La domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio ai sensi dell’articolo 82 r.d. numero 37/1934 consegue soltanto ove il difensore non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.
La vicenda. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 10102/19, depositata il 10 aprile, pronunciandosi sulla domanda di revocazione di una precedente sentenza della stessa Corte Suprema che, nel dichiarare inammissibile il ricorso, aveva dichiarato estinto il giudizio condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali a favore del Ministero dell’Interno, sua controparte processuale. Il ricorrente afferma che il controricorso del Ministero avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per l’erronea notificazione dell’atto che era infatti stato notificato presso la cancelleria della Corte anziché all’indirizzo PEC del suo procuratore domiciliatario. Non avendo dunque svolto il Ministero attività difensiva in udienza, la condanna alle spese è frutto di errore materiale. Notifica. Le Sezioni Unite, con la sentenza numero 10143/12, hanno affermato che a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli articolo 125 e 366 c.p.c., apportate dalla l. numero 138/2011, «esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi del r.d. numero 37/1934 articolo 82, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’articolo 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall’articolo 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine». Ne consegue che il ricorrente soccombente non può essere condannato al pagamento delle spese di lite in favore della controparte se questa non ha fornito la prova dell’avvenuta notifica telematica del controricorso. Nel caso di specie dunque la Corte condivide le doglianze difensive posto che la notifica effettuata presso la cancelleria avrebbe dovuto essere dichiarata nulla.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 12 febbraio – 10 aprile 2019, numero 10102 Presidente Giancola – Relatore Tricomi Fatti di causa P.C. ricorre con un mezzo per la revocazione della sentenza di questa Corte numero 23107/2014 del 30.10.2014, che - nel dichiarare inammissibile il ricorso da lui proposto per ottenere la cassazione dell’ordinanza del Tribunale di Treviso che aveva dichiarato estinto il giudizio di opposizione al verbale di accertamento dell’infrazione al C.d.S. che gli era stata contestata - lo ha condannato al pagamento delle spese processuali in favore del Ministero dell’Interno, sua controparte processuale. Il Ministero dell’Interno è rimasto intimato. Il ricorso, esaminato dalla Sezione civile Sesta-Prima, è stato rimesso alla pubblica udienza con ordinanza interlocutoria numero 12696/2016. Ragioni della decisione 1. A sostegno della domanda di revocazione, P. deduce, con l’unico motivo, la violazione dell’articolo 370 c.p.p., articolo 366 c.p.p., comma 2, e articolo 91 c.p.c., assumendo che il controricorso, notificatogli dal Ministero presso la cancelleria della Corte anziché all’indirizzo di posta elettronica certificata del suo procuratore domiciliatario, indicato in ricorso, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile. Rileva, pertanto, che, poiché il Ministero non ha svolto attività difensiva in udienza, la statuizione di condanna alle spese è frutto di un errore materiale. 2. Il motivo è fondato e va accolto. 3. Le SS.UU., con la sentenza numero 10143/2012, hanno infatti affermato che, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli articolo 125 e 366 c.p.c., apportate dalla L. 12 novembre 2011, numero 183, articolo 25, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi del R.D. numero 37 del 1934, articolo 82, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’articolo 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall’articolo 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine. È stato inoltre puntualizzato che il ricorrente soccombente non può essere condannato al pagamento delle spese di lite in favore della controparte, qualora quest’ultima non abbia fornito prova dell’avvenuta notifica per via telematica del controricorso Cass. numero 27369 del 17/11/2017 . Ne consegue che nel caso di specie, in cui il procuratore della ricorrente ha indicato l’indirizzo PEC, il controricorso avrebbe dovuto essere notificato a tale indirizzo e che, in difetto, la notifica presso la cancelleria della Corte avrebbe dovuto ritenersi nulla, con conseguente rilievo dell’inammissibilità del controricorso. Non risulta, inoltre, che il Ministero abbia svolto attività difensiva all’udienza pubblica, di guisa che alcuna statuizione sulle spese avrebbe dovuto essere assunta. La statuizione di condanna del P. al pagamento delle spese processuali, fondata sull’erroneo presupposto dell’ammissibilità del controricorso, va pertanto revocata. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. Accoglie il ricorso e revoca la sentenza numero 23107/2014 limitatamente al capo relativo alla condanna alle spese del giudizio di legittimità Condanna il Ministero dell’Interno alla refusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.500,00, oltre Euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15%, accessori di legge.