Mancata attestazione di cancelleria della data di deposito della sentenza: il ricorso per cassazione è improcedibile

E’ l'inserimento nell'elenco cronologico il mezzo attraverso cui si realizza ufficialmente il deposito in cancelleria e, al contempo, la pubblicità e la conoscibilità della sentenza.

Politica e procedimenti penali per diffamazione un binomio che sempre più spesso va in tandem. Se non fosse che, nella vicenda processuale oggetto della presente pronuncia, il punto nodale del problema riguardava, però, la pubblicazione della sentenza impugnata e la relativa attestazione il cui vizio portava alla declaratoria di improcedibilità del ricorso per cassazione. Quest'ultimo veniva depositato a seguito del rigetto, da parte della Corte di Appello competente, della domanda proposta da parte del soggetto asseritamente danneggiato al fine di ottenere il risarcimento dei danni derivante dalla diffamazione, dallo stesso subíta, nel corso di una seduta di un consiglio regionale avente ad oggetto all'ordine del giorno la nomina del segretario generale per la programmazione della Regione. Nello specifico, il Giudice di appello rilevava che l'asserito diffamatore, pur avendo indirizzato pesanti critiche al ricorrente, aveva in realtà esercitato il diritto di critica politica, senza trasmodare nella invettiva gratuita, in quanto aveva replicato ad analoghe espressioni utilizzate dal ricorrente stesso in una intervista rilasciata ad un giornale locale e pubblicata lo stesso giorno della seduta. Tuttavia, per come anticipato, il ricorso per la cassazione della sentenza di appello veniva dichiarato improcedibile ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c Questo accadeva perché sia dall'esame del fascicolo degli atti regolamentari che dall'esame dei fascicoli di parte risultava prodotta soltanto una copia analogica della sentenza della Corte d'appello estratta dal fascicolo informatico relativo al procedimento in parola, così come dichiarato nell'attestazione di conformità rilasciata in calce alla copia analogica con sottoscrizione autografa del difensore del ricorrente. Copia analogica che, però, risultava priva della attestazione di cancelleria della data di deposito della sentenza. Ebbene, gli Ermellini ricordano che la normativa in materia dispone che la sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del Giudice che l'ha pronunciata e che, a seguito di ciò, il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza ivi apponendo la data e la firma. Quanto all'interpretazione della norma la Corte a Sezioni Unite ha già avuto modo in precedenza a chiarire, in ordine all'attività demandata al cancelliere, che si tratta di un deposito sui generis sia perché non serve solo a custodire la cosa ma innanzitutto ad attuare la pubblicazione, sia perché la norma si riferisce chiaramente ad un deposito in cancelleria, del quale il cancelliere dà atto in calce alla sentenza. Ed è evidente che un deposito effettuato presso un ufficio pubblico non può risolversi nella semplice traditio brevi manu della sentenza attestata al cancelliere, risultando indispensabile che esso abbia carattere ufficiale e, cioè, che nel luogo individuato per il deposito cioè, la cancelleria questo risulti ufficialmente. Ma il deposito in cancelleria non può risultare ufficialmente se non a seguito dell'inserimento dell'atto, oggetto di deposito, nell'elenco cronologico delle sentenze esistenti presso la suddetta cancelleria, con assegnazione del numero identificativo. Non fosse altro perché una sentenza non identificabile non può neppure risultare ufficialmente depositata. Pertanto, è l'inserimento nell'elenco cronologico delle sentenze il mezzo attraverso cui, da un lato, si realizza ufficialmente il deposito in cancelleria della sentenza e, dall'altro ed al contempo, realizza la pubblicità necessaria alla conoscibilità della stessa, essendo peraltro questo l'unico modo per attribuire significato ad una norma prevedente un deposito che è 'strumento' della pubblicazione ed al contempo con essa coincide. Ricorda la Suprema Corte che, dunque, occorre distinguere nettamente, anche nel processo telematico, la formazione digitale del documento-sentenza da parte del Giudice che, apposta la firma digitale, lo trasmette all'ufficio di cancelleria, dalla successiva diversa attività di deposito della sentenza che è rimessa al cancelliere. E solo dal compimento di tali attività che rendono pubblicamente ostensibile la decisione si determinano gli effetti processuali, tra cui la decorrenza del termine di impugnazione ex art. 327 c.p.c Per tutte queste ragioni logico-giuridiche, il Collegio condivide il principio secondo cui in tema di redazione della sentenza in formato elettronico, la data di pubblicazione del decorso del termine lungo di impugnazione coincide non già con la data della sua trasmissione in cancelleria da parte del giudice, bensì con la data dell'attestazione del cancelliere, giacché è solo da tale momento che la sentenza diviene ostensibile agli interessati. Nel caso di specie, invece, la sentenza di appello depositata dal ricorrente recava solo la firma digitale del presidente del Collegio e del consigliere estensore ma mancano sia l'attestazione di deposito del cancelliere sia il numero identificativo della sentenza, che attesta l'inserimento dell'atto nel registro cronologico delle decisioni, difettando pertanto la attestazione della pubblicazione della sentenza. Questo comporta la improcedibilità del ricorso anche perché non viene, peraltro, in soccorso nel caso de quo la norma che stabilisce la equivalenza all'originale delle copie informatiche, anche per immagine, dei provvedimenti del Giudice anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all'originale, essendo appena il caso di osservare come la norma attribuisca al difensore il potere di certificazione pubblica delle copie analogiche ed anche informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico ma non anche la competenza amministrativa riservata solo al funzionario di cancelleria afferente alla pubblicazione della sentenza.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 febbraio – 31 maggio 2019, n. 14875 Presidente Amendola – Relatore Olivieri Fatti di causa La Corte d’appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 18.7.2016 n. 1651, rigettava l’appello proposto da G.G. e confermava la sentenza di prime cure che aveva ritenuto infondata la domanda di risarcimento danni da quello proposta nei confronti di Ga.Gi. sull’assunto delle dichiarazioni diffamatorie che il Ga. avrebbe profferito al suo indirizzo nel corso della seduta del Consiglio regionale del Veneto tenutasi in data 30.10.2005 ed avente ad oggetto all’ordine del giorno la nomina del Segretario generale per la programmazione della regione. Il Giudice di appello rilevava che il Ga. , pur avendo indirizzato pesanti critiche al G. aveva esercitato il diritto di critica politica, senza trasmodare nell’invettiva gratuita in quanto aveva replicato ad analoghe espressioni utilizzate dal G. nell’intervista rilasciata ad un giornale locale e pubblicata lo stesso giorno della seduta. La sentenza di appello è stata impugnata per cassazione da G.G. con un unico motivo. Resiste con controricorso Ga.Gi. . Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c Ragioni della decisione Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2 . La stessa parte ricorrente riferisce di impugnare per cassazione la sentenza n. 1651/2016 emessa dalla Corte d’appello di Venezia il 28.6.2016 pubblicata il 18.7.2016 cfr. ricorso pag. 1 . Sia dall’esame del fascicolo degli atti regolamentari che dall’esame dei fascicoli di parte risulta prodotta, tuttavia, soltanto una copia analogica della sentenza della Corte d’appello estratta dal fascicolo informatico relativo al procedimento della Corte d’appello di Venezia avente R.G. n. 1351/2012 - come dichiarato nella attestazione di conformità rilasciata, in data 8.9.2017, in calce alla copia analogica con sottoscrizione autografa del difensore del ricorrente -, che risulta priva della attestazione di Cancelleria della data di deposito della sentenza. Orbene l’art. 133 c.p.c., non modificato dalla disciplina normativa del processo telematico D.L. 18 ottobre 2012, n. 79 conv. con mod. in L. 17 dicembre 2012, n. 221 , dispone al comma 1 che la sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata , ed al comma 2 che il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma . . Quanto alla interpretazione della norma questa Corte a Sezioni Unite è venuta a chiarire, in ordine all’attività demandata al Cancelliere, che si tratta di un deposito sui generis sia perché non serve solo a custodire la cosa ma innanzitutto ad attuarne la pubblicazione rappresentando lo strumento individuato a questo scopo dal legislatore sia perché la norma si riferisce chiaramente ad un deposito in cancelleria del quale il cancelliere dà atto in calce alla sentenza, ed è evidente che un deposito effettuato presso un ufficio pubblico non può risolversi nella semplice traditio brevi manu della sentenza attestata dal cancelliere, risultando assolutamente indispensabile in relazione alle conseguenze che debbono trarsene che esso abbia carattere ufficiale e cioè che nel luogo individuato per il deposito la cancelleria questo risulti ufficialmente. Ma il deposito in cancelleria non può risultare ufficialmente se non a seguito dell’inserimento dell’atto oggetto di deposito nell’elenco cronologico delle sentenze esistente presso la suddetta cancelleria, con assegnazione del numero identificativo, non fosse altro perché una sentenza non identificabile non può neppure risultare ufficialmente depositata. È pertanto l’inserimento nell’elenco cronologico delle sentenze il mezzo attraverso il quale si realizza ufficialmente il deposito in cancelleria della sentenza e, al contempo, la pubblicità necessaria alla conoscibilità della stessa, essendo questo peraltro l’unico modo per attribuire significato ad una norma prevedente un deposito che è strumento della pubblicazione e al contempo con essa coincide. cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 18569 del 22/09/2016 . Occorre dunque distinguere nettamente, anche nel processo telematico, la formazione digitale del documento-sentenza da parte del Giudice che, apposta la firma digitale, lo trasmette all’Ufficio di Cancelleria, e la successiva attività di deposito della sentenza che è rimessa al Cancelliere, e solo dal compimento di tale attività, che rende pubblicamente ostensibile la decisione, si determina gli altri effetti processuali, tra i quali la decorrenza del termine di impugnazione ex art. 327 c.p.c Condivide, pertanto, il Collegio il principio secondo cui in tema di redazione della sentenza in formato elettronico, la relativa data di pubblicazione, ai fini del decorso del termine cd. lungo di impugnazione, coincide non già con quella della sua trasmissione alla cancelleria da parte del giudice, bensì con quella dell’attestazione del cancelliere, giacché è solo da tale momento che la sentenza diviene ostensibile agli interessati cfr. Corte cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 24891 del 09/10/2018 . Nella specie la sentenza di appello depositata dal ricorrente reca soltanto la firma digitale del presidente del collegio e del consigliere estensore e la decisione risulta adottata in data 28.6.2016. Manca sia la attestazione di deposito del Cancelliere sia il numero identificativo della sentenza che attesta l’inserimento dell’atto nel registro cronologico delle decisioni artt. 28, 33 e 35 disp. att. c.p.c. D.M. Giustizia 27 marzo 2000, n. 264, art. 13, comma 1, n. 16 Regolamento recante norme per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari. difetta pertanto la attestazione della pubblicazione della sentenza. La verifica assume rilevanza in quanto il ricorso per cassazione è stato notificato per via telematica in data 15.9.2017 e, trovando applicazione il termine lungo annuale ex art. 327 c.p.c. essendo stato introdotto il giudizio in data anteriore al 4.7.2009, data di entrata in vigore della riforma della norma processuale disposta dalla L. n. 69 del 2009 , la notifica risulterebbe tempestivamente eseguita rispetto alla data 18.7.2016 di pubblicazione della sentenza indicata dal ricorrente, mentre sarebbe da considerare tardiva rispetto alla data 28.6.2016, in cui è stata emessa la decisione venendo a scadere il termine di decadenza il 29.7.2017 . Non viene peraltro in soccorso la disposizione del D.L. 18 ottobre 2010, n. 179, art. 16 bis, comma 9 bis, conv. in L. n. 221 del 2012 -introdotta dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 52, comma 1, lett. a , conv. con mod. in L. 11 agosto 2014, n. 114 - che stabilisce la equivalenza all’originale delle copie informatiche, anche per immagine, dei provvedimenti del Giudice anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale , essendo appena il caso di osservare come la norma attribuisca al difensore il potere di certificazione pubblica delle copie analogiche ed anche informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico ma non anche la competenza amministrativa riservata al funzionario di Cancelleria relativa alla pubblicazione della sentenza. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato improcedibile. La condanna alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, segue la soccombenza. P.Q.M. Dichiara improcedibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.