Società cancellata dal registro: sulla domanda risarcitoria del creditore decidono le sezioni specializzate in materia di impresa

Tali sezioni sono competenti a provvedere sulla domanda del creditore di una società di capitali, cancellata dal registro delle imprese, relativa alla condanna degli amministratori e del liquidatore al risarcimento dei danni cagionati per l’avvenuta cancellazione della società stessa, pur in presenza del debito vantato dal creditore sociale .

Questo è il nuovo principio affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 15822/19, depositata il 12 giugno. La vicenda. La Corte d’Appello capitolina, previa dichiarazione di nullità della decisione del Tribunale per violazione della composizione collegiale del giudice ex art. 50- bis c.p.c., respingeva la domanda proposta dall’appellante avverso gli ex amministratori e l’ex liquidatore di una s.r.l., per la condanna di questi al risarcimento del danno per avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese, nonostante la presenza del debito vantato dalla prima. Interviene così la Corte di Cassazione per decidere sul motivo di ricorso presentato dalla ricorrente e relativo alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1, lett. a , d.lgs. n. 5/2003 e 50- bis c.p.c., poiché il credito della ricorrente deriva da un rapporto di lavoro e la controversia non rientra nell’ambito di tali norme. La competenza giurisdizionale. Per la Suprema Corte tale censura proposta dalla ricorrente è manifestamente infondata, poiché si tratta di un’azione di responsabilità proposta contro gli organi sociali, giustamente reputata di competenza del Tribunale in composizione collegiale. Infatti, al riguardo, gli Ermellini enunciando il nuovo principio di diritto secondo cui, le sezioni specializzate in materia di impresa sono competenti a provvedere sulla domanda del creditore di una società di capitali, cancellata dal registro delle imprese, volta alla condanna degli amministratori e del liquidatore al risarcimento dei danni cagionati per l’avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese, pur in presenza del debito vantato dal creditore sociale . Sulla base di tale principio il ricorso deve essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 5 marzo – 12 giugno 2019, n. 15822 Presidente Genovese – Relatore Nazzicone Rilevato - che la Corte d’appello di Roma con sentenza del 9 maggio 2017, previa declaratoria di nullità della decisione del tribunale per violazione della composizione collegiale del giudice ex art. 50-bis c.p.c., ha respinto la domanda, proposta da C.S. contro gli ex amministratori e l’ex liquidatore della Controllo e Gestione s.r.l., volta alla condanna dei medesimi al risarcimento del danno per l’avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese, pur in presenza del debito vantato dall’attrice - che avverso questa sentenza propone ricorso la C. , sulla base di due motivi, cui gli intimati resistono con controricorso - che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c. - che la ricorrente ha depositato la memoria. Considerato - che i due motivi di ricorso possono essere come di seguito riassunti 1 violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 1, lett. a , e art. 50-bis c.p.c., in quanto il credito della ricorrente deriva da rapporto di lavoro e la controversia non rientra affatto nell’ambito delle norme menzionate 2 violazione e falsa applicazione degli artt. 2392 e 2489 c.c., comma 2, nonché degli artt. 2395 e 2476 c.c., comma 6, oltre ad omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in quanto la ricorrente ha lavorato per la società nel corso di sedici mesi e l’ente non è stato più reperibile presso la sede legale dopo la sua cancellazione dal registro delle imprese, laddove un liquidatore diligente avrebbe dovuto almeno chiedere ai soci l’esecuzione di finanziamenti al fine di estinguere i debiti sociali ed inserire in bilancio il debito della ricorrente, mentre si è data la preferenza al pagamento di altri debiti per Euro 5.229,00, con danno diretto della signora C. - che la Corte territoriale - dopo avere censurato la sentenza di primo grado, che aveva omesso di applicare il processo societario e le norme sulla composizione collegiale del tribunale - ha ritenuto la domanda infondata, perché si tratta della deduzione del mero inadempimento contrattuale della società verso la sua creditrice, in sé inidoneo a fondare la responsabilità degli amministratori e del liquidatore onde nè il mancato pagamento del debito, nè il suo omesso inserimento in bilancio, nè la cancellazione della società sono condotte che integrano la responsabilità evocata - che essa ha aggiunto come la ricorrente non ha dedotto e non ha provato un comportamento dei convenuti idoneo a danneggiare l’attrice, nè la concreta possibilità che il suo debito potesse trovare soddisfazione nel patrimonio sociale al momento della liquidazione che l’attrice non ha esperito contro i soci l’azione ex art. 2495 c.c., nei limiti delle somme riscosse o nei confronti dei liquidatori per colpa dei medesimi, nè, comunque, ha dedotto alcunché circa le modalità della liquidazione, tali da potersi ipotizzare la colpa di questi, non avendo peraltro i soci riscosso nessuna somma all’esito della liquidazione stessa - che, ciò posto, il primo motivo è manifestamente infondato, trattandosi di azione di responsabilità proposta contro gli organi sociali, correttamente reputata di competenza del tribunale in composizione collegiale - che, al riguardo, giova enunciare il seguente principio di diritto Le sezioni specializzate in materia di impresa sono competenti a provvedere sulla domanda del creditore di una società di capitali, cancellata dal registro delle imprese, volta alla condanna degli amministratori e del liquidatore al risarcimento dei danni cagionati per l’avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese, pur in presenza del debito vantato dal creditore sociale - che il secondo motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi ed è aspecifico, in violazione dell’art. 366 c.p.c. infatti, la corte del merito ha affermato come è mancata l’allegazione e la prova di condotte foriere della responsabilità dei convenuti e che non è stata provata neppure la possibilità della società di adempiere al suo debito a fronte di tale argomentazione, la ricorrente non la confuta, ma ventila piuttosto un inesistente potere od obbligo del liquidatore di richiedere finanziamenti ai soci in fase liquidatoria per soddisfare i debiti sociali, in contrasto col principio della responsabilità limitata nelle società di capitali - che, per il resto, la corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principi da tempo enunciati da questa Corte, secondo cui A fronte dell’inadempimento contrattuale di una società di capitali, la responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente non deriva automaticamente da tale loro qualità, ma richiede, ai sensi dell’art. 2395 c.c., la prova di una condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi, del danno e del nesso causale tra questa e il danno patito dal temo contraente Cass. 8 settembre 2015, n. 17794 , e secondo cui L’inadempimento contrattuale di una società di capitali non può, di per sé, implicare responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente, secondo la previsione dell’art. 2395 c.c., atteso che tale responsabilità, di natura extracontrattuale, postula fatti illeciti direttamente imputabili a comportamento colposo o doloso degli amministratori medesimi, come si evince, fra l’altro, dall’utilizzazione dell’avverbio direttamente , la quale esclude che detto inadempimento e la pessima amministrazione del patrimonio sociale siano sufficienti a dare ingresso all’azione di responsabilità Cass. 5 agosto 2008, n. 21130 - che le spese vanno compensate in considerazione dei rapporti sottostanti. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite. Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.