Protezione internazionale: l’onere del giudice di indagine e acquisizione documentale

Per il riconoscimento della fondatezza o meno della domanda di protezione internazionale il giudice del merito, ai sensi dell’art. 8, comma 3, d.lgs. n. 25/2008 deve accertare la situazione reale del Pese di provenienza attraverso l’esercizio di poteri-doveri officiosi di indagine e di acquisizione delle prove.

Sul tema torna ad esprimersi la Corte di Cassazione con ordinanza n. 11312/19, depositata il 26 aprile. La vicenda. Un cittadino pakistano ricorre in cassazione avverso il decreto del Tribunale di Lecce che aveva disatteso la sua opposizione nei confronti del provvedimento della commissione territoriale locale per il riconoscimento della protezione internazionale. Il Ministero dell’Interno replica con controricorso. I poter-doveri del giudice sulla domanda di riconoscimento della protezione internazionale. Sul punto la Suprema Corte ha più volte affermato che, per il riconoscimento della fondatezza o meno della domanda di protezione internazionale il giudice del merito, ai sensi dell’art. 8, comma 3, d.lgs. n. 25/2008 deve esercitare un potere di cooperazione e accertare la situazione reale del Pese di provenienza attraverso l’esercizio di poteri-doveri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, cosicché ciascuna domanda venga valutata alla luce delle informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente. Fatto ciò il giudice del merito deve specificare sulla scorta di quali fonti abbia provveduto a svolgere tale accertamento richiesto. E tale specificazione non è avvenuta nel caso in esame, dove la Corte di merito si è limitata a ribadire che come riportano le fonti internazionali la situazione di conflitto e rischio generalizzato riguarda in particolare altre zone . Pertanto, il Collegio accoglie il motivo di ricorso e cassa il provvedimento impugnato rinviando al Tribunale territorialmente competente.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 28 febbraio – 26 aprile 2019, n. 11312 Presidente Scaldaferri – Relatore Terrusi Rilevato che A.S. , pakistano, ricorre per cassazione con due motivi avverso il decreto del tribunale di Lecce che ha disatteso la sua opposizione nei confronti del provvedimento della locale commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale il ministero dell’Interno ha replicato con controricorso. Considerato che col primo motivo il ricorrente, denunziando la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 9, censura la decisione per avere valutato la domanda di protezione sussidiaria in base a generiche informazioni sulla situazione interna del Pakistan, senza considerazione completa delle prove disponibili e senza corretto esercizio dei poteri officiosi col secondo motivo il ricorrente denunzia poi la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, in ordine ai presupposti della protezione umanitaria, ulteriormente invocata il ricorso è manifestamente fondato in relazione al primo motivo, il cui esame si rivela assorbente dal decreto del tribunale emerge che era stata chiesta, tra l’altro, la protezione sussidiaria sul fondamento della condizione di pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato determinativa di minaccia grave alla vita o alla persona questa Corte ha più volte chiarito che, ai fini dell’accertamento della fondatezza o meno di una simile domanda di protezione internazionale, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, a un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri - doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale, peraltro derivanti anche dall’adozione del rito camerale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente ciò in particolare quando lo straniero, che richieda il riconoscimento della protezione internazionale, abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto sicché in tal caso sorge il potere - dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, e in quali limiti, nel Paese di origine dell’istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c , per tutte Cass. n. 17069-18 onde potersi affermare adempiuto l’onere di cooperazione è essenziale che il giudice del merito rifugga peraltro da formule generiche e stereotipate, e specifichi soprattutto sulla scorta di quali fonti abbia provveduto a svolgere l’accertamento richiesto invero senza una simile specificazione sarebbe vano discettare di avvenuto concreto esercizio di un potere di indagine aggiornato nel caso di specie l’accertamento non può ritenersi adeguatamente svolto, essendosi il tribunale limitato all’apodittica considerazione che come riportano le fonti internazionali la situazione di conflitto e rischio generalizzato riguarda in particolare altre zone, quali le Federally administered tribal areas Fata ed il Khyber Pakthunkwa il riferimento a fonti internazionali , senza migliore specificazione, non è sufficiente allo scopo anche tenendo conto che in altra parte della motivazione, sebbene ai fini della protezione umanitaria, lo stesso tribunale ha pur dato atto - questa volta con corredo di riferimenti alle informazioni rese dall’E. e da altre fonti - della documentata esistenza anche nel distretto di provenienza del richiedente di fatti tali da rendere la relativa condizione generale comunque assai instabile la conseguenza ritenuta - per cui al suddetto livello di instabilità non poteva esser riconosciuta una specifica rilevanza alla stregua di conflitto generalizzato - è solo genericamente enunciata, e non si capisce se tale sia l’opinione del tribunale ovvero l’attestazione tradotta dalle suddette fonti tanto comporta la manifesta fondatezza del primo motivo e il conseguente assorbimento dei profili di censura relativi alla protezione umanitaria il decreto va cassato e la causa rinviata al tribunale di Lecce, in diversa composizione, per nuovo esame il tribunale provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa il provvedimento impugnato e rinvia al tribunale di Lecce anche per le spese del giudizio di cassazione.