Sanzioni stradali: l’opposizione contro la cartella va rigettata se il multato non ha previamente impugnato il verbale di contestazione

La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 30318 depositata il 21 novembre 2019, ha ribadito alcuni indirizzi giurisprudenziali in tema di opposizione avverso le sanzioni amministrative elevate per infrazioni stradali. Anzitutto il ricorso proposto contro la cartella di pagamento deve essere rigettato se il multato non ha previamente impugnato il verbale di contestazione dell’infrazione stradale, nel caso ove questo fosse stato regolarmente notificato.

La vicenda. Un uomo impugnava in grado di legittimità la sentenza già resa dal Tribunale, con la quale tale giudice, riformando la pronuncia di prime cure, aveva dichiarato inammissibile l’opposizione, dallo stesso uomo proposta, contro la cartella di pagamento emessa per sanzioni amministrative dovute a infrazioni stradali. Il giudice di seconde cure aveva rigettato l’opposizione in quanto il verbale di contestazione dell’infrazione stradale era stato regolarmente notificato, pertanto l’opponente avrebbe dovuto proporre la tempestiva opposizione contro il medesimo e, per l’effetto, non risultava legittimato ad impugnare la cartella di pagamento. Gli indirizzi giurisprudenziali ribaditi dalla Terza Sezione Civile. Il Collegio di Ermellini della III Sezione Civile della Corte di Cassazione rigetta il ricorso, formulato attraverso svariati motivi, ribadendo alcuni orientamenti consolidati sugli aspetti rilevati - l’avviso di ricevimento notificato attraverso il servizio postale è un atto pubblico, pertanto la relativa contestazione esige la querela di falso sezione VI, Ordinanza numero 8082 del 21 marzo 2019, dove, in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, viene chiarito che l’avviso di ricevimento, che è parte integrante della relata di notifica, avendo natura di atto pubblico, deve essere contestato nel contenuto attraverso la proposizione della querela di falso - l’omessa produzione del documento in originale non esonera il soggetto interessato dall’onere di proporre querela contro la fotocopia non disconosciuta sezione III, Ordinanza numero 32219 del 13 dicembre 2018, dove veniva peraltro chiarito che la mancata produzione del documento in originale non esonera la parte dall’onere di proporre querela avverso la fotocopia non disconosciuta, salvi il grado di probatorietà che gli accertamenti in tal caso possono raggiungere e la possibilità di acquisire l’originale, ove ritenuto necessario, in relazione alla natura del falso dedotto - in difetto di eccezioni esplicite previste dalla disciplina positiva, il disconoscimento della fotocopia deve essere tempestivo, ed indipendentemente dalla tipologia di giudizio sezione VI, Ordinanza numero 21.339 del 14 ottobre 2011 . La competenza in tema di opposizione a sanzioni amministrative. Il ricorrente si è doluto anche della circostanza che il giudice di seconde cure abbia trascurato di rilevare che il gravame proposto dal Comune, contro la sentenza di primo grado, si sarebbe dovuto dichiarare inammissibile. Nel ritenere infondato il motivo, il collegio ha rammentato che l’appellabilità delle pronunce del giudice di pace, in tema di opposizione a sanzioni amministrative, veniva introdotto dall’art. 26 d.lgs. n. 40/2016. Più in dettaglio, l’art. 27 dello stesso decreto, al comma 5, statuisce che le disposizioni contenute nell’art. 26 si applicano alle ordinanze pronunciate e alle sentenze pubblicate a decorre dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo. Tale data coincide con il 2 marzo 2006, mentre, nella specie in esame, il Giudice di Pace adito in prima battuta depositava la sentenza impugnata in appello in data 31 maggio 2010. L’omessa indicazione delle conclusioni delle parti. Con ulteriore censura il ricorrente ha invocato la nullità della pronuncia di secondo grado per essere la stessa priva della indicazione delle conclusioni delle parti. Il Collegio di Ermellini, nel dichiarare manifestamente infondata la doglianza, ha precisato che l’omessa indicazione delle conclusioni delle parti non rappresenta causa di nullità della sentenza Sezione II, Sentenza n. 11150 del 9 maggio 2018, dove si è chiarito che l’omessa trascrizione delle conclusioni delle parti non è di per sé causa di nullità della sentenza, assumendo rilevanza solo se ed in quanto accompagnata dalla mancata considerazione delle stesse da parte del giudice . L’asserita eccessività delle spese di lite. Il ricorrente il giudice, infine, ha asserito che il giudice di seconde cure abbia liquidato le spese della controversia in modo eccessivo. Nel dichiarare infondato il motivo, il collegio di legittimità ha rilevato che, per le spese del giudizio di secondo grado, il parametro massimo previsto al d.m. n. 55/2014 ammontava ad euro 1.172, mentre il giudice di secondo grado aveva liquidato soltanto 660 euro. Inoltre, per le spese liquidate in primo grado non ha rilievo stabilire se il Tribunale abbia correttamente applicato la tariffa prevista dal d.m. n. 140/2012 invece che quella del d.m. n. 55/2014 in quanto, anche se si fosse dovuta applicare la tariffa del 2014, la somma liquidata dal Tribunale per il primo grado di giudizio era pari a € 358,09, che risulta in ogni caso inferiore al massimo tariffario previsto dal d.m. n. 55/2014, cioè di € 607. A ciò si aggiunga che lo stabilire se il giudice di merito abbia, in modo corretto, ritenuto di applicare il compenso medio, in luogo di quello minimo, è una valutazione non sindacabile innanzi la Corte di Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 13 settembre – 21 novembre 2019, n. 30318 Presidente de Stefano – Relatore Rossetti Rilevato che F.D. ha impugnato per cassazione la sentenza 3.12.2015 n. 976 del Tribunale di Terni, con la quale - in riforma della sentenza di primo grado - è stata dichiarata inammissibile l’opposizione da lui proposta avverso una cartella di pagamento, emessa per la riscossione di sanzioni amministrative irrogate per violazioni del codice della strada il ricorso si fonda su quattro motivi ed è illustrato da memoria ha resistito con controricorso il Comune di Terni il Tribunale ha fondato il rigetto dell’opposizione sul rilievo che il verbale di contestazione dell’infrazione fosse stato regolarmente notificato, sicché l’opponente avrebbe dovuto proporre tempestiva opposizione contro di esso, e non poteva fare valere le sue doglianze impugnando la cartella di pagamento. Considerato che il primo motivo di ricorso, se pur formalmente unitario, contiene cinque censure le quali - anche a prescindere da qualsiasi rilievo sull’ammissibilità di un ricorso redatto con tale tecnica, negata da Sez. 2, Sentenza n. 26790 del 23/10/2018 - sono tutte manifestamente inammissibili od infondati con la prima censura infatti il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia trascurato di rilevare che l’appello proposto dal comune di Terni avverso la sentenza di primo grado si sarebbe dovuto dichiarare inammissibile tale censura è manifestamente infondata, dal momento che l’appellabilità delle sentenze del Giudice di pace in materia di opposizioni a sanzioni amministrative è stata introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 26 il quale ha abrogato l’u.c. della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23 Sez. 2 -, Ordinanza n. 26613 del 22/10/2018, Rv. 651008 - 01 che l’art. 27, comma 5 citato D.Lgs. stabilisce che le disposizioni dell’art. 26 si applicano alle ordinanze pronunciate ed alle sentenze pubblicate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto , e che il D.Lgs. n. 40 del 2006 è entrato in vigore il 2.3.2006, mentre la sentenza del Giudice di pace venne depositata il 31.5.2010 con la seconda censura il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe male interpretato la sua domanda, ritenendo che egli avesse proposto una opposizione avverso il verbale, mentre in realtà aveva inteso far valere la tardività della cartella e la confusione/incertezza della stessa tale censura è inammissibile ex art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6, dal momento che il ricorso non espone quali vizi il ricorrente avesse prospettato in primo grado con una terza censura il ricorrente invoca la nullità della sentenza d’appello, per essere priva dell’indicazione delle conclusioni delle parti tale censura è manifestamente infondata, dal momento che l’omessa indicazione delle conclusioni delle parti non è causa di nullità della sentenza Sez. 2 -, Sentenza n. 11150 del 09/05/2018, Rv. 648052 - 01 Sez. 2, Sentenza n. 2237 del 04/02/2016, Rv. 638823 01 Sez. 3, Sentenza n. 18609 del 22/09/2015, Rv. 636980 - 01 con una quarta censura il ricorrente sostiene che la sentenza sarebbe nulla perché non indica le ragioni della decisione, nè cita la giurisprudenza di legittimità cui dichiarò di volersi uniformare tale censura è manifestamente infondata, chiara ed inequivoca essendo la ratio decidendi la sentenza d’appello e cioè che l’opposizione era inammissibile per tardività con una quinta censura il ricorrente lamenta che il tribunale non si è pronunciato sull’eccezione di tardività della produzione documentale compiuta dal Comune di Terni in primo grado tale censura è inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 6, dal momento che il ricorrente non precisa se l’eccezione fu reiterata in appello quali fossero i documenti che si assume tardivamente depositati dove si trovano ora perché erano rilevanti col secondo motivo il ricorrente censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto provata l’avvenuta notifica del verbale di contestazione sostiene che tale decisione sarebbe erronea per diverse ragioni 1 perché il Tribunale ha ritenuto dimostrata l’avvenuta notifica sulla base di un avviso di ricevimento prodotto solo in fotocopia 2 perché il Tribunale ha ritenuto che la sottoscrizione presente sull’avviso di ricevimento dovesse essere tempestivamente contestata, mentre in realtà nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa non esisterebbero preclusioni 3 perché il Tribunale ha ritenuto atto pubblico il suddetto avviso di ricevimento, con conseguente necessità della querela di falso 4 perché il Tribunale non ha comunque considerato che, non essendo stato mai prodotto l’originale, non era possibile proporre la querela di falso 5 perché il Tribunale non ha considerato che, una volta compiuto il disconoscimento della sottoscrizione da parte dell’opponente nota bene, nella memoria conclusionale , l’amministrazione convenuta nulla ha replicato, così riconoscendo il disconoscimento . che tutte le censure appena riassunte sono manifestamente infondate, in quanto - l’avviso di ricevimento della notifica a mezzo posta è un atto pubblico, e la sua contestazione esige la querela di falso Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 8082 del 21/03/2019, Rv. 653384 - 01 principio ribadito a partire da Sez. 1, Sentenza n. 4733 del 18/12/1957, Rv. 881910 01 - la mancata produzione del documento in originale non esonera la parte interessata dall’onere di proporre querela avverso la fotocopia non disconosciuta Sez. 3 -, Ordinanza n. 32219 del 13/12/2018, Rv. 651950 - 01 - in mancanza di deroghe espresse previste dalla legge, il disconoscimento della fotocopia deve essere tempestivo in qualsiasi tipo di giudizio arg. ex Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 21339 del 14/10/2011, Rv. 619606 - 01 la copia fotostatica della procura alle liti rilasciata al difensore di una delle parti si ha per riconosciuta se la controparte non la disconosca, in modo formale, ai sensi degli artt. 214 e 215 c.p.c. applicabili in difetto di previsione di un distinto regime del disconoscimento della copia fotografica ai sensi dell’art. 2719 c.c. , nella prima udienza o risposta successive alla sua produzione col terzo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza per omessa lettura della decisione, adottata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. il motivo è infondato, dal momento che dall’epigrafe della sentenza d’appello risulta che essa è stata pronunciata ai sensi dell’art. 281 quater c.p.c., e non art. 281 sexies c.p.c. col quarto motivo il ricorrente lamenta che il Tribunale ha liquidato in modo eccessivo le spese di lite il motivo è infondato, dal momento che per le spese del giudizio di appello il parametro massimo di cui al D.M. n. 55 del 2014 era pari ad Euro 1.172 ed il Tribunale ne ha liquidati 660 mentre per le spese del primo grado è irrilevante stabilire se il tribunale abbia correttamente applicato la tariffa di cui al D.M. 140 del 2012, invece che quella di cui al D.M. n. 55 del 2014, dal momento che anche se si fosse dovuta applicare quest’ultima, la ò somma liquidata dal tribunale per il primo grado di giudizio 359 Euro è stata comunque inferiore al massimo tariffario previsto dal D.M. n. 55 del 2014 ovvero Euro 607 lo stabilire, poi, se il giudice di merito abbia correttamente ritenuto di applicare il compenso medio, invece che quello minimo, è valutazione non sindacabile in sede di legittimità che le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo che il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 . P.Q.M. la Corte di cassazione - rigetta il ricorso - condanna F.D. alla rifusione in favore del Comune di Terni delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 845, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione. Motivazione semplificata.