Nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa l’appello doveva essere proposto con atto di citazione…

Cosa bisogna fare, dunque, nel caso in cui il ricorso è stato depositato prima dell’entrata in vigore del suddetto decreto con l’appello proposto nella forma del ricorso e non in quella dell’atto di citazione? A tale domanda risponde la Suprema Corte di Cassazione.

Così con ordinanza n. 9033/19, depositata il 1° aprile. La vicenda. Il GdP di Firenze dichiarava inammissibile, per tardività dello stesso, il ricorso presentato da una società avverso il verbale di contravvenzione al c.d.s. formulato nei suoi confronti dalla Polizia Municipale. Anche il Tribunale adito in secondo grado rigettava l’impugnazione proposta dalla medesima società. Così questa ricorre in Cassazione e resiste con controricorso il Comune. In particolare il Comune stesso, con ricorso incidentale, lamenta che l’appello avverso le sanzioni amministrative debba proporsi con atto di citazione e non con ricorso, come avvenuto in tal caso, e che per l’individuazione della tempestività del gravame è necessario far riferimento alla normativa disposta per il corretto mezzo di impugnazione. La forma dell’appello. Innanzitutto occorre specificare che nel caso in esame il ricorso è stato depositato prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2011 decreto che ha stabilito che i giudizi di opposizione ai verbali di accertamento di violazioni al c.d.s. debbano essere regolati dal rito del lavoro e dunque l’appello debba essere proposto nella forma del ricorso e pertanto la normativa applicabile è quella disposta dagli artt. 22 e 23 l. n. 689/1981. Ma poiché in tale legge non è indicato quale sia la forma dell’atto di proposizione dell’appello, è intervenuta la Suprema Corte sottolineando come nei giudizi di opposizione a sanzione amministrativa, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2011, l’appello deve essere proposto nella forma della citazione e non del ricorso. L’intervento della Suprema Corte. Cosa fare allora quando l’appello viene proposto, come nel caso in esame, nella forma del ricorso e non in quella dell’atto di citazione? Al riguardo il Supremo Collegio ricorda che in tal caso la sanatoria è ammissibile solo se tale atto sia stato non solo depositato nella cancelleria del giudice competente, ma anche notificato alla controparte nel termine previsto dal codice di rito con natura perentoria. Solo se l’atto è dotato di tutti i requisiti indispensabili al raggiungimento dello scopo, come sopra detti, esso è considerato corretto. Pertanto, nel caso in esame, emerge che la sentenza del GdP è stata depositata il 13 dicembre 2011 e poiché non veniva notificata alla controparte, da quella data è iniziato a decorrere il termine ordinario dei 6 mesi per l’impugnazione. Infatti, la ricorrente avrebbe dovuto non solo depositare ma anche notificare il ricorso in appello entro il 13 giugno 2012 e il Tribunale ha errato nel ritenere tempestivo il gravame. Da ciò deriva l’accoglimento del ricorso incidentale, con cassazione della sentenza impugnata, essendo stato dichiarato inammissibile l’appello della società.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 27 settembre 2018 – 1 aprile 2019, n. 9033 Presidente D’Ascola – Relatore Falaschi Fatti di causa e ragioni della decisione Il Giudice di pace di Firenze, con sentenza n. 9584 del 2011, dichiarava il ricorso proposto dalla società Becker, avverso un verbale di contravvenzione al C.d.S. elevato nei suoi confronti dalla Polizia Municipale di Firenze, inammissibile, per presentazione tardiva dello stesso. In virtù del gravame interposto dalla società soccombente, per la riforma della sentenza resa a seguito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Firenze rigettava l’impugnazione proposta. Avverso la pronuncia del giudice di appello n. 3069 del 2016, la Becker propone ricorso per cassazione, formulando quattro motivi. Resiste il Comune di Firenze con apposito controricorso, contenente anche ricorso incidentale affidato a tre ordini di censure. Ritenuto che il ricorso incidentale potesse essere accolto, assorbito il principale, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, su proposta del relatore, regolarmente notificato ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative. Atteso che con il primo motivo la Becker denuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 142 c.p.c., comma 2 e art. 10 Cost., comma 1, per aver il giudice d’appello erroneamente ritenuto applicabile per la notifica di atti amministrativi a soggetti residenti all’estero, nel caso di specie in Germania, la disciplina di cui all’art. 201 C.d.S., ancorché regola sussidiaria rispetto a quanto disposto all’art. 142 c.p.c., comma 2. Ha affermato, infatti, che il rinvio operato da quest’ultima normativa alla Convenzione di Strasburgo del 1977 ratificata dall’Italia e in vigore in materia di notificazione, non possa trovare attuazione, per espressa esclusione della stessa dal proprio ambito di applicazione degli atti amministrativi, nei quali rientra il verbale di contravvenzione per violazione del C.d.S. Ritenendo quindi valida la comunicazione avvenuta a mezzo posta al destinatario. Con il secondo motivo di ricorso principale si eccepisce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., comma 3 in particolare, la ricorrente lamenta l’erronea applicazione della norma citata, giacché quand’anche si fosse voluto affermare che la notifica a mezzo del servizio postale non poteva essere effettuata, il giudice del gravame ha ritenuto che il vizio non dava luogo ad una ipotesi di inesistenza della stessa, ma solo a nullità della notifica alla Becker, sanata ai sensi dell’art. 156 c.p.c., avendo essa raggiunto il suo scopo, in palese violazione del divieto posto dall’ordinamento tedesco. Con la terza censura la Becker insiste nel dolersi, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione e la falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 6 e 11, comma 2, della Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1977, del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 201, comma 1 e del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 7, comma 3, poiché errando il giudice nella corretta disciplina da applicare per le notifiche all’estero - nel caso che qui interessa, in Germania -, ha, altresì, violato il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 3, del dichiarando il ricorso inammissibile per proposizione tardiva dello stesso, non valutando conformemente alla disciplina l’individuazione del dies a quo. Precisa, infatti, che per avere un termine finale di scadenza, il c.d. dies ad quem, entro il quale dichiarare la tempestività del ricorso presentato, è necessario individuare un termine iniziale, decorrente appunto dalla notifica del verbale, che in questo caso non si può determinare a causa della erronea disciplina applicata. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., poiché il Tribunale di Firenze ha omesso di esaminare i motivi di opposizione nel merito, contravvenendo a quanto disposto dall’art. 112 c.p.c., in virtù del quale il giudice è tenuto a pronunciarsi su tutta la domanda, ed essendo i motivi parte integrante dell’oggetto del giudizio, questi devono essere esaminati e delibati dal giudice. Passando all’illustrazione del ricorso incidentale, con il primo motivo il Comune di Firenze eccepisce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 204-bis, nonché della L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 22 e 23, per avere il giudice d’appello respinto l’eccezione di inammissibilità per tardività del gravame. Nello specifico la parte ritiene che l’appello avverso le sanzioni amministrative debba proporsi con atto di citazione e non, come avvenuto, con ricorso e che pertanto per l’individuazione della tempestività del gravame è necessario osservare la normativa disposta per il corretto mezzo di impugnazione. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, l’invalidità della procura alle liti rilasciata dalla società Becker al proprio difensore di fiducia, per la sua genericità, poiché nella stessa non viene fatto riferimento alcuno al procedimento giudiziale per la quale è stata concessa, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c. e l’omessa pronuncia su un punto decisivo per il giudizio da parte del giudice di appello. Con il terzo motivo il Comune di Firenze insiste nell’eccepire, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 1796, art. 1, degli artt. 83 e 122 c.p.c., nonché degli artt. 72 e 74, disp. att. c.p.c Nella specie la pubblica amministrazione lamenta che l’autenticazione della firma del mandante, apposta dal notaio in calce alla procura alla liti, deve ritenersi come non avvenuta e/o nulla, poiché non corredata da apposita traduzione in lingua italiana redatta da un esperto, certificativa dell’attività svolta dal suddetto pubblico ufficiale. Ragioni di ordine logico giuridico impongono di esaminare in primo luogo il ricorso incidentale, in particolare il primo motivo, essendo evidente che l’eventuale giudizio positivo circa la in tempestività dell’appello sarebbe assorbente rispetto alle altre doglianze. Esso è fondato. Quanto dedotto dalla Pubblica Amministrazione trova fondamento nell’assunto che il ricorso oggetto del presente giudizio deve essere deciso sulla base della formulazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, quale risultante all’esito delle modificazioni introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 26, che ha reso appellabili le sentenze depositate dopo il 2 marzo 2006. È noto, tuttavia, che il D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, ha disposto l’abrogazione della L. n. 689 del 1981, art. 22, commi 2-7, artt. 22-bis e 23, e ha stabilito che i giudizi di opposizione a verbali di accertamento di violazioni del C.d.S., introdotti dopo l’entrata in vigore del citato D.Lgs. - avvenuta il 6 ottobre 2011 -, siano regolati dal rito del lavoro, e dunque che l’appello debba essere proposto nella forma del ricorso, con le modalità e nei termini ivi previsti. Orbene, nel caso sottoposto a codesta Suprema Corte, essendo stato il ricorso di primo grado depositato in data 14 febbraio 2011, quindi prima dell’entrata in vigore del sopra citato D.Lgs., la normativa ratione temporis applicabile è sicuramente quella disposta dalla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23. In quest’ultimo enunciato legislativo non si indica precipuamente quale debba essere la forma dell’atto di proposizione dell’appello - ricorso o atto di citazione - avverso le sentenze emesse in un giudizio di opposizione a sanzione amministrativa. Pertanto, per la risoluzione di tale ordine di problematica vi è stato un copioso intervento giurisprudenziale, terminato con l’enunciazione, da parte della Sezioni Unite di questa Suprema Corte Cass. Sez. Un. 2907/2014 , del seguente principio di diritto nei giudizi di opposizione a sanzione amministrativa, introdotti nella vigenza della L. n. 689 del 1981, art. 23, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26, e prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, l’appello deve essere proposto nella forma della citazione e non già del ricorso . Ne deriva che, in assenza di espresse indicazioni da parte del legislatore, si devono ritenere applicabile le regole dell’ordinario giudizio di cognizione e quindi giungere alla conclusione della necessaria introduzione del giudizio di appello nella forma dell’atto di citazione. Preso atto di ciò, è opportuno, altresì, precisare quale sia la sorte dell’appello proposto, come nel caso di specie, con ricorso anziché con atto di citazione. Pur vero che l’art. 159 c.p.c., comma 3, sancisce il principio di conservazione degli effetti dell’impugnazione, dovendo - ove vi sia incertezza sul corretto strumento da utilizzare nel giudizio di gravame - deve essere evitata la pronuncia di inammissibilità, tuttavia l’operatività del suindicato principio è limitata alle ipotesi in cui vi sia stato il rispetto dei termini propri del modello impugnatorio che doveva utilizzarsi. A ragione di ciò, la giurisprudenza di questa Corte da ultimo Cass. Sez. Un. 21675 del 2013 e Cass. n. 22848/2013 è saldamente orientata nel senso che, dovendosi nel rito ordinario proporre appello con citazione, nel caso in cui l’impugnazione sia stata invece proposta mediante ricorso, la sanatoria è ammissibile solo se tale atto sia stato non solo depositato nella cancelleria del giudice competente, ma anche notificato alla controparte nel termine perentorio previsto dal codice di rito. Si tratta di un orientamento fondato sull’assunto per cui la conversione, di cui all’art. 156 c.p.c., di un atto introduttivo non conformato allo specifico modello legale del procedimento che intende produrre, può realizzarsi solo se l’atto da convertire sia dotato di tutti i requisiti indispensabili al raggiungimento dello scopo dell’utile introduzione del procedimento secondo lo schema legale prescritto. Ne consegue che, come meglio specificato da questa Corte Cass. Sez. Un. 2907 del 2014 , per valutare la tempestività di una impugnazione da proporsi con atto di citazione, occorre far riferimento alla data di notifica dell’atto e non a quella del deposito nella cancelleria del giudice ad guerra, sicché la forma del ricorso non potrebbe mai considerarsi, in quanto tale, idonea al raggiungimento dello scopo dell’atto di citazione, in assenza di uno degli elementi essenziali a tale fine, quale la vocatio in ius. Orbene, nella fattispecie sottoposta all’esame di codesta Suprema Corte emerge che la sentenza del giudice di pace è stata depositata il 13 dicembre 2011 e poiché la stessa non veniva notificata alla controparte, da quella stessa data è iniziato a decorrere il termine ordinario di sei mesi per l’impugnazione, come disposto dall’art. 327 c.p.c., comma 1, ratione tempotis applicabile. Dunque, l’odierno ricorrente, in applicazione del principio sopra enunciato, avrebbe dovuto non solo depositare, bensì anche notificare il ricorso in appello de quo entro il 13 giugno 2012, per non incorrere nel difetto della vocatio in ius. Invece, dagli atti processuali si evince che il ricorso è stato notificato ben oltre il termine, e precisamente il 7 settembre 2012, non rendendo così appellabile la sentenza del giudice di prime cure, poiché passata in giudicato. Ne deriva che il Tribunale di Firenze ha errato nel ritenere tempestivo il gravame, affermando che si doveva aver riguardo alla sola data del deposito dello stesso, avvenuto il 25 maggio 2012, e non anche alla notificazione dell’atto alla controparte, posta in essere ben oltre il semestre dalla pubblicazione della sentenza di primo grado. Ritenuto pertanto la fondatezza del primo motivo del ricorso incidentale, e costituendo lo stesso questione pregiudiziale, per le ragioni sopra esposte, rimangono assorbite le restanti doglianze, sia del medesimo ricorso incidentale e sia di quello principale. In conclusione, il primo motivo del ricorso incidentale va accolto, assorbite le restanti censure del ricorso incidentale ed il ricorso principale. La sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, dichiarandosi inammissibile l’appello dalla società Becker. Stante l’accoglimento del ricorso, vanno determinate le spese dell’intero giudizio nel senso che vengono confermate le spese del giudizio di impugnazione come attribuite e quantificate dal giudice di appello, oltre a condannare la ricorrente principale anche alla rifusione di quelle di legittimità, liquidandole come da dispositivo. Stante l’accoglimento del ricorso incidentale con assorbimento di quello principale, va dato atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della stessa ricorrente, nonché del ricorrente incidentale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti i restanti motivi dell’incidentale ed il ricorso principale cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello proposto dalla società Becker GmbH & amp Co. Service KG già Becker GmbH & amp Co. Grosshandels KG confermate le spese liquidate dal giudice di appello, condanna la ricorrente principale alla rifusione anche delle spese di legittimità che liquida in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario e agli accessori come per legge.