletato un’attività processuale, non ha sopportato le spese. Non si ha dunque un errore di fatto cosiddetto revocatorio, come sostenuto dal Ministero controricorrente. Ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., l’errore di fatto deve consistere in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto decisivo che non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice stesso si sia pronunciato. E nel caso in esame, la liquidazione delle spese di giudizio in favore del Ministero della Giustizia, sebbene questo non avesse espletato alcuna attività processuale, non è stata operata sulla falsa supposizione che la parte contumace avesse sopportato spese escludendo così la sussistenza di un errore di fatto rilevante e decisivo. E a smentire che la decisione della Corte d’Appello sulla liquidazione delle spese fosse fondata sull’erronea supposizione del fatto dell’avvenuta costituzione in giudizio del Ministero sta la pronuncia di estinzione del giudizio per irregolare esecuzione del rinnovo della notifica irregolarità questa che sarebbe rimasta sanata dall’eventuale costituzione della parte destinataria. Sulla base di tali regole, il ricorso viene accolto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 1 ottobre 2019 – 14 gennaio 2020, n. 471 Presidente D’Ascola – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione S.F. e S.C. propongono ricorso articolato in unico motivo per la cassazione del decreto reso dalla Corte d’Appello di Perugia l’8 novembre 2018. Questo decreto ha dichiarato estinto per la mancata rinnovazione della notifica in favore del Ministero della Giustizia il giudizio equa riparazione promosso dai ricorrenti per la irragionevole durata di un giudizio civile svoltosi davanti agli uffici giudiziari di Roma, ed ha poi condannato gli attori al pagamento di Euro 600,00 a titolo di compenso professionale, oltre accessori. Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso. L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. ed eccesso di potere per contraddittorietà , avendo l’impugnato provvedimento liquidato le spese processuali in favore del Ministero della Giustizia, che tuttavia non si era costituito davanti alla Corte d’Appello di Perugia tant’è che non era stata sanata la mancata notificazione . Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio. I ricorrenti hanno presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2. Il motivo di ricorso è fondato. Il Ministero della Giustizia era rimasto contumace davanti alla Corte d’Appello di Perugia, sicché, non risultando eseguita la disposta rinnovazione ex art. 291 c.p.c., nè appunto sanata la mancata notifica dalla costituzione della parte intimata, veniva dichiarato estinto il giudizio. Non dovevano perciò essere liquidate all’amministrazione intimata le spese di giudizio. La condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 c.p.c., ha, invero, il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto sicché essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto Cass. Sez. 6 - 3, 19/06/2018, n. 16174 Cass. Sez. 2, 19/08/2011, n. 17432 . Non si è in presenza di un errore di fatto cd. revocatorio, come assume il controricorrente. Si configura, invero, il vizio revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4 se la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa , oppure è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita , e sempre che l’errore non verta su un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare . Secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale, l’errore di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, deve così consistere in una disamina superficiale di dati di fatto che abbia quale conseguenza l’affermazione o la negazione di elementi decisivi per risolvere la questione, ovvero in un errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza od esistenza di un fatto, positivamente acquisito od escluso nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale. Per aversi revocazione, è dunque necessario che l’errore di fatto riveli un carattere commissivo, consistendo in una fallace valutazione espressa di esistenza o di inesistenza del fatto, e non in una mera negligenza dello stesso. L’errore di fatto, riconducibile all’art. 395 c.p.c., n. 4, deve comunque consistere in una mera svista materiale, la quale abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto decisivo che non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, sempreché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio, formatosi sulla base di una valutazione cfr. indicativamente Cass. Sez. 1, 07/02/2017, n. 3200 Cass. Sez. 5, 11/01/2018, n. 442 . La liquidazione delle spese di giudizio in favore del Ministero della Giustizia ad opera della Corte d’Appello di Perugia, sebbene il convenuto non avesse espletato alcuna attività processuale, non è stata operata sulla falsa supposizione che la parte contumace avesse sopportato spese, e ciò esclude la sussistenza di un errore di fatto rilevante e decisivo agli effetti dell’art. 395 c.p.c., n. 4, Altrimenti, si ricondurrebbe all’ambito del giudizio per revocazione, piuttosto che nell’ordinario giudizio di impugnazione, ogni fatto che non sia stato espressamente considerato nella motivazione giudiziale, rendendo causa di revocazione quel che può eventualmente rappresentare, piuttosto, un errore di giudizio o di valutazione. Nella specie, a smentire che la statuizione della Corte d’appello di Perugia sulla liquidazione delle spese fosse decisivamente fondata sulla erronea supposizione del fatto dell’avvenuta costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia sta la pronuncia di estinzione adottata sul presupposto della irregolare esecuzione del rinnovo della notifica, irregolarità che sarebbe rimasta differentemente sanata dalla eventuale costituzione della parte destinataria. Va perciò accolto il ricorso, e il decreto della Corte d’Appello di Perugia va cassato limitatamente al motivo dedotto, potendosi decidere nel merito, in quanto non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, nel senso che non siano dovute in favore del Ministero della Giustizia le spese liquidate dalla Corte d’Appello di Perugia. L’esito finale della lite induce a compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato limitatamente alla censura accolta e, decidendo nel merito, annulla la condanna di S.F. e S.C. a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese liquidate relative al giudizio di merito compensa tra le parti le spese sostenute nel giudizio di cassazione.