Dichiara di non percepire reddito, ma l’assegno di mantenimento del coniuge esclude il gratuito patrocinio

Al fine di stabilire se la persona possa o meno fruire del patrocino a spese dello Stato, il legislatore non si è limitato a prendere in considerazione i redditi dichiarati o da dichiararsi in un determinato periodo di imposta, ma ha preso in considerazione tutti i redditi, persino quelli derivanti da attività illecita, dalla persona effettivamente percepiti o posseduti, anche se esclusi dalla base imponibile.

Così la Corte di legittimità con ordinanza n. 24378/19 depositata il 30 settembre. Il caso. La ricorrente propone ricorso in Cassazione contro il provvedimento con cui veniva respinta l’impugnazione del decreto di revoca del gratuito patrocinio, in quanto il GIP riteneva che il reddito del nucleo familiare superava quello previsto dagli artt. 76 e 92 d.P.R. n. 115/2002. Gratuito patrocinio quali redditi occorre tenere in considerazione? Nell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato la ricorrente aveva dichiarato di non percepire alcun reddito ma di ricevere dal coniuge separato solo un assegno di mantenimento mensile. A tal proposito, la Corte di Cassazione rileva che, ai fini della determinazione dei limiti di reddito per l’ammissione al gratuito patrocinio, occorre tener conto, nel periodo di imposta in cui sono percepiti, di tutti i redditi, anche se non sottoposti a tassazione. Il legislatore, infatti, al fine di stabilire se la persona possa o meno fruire del patrocino a spese dello Stato, non ha inteso limitarsi a prendere in considerazione i redditi dichiarati o da dichiararsi in un determinato periodo di imposta, ma ha voluto prendere in considerazione tutti i redditi persino quelli derivanti da attività illecita dalla persona effettivamente percepiti o posseduti, anche se esclusi dalla base imponibile . Nella fattispecie, i Giudici di merito hanno correttamente tenuto conto anche dei redditi derivanti dagli assegni di mantenimento, pertanto, la Cassazione decide per il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 8 febbraio – 30 settembre 2019, n. 24378 Presidente Gorjan – Relatore Falaschi Osserva in fatto e in diritto Ritenuto che con delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Potenza M.A. veniva, in via anticipata e provvisoria, ammessa al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento penale in cui era costituita parte civile, che con decreto, in data 07.05.2014, il Giudice delle indagini preliminari revocava ritenendo che il reddito del nucleo familiare superava quello stabilito dal D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76 e 92 - avverso il decreto di revoca la M. ha proposto reclamo dinanzi al Presidente del medesimo ufficio giudiziario, che con provvedimento del 27.05.2015 ha respinto l’impugnazione, confermando le ragioni della revoca - propone ricorso per cassazione, con atto notificato al Ministero della giustizia presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato e l’Agenzia delle entrate locali, la medesima M. sulla base di un unico motivo - le amministrazioni intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Atteso che - preliminarmente va rilevato che essendo avvenuta la notificazione del ricorso per cassazione al Ministero della giustizia e all’Agenzia delle entrate presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Potenza, anziché presso l’Avvocatura generale dello Stato a Roma come imposto dal R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11 , è da ritenere nulla. Tuttavia il Collegio ravvisa di non dovere emanare l’ordine alla ricorrente di procedere alla notifica del ricorso alle predette Amministrazioni, giacché per orientamento consolidato di questa Corte, cui si ritiene di dare continuità, occorre evitare un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue, non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio onde apprestare reali garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità ai soli soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti essendo, infatti, il ricorso per cassazione, come vedremo, prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per la notificazione del ricorso, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti Cass. Sez. Un. 22 marzo 2010 n. 6826 Cass. 17 giugno 2013 n. 15106 più di recente Cass. 10 maggio 2018 n. 11287 - con l’unico motivo la ricorrente lamenta la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, oltre a vizio di motivazione, in quanto sostiene che ai fini dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato debba essere considerato il solo reddito del soggetto istante, non potendo gli assegni di mantenimento percepiti per i figli ricadere sulla base imponibile. Il motivo è infondato. In tema di condizioni per l’ammissione al patrocinio, al fine della determinazione dei limiti di reddito che segnano il requisito della non abbienza, il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76 prevede che, se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante. In questo contesto, il comma 4 della stessa disposizione stabilisce che si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi . La ricorrente ha esposto nell’istanza relativa all’ammissione al patrocinio di non percepire alcun reddito, ricevendo dal coniuge separato solo un assegno di mantenimento di Euro 500,00 mensili. È stato, in seguito, precisato che il proprio nucleo familiare è composto, oltre che da lei stessa, anche da due figlie, per le quali il padre versa mensilmente un assegno di Euro 750,00 per ciascuna. L’art. 92 dello stesso D.P.R., nei casi di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel processo penale, prevede che Se l’interessato all’ammissione al patrocinio convive con il coniuge o con altri familiari, si applicano le disposizioni di cui all’art. 76, comma 2, ma i limiti di reddito indicati dall’art. 76, comma 1, sono elevati di Euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi . La questione posta con il ricorso è se tale somma - che attiene agli assegni di mantenimento percepiti mensilmente dalle componenti il nucleo familiare - vada a costituire reddito che deve essere indicato e considerato ai fini dell’ammissione al menzionato beneficio. È noto che la giurisprudenza di questa Corte ritiene che, ai fini della determinazione dei limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio, si deve tener conto, nel periodo di imposta in cui sono percepiti, di tutti i redditi, anche se non sottoposti a tassazione, perché il legislatore, al fine di stabilire se la persona possa o meno fruire del patrocinio a spese dello Stato, non ha inteso limitarsi a prendere in considerazione i redditi dichiarati o comunque da dichiararsi in un determinato periodo di imposta, ma ha voluto prendere in considerazione tutti i redditi persino quelli derivanti da attività illecita dalla persona effettivamente percepiti o posseduti, anche se esclusi dalla base imponibile. A quest’ultimo proposito il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 76, comma 3, stabilisce, infatti, che, ai fini della determinazione dei limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio, si deve tenere conto non soltanto dei redditi imponibili ai fini IRPEF risultanti dall’ultima dichiarazione, ma anche di quelli esclusi dalla base imponibile, come i redditi esenti , soggetti a regime sostitutivo o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. Dunque, ai fini della determinazione della non abbienza recte dei limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio necessaria per fruire del beneficio, assumono rilievo persino i redditi esclusi dalla base imponibile dell’IRPEF in particolare, i redditi esenti , a dimostrazione del fatto che il legislatore assume l’elemento del reddito complessivo effettivamente percepito o posseduto nel periodo d’imposta come indice della condizione dell’interessato. Questa Corte ha già puntualizzato che lo scopo dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato è quello di consentire l’accesso alla giustizia a chi non è in condizioni economiche idonee a sostenere il relativo costo. Sicché, ai fini della verifica di siffatta condizione di minorazione, non può non venire in considerazione ogni componente di reddito, imponibile o meno, siccome espressivo di capacità economica Cass., Sez. IV pen., n. 23223 del 2016, ove si rammenta che in tal senso si è espressa, sia pure con riferimento alla L. 30 luglio 1990, n. 217, artt. 3 e 4, la Corte Cost. con sentenza n. 144 del 1992 . La decisione gravata poggia, dunque, su una corretta interpretazione della normativa di settore, laddove i giudici di merito, nel determinare l’ammontare del reddito complessivo ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, hanno tenuto conto anche dei redditi derivanti dagli assegni di mantenimento e ciò anche con il conforto di plurimi interventi della Corte costituzionale, che, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per la determinazione dei limiti di reddito ritiene che rilevino anche i redditi che non sono stati assoggettati ad imposte vuoi perché non rientranti nella base imponibile, vuoi perché esenti, vuoi perché di fatto non hanno subito alcuna imposizione - conclusivamente, il ricorso va respinto - nessuna pronuncia sulle spese processuali in mancanza di difese da parte delle amministrazioni - poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-qualer, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.