Funzione e modalità di attuazione del sequestro liberatorio

Affermata la funzione del sequestro liberatorio, ossia consentire al debitore di evitare la mora debendi , in attesa che la controversia venga risolta, spetta al giudice che dispone lo stesso sequestro stabilire le modalità concrete di attuazione del medesimo.

Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 12727/19, depositata il 14 maggio. Il caso. Una società di assicurazione conveniva in giudizio gli eredi dell’uomo che aveva perso la vita a causa di un incidente stradale, chiedendo l’accertamento del riparto del massimale di polizza. In corso di causa veniva disposto il sequestro liberatorio dell’importo corrispondente a tale massimale. Dopo la determinazione del concorso di colpa, dichiarata nei primi due gradi di giudizio, i suddetti soggetti si rivolgono alla Suprema Corte di Cassazione. In particolare i ricorrenti sostengono che, ai fini del sequestro liberatorio occorreva anche lo spossessamento delle somme o del libretto bancario, consentendogli di disporre di tali somme senza la collaborazione del debitore, laddove il libretto era rimasto sempre nella disponibilità della compagnia di assicurazione. Il sequestro liberatorio. Secondo costante giurisprudenza della S.C., il sequestro liberatorio, di cui all’art. 687 c.p.c., può essere disposto dal giudice solo in presenza di una richiesta ad iniziativa del debitore, nel caso in cui quest’ultimo contesti il debito o abbia dubbi sull’individuazione del creditore per tutelarsi in vista della decisione del giudice al fine di non subire gli effetti della mora. Chiuso dunque il giudizio con la condanna del debitore, questi non può essere chiamato a rispondere anche per gli interessi e la rivalutazione sulla somma dovuta. Nel caso in esame il giudice di merito ha accertato che le modalità del sequestro erano state determinate dal giudice di primo grado ed erano consistite nel vincolo apposto sul libretto bancario che ne determinava l’indisponibilità per il debitore. Sulla base di quanto detto, il Supremo Collegio enuncia il nuovo principio di diritto secondo cui, vista la funzione del sequestro liberatorio, ossia consentire al debitore di evitare la mora debendi , in attesa che la controversia venga risolta e non ha la funzione di garanzia tipica del sequestro conservativo o quella di determinare un vincolo temporaneo del bene oggetto di controversia tipica del sequestro giudiziario , spetta al giudice che dispone il sequestro liberatorio stabilire le modalità concrete di attuazione del medesimo. Da ciò deriva il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 27 marzo – 14 maggio 2019, n. 12727 Presidente Vivaldi – Relatore Scoditti Fatti di causa 1. Società Reale Mutua Assicurazioni convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Grosseto C.P.L. , M.V. e C.F. , quali eredi di Cr.Fa. , nonché G.L. ed i genitori G.E. e F.L. , chiedendo l’accertamento del riparto del massimale di polizza. Espose in particolare parte attrice che il giorno 27 luglio 1998 Mi.Um. , alla guida della propria autovettura assicurata con l’attrice, aveva perso il controllo del proprio mezzo, uscendo fuori strada e determinando il decesso di Cr.Fa. , mentre G.L. riportava gravissime lesioni, entrambi non con la cintura di sicurezza allacciata e dunque in concorso di colpa. Si costituirono la parti convenute. In corso di causa, su istanza della società attrice, venne disposto il sequestro liberatorio dell’importo corrispondente al massimale di polizza. Successivamente C.P.L. , M.V. e C.F. convennero in giudizio innanzi al medesimo Tribunale il Milanese e l’impresa assicuratrice. Seguì la riunione delle cause. 2. Il Tribunale adito ritenne sussistente il concorso di colpa nella misura del 50%, dichiarando che l’impresa assicuratrice era tenuta al pagamento del solo massimale a seguito del sequestro liberatorio. 3. Avverso detta sentenza proposero distinti appelli Mi.Um. da una parte e C.P.L. , M.V. e C.F. dall’altra. In entrambe le cause G.L. propose appello incidentale e l’impresa assicuratrice chiese il rigetto dell’appello. Fu disposta la riunione delle impugnazioni. 4. Con sentenza di data 29 agosto 2016 la Corte d’appello di Firenze accolse parzialmente gli appelli. In particolare, rideterminò il concorso di colpa nella causazione dell’incidente nella misura del 90% a carico di Mi.Um. e nella misura del 10% a carico di G.L. e Cr.Fa. , osservando che, a fronte dell’apporto causale del Mi. , il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza posteriori non poteva avere pari efficienza causale, in quanto il loro uso non era obbligatorio e tenuto anche conto,sia del dovere del Mi. di rappresentare la necessità dell’utilizzo da parte dei trasportati sia del fatto che, a differenza della cintura nella postazione anteriore, l’obbligo non corrispondeva a regole di prudenza da tempo codificate. Aggiunse, premesso che la sentenza doveva essere riformata nella parte in cui in relazione alla domanda di mala gestio dell’assicuratore non aveva considerato il periodo fra la richiesta risarcitoria e l’istanza di sequestro liberatorio, che, con riferimento al motivo di appello vertente sulla non idoneità del sequestro liberatorio al conseguimento dei propri effetti, non rilevava il mezzo con cui il sequestro era stato attuato deposito bancario ma il fatto dell’apposizione del vincolo sulle somme e la relativa indisponibilità da parte della società assicuratrice. Osservò in particolare che le modalità del sequestro erano state determinate dal giudice di primo grado, con provvedimento non gravato da reclamo e pertanto idoneo a produrre gli effetti tipici della non maturazione sulla somma depositata di interessi e rivalutazione salvo gli interessi prodotti dal deposito bancario , e che tali modalità erano consistite nel vincolo apposto sul libretto bancario acceso presso BNL, previamente messo a disposizione dalla debitrice. 5. Hanno proposto ricorso per cassazione C.P.L. , M.V. e C.F. sulla base di due motivi. Resiste con controricorso Società Reale Mutua Assicurazioni, che ha proposto altresì ricorso incidentale condizionato sulla base di un motivo. Resistono con controricorso al ricorso incidentale i ricorrenti in via principale. È stata depositata memoria di parte. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia falsa applicazione degli artt. 687 e 676 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti che ai fini del sequestro liberatorio occorreva anche lo spossessamento delle somme e/o del libretto bancario, attuabile mediante l’affidamento ad un custode o quantomeno tramite un deposito giudiziario in Tribunale, consentendo agli aventi diritto di disporre della somma depositata senza la collaborazione del debitore, come previsto dall’art. 676 c.p.c., laddove invece il libretto era rimasto sempre nella disponibilità della compagnia assicuratrice, e che non rilevava che il sequestro fosse stata autorizzato in una forma errata e non fosse mai stato reclamato, posto che gli effetti dell’istituto potevano aversi solo in presenza di un sequestro eseguito nelle forme di legge. Concludono nel senso che ha errato la corte territoriale nel ritenere sufficiente la sola indisponibilità delle somme per il depositante e non anche lo spossessamento e l’affidamento di esse ad un custode o al Tribunale. 2. Con il secondo motivo si denuncia nullità della sentenza per mancanza della motivazione e violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osservano i ricorrenti che il motivo di appello era stato nel senso che il sequestro non era mai stato eseguito perché la società assicuratrice non aveva mai depositato nei modi di legge l’importo previsto, essendosi limitata ad istituire un libretto bancario a suo nome da essa trattenuto e mai depositato, sicché non vi era stato alcun spossessamento delle somme. Aggiungono che la motivazione della sentenza era mancante perché non erano state illustrate le ragioni per le quali il libretto era stato ritenuto vincolato, nonostante la critica degli appellanti, e che il libretto bancario di deposito non era vincolato in quanto si trattava di un ordinario deposito nominativo intestato alla depositante, con la semplice aggiunta della dicitura danneggiati tutti nella causa r.g. n. 2011/460 , senza l’indicazione vincolato . 3. Nello scrutinio dei motivi si deve muovere dall’esame del secondo motivo, avente portata pregiudiziale. Si tratta di motivo inammissibile. Sotto le spoglie di una denuncia di motivazione inesistente per la mancata indicazione delle ragioni per le quali il libretto bancario di depositato sarebbe stato ritenuto vincolato, si denuncia in realtà un errore di fatto di tipo revocatorio. L’errore di fatto, quale motivo di revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, consiste in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti, concretatasi in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali fra le tante da ultimo Cass. 30 ottobre 2018, n. 27570 e 5 aprile 2017, n. 8828 . Ciò che invero si denuncia è la svista materiale del giudice di appello su una circostanza direttamente emergente dagli atti di causa. L’errore di percezione del giudice sarebbe stato quello di percepire come vincolato un libretto di deposito che invece non aveva tale natura, secondo quanto dagli atti risultante. Trattasi peraltro di punto non controverso in quanto il motivo di appello, così come risultante dall’illustrazione della censura, era stato nel senso che il sequestro non era mai stato eseguito perché la società assicuratrice non aveva mai depositato nei modi di legge l’importo previsto, essendosi limitata ad istituire un libretto bancario a suo nome da essa trattenuto e mai depositato, ma non aveva avuto ad oggetto l’esistenza del vincolo sul libretto medesimo, che così era rimasta questione non oggetto di controversia da cui l’impossibilità di qualificare in termini di valutazione l’affermazione del giudice e la necessità di ritenerla svista percettiva - cfr. fra le tante da ultimo Cass. 8 giugno 2018, n. 14929 . 4. Il primo motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte il sequestro liberatorio, previsto dall’art. 687 c.p.c., può essere disposto dal giudice solo in presenza di una richiesta ad iniziativa del debitore, nel caso in cui il debitore medesimo contesti il debito, o abbia dubbi sull’individuazione del creditore e voglia cautelarsi in vista della decisione del giudice al fine di non subire gli effetti della mora ne consegue che, una volta che sia stato disposto il sequestro liberatorio della somma che si assume dovuta, nel caso che il giudizio di merito si chiuda con la condanna del debitore, egli non può essere chiamato a rispondere anche per gli interessi e la rivalutazione sulla somma dovuta Cass. 14 luglio 2003, n. 10992 28 settembre 1996, n. 8577 . Funzione del sequestro liberatorio è quella di consentire al debitore di evitare la mora debendi, in attesa che la controversia nel merito venga risolta all’esito del giudizio. È quindi estranea al sequestro liberatorio sia la funzione di garanzia tipica del sequestro conservativo, che si converte in pignoramento per effetto della sentenza di condanna esecutiva art. 686 c.p.c. , sia la funzione su cui poggia il sequestro giudiziario, quella cioè di determinare un temporaneo vincolo del bene oggetto di controversia tra le parti, in ordine alla proprietà o al possesso legittimi, da parte dell’uno o dell’altro. Lo spossessamento che connota il sequestro giudiziario, come si evince dal rinvio all’esecuzione per consegna o rilascio artt. 677, 605 c.p.c. e ss. , resta estraneo al sequestro liberatorio, in cui è lo stesso debitore ad assoggettarsi al sequestro e ad attivarsi per dare esecuzione alla misura. Il sequestro liberatorio, per la rilevata estraneità alla funzione di garanzia, resta anche indipendente dall’azione esecutiva che il creditore potrà esercitare, tant’è che solo per il sequestro conservativo è prevista la conversione in pignoramento. Ne discende che l’attuazione del sequestro liberatorio non si modella secondo le altre due forme di sequestro. Spetta al giudice che dispone il sequestro stabilire le modalità concrete di attuazione del medesimo, ivi compresa la possibilità di chiamare a custodire l’oggetto del sequestro lo stesso debitore che si è attivato per ottenere il provvedimento. La legalità delle forme del sequestro liberatorio, idonee a determinare l’effetto di evitare la mora debendi, dipendono in ultima analisi dal contenuto del provvedimento del giudice che lo ha disposto e che ne fissa le modalità di attuazione. Nel caso di specie il giudice di merito ha accertato che le modalità del sequestro erano state determinate dal giudice di primo grado, con provvedimento non gravato da reclamo e pertanto idoneo a produrre gli effetti tipici della misura, ed erano consistite nel vincolo apposto sul libretto bancario che ne determinava l‘indisponibilità per il debitore. L’esecuzione del sequestro è stata ritenuta dal giudice di merito conforme al provvedimento che lo ha disposto, con giudizio di fatto non sindacabile nella presente sede di legittimità in quanto non inerente alla misura cautelare quale fatto processuale, ma quale fatto costitutivo degli effetti di diritto sostanziale. Tanto è sufficiente per ritenere conseguito l’effetto di evitare la mora debendi. Non può da ultimo farsi riferimento a Cass. 11 settembre 2014, n. 19157, che ha ritenuto inidoneo al fine di evitare la mora debendi il versamento della somma dovuta su libretto di deposito al portatore intestato al nome della parte creditrice, in quanto nella specie non era intervenuto il provvedimento di sequestro liberatorio, provvedimento invece intervenuto nell’odierna controversia. Va pertanto enunciato il seguente principio di diritto posto che la funzione del sequestro liberatorio è quella di consentire al debitore di evitare la mora debendi, in attesa che la controversia nel merito venga risolta all’esito del giudizio, e non quella di garanzia tipica del sequestro conservativo, o quella di determinare un temporaneo vincolo del bene oggetto di controversia tipica del sequestro giudiziario, spetta al giudice che dispone il sequestro liberatorio stabilire le modalità concrete di attuazione del medesimo . 5. Passando al ricorso incidentale condizionato, con l’unico motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 1, art. 172 C.d.S., artt. 10 e 15 preleggi, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente in via incidentale che al tempo del sinistro l’uso delle cinture di sicurezza era obbligatorio a partire dal 1992 per i veicoli immatricolati successivamente al 24 aprile 1990 e che il veicolo del Mi. , come risulta dal rapporto dei carabinieri, era stato immatricolato nel 1997, con dotazione di cinture di sicurezza sui sedili posteriori. Aggiunge che il giudice di appello ha ridotto il concorso di colpa delle vittime ritenendo erroneamente che non vi fosse alcuna colpa specifica derivante da violazione di legge, individuando una colpa di gran lunga meno grave di quella sussistente. 5.1. Il ricorso incidentale è da ritenere assorbito per effetto del mancato accoglimento del ricorso principale. Oltre che nell’intestazione del controricorso, che reca la dicitura ricorso incidentale condizionato , nella seconda pagina dell’atto si fa in modo chiaro ed espresso dipendere l’interesse a proporre il ricorso incidentale dalla possibilità che venga accolto il ricorso principale. Nella memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., è ulteriormente ribadita la natura condizionata del ricorso incidentale. Trattasi pertanto in modo indubbio di ricorso incidentale condizionato. La novità della questione di cui al primo motivo del ricorso principale costituisce giusto motivo di compensazione delle spese del giudizio di cassazione. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente in via principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale. Dispone la compensazione delle spese processuali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.