L’uso della sede stradale per l’installazione di impianti di telecomunicazioni dà vita ad una servitù

L’art. 94 del codice delle comunicazioni elettroniche prevede che per la realizzazione di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico può essere occupata una sede idonea lungo il percorso delle autostrade. L’occupazione dà luogo ad una servitù imposta con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico previo pagamento di un’indennità fissata dall’Agenzia per il territorio.

Sul tema la Suprema Corte con l’ordinanza n. 8453/19, depositata il 27 marzo. La vicenda. Una società concessionaria dell’autostrada A3 conveniva in giudizio Telecom chiedendone la condanna al pagamento dei canoni per l’occupazione di suolo stradale, oltre che per oneri di spostamento dei cavi in occasione di lavori stradali. Il Tribunale di Milano accoglieva la domanda. La Corte d’Appello di Milano, applicando il codice delle comunicazioni elettroniche di cui al d.lgs. n. 259/2003, riformava parzialmente la decisione limitando la condanna al pagamento degli oneri di spostamento dei cavi. La sentenza viene dunque impugnata con ricorso in Cassazione. Disciplina applicabile. L’art. 25 c.d.s., di cui parte ricorrente lamenta la violazione, prevede che l’attraversamento o l’uso della sede stradale con infrastrutture di vario genere non possono essere effettuati senza autorizzazione o concessione dell’ente proprietario. L’art. 27, comma 7, prevede inoltre il pagamento di una somma che può essere stabilita dall’ente proprietario in annualità o in unica soluzione. La Corte territoriale ha ravvisato un contrasto tra tali norme e l’art. 93 del codice delle comunicazioni, risolvendo la questione a favore di quest’ultimo in quanto disposizione di attuazione della direttiva comunitaria. Questa soluzione si rivela però erronea in quanto, sottolineano gli Ermellini, l’art. 94 del codice delle comunicazione si pone come norma speciale rispetto alla precedente e regola espressamente l’uso della sede autostradale per l’installazione di reti di telecomunicazioni. L’art. 94 del codice delle comunicazioni. La norma prevede che per la realizzazione di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico può essere occupata una sede idonea lungo il percorso delle autostrade, all’interno di reti di recinzione. Si tratta di un’occupazione che dà luogo ad una servitù imposta con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico previo pagamento di un’indennità fissata dall’Agenzia per il territorio. Per gli spostamenti dei cavi eventualmente necessari a causa di lavori sulla sede autostradale, è il proprietario degli stessi che deve sostenere le relative spese. L’art. 94, comma 8, rimanda agli artt. 3 e 40 della l. n. 166/2002 che prevedono la regola dell’onerosità delle servitù previste dalle leggi in materia di trasporti, telecomunicazioni, acque ed energia relative a servizi di interesse pubblico. Ricostruito così il quadro normativo in materia, la S.C. sancisce che anche dopo l’entrata in vigore del codice delle comunicazioni elettroniche è rimasto fermo il principio per il quale l’operatore di telecomunicazioni che utilizzi la sede o le strutture autostradali per l’istallazione di cavi è tenuto al pagamento di un corrispettivo allo Stato o al concessionario o proprietario dell’autostrada , non sussistendo dunque alcun contrasto con il codice della strada. In conclusione la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 26 settembre 2018 – 27 marzo 2019, n. 8453 Presidente Armano – Relatore D’Arrigo Ritenuto La Società Autostrade Meridionali SAM s.p.a., concessionaria dell’autostrada omissis , conveniva in giudizio la Telecom Italia s.p.a., chiedendone la condanna al pagamento - dell’importo di Euro 200.975,55 a titolo di canoni per occupazione del suolo autostradale, ai sensi dell’art. 27 C.d.S., commi 7 e 8, dal 1 gennaio 2001 fino all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 codice delle telecomunicazioni , per una serie di interferenze di servizi e sottoservizi della convenuta con la sede autostradale, peraltro mai autorizzate nè dall’ente proprietario ANAS s.p.a. , nè dalla concessionaria - dell’importo di Euro 291.434,84 a titolo di oneri di spostamento , cioè dei costi sostenuti per lo spostamento dei cavi di proprietà della convenuta in occasione della realizzazione della terza corsia autostradale - dell’importo di Euro 33.579,00 quali spese di istruttoria. In contraddittorio con la società convenuta, il Tribunale di Milano accoglieva la domanda, riducendo però l’ammontare degli importi dovuti. La sentenza veniva appellata in via principale dalla Telecom s.p.a. e in via incidentale dalla SAM s.p.a La Corte d’appello di Milano riteneva applicabile al caso di specie il Codice delle comunicazioni elettroniche D.Lgs. n. 1 agosto 2003, n. 259 e, segnatamente, il divieto ivi previsto art. 93 di imporre oneri o canoni non stabiliti dalla legge per impianti di rete o per l’esercizio di servizi di comunicazione elettronica sul suolo stradale. Pertanto, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, limitava la condanna della Telecom s.p.a. ai soli oneri sostenuti da SAM s.p.a. per lo spostamento dei cavi telefonici a cagione dei lavori effettuati sulla sede stradale. Avverso tale pronuncia, la Società Autostrade Meridionali s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. La Telecom Italia s.p.a. ha resistito con controricorso. Il pubblico ministero non ha ritenuto di presentare conclusioni scritte. Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive, ai sensi dell’art. 380-bis-1 c.p.c Considerato 1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 25, 26, 27 e 231 C.d.S., del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 238 e 239, nonché del D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, artt. 94 e 95 Codice delle comunicazioni elettroniche , dell’art. 2043 c.c. e degli artt. 14 e 15 disp. gen In particolare, la SAM s.p.a. sostiene che la corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che le disposizioni contenute nel Codice delle comunicazioni elettroniche prevalgano su quelle del Codice della strada, almeno fino all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, che ha modificato l’art. 231 C.d.S., comma 3. Il motivo è fondato nei termini che seguono. 2. L’art. 25 C.d.S., entrato in vigore il 1 gennaio 1993, dispone che l’attraversamento o l’uso della sede stradale con infrastrutture di vario genere, ivi comprese le linee di telecomunicazioni sia aeree che in cavo sotterraneo, non possono essere effettuati, senza preventiva autorizzazione o concessione dell’ente proprietario. L’art. 27 C.d.S., comma 7, prevede che per l’uso o l’occupazione delle strade e delle loro pertinenze è dovuta una somma che può essere stabilita dall’ente proprietario in annualità ovvero in unica soluzione, secondo i criteri di cui al seguente comma 8. La corte d’appello ha ritenuto che tale disposizione sarebbe in contrasto con quanto invece previsto dall’art. 93 del Codice delle comunicazioni elettroniche, a mente del quale le pubbliche amministrazioni non possono imporre, per l’impianto di reti, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge. La corte territoriale ha risolto il ravvisato contrasto in favore del Codice delle comunicazioni elettroniche, e ciò in considerazione della circostanza che trattasi di una disposizione di attuazione della direttiva comunitaria in materia, la cui prevalenza rispetto alla legge interna è fuori discussione . Inoltre, il giudice d’appello ha accentuato il carattere speciale del Codice delle comunicazioni elettroniche, pertanto prevalente rispetto alla normativa generale già vigente. Ha quindi concluso ritenendo che la Telecom Italia s.p.a. non fosse tenuta al pagamento di alcun canone di uso o di occupazione della sede stradale. 2. Tale conclusione è errata per due profili. Anzitutto si deve rilevare che la domanda proposta dalla SAM s.p.a. concerne il periodo compreso fra il 2001 e il 2009. Poiché il Codice delle comunicazioni elettroniche è entrato in vigore il 16 settembre 2003, almeno per i primi due anni i canoni previsti dall’art. 27 C.d.S., comma 7, erano certamente dovuti, non esistendo la norma contrastante su cui si fonda la decisione impugnata. 3. In secondo luogo, la corte d’appello ha omesso di rilevare che il caso specifico dell’uso della sede autostradale per l’istallazione di reti di telecomunicazioni è espressamente regolato dall’art. 94 del Codice delle comunicazioni, che costituisce norma speciale rispetto alla regola generale fissata dal precedente art. 93. In particolare, l’art. 94 prevede che per la realizzazione di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, può essere occupata una sede idonea, lungo il percorso delle autostrade, gestite in concessione e di proprietà del concessionario, all’interno delle reti di recinzione. Tale occupazione dà luogo ad una servitù che viene imposta, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, previo pagamento di un’indennità nella misura stabilita dall’ufficio provinciale dell’Agenzia del territorio. Qualora in seguito si renda necessario provvedere all’allargamento o ad altre modifiche della sede autostradale, il proprietario dei cavi di comunicazione elettronica deve provvedere a proprie spese allo spostamento dei propri impianti nella nuova sede indicata dal concessionario o proprietario dell’autostrada. L’art. 94, comma 8, Cod. comunicazioni stabilisce altresì che le disposizioni del presente articolo sono integrate da quelle di cui alla L. 1 agosto 2002, n. 166, artt. 3 e 40 Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti . La L. n. 166 del 2002, art. 3 pone la regola dell’onerosità delle servitù previste dalle leggi in materia di trasporti, telecomunicazioni, acque ed energia, relative a servizi di interesse pubblico. Il successivo art. 40 fissa come obbligatoria, nei lavori di costruzione e di manutenzione straordinaria di strade ed autostrade la cui esecuzione comporti lavori di scavo del sottosuolo, la realizzazione di cavidotti per il passaggio di cavi di telecomunicazioni l’accesso a tali strutture da parte degli interessati avviene a fronte del pagamento di un corrispettivo commisurato alle spese aggiuntive sostenute per la realizzazione dei cavidotti. 4. Dunque, anche dopo l’entrata in vigore del Codice delle comunicazioni elettroniche è rimasto fermo il principio per il quale l’operatore di telecomunicazioni che utilizzi la sede o le strutture autostradali per l’istallazione di cavi è tenuto al pagamento di un corrispettivo allo Stato o al concessionario o proprietario dell’autostrada. Tale corrispettivo è dovuto sia nel caso in cui la rete di telecomunicazioni venga realizzata lungo il percorso dell’autostrada all’interno delle reti di recinzione, sia qualora - per i percorsi autostradali di nuova costruzione - si utilizzino i cavidotti appositamente realizzati, sia - infine - quando sia necessario spostare l’impianto per far spazio ai lavori di ampliamento della sede stradale. Il contrasto fra il Codice della strada e il Codice delle comunicazioni elettroniche ravvisato dalla corte d’appello, pertanto, non sussiste. Entrambe le discipline sono ispirate al principio dell’onerosità dell’uso della sede autostradale da parte dell’operatore di telecomunicazioni. Le sole novità introdotte dal Codice delle comunicazioni elettroniche consistono nell’individuazione delle competenze del Ministro dello sviluppo, quanto all’adozione del decreto impositivo della servitù, e dell’Agenzia del territorio, per quel che concerne la determinazione dell’indennità dovuta al gestore della sede autostradale. 5. Del resto, il coordinamento fra i due corpi normativi è assicurato dall’art. 231 C.d.S., comma 3. Tale disposizione prevedeva, nella sua originaria formulazione, che continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al libro quarto, titolo I, capo VI, del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, approvato con D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 . Fra le disposizioni richiamate vi era anche l’art. 239, che, nel disporre che gli impianti di telecomunicazioni potessero essere realizzati anche lungo il percorso delle autostrade, rimetteva all’Ufficio tecnico erariale il compito di stabilire la misura dell’indennità da pagarsi al proprietario per l’acquisizione della servitù. Il menzionato D.P.R. n. 156 del 1973, art. 239 è stato abrogato dal Codice delle comunicazioni elettroniche e il rinvio a quella parte del Testo unico in materia postale e di telecomunicazioni contenuto nell’art. 231 C.d.S. è stato aggiornato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 1, comma 6, che lo ha sostituito facendo riferimento al capo V del titolo II del Codice delle comunicazioni elettroniche. 6. In conclusione, il primo motivo è fondato e deve essere accolto. La corte d’appello ha errato nel ritenere che il Codice delle comunicazioni elettroniche affermi il principio della gratuità dell’istallazione di linee di telecomunicazioni lungo le sedi autostradali. Di conseguenza, ha parimenti errato nel ravvisare una discontinuità fra tale disciplina e le regole precedentemente poste dal Codice della strada. Non sussistendo un simile contrasto fra i due codici, si è inutilmente soffermata sulla questione della prevalenza dell’uno sull’altro. Piuttosto, avuto riguardo all’arco temporale che costituisce oggetto della domanda formulata dalla SAM s.p.a., avrebbe dovuto verificare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma determinata ai sensi dell’art. 27 C.d.S., commi 7 e 8, fino all’entrata in vigore del Codice delle comunicazioni elettroniche 16 settembre 2003 e poi, per il periodo successivo, per il pagamento di un’indennità nella misura stabilita dall’art. 94 Cod. comunicazioni. 7. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano, affinché si attenga, nel prosieguo, ai principi di diritto sopra esposti. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.