L’eccessiva durata del processo non determinata automaticamente l’indennizzo secondo la Legge Pinto

In tema di equa riparazione ex legge n. 89/2001, ai fini della eventuale ascrivibilità, nell'area della irragionevole durata del processo, dei tempi corrispondenti a rinvii eccedenti il termine ordinatorio di cui all'art. 81 disp. att. c.p.c., la violazione della durata ragionevole non discende, come conseguenza automatica, dall'essere stati disposti rinvii della causa di durata eccedente i 15 giorni ivi previsti, ma dal superamento della durata ragionevole in termini complessivi, in rapporto ai parametri, di ordine generale, fissati dall'art. 2 della legge suddetta.

Da tale durata sono detraibili i rinvii richiesti dalle parti solo nei limiti in cui siano imputabili ad intento dilatorio o a negligente inerzia delle stesse, e, in generale, all'abuso del diritto di difesa, restando addebitabili gli altri rinvii alle disfunzioni dell'apparato giudiziario, salvo che ricorrano particolari circostanze, che spetta alla P.A. evidenziare, riconducibili alla fisiologia del processo. Con la pronuncia n. 25318 del 9 ottobre 2019, il S.C. ribadisce che non vi è alcun automatismo tra eccessiva durata del processo e riconoscimento dell’indennizzo ai sensi della c.d. Legge Pinto, dovendosi verificare caso per caso le motivazioni che hanno determinato una lunghezza del processo oltre i termini di ragionevolezza. Il caso. La sentenza in commento prende le mosse da una richiesta di indennizzo ai sensi della c.d. legge Pinto” per l’irragionevole ed eccessiva durata di un processo civile, svoltosi innanzi al Tribunale e poi alla Corte di Appello di Roma. Accolta nei giudizi di merito, la richiesta di indennizzo veniva rigettata dalla Corte di Cassazione all’esito del ricorso promosso dal Ministero della Giustizia. Era però emerso che il ricorso del Ministero della Giustizia, che aveva portata al rigetto in Cassazione della domanda di risarcimento per irragionevole durata del processo, era stato notificato erroneamente ad un avvocato presso il quale non tutte le parti erano effettivamente domiciliate. Veniva quindi promosso ricorso in revocazione ex art. 391 bis c.p.c., con contestuale rigetto del ricorso promosso – all’epoca dal Ministero – e che aveva portato all’annullamento del riconoscimento, in favore delle parti, del risarcimento per irragionevole durata del processo. Il giudizio di revocazione come e perché. La revocazione, disciplinata dagli art. 391- bis ss. c.p.c. è uno strumento che la legge mette a disposizione delle parti per impugnare sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado in alcune particolari ipotesi indicate dall’art. 395 c.p.c Con il giudizio di revocazione è quindi possibile ottenere una nuova valutazione del caso tenendo conto di nuove e diverse circostanze che, in precedenza, non sono state correttamente valutate. La revocazione è composta da una fase chiamata rescindente , che ha lo scopo di eliminare la sentenza impugnata, e una fase chiamata rescissoria , che invece ha lo scopo di sostituire con un’altra decisione di merito la decisione revocata. Errore di fatto e giudizio di revocazione. Un giudizio di revocazione, che costituisce un rimedio straordinario esperibile anche verso le sentenze definitive, è ammissibile in presenza, in particolare, di un errore di fatto. L'errore di fatto deve possedere le note caratteristiche dell'errore di fatto c.d. revocatorio ovvero a consistere nell'erronea percezione del contenuto materiale degli atti del processo ovvero in una svista, in un errore di lettura, nell’ abbaglio dei sensi” per il quale il giudice abbia fondato il suo convincimento su di un falso presupposto di fatto b attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato c essere decisivo, vale a dire trovarsi in un rapporto di stretta consequenzialità con la pronuncia adottata dal giudice ovvero, più chiaramente, più opportunamente, la soluzione con la quale il giudice ha chiuso la controversia , di modo che si possa dire che se l'errore non sia fosse verificato l'esito sarebbe stato diverso. L'errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione non soltanto deve essere la conseguenza di una falsa percezione delle cose, ma deve avere anche carattere decisivo, nel senso di costituire il motivo essenziale e determinante della pronuncia impugnata per revocazione. Notifica nulla ed errore di fatto nel giudizio di revocazione Nel caso di specie, la notifica del ricorso per cassazione da parte del Ministero avverso la pronuncia della Corte di Appello era stata effettuata ad un legale presso il quale non risultavano domiciliate le parti indicate tale notifica, peraltro, secondo il S.C., non era inesistente ma nulla e tale nullità, peraltro, risultava sanata dal fatto che le parti, comunque, si erano costituire in giudizio dimostrando ampiamente di conoscere i termini della questione indicati nel ricorso. L’errore di fatto, quindi, aveva determinato, nella parte rescindente del giudizio di revocazione, l’annullamento della pronuncia di Cassazione che aveva escluso il riconoscimento dell’indennizzo ai sensi della Legge Pinto contrariamente a quanto stabilito nei giudizi precedenti . Fase rescissoria e legge Pinto la conclusione della Cassazione. Annullata la pronuncia in precedenza resa e basata sull’errore di fatto della notifica, il S.C. affronta quindi, nel merito, la questione della possibilità di riconoscere o meno l’indennizzo ai sensi della legge n. 89/2001. Nel caso di specie, peraltro, richiamando il pregresso orientamento giurisprudenziale, la Cassazione precisa che la violazione del diritto alla ragionevole durata del processo non discende, come conseguenza automatica, dall'essere stati disposti rinvii della causa di durata eccedente i 15 giorni ma dal superamento della durata processuale ragionevole in termini complessivi, in rapporto ai parametri di ordine generale fissati dall'art. 2, l. n. 89/2001. È quindi necessario una valutazione specifica del perché si è superato il termine indicativo di durata del processo, anche esaminando la condotta processuali delle parti nel corso del procedimento. In forza di tale motivazione, la Cassazione ha disposto un rinvio alla Corte di Appello di Perugia per un nuovo esame della documentazione in atti sulla base del principio così espresso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 23 maggio – 9 ottobre 2019, n. 25318 Presidente Campanile – Relatore Varrone Fatti di causa 1. Con decreto del 18.06.2016 la Corte d’Appello di Perugia accoglieva, dopo averli riuniti, due ricorsi per l’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 autonomamente proposti - l’uno iscritto nel ruolo generale della corte d’appello con il numero 5615/11 avanzato da O.L. , difesa dall’avvocato Ernesto Fiorillo e domiciliata presso l’avvocatessa Silvia Egidi - l’altro iscritto nel ruolo generale della corte d’appello con il numero 7102/11 avanzato da A.R. , +Altri , difesi dall’avvocato Maurizio Bellucci e domiciliati presso l’avvocato Vincenzo Bioli. Entrambi i ricorsi concernevano l’irragionevole durata di una causa che era intercorsa davanti al Tribunale e, poi, davanti alla Corte d’Appello di Roma tra la signora O. , ricorrente alla corte perugina con il ricorso n. 5615/11, e le altre parti private, ricorrenti alla corte perugina con il ricorso n. 7102/11. 2. Il Ministero della giustizia adiva questa Corte chiedendo la cassazione del suddetto decreto 18.06.2016 della corte Perugina, tanto nei confronti della signora O. , quanto nei confronti degli altri originari ricorrenti. 3. Il ricorso del Ministero veniva accolto con l’ordinanza di questa Corte di cassazione n. 25606 del 2017. 4. Avverso detta pronuncia, i nominati in epigrafe - tutti originari ricorrenti, o loro eredi, nel ricorso iscritto al ruolo generale della corte d’appello di Perugia con il numero 7102/11 - hanno proposto ricorso per revocazione ex art. 391-bis c.p.c., denunciando l’errore materiale in cui la Cassazione sarebbe incorsa omettendo di rilevare che il ricorso per cassazione proposto dal Ministero della Giustizia era stato notificato loro mediante consegna a mani dell’avvocatessa Egidi, presso la quale essi non erano domiciliati e dalla quale essi non erano difesi. Con la suddetta ordinanza n. 25606/17, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso della difesa erariale nei confronti di tutti gli intimati, vale a dire di tutti gli originari ricorrenti davanti alla Corte d’Appello di Perugia, senza avvedersi - e in ciò consiste la svista percettiva denunciata dagli odierni ricorrenti per revocazione - che tale ricorso era stato notificato, per tutti, presso l’avvocatessa Egidi, la quale era difensore domiciliataria della sola signora O. , che aveva proposto il ricorso iscritto davanti alla Corte d’Appello di Perugia con il numero 5615/11, e non anche delle parti A. + 21 che avevano proposto il ricorso iscritto davanti alla Corte d’Appello di Perugia con il numero 7102/11 difese dall’avvocato Bellucci ed elettivamente domiciliate presso lo studio dell’avvocato Vincenzo Bioli via omissis . 5. Questa Corte con ordinanza n. 4898 del 2019, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., commi 2 e 3, ha ritenuto esistente e decisivo il denunciato errore percettivo e, pertanto, ha giudicato ammissibile il ricorso per revocazione, rimettendo alla pubblica udienza dinanzi a questa sezione lo svolgimento del giudizio rescissorio. 6. I ricorrenti, con memoria depositata in prossimità dell’udienza, hanno insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso per revocazione con la conseguente declaratoria di improcedibilità o inammissibilità del ricorso n. 14447 del 2016 proposto dall’avvocatura dello Stato avverso il decreto della Corte d’Appello di Perugia n. 485/16. Ragioni della decisione 1. In sede rescindente, il ricorso per revocazione si palesa ammissibile e fondato. Secondo un principio più volte affermato da questa Corte, la revocazione della sentenza o dell’ordinanza di cassazione è consentita per vizi del procedimento di cui non si sia tenuto conto per un errore percettivo riguardante gli atti dello stesso processo di cassazione. È, pertanto, deducibile come causa di errore revocatorio la circostanza che il provvedimento impugnato si fondi su un fatto, quale l’omessa notifica o la notificazione invalida alla parte resistente cfr. Cass., Sez. Un. 30-12-2004 n. 24170 Cass. 2-1-2014 n. 15 Cass. 20-1-2014 n. 1097 . 1.1 Nella specie, la sentenza impugnata poggia sul falso presupposto che la notificazione del ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di Appello di Perugia sia avvenuta alle parti mediante notifica al difensore presso il quale avevano eletto domicilio, avvocato Silvia Egidi. 1.2 Dall’esame degli atti - che questa Corte di legittimità è abilitata a compiere, vertendosi in tema di error in procedendo - è emerso che gli odierni ricorrenti, nel giudizio dinanzi la Corte d’Appello di Perugia erano difesi dall’avvocato Bellucci ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato Vincenzo Bioli sito in Perugia, via Cesarei n. 4. Sussiste, dunque, l’errore di fatto nell’esame della notifica del ricorso per cassazione proposto dal Ministero della Giustizia e l’ordinanza n. 25606 del 2017 si è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa dalle gli atti del processo e tale errore non è stato oggetto di contestazione o di decisione nel giudizio. L’errore revocatorio, infatti, riferito alle sentenze di questa Corte può verificarsi ogniqualvolta esso consista specificamente in un errore meramente percettivo il quale non coinvolga peraltro l’attività qualitativa del giudice relativamente a situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività Cass. n. 5075 del 2008 . 2. Il ricorso per revocazione dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 25606 del 2017, pertanto, va accolto, e tale provvedimento va revocato. 3. Procedendo alla fase rescissoria del procedimento di revocazione, si osserva che i ricorrenti nel ricorso per revocazione, chiedono che il ricorso definito con l’ordinanza revocata venga dichiarato improcedibile nei loro confronti. 4. Il motivo è infondato. Va infatti in proposito ricordata la distinzione tra inesistenza della notifica del ricorso per cassazione e mera nullità della stessa per ribadire che quest’ultima è sanabile con effetto ex tunc, dunque attraverso la costituzione del convenuto ovvero attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte provveda spontaneamente o in esecuzione dell’ordine impartito dal giudice. 4.1 Al riguardo deve farsi riferimento alla evoluzione della giurisprudenza in materia le sezioni unite di questa corte infatti con la pronuncia n. 14916 del 2016 hanno superato la tradizionale tesi secondo la quale la notificazione di un atto deve ritenersi inesistente quando sia effettuata in un luogo o con riguardo ad una persona che non presenti alcun riferimento col destinatario dell’atto, risultando a costui del tutto estraneo e affetta da mera nullità quando, pur eseguita mediante consegna a persona o luogo diverso da quello stabilito dalla legge, risulti tuttavia ravvisabile un simile collegamento, così da rendere possibile che l’atto pervenuto a persona o luogo non del tutto estraneo al processo giunga a conoscenza del destinatario. Le sezioni unite con la pronuncia citata, infatti, hanno affermato che l’unica norma del codice di procedura civile che si occupa dell’invalidità della notificazione è l’art. 160, il quale, sotto la rubrica Nullità della notificazione , dispone che La notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva l’applicazione degli artt. 156 e 157”. Assume centrale rilievo Ìart. 156 Rilevanza della nullità , il quale prevede che Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge comma 1 Può tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo comma 2 La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato comma 3 . 4.2 Ciò premesso il collegio delle sezioni unite evidenzia che, in tema di notificazione, come in generale di atti processuali, il codice non contempla la categoria della inesistenza , nemmeno con riguardo alla sentenza priva della sottoscrizione del giudice, qualificata come affetta da nullità per la quale è tuttavia esclusa, ai sensi dell’art. 161 c.p.c., comma 2, l’applicazione del principio dell’assorbimento nei mezzi di gravame della nullità che, quindi, è assolutamente insanabile in relazione a tale vizio viene evocata, da una gran parte della dottrina e della giurisprudenza, la figura dell’inesistenza . A fronte di tale constatazione, tuttavia, nella citata pronuncia delle Sezioni Unite, si afferma che, se da un verso, il legislatore non ha motivo di disciplinare gli effetti di ciò che non esiste, non solo, com’è ovvio, dal punto di vista storico-naturalistico, ma anche sotto il profilo giuridico, dal verso opposto si deve ritenere che la nozione di inesistenza della notificazione debba essere definita in termini assolutamente rigorosi, cioè confinata ad ipotesi talmente radicali che il legislatore ha, appunto, ritenuto di non prendere nemmeno in considerazione già da tempo la giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza di assegnare carattere residuale alla categoria dell’inesistenza della notificazione Cass., sez. un., n. 22641 del 2007 e n. 10817 del 2008 Cass. n. 6183 del 2009 e n. 12478 del 2013 . In definitiva, deve affermarsi che l’inesistenza della notificazione è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali, idonei a rendere riconoscibile quell’atto. L’inesistenza non è, dunque, in senso stretto, un vizio dell’atto più grave della nullità, poiché la dicotomia nullità/inesistenza va, alla fine, ricondotta alla bipartizione tra l’atto e il non atto. 4.3 La suddetta pronuncia delle sezioni unite afferma in conclusione che, per quanto concerne la notificazione nulla è sufficiente che un atto , riconoscibile come notificazione , esista, e che qualunque vizio dell’atto ricade nell’ambito della nullità, senza che possa distinguersi, al fine di individuare ulteriori ipotesi di inesistenza attraverso la negazione del raggiungimento dello scopo, tra valutazione ex ante e constatazione ex post, poiché il legislatore ha chiaramente inteso dare prevalenza a quest’ultima - in piena attuazione del principio della strumentalità delle forme -, cioè ai dati dell’esperienza concreta, sia pure dovuta ad accadimenti del tutto accidentali, rispetto agli elementi di astratta potenzialità e prevedibilità. Scopo della notificazione è quello di provocare la presa di conoscenza di un atto da parte del destinatario, attraverso la certezza legale che esso sia entrato nella sua sfera di conoscibilità, con gli effetti che ne conseguono in termini - per quanto qui interessa - di instaurazione del contraddittorio . In presenza di una notificazione nulla, così come opera la sanatoria per raggiungimento dello scopo, attraverso la costituzione in giudizio della parte intimata, correlativamente, in mancanza di tale costituzione, il giudice, ai sensi dell’art. 291 c.p.c., deve dispone la rinnovazione della notificazione fissando a tal fine un termine perentorio , a meno che la parte stessa non abbia a ciò già spontaneamente provveduto. Entrambi i rimedi, che sono previsti a fronte del verificarsi del medesimo presupposto della nullità della notificazione - con l’unica peculiarità che l’attivazione spontanea della parte con la costituzione o la rinnovazione rende superfluo l’intervento del giudice -, operano con efficacia ex tunc, cioè sanano con effetto retroattivo il vizio della notificazione quella originaria, nel caso di rinnovazione ciò è previsto espressamente nel citato art. 291 la rinnovazione impedisce ogni decadenza , si configura come una normale qualità del concetto di sanatoria e costituisce un’ulteriore espressione del principio di strumentalità delle forme. Va ribadito, per completezza, che il detto effetto sanante ex tunc prodotto dalla costituzione del convenuto - la quale non è mai tardiva, poiché la nullità della notificazione impedisce la decorrenza del termine per tutte, Cass., sez. un., n. 14539 del 2001 - opera anche nel caso in cui la costituzione sia effettuata al solo fine di eccepire la nullità tra altre, Cass., sez. un., n. 5785 del 1994 Cass. nn. 10119 del 2006, 13667 del 2007, 6470 del 2011 . 4.4 Gli elementi costitutivi imprescindibili del procedimento di notificazione, quanto al ricorso per cassazione, vanno individuati a nell’attività di trasmissione, che deve essere svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere l’attività stessa, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato b nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento, in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita restano, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, sì da dover reputare la notifica meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa. 4.5 Nella specie, dunque, la notifica effettuata presso l’avvocato Silvia Egidi dove solo O.L. aveva eletto domicilio deve ritenersi nulla nei confronti di tutti gli odierni ricorrenti come meglio indicati in epigrafe. Sussistono, infatti, tutti gli elementi sopra individuati per affermare che si tratta di una notifica nulla l’attività di trasmissione è stata svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere l’attività stessa, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato e, la notifica si è perfezionata mediante la consegna sia pure in luogo e a persona senza alcun collegamento con il destinatario , intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento, in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita. La presenza di detti requisiti, che possono definirsi strutturali, va ritenuta idonea ai fini della riconoscibilità dell’atto come notificazione essi, cioè, sono sufficienti a integrare la fattispecie legale minima della notificazione, rendendo qualificabile l’attività svolta come atto appartenente al tipo previsto dalla legge. Come si è detto, infatti, l’ipotesi della notifica inesistente è limitata, a seguito della citata pronuncia delle sezioni unite, al solo caso in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, sì da dover reputare la notifica meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa. 4.6 In conclusione, la fattispecie in esame ricade nell’ambito della nullità, sanabile con effetto ex tunc attraverso la costituzione dell’intimato o la rinnovazione dell’atto, spontanea o su ordine del giudice. 5. Una volta accertata la nullità della notifica del ricorso per cassazione n. 1447 del 2016, dovrebbe procedersi ad assegnare al Ministero della giustizia un termine per la rinnovazione della notifica di tale ricorso, in tal caso, infatti, come si è detto non assume alcuna rilevanza il fatto che alla rinnovazione si provveda posteriormente alla scadenza del termine per impugnare Sez. L, Sent. n. 710 del 2016 . Risulta peraltro dal contenuto del ricorso n. 2828 del 2018 che nel momento della proposizione dello stesso i ricorrenti avevano la piena conoscenza del contenuto del ricorso per cassazione del Ministero della giustizia, del quale infatti riportano anche la copia delle pagine relative alla notifica dell’atto. 5.1 Deriva da ciò l’inutilità di assegnare al Ministero della giustizia un termine per la rinnovazione della notifica del ricorso n. 1447 del 2016 e la necessità di passare al giudizio rescissorio, ribadendo il principio di diritto già affermato da Questa Corte secondo cui La nullità della notificazione del ricorso per cassazione, a differenza dell’inesistenza, produce non già il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, bensì il dovere del giudice di assegnare al ricorrente un termine perentorio per la rinnovazione della notificazione. Nel caso in cui il vizio della notificazione, non rilevato dalla Corte, determini la revocazione della sua sentenza ex art. 395 c.p.c., n. 4, la Corte può, dopo il giudizio rescindente di revocazione, passare direttamente al giudizio rescissorio qualora la parte intimata, dimostri di conoscere il contenuto del ricorso, rendendo inutile una nuova notificazione Sez. L, Sent. n. 24800 del 2010 . 6. Deve dunque procedersi all’esame del ricorso n. 14447 del 2016. Giova ribadire che il suddetto ricorso è proposto dal Ministero della Giustizia avverso il decreto della Corte d’Appello di Perugia con il quale, in accoglimento delle domande proposte dagli odierni ricorrenti, meglio indicati in epigrafe, il Ministero della Giustizia era stato condannato al pagamento della somma di Euro 16.250,00 in favore di ciascun ricorrente, a titolo di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 per la durata irragionevole di una causa civile svoltasi innanzi al Tribunale e alla Corte d’appello di Roma tra il 9.12.1987 ed il 25.5.2011. Il giudizio presupposto aveva avuto ad oggetto l’accertamento della proprietà, comune o singola, di talune porzioni immobiliari di un edificio condominiale costruito da una cooperativa edilizia. Stimata la durata ragionevole in complessivi cinque anni, e quella eccedente in 17 anni e sei mesi, la Corte territoriale liquidava l’indennizzo nella misura di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di durata eccedente e in Euro 1.000,00 per ogni anno ulteriore di ritardo. 7. Il ricorso si fonda su tre motivi. 7.1 Il primo motivo lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, costituito dalla condotta delle parti e, in particolare, dalle ripetute istanze di rinvio concordate tra le parti nel giudizio presupposto. Inoltre, sostiene il Ministero ricorrente, la Corte d’appello non ha valutato la molteplicità delle parti, l’entità della posta in gioco e la connessione della causa civile con procedimenti penali sicché, in definitiva, la Corte distrettuale ha del tutto omesso l’esame in concreto dello svolgimento processuale e della condotta delle parti. 7.2. Il secondo motivo espone un’analoga censura, ma sotto il profilo della violazione dell’art. 2 legge Pinto. 7.3 Il terzo mezzo deduce l’omessa motivazione sul quantum dell’indennizzo liquidato, poiché la Corte d’appello non ha considerato molteplici fattori ad efficacia riduttiva, quali la complessità del giudizio, superiore alla media, il disinteresse per la sua durata nei primi sei anni, l’identità della posizione processuale dei ricorrenti, la sopraggiunta cessazione della materia del contendere per la composizione stragiudiziale della lite e, infine, la controvertibilità della materia trattata per la pendenza di più procedimenti penali concernenti le porzioni immobiliari oggetto di causa. 8. - I primi due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro complementarietà, sono fondati nei termini che seguono. Ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, nel testo ante D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile alla fattispecie ratione temporis, nell’accertare la violazione il giudice considera la complessità del caso e, in relazione alla stessa, il comportamento delle parti e del giudice del procedimento, nonché quello di ogni altra autorità chiamata a concorrervi o a comunque contribuire alla sua definizione. Nell’interpretare tale norma la costante giurisprudenza di questa Corte afferma che ai fini della eventuale ascrivibilità, nell’area della irragionevole durata del processo, dei tempi corrispondenti a rinvii eccedenti il termine ordinatorio di cui all’art. 81 disp. att. c.p.c., la violazione della durata ragionevole non discende, come conseguenza automatica, dall’essere stati disposti rinvii della causa di durata eccedente i quindici giorni ivi previsti, ma dal superamento della durata ragionevole in termini complessivi, in rapporto ai parametri, di ordine generale, fissati dall’art. 2 della legge suddetta. Da tale durata sono detraibili i rinvii richiesti dalle parti solo nei limiti in cui siano imputabili ad intento dilatorio o a negligente inerzia delle stesse, e, in generale, all’abuso del diritto di difesa, restando addebitabili gli altri rinvii alle disfunzioni dell’apparato giudiziario, salvo che ricorrano particolari circostanze, che spetta alla P.A. evidenziare, riconducibili alla fisiologia del processo Cass. nn. 6868/11, 11307/10 e 24356/06, nonché, non massimata, n. 19176/15 . Pertanto, sebbene l’amministrazione della Giustizia debba ad ogni modo provvedere in tempi complessivamente e tendenzialmente ragionevoli, se occorre avvalendosi dei propri poteri autoritativi intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento art. 175 c.p.c., comma 1 , la condotta delle parti, che abbiano chiesto ripetuti rinvii non funzionali alle cadenze necessarie del processo, influisce sulla determinazione in concreto della durata congrua, escluso ogni automatismo che, attribuendo rilievo assorbente al comportamento solo delle parti o solo del giudice, sopprima uno dei due accertamenti richiesti dalla norma anzi detta. Nella specie, il relativo apprezzamento di fatto, espressamente sollecitato dal Ministero nel procedimento di equa riparazione, manca del tutto nel decreto della Corte perugina, che si è limitata ad effettuare un meccanicistico raffronto tra la durata ragionevole cinque anni e quella effettiva della causa 22 anni e 6 mesi , per trarne, in maniera altrettanto automatica, un’eccedenza di 17 anni e 6 mesi su cui ha poi calcolato l’indennizzo. 9. L’accoglimento dei primi due motivi assorbe l’esame del terzo, inerente al quantum debeatur. 10. Il decreto impugnato va dunque cassato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia, che nel decidere nuovamente nel merito si atterrà al principio di diritto sopra enunciato, provvedendo, altresì, sulle spese di cassazione. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso n. 2828 del 2018, revoca l’ordinanza n. 25606 del 2017 e, decidendo sul ricorso n. 14447 del 2016, lo accoglie limitatamente ai primi due motivi, assorbito il terzo, cassa il decreto impugnato con rinvio altra sezione della Corte d’appello di Perugia, che provvederà, altresì, sulle spese di cassazione.