Equa riparazione: la prescrizione del giudizio presupposto non esclude il risarcimento per irragionevole durata

L’equa riparazione per irragionevole durata del processo penale non può essere esclusa per il solo fatto che il ritardo nella definizione del giudizio abbia prodotto l’estinzione del reato per prescrizione, occorrendo invece apprezzare se l’effetto estintivo sia intervenuto per l’utilizzazione, da parte dell’imputato, di tecniche dilatorie o strategie sconfinanti nell’abuso del diritto di difesa ovvero dipenda, in tutto o in parte, dal comportamento delle autorità procedenti senza che, in quest’ultima ipotesi, la mancata rinuncia alla prescrizione ad opera dell’imputato medesimo venga a elidere, di per sé, il danno derivante dall’irragionevole durata.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27407/19, depositata il 25 ottobre. La fattispecie. La sentenza in commento trae origine dall’impugnazione da parte del Ministero della Giustizia di un decreto con cui la Corte di Appello di Perugia ha accolto la domanda di equa riparazione proposta da un cittadino relativamente al danno derivante dall’irragionevole durata di un processo iniziato nel 1996 e terminato nel 2010. Il periodo di irragionevole durata era stato determinato dal Giudice dell’equa riparazione in nove anni e cinque mesi, sottraendo dalla durata complessiva del giudizio presupposto il periodo in cui il processo aveva avuto una durata ragionevole. L’esercizio di un diritto da parte dell’imputato non può essere considerato dilatorio. Per quanto qui di interesse, il Ministero della Giustizia ha impugnato il decreto della Corte di Appello di Perugia contestando la violazione dell’art. 2, comma 2- sexies , lett. a , l. n. 89/2001 per aver riconosciuto al ricorrente il diritto all’indennizzo nonostante il giudizio presupposto fosse stato dichiarato estinto per prescrizione e nonostante il comportamento asseritamente dilatorio assunto nel medesimo giudizio da parte dell’imputato. Gli Ermellini hanno rigettato il ricorso evidenziando che l’equa riparazione per irragionevole durata del processo penale non può essere esclusa per il solo fatto che il ritardo nella definizione del giudizio abbia prodotto l’estinzione del reato per prescrizione, occorrendo invece apprezzare se l’effetto estintivo sia intervenuto per l’utilizzazione, da parte dell’imputato, di tecniche dilatorie o strategie sconfinanti nell’abuso del diritto di difesa ovvero dipenda, in tutto o in parte, dal comportamento delle autorità procedenti senza che, in quest’ultima ipotesi, la mancata rinuncia alla prescrizione ad opera dell’imputato medesimo vanga a elidere, di per sé, il danno derivante dall’irragionevole durata. Va pertanto escluso che la rinuncia alla prescrizione possa costituire una forma di abuso del diritto di difesa, costituendo l’esercizio di un diritto dell’imputato, che non può nuocere ai fini della liquidazione del danno derivante da irragionevole durata.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 5 luglio – 25 ottobre 2019, n. 27407 Presidente Lombardo – Relatore Giannaccari Fatti di causa 1.La Corte d’Appello di Perugia, con decreto del 31.5.2017, accoglieva la domanda proposta da P.S. con ricorso depositato il 9.12.2011, con la quale chiedeva l’equa riparazione del danno da irragionevole durata di un procedimento penale iniziato nel il 18.6.1996 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia e terminato il 9.11.2010. 1.1. Il giudizio presupposto, che aveva avuto origine con la notifica del decreto di perquisizione, si era concluso in primo grado con sentenza del GUP di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione il P. aveva proposto impugnazione innanzi alla Corte d’Appello di Roma, che aveva rigettato l’appello. 1.2. Il periodo di irragionevole durata era stato determinato dal giudice dell’equa riparazione in anni nove e mesi cinque, sottraendo dalla durata complessiva del giudizio presupposto il periodo in cui il processo aveva avuto una durata ragionevole. 2. Per la cassazione del citato decreto, ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia sulla base di due motivi. 3. P.S. è rimasto intimato. 4. Disposta l’acquisizione del fascicolo d’ufficio, il collegio, con ordinanza interlocutoria del 12.4.2019, ha rimesso la causa alla pubblica udienza. 5. Il Pubblico Ministero, nella persona del Dott. Lucio Capasso, ha chiesto l’accoglimento del primo motivo ed il rigetto del secondo. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità del decreto per violazione degli artt. 112 e 181 c.p.c., per avere la corte territoriale omesso di pronunciarsi sull’eccezione di improponibilità della domanda di equa riparazione il ricorrente deduce che, poiché il P. non aveva notificato il ricorso unitamente al decreto di fissazione dell’udienza e non era comparso alla prima udienza, il collegio avrebbe dovuto dichiarare non luogo a provvedere sulla domanda, in applicazione dell’art. 737 c.p.c., senza rinviare all’udienza successiva e concedere un nuovo termine per la notifica del ricorso. 2. Il motivo non è fondato. 3. Ha affermato questa Corte a Sezioni Unite, con sentenza del 12/03/2014 n. 5700, che nei procedimenti camerali per il conseguimento dell’equo indennizzo da durata irragionevole del processo, la L. n. 89 del 2001, art. 3, ratione temporis applicabile, contempla solo un termine dilatorio di comparizione di quindici giorni per consentire la difesa dell’Amministrazione, mentre l’art. 4 prevede la decadenza dalla domanda soltanto nell’ipotesi di ricorso oltre il termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che ha concluso il giudizio presupposto. 3.1. Muovendo dall’interpretazione sistematica delle norme citate, le Sezioni Unite hanno affermato che nessuna norma di legge attribuisce natura perentoria al termine indicato nel decreto di comparizione per la notifica dello stesso e del ricorso introduttivo del procedimento di equa riparazione. 3.2. Per tale ragione, nei procedimenti per il conseguimento dell’equo indennizzo da durata irragionevole del processo, deve essere applicato in via analogica il regime di sanatoria delle nullità previste con riferimento al processo di cognizione, con la conseguenza che la comparizione di entrambe le parti avrà un effetto sanante del vizio di omessa o inesistente notifica, mentre, in difetto di spontanea costituzione del resistente all’udienza fissata nel decreto e di comparizione del solo ricorrente, il giudice dovrà procedere alla fissazione di un nuovo termine per la notifica del ricorso. 3.3. Nel caso, poi, di mancata comparizione di entrambe le parti, non potrà che adottarsi lo strumento di cui all’art. 181 c.p.c., previsto nell’ordinamento processualcivilistico con riferimento all’ordinario processo di cognizione, ma la cui applicazione non è inibita, con riguardo ai procedimenti camerale di equa riparazione ma è, anzi, imposto dalla identità di ratio, vertendosi in materia di diritti soggettivi. 3.4. Non è, invece, applicabile, secondo questa Corte, in assenza di una specifica indicazione in tal senso, l’art. 737 c.p.c., in tema di procedimenti camerali, in quanto un provvedimento di improcedibilità pronunciato alla prima udienza provocherebbe conseguenze ben più rigorose di quelle previste per l’appellante nel procedimento di cognizione, in ordine al quale, a norma dell’art. 348 c.p.c., comma 2, l’improcedibilità viene dichiarata quando questi ometta di comparire non solo alla prima udienza, ma anche a quella successiva, fissata dal giudice. 3.5. La corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite, in quanto, alla prima udienza, in assenza delle parti, ha applicato l’art. 181 c.p.c., fissando una nuova udienza, nel corso della quale il difensore del P. ha chiesto ulteriore termine per la notifica del ricorso e del decreto, che la corte territoriale ha nuovamente concesso. 3.6. Non sussiste altresì il dedotto vizio di cui all’art. 112 c.p.c., in quanto l’omesso esame di una questione puramente processuale non integra il vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto con riferimento alle domande ed eccezioni di merito Cassazione civile sez. VI, 14/03/2018, n. 6174, Cassazione civile sez. II, 25/01/2018, n. 1876 . 3.7. Nella specie, la corte di merito ha implicitamente rigettato l’eccezione di improcedibilità, concedendo al ricorrente un nuovo termine per la notifica del ricorso e del decreto. 4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, lett. a, per aver riconosciuto al P. il diritto all’indennizzo nonostante il giudizio presupposto fosse stato dichiarato estinto per prescrizione e nonostante il comportamento dilatorio assunto dall’imputato. 4.1. Il motivo non è fondato. 4.2. Ha affermato questa Corte che l’equa riparazione per irragionevole durata del processo penale non può essere esclusa per il sol fatto che il ritardo nella definizione del giudizio abbia prodotto l’estinzione del reato per prescrizione, occorrendo invece apprezzare - come espressamente affermato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. nella L. n. 134 del 2012, inapplicabile ratione temporis ma confermativo dell’anteriore orientamento maggioritario giurisprudenziale - se l’effetto estintivo sia intervenuto per l’utilizzazione, da parte dell’imputato, di tecniche dilatorie o strategie sconfinanti nell’abuso del diritto di difesa ovvero dipenda, in tutto o in parte e, in tal caso, con valenza preponderante , dal comportamento delle autorità procedenti, senza che, in quest’ultima ipotesi, la mancata rinuncia alla prescrizione ad opera dell’imputato medesimo valga ad elidere, di per sé, il danno derivante dall’irragionevole durata Cass. Civ. Sez VI, 8.6.2016, n. 11841 . 4.3. Nella specie, il ricorso difetta di genericità, in quanto l’Amministrazione ricorrente ha genericamente dedotto l’utilizzo di tecniche dilatorie consistenti in richieste di rinvio per eccezioni formali, volte a ritardare la definizione del processo, senza allegare gli atti od i documenti su cui il ricorso si fonda, in violazione dell’art. 366 c.p.c 4.4. Va, infine, escluso che la rinuncia alla prescrizione possa costituire una forma di abuso del diritto di difesa, costituendo l’esercizio di un diritto dell’imputato, che non può nuocere ai fini della liquidazione del danno derivante da irragionevole durata. 4.5. Quanto all’applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-sexies, introdotto dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 777, che ha previsto una presunzione di insussistenza del pregiudizio da irragionevole durata, nel caso di dichiarazione di intervenuta prescrizione del reato, osserva il collegio che detta normativa non è applicabile alla fattispecie in esame, trattandosi di ricorso introdotto il 9.12.2011, in data antecedente all’entrata in vigore della L. n. 208 del 2015. 4.6. Al riguardo, peraltro, questa Corte ha messo in evidenza come la L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 777, non contemplasse, per le modifiche introdotte dalla sua lettera d, ovvero appunto per l’art. 2-sexies, alcun regime transitorio, come invece stabilito dalla lettera m , intervenendo sulla L. n. 89 del 2001, art. 6 cfr. in tal senso Cass., Sez. 6 -2, 26/01/2017, n. 2026 . La norma in esame è dunque entrata in vigore il 1 gennaio 2016 L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 999 . 4.7. Contenendo la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-sexies, lett. d , introdotto dalla L. n. 208 del 2015, una presunzione iuris tantum di insussistenza del pregiudizio da irragionevole durata del processo, esso pone una nuova disciplina della formazione e della valutazione della prova nel processo. In assenza di norme che diversamente dispongano, e perciò proprio in forza dell’art. 11 preleggi, la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-sexies, lett. d , senza che rilevi la natura sostanziale o processuale della disposizione, dando luogo a ius superveniens operante sugli effetti della domanda e implicante un mutamento dei presupposti legali cui è condizionata la disciplina di ogni singolo caso concreto, non può che trovare applicazione avendo riguardo al momento della proposizione della domanda di equa riparazione e, quindi, non nella fattispecie in esame, essendo stata la domanda presentata il 9 dicembre 2011 . 4.6. Il ricorso va, pertanto, rigettato. 5. Non deve provvedersi sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva. 6. Essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. P.Q.M. Rigetta il ricorso.