Compenso del CTU: la liquidazione superiore ai massimi del tariffario deve essere congruamente motivata

La Suprema Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, con la sentenza n. 29876 depositata il 18 novembre 2019, si occupa dei criteri applicabili per la liquidazione del compenso del CTU. I Giudici di Legittimità ribadiscono che la determinazione dei compensi del CTU, costituendo esercizio di un potere discrezionale del giudice del merito, se contenuta tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede motivazione specifica.

Al Giudice è consentito, ai sensi dell’art. 52 d.P.R. n. 115/2012, l'aumento degli onorari del consulente fino al doppio dell'importo massimo, quando costui abbia posto in essere prestazioni eccezionali prestazioni cioè che, pur non presentando aspetti di unicità o di assoluta rarità, risultino comunque avere impiegato l'ausiliario in misura notevolmente massiva, per importanza tecnico-scientifica, complessità e difficoltà. Tale riconoscimento impone tuttavia congrua e specifica motivazione. Il caso. Una società conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la propria banca al fine di fare accertare a nullità, per violazione del TUF e del Reg. Consob n. 11522/1998 e n. 16190/2007, di un contratto di swap. La società chiedeva quindi la condanna della banca alla restituzione dei differenziali negativi addebitati in corso di rapporto nonché del mark to market. Nel corso del giudizio veniva espletata CTU avente ad oggetto la verifica a della finalità di copertura o speculativa dello swap in relazione alla concreta operatività commerciale della società b dell’ammontare dei differenziali negativi prodotti dallo swap nonché del valore del mark to market. All’esito della CTU il Tribunale di Milano liquidava il compenso in favore dell'ausiliario del Giudice nell'importo di € 7.000 ciò, tenuto conto del valore della causa, identificato nella somma la cui restituzione era stata richiesta dalla società attrice ed a norma dell'art. 2 del DM 30 maggio 2002. La società proponeva opposizione avverso tale provvedimento ex art. 15 del D. Lgs. n. 15/2011, chiedendone la riduzione. Il Tribunale di Milano rigettava l'opposizione, confermando la liquidazione di cui al decreto opposto. La società ha impugnato detta ordinanza innanzi alla Corte di Cassazione sulla base di due motivi 1 violazione e falsa applicazione dell'art. 50 del d.P.R. n. 115/2002 nonché degli artt. 2 e 29 del d.m. 30 maggio 2002, in relazione al principio di unitarietà del compenso al CTU. La società deduce che, una volta ritenuta l'applicabilità alla fattispecie del criterio di liquidazione di cui all'art. 2 del DM 30 maggio 2002, il Tribunale di Milano avrebbe dovuto considerare che l'art. 29 dello stesso testo normativo prevede che tutti gli onorari sono comprensivi della relazione sui risultati dell'incarico esperito, della partecipazione alle udienze e di ogni altra attività concernente i quesiti, affermando quindi il principio di onnicomprensività degli onorari. Nella fattispecie, pertanto, atteso il valore della controversia e tenuto conto della percentuale prevista dall'art. 2 del citato DM, il compenso a favore del CTU non avrebbe potuto essere superiore ad € 3.400,70 2 violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del d.m. 30 maggio 2002 nonché degli artt. 51 e 52 del d.P.R. n. 115/2002 con l'erronea applicazione dei criteri previsti per la liquidazione e determinazione del compenso variabile. La società rileva che sebbene la legge attribuisca discrezionalità al giudice nella determinazione del compenso tra il massimo ed il mimino tariffario, tenendo conto del pregio e della completezza della prestazione, tuttavia ai sensi dell'art. 52 del d.P.R. n. 115/2002, l'aumento fino al doppio come nella fattispecie presuppone la ricorrenza di specifici elementi ulteriori e distinti rispetto a quelli che già possono orientare la scelta tra il minimo ed il massimo. Elementi questi che difettavano nel caso in esame e che comunque non sono stati oggetto di specifica valutazione da parte del giudice di merito. Sulla determinazione del compenso del CTU. I Giudici di Legittimità rilevano, in primo luogo, che le argomentazioni della ricorrente muovono da un'erronea applicazione del metodo di calcolo dei compensi dell'ausiliario ai sensi dell’art. 2 d.m. 30 maggio 2002. Siffatta norma, infatti, lungi dal prevedere che il compenso sia liquidato sull'intero valore della causa, impone invero un calcolo effettuato per scaglioni progressivi, applicando le percentuali di volta in volta dettate dal legislatore sugli importi ricompresi nelle fasce di valore crescente. Pertanto, in applicazione dei vari coefficienti percentuali dettati dal legislatore ed in considerazione del valore della controversia come individuato dal Tribunale di Milano, i compensi del CTU potevano essere determinati in un importo massimo di € 6.358,46, comunque inferiore a quello poi riconosciutogli. Osserva pertanto la Corte che se, da un lato, deve escludersi che nella fattispecie il compenso sia stato liquidato in misura eccedente il doppio del massimo tariffario, dall’altro il Tribunale di Milano avrebbe potuto attribuire al CTU la somma in concreto liquidata – comunque superiore al massimo tariffario – soltanto ai sensi dell'art. 52 del d.P.R. n. 115/2002. Il limite alla discrezionalità del giudice. Chiarito quanto sopra, la Corte ritiene corretto dare continuità al costante principio secondo cui cfr. Cass. n. 27126/2014 in tema di compensi spettanti a periti e consulenti tecnici a norma degli artt. 50 e segg. del d.P.R. n. 115/2002, la determinazione dei relativi onorari costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice del merito, e pertanto, se contenuta tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede motivazione specifica e non è soggetta al sindacato di legittimità. Precisa però la Corte che è principio altrettanto pacifico quello secondo cui cfr. Cass. n. 21963/2017 ai sensi dell'art. 52, comma 1, del d.P.R. n. 115/2002, costituiscono prestazioni eccezionali, per le quali è consentito l'aumento degli onorari per il consulente fino al doppio dell'importo previsto nelle tabelle, quelle che, pur non presentando aspetti di unicità o, quanto meno, di assoluta rarità, risultino comunque avere impiegato l'ausiliario in misura notevolmente massiva, per importanza tecnico-scientifica, complessità e difficoltà. Il riconoscimento di tale aumento, però, costituisce oggetto di un potere discrezionale attribuito al giudice, che lo esercita mediante il prudente apprezzamento degli elementi a sua disposizione e la cui decisione è insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata cfr. altresì Cass. n. 20235/2009 Cass. n. 7632/2006 . Ai fini dell'applicabilità della disposizione di cui all'art. 52 del d.P.R. n. 115/2002, occorre, pertanto, che il tasso di importanza e di difficoltà della prestazione del CTU, che le legge prescrive debba essere eccezionale , sia necessariamente maggiore rispetto a quello che deve essere compensato con l'attribuzione degli onorari nella misura massima Cass. n. 6414/2007 . La mancanza di motivazione inficia una liquidazione superiore ai massimi. Tratteggiato il contesto normativo di riferimento, i Giudici di legittimità concludono ritenendo che nella fattispecie in esame, le motivazioni adottate dal Tribunale di Milano in ordine alla complessità delle indagine richieste al CTU e all'impegno da costui profuso, potevano supportare la decisione di orientare la liquidazione in misura corrispondente al massimo tariffario le stesse però non sono, ad avviso della Corte, altrettanto idonee, ai sensi dell'art. 52 citato, a consentire l'aumento fino al doppio dell'onorario massimo, essendo carente ogni riferimento alla eccezionale importanza, complessità e difficoltà della prestazione, il cui riscontro giustifica l'esercizio del potere discrezionale del giudice. Per tali ragioni l'ordinanza impugnata viene cassata, con rinvio al Tribunale di Milano in persona di diverso magistrato. Sul principio di onnicomprensività del compenso del CTU. La sentenza in commento offre lo spunto per soffermarsi brevemente anche sul contenuto dell'art. 29 d.m. 30 maggio 2002, secondo cui tutti gli onorari, ove non diversamente stabilito nelle presenti tabelle, sono comprensivi della relazione sui risultati dell'incarico espletato, della partecipazione alle udienze e di ogni altra attività concernente i quesiti . Tale disposizione introduce il principio generale di unicità dell'incarico conferito al CTU, ossia di onnicomprensività del compenso allo stesso spettante per l'attività espletata, anche in presenza di una pluralità di quesiti peritali. In buona sostanza, in presenza di un unico incarico peritale, non è possibile cumulare più compensi riferibili a prestazioni diverse qualora gli onorari siano diretti a compensare tutte le attività necessarie e strumentali all'espressione del giudizio tecnico, dovendosi tener conto, nella sua globalità, del conseguente accertamento finale. Al contrario, quando cioè gli accertamenti richiesti dalle finalità del quesito implichino attività diverse tra loro, occorre procedere a conteggi separati del compenso, cumulandoli poi tra loro. Così, recentemente, Cass. 20 agosto 2019 n. 21487 ove chiarito che in tema di liquidazione del compenso al consulente tecnico d'ufficio, l'unicità o la pluralità degli incarichi dipendono dall'unicità o dalla pluralità degli accertamenti e delle indagini tecnico-peritali, a prescindere dall'unicità del risultato perseguito e dalla pluralità delle domande, delle attività e delle risposte, definibili unitarie o plurime soltanto in ragione della loro autonomia ed autosufficienza e, pertanto, dell'interdipendenza delle indagini che connota l'unitarietà dell'incarico e dell'onorario” cfr. anche Cass. 7 novembre 2018, n. 28417 Cass. 4 giugno 2018, n. 14292 Cass. 27 ottobre 2014, n. 22779 .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 25 settembre – 18 novembre 2019, n. 29876 Presidente Gorjan – Relatore Criscuolo 1. La S. S.r.l. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la Banca Popolare Commercio ed Industria S.p.A. al fine di fare accertare a nullità del contratto di swap concluso in data 21/10/2009, per la violazione di meglio precisate norme del TUF e del Reg. Consob n. 11522/1998 e n. 16190/2007, nonché del regolamento congiunto Consob - Banca d'Italia del 29/10/200, nonché la nullità del contratto relativo a strumenti derivati OTC dell'8/9/2009, con la conseguente condanna della convenuta alla restituzione della somma di€ 180.984,81, pari al valore del mark to market aggiornato al mese di dicembre 2012, ovvero della diversa somma individuata come giusta da parte del giudice adito. In via subordinata chiedeva altresì dichiarare la risoluzione per inadempimento della controparte dei suddetti contratti, con la condanna alla restituzione dell'indicata somma per tale diversa causale, oltre al risarcimento dei danni, attesa la responsabilità della convenuta. Nel corso del giudizio veniva disposta CTU affidata al prof. C. C. con il seguente mandato 1 Se tenuto conto delle esigenze della S. S.r.l. - valutate ex ante alla stregua della sua concreta operatività commerciale all'epoca della stipulazione del contratto di Swap oggetto di causa - tale contratto rispondesse ad esigenze di copertura della variazione dei tassi di interesse applicabili in base al mutuo fondiario del 21.10.2009 durante la sua durata ventennale 2 se invece il contratto avesse finalità solo speculative oppure anche speculative, fornendo in tale ultimo caso, ove possibile, un dato proporzionale tra le due componenti di copertura e speculativa 3 quali addebiti ed accrediti siano derivati a S. S.r.l. dall'operatività del contratto fino alla data della CTU e se gli importi conteggiati da Banca Popolare Commercio ed Industria S.p.A. siano il risultato delle condizioni concordate, indicando in caso contrario gli importi corretti 4 quale sia il valore teorico del contratto alla data di stipulazione, accertando il valore del MTM a tale data, l'ammontare di eventuali costi occulti per commissioni dell'intermediario e dei costi impliciti, precisando se l'eventuale presenza di costi occulti o impliciti alterasse, ed in quale misura, il grado di esposizione al rischio di S. S.r.l. Depositato l'elaborato peritale, il Tribunale di Milano con decreto del 12/6/2015 liquidava il compenso in favore dell'ausiliario nell'importo di € 7.000,00 in misura inferiore rispetto alla richiesta dell'ausiliario d'ufficio , tenuto conto del valore della causa, identificato nella somma la cui restituzione era stata richiesta dalla società attrice ed a norma dell'art. 2 del DM del 30/5/2002. La S. proponeva opposizione avverso tale provvedimento ex art. 15 del D. Lgs. n. 15/2011 ed il Tribunale di Milano con ordinanza del 2/12/2015, rigettava l'opposizione, confermando la liquidazione di cui al decreto opposto. Dato atto della mancata costituzione del CTU e della convenuta nel giudizio di opposizione, osservava che alla luce del mandato conferito all'ausiliario non poteva essere invocata la previsione di cui all'art. 7 del citato DM del 30 maggio 2002, riferibile al conteggio attuariale di posizioni finanziarie pregresse, ma in assenza di alcun profilo valutativo, che invece era sollecitato dal quesito conferito nel caso in esame. La consulenza tecnica avente ad oggetto strumenti finanziari derivati richiedeva invece verifiche di natura valutativa e contabile, estese alla situazione di indebitamento del cliente, allo scenario finanziario del momento ed alle sue proiezioni future, con la conseguenza che era da reputarsi corretta la liquidazione sulla scorta del parametro di cui all'art. 2 del DM menzionato. Quanto al valore della controversia, sul quale rapportare il calcolo a percentuale, non poteva farsi riferimento al nozionale del contratto di swap, ma era invece corretto confrontarsi con il petitum e cioè l'importo della somma di cui era stata chiesta la restituzione da parte della società attrice. Quindi, ritenuto che i differenti profili di indagine sollecitati dal Tribunale e l'impegno per essi profuso non potesse portare ad una sommatoria di più onorari atteso che medesimi dati conoscitivi possono essere stati alla base di ciascun quesito e dei diversi ambiti valutativi , confermava la liquidazione dei compensi nell'ammontare di € 7.000,00. Per la cassazione di tale ordinanza propone ricorso la S. S.r.l. sulla base di due motivi. Gli intimati non hanno svolto difese in questa fase. 2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 50 del DPR n. 115 del 2002 nonché degli artt. 2 e 29 del DM del 30 maggio 2002, in relazione al principio di unitarietà del compenso al CTU. Si deduce che, una volta ritenuta l'applicabilità alla fattispecie del criterio di liquidazione di cui all'art. 2 del DM del 30/5/2002, l'art. 29 dello stesso testo normativo prevede che tutti gli onorari sono comprensivi della relazione sui risultati dell'incarico esperito, della partecipazione alle udienze e di ogni altra attività concernente i quesiti, affermando quindi il principio di onnicomprensività degli onorari. Nella fattispecie, avendo lo stesso Tribunale ravvisato l'unitarietà dell'incarico il che esclude la possibilità di ravvisare l'esistenza di incarichi differenti per i quali è quindi possibile liquidare distinti compensi , atteso il valore della controversia, individuato nell'importo di € 180.984,81, e tenuto conto della percentuale prevista dall'art. 2 pari nel minimo allo 0,9316 e nel massimo all'l,8790 , si sarebbe potuto riconoscere un compenso oscillante tra la cifra di € 1.686,05 e di € 3.400,70, inferiore in ogni caso a quella attribuita nel decreto di liquidazione, con un'evidente violazione di legge. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del DM del 30/5/2002 nonché degli artt. 51 e 52 del DPR n. 115/2002 con l'erronea applicazione dei criteri previsti per la liquidazione e determinazione del compenso variabile. Si rileva che il decreto opposto ha liquidato la somma di € 7.000,00 pari a più del doppio dell'importo massimo previsto dallo scaglione di riferimento. Orbene se è vero che la legge attribuisce discrezionalità al giudice nella determinazione del compenso tra il massimo ed il mimino tariffario, tenendo conto del pregio e della completezza della prestazione, tuttavia ai sensi dell'art. 52 citato, l'aumento fino al doppio presuppone la ricorrenza di specifici elementi ulteriori e distinti rispetto a quelli che già possono orientare la scelta tra il minimo ed il massimo. Nella fattispecie tali elementi difettavano, come si ricava dalla stessa descrizione della prestazione effettuata nella relazione peritale, non potendosi in ogni caso riscontrare una specifica valutazione resa sul punto da parte del giudice di merito. 3. I motivi che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono fondati nei termini che seguono. La tesi di parte ricorrente sconta in partenza un'erronea applicazione del metodo di calcolo dei compensi dell'ausiliario ai sensi del menzionato art. 2. La norma in esame, infatti, lungi dal prevedere che il compenso sia liquidato sull'intero valore della causa, facendo applicazione sull'intero importo delle percentuali previste in corrispondenza della somma individuata, in realtà impone un calcolo effettuato per scaglioni progressivi, applicando le percentuali di volta in volta dettate dal legislatore sugli importi ricompresi nella varie fasce di valore crescente cfr. sulla necessità di applicare le percentuali sui vari scaglioni, Cass. n. 24128/2013 Cass. n. 19156/2017 Cass. n. 33070/2018 . Ne consegue che proprio in applicazione dei vari coefficienti percentuali dettati dalle norme ed in considerazione del valore della controversia come individuato dal Tribunale, e non più contestato in questa sede, i compensi potevano essere determinati secondo lo schema che segue importo contenzioso € 180.984,81 coefficienti di tariffa in percentuale onorario da a minimo massimo medio minimo massimo 50% € - € 5.164,57 4,6896 9,3951 7,0424 € 242,20 € 485,22 € 363,71 € 5.164,58 € 10.329,14 3,7580 7,5160 5,6370 € 194,08 € 388,17 € 291,13 € 10.329,15 € 25.822,84 2,8106 5,6370 4,2238 € 435,47 € 873,38 € 654,42 € 25.822,85 €51.645,69 2,3527 4,6896 3,5212 € 607,53 € 1.210,99 € 909,26 € 51.645,70 € 103.291,38 1,8790 3,7580 2,8185 € 970,42 € 1.940,84 € 1.455,63 € 103.291,39 € 258.228,45 0,9316 1,8790 1,4053 € 723,79 € 1.459,86 € 1.091,83 € 258.228,46 € 516.456,90 0,4737 0,9474 0,7106 - - € - Risulta però evidente che l'onorario massimo è inferiore a quello poi riconosciuto al CTU nel decreto oggetto di causa € 7.000,00 , così che, se deve escludersi la fondatezza del rilievo della ricorrente, secondo cui nella fattispecie il compenso sarebbe stato liquidato in misura eccedente il doppio del massimo tariffario, per legittimare la somma in concreto liquidata non può che farsi riferimento alla facoltà per il giudice di addivenire all'aumento fino al raddoppio di cui all'art. 52 del DPR n. 115/2002. Rileva il Collegio che va data C.nuità, da un lato, al costante principio secondo cui cfr. Cass. n. 27126/2014 in tema di compensi spettanti a periti e consulenti tecnici a norma degli artt. 50 e segg. del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la determinazione dei relativi onorari costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice del merito, e pertanto, se contenuta tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede motivazione specifica e non è soggetta al sindacato di legittimità, se non quando l'interessato deduca la violazione di una disposizione normativa oppure un vizio logico di motivazione, specificando le ragioni tecnico giuridiche secondo le quali debba ritenersi non dovuto un certo compenso oppure eccessiva la liquidazione e, dall'altro, a quello altrettanto costante secondo cui cfr. Cass. n. 21963/2017 ai sensi dell'art. 52, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, costituiscono prestazioni eccezionali, per le quali è consentito l'aumento degli onorari per il consulente fino al doppio dell'importo previsto nelle tabelle, quelle che, pur non presentando aspetti di unicità o, quanto meno, di assoluta rarità, risultino comunque avere impiegato l'ausiliario in misura notevolmente massiva, per importanza tecnico-scientifica, complessità e difficoltà. E' pur vero che il riconoscimento di tale aumento - che a propria volta presuppone il riconoscimento, in favore del consulente, del compenso massimo liquidabile sulla base delle tabelle - costituisce oggetto di un potere discrezionale attribuito al giudice, che lo esercita mediante il prudente apprezzamento degli elementi a sua disposizione e la cui decisione è insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata cfr. altresì Cass. n. 20235/2009 , tuttavia presuppone che la decisione sia ricollegata cfr. Cass. n. 7632/2006 al riscontro dell'esecuzione di prestazioni che, pur non presentando aspetti di unicità o, quanto meno, di assoluta rarità, risultino comunque avere impiegato l'ausiliare in misura notevolmente massiva, per importanza tecnico - scientifica, complessità e difficoltà. In tal senso, mentre l'ampiezza dell'incarico affidato all'ausiliare costituisce un elemento di giudizio nella determinazione degli onorari variabili tra il minimo e il massimo secondo cui il giudice deve al riguardo tenere conto della difficoltà dell'indagine, della completezza e del pregio della prestazione , ai fini dell'applicabilità della disposizione di cui all'art. 5 delle legge n. 319/1980 oggi art. 52 del DPR n. 115/2002 , occorre che il tasso di importanza e di difficoltà della prestazione, che le legge prescrive debba essere eccezionale , sia necessariamente maggiore rispetto a quello che deve essere compensato con l'attribuzione degli onorari nella misura massima conf. Cass. n. 6414/2007, a mente della quale la semplice circostanza che il giudice abbia attribuito particolare rilevanza al livello quantitativo e qualitativo dell'opera dell'ausiliare, non implica, di per sé, che detta rilevanza debba anche considerarsi necessariamente di livello così elevato da giustificare, altresì, il superamento dei massimi già riconosciuti sino al raddoppio degli stessi, evincendosi, comunque, dalla suddetta norma una possibilità di gradualità della valutazione in funzione dell'operazione di liquidazione dei compensi in questione . Tornando al caso in esame, l'ordinanza gravata, quanto alle critiche alla quantificazione operata nel decreto opposto, si limita a confermarne la correttezza in considerazione dei differenti profili di indagine richiesti e dell'impegno in essi profuso, affermazioni queste che appaiono idonee a supportare la decisione di orientare la liquidazione in misura corrispondente al massimo tariffario, non appaiono altrettanto idonee, alla luce proprio del tenore della norma di cui all'art. 52 citato, a consentire l'aumento fino al doppio dell'onorario massimo, essendo carente ogni riferimento alla eccezionale importanza, complessità e difficoltà della prestazione, il cui riscontro giustifica l'esercizio del potere discrezionale del giudice. L'ordinanza impugnata deve pertanto essere cassata, con rinvio al Tribunale di Milano in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. Accoglie il ricorso e cassa il provvedimento impugnato con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Milano, in persona di diverso magistrato. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 25 settembre 2019.