Al “termine lungo” per l’impugnazione vanno aggiunti i 31 giorni della “nuova” sospensione feriale

Il periodo di sospensione feriale decorre dal 1° agosto al 31 agosto, per cui sono 31 i giorni da considerare, in aggiunta al termine lungo”, per valutare la tempestiva proposizione dell’impugnazione.

La Sez. III civile della Cassazione sentenza n. 6592/19, depositata il 7 marzo , tratta solo di sfuggita un argomento estremamente importante e delicato, vale a dire quello del risarcimento del danno legato alla commercializzazione di medicinali con effetti collaterali molto gravi infatti, il ricorso viene deciso facendo valere aspetti prettamente processuali. Il caso. Una società che commercializzava un farmaco per fronteggiare il dolore collegato a patologie oncologiche, veniva convenuta in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni richiesta basata sulla circostanza che detta società non aveva tempestivamente reso noto un grave effetto collaterale del farmaco stesso la osteonecrosi della mandibola. Più in dettaglio, secondo gli attori, la società, pur informata, aveva tardivamente evidenziato in Italia la pericolosità del prodotto farmacologico che, contenendo bifosfonati, esponeva coloro che lo assumevano al rischio di insorgenza di gravi effetti collaterali rischio che era stato reso noto attraverso l'inserimento dell'informazione nel foglietto illustrativo del farmaco solo dopo qualche anno da quando la circostanza era stata resa nota dalla comunità scientifica. In primo grado la richiesta risarcitoria veniva respinta. Anche in appello le domande venivano respinte. Seguiva il ricorso per cassazione. Il ricorso per cassazione era tardivo? Una prima questione processuale affrontata dalla S.C. riguarda l’eccepita tardività del ricorso per cassazione, notificato, secondo le tesi a sostegno dell’eccezione, con un giorno di ritardo in ragione del termine della sospensione feriale, ormai limitato ad un mese”. A tale proposito la Cassazione precisa che non si tratta di un mese” di sospensione feriale, bensì di 31 giorni”. Secondo un più generale principio, infatti, per i termini mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall'impugnazione ex art. 327 c.p.c., si osserva, a norma degli artt. 155, comma 2, c.p.c. e 2963, comma 4, c.c., il sistema della computazione civile, non ex numero bensì ex nominatione dierum , nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini. Sulla scorta di questi ormai pacifici principi, il ricorso per cassazione è stato considerato tempestivamente proposto. L’inammissibilità del ricorso quanto al merito” del giudizio. Come accennato, il tema sostanziale portato all’attenzione della Suprema Corte era particolarmente delicato e rilevante. Infatti, secondo la tesi degli attori in primo grado, si trattava, come ricordato, della asserita responsabilità di una casa farmaceutica per aver commercializzato un farmaco con effetti collaterali estremamente gravi, senza aver tempestivamente avvisto di ciò i fruitori del farmaco stesso, nonostante la casa farmaceutica fosse già in possesso di allarmanti notizie al riguardo. Ma ogni censura al riguardo non ha superato il vaglio di ammissibilità. In particolare, secondo gli Ermellini, le censure nel merito” della questione poggiavano su una lettura non completa della motivazione offerta dalla Corte territoriale, per cui, proprio in ragione della motivazione sottesa alla decisione di appello, le censure fatte valere in Cassazione dovevano ritenersi inammissibili perché i giudici di secondo grado – secondo gli Ermellini – aveva reso una motivazione logica, sufficiente e pertanto immune dal vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. In definitiva, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 dicembre 2018 – 7 marzo 2019, n. 6592 Presidente Amendola - Relatore Di Florio Svolgimento del processo 1. M.V. , I. , E.M. , F. ed Im. in qualità di eredi di S.E. , N.C. e M.T. in qualità di eredi di R.R. nonché A.A. in qualità di erede di SC.Lu. ricorrono, affidandosi ad un unico motivo, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva rigettato l’impugnazione proposta avverso la pronuncia del Tribunale di Busto Arsizio/Saronno con la quale erano state respinte le loro domande volte ad ottenere, ex art. 2050 c.c., il risarcimento dei danni subiti a causa dell’utilizzazione del farmaco Zometa , prodotto e commercializzato dalla Novartis Farma Spa ed assunto per fronteggiare il dolore collegato a patologie oncologiche lamentavano, per ciò che interessa in questa sede, che, come effetto collaterale, era stata da loro contratta la osteonecrosi della mandibola in termini scientifici Bronj ed assumevano che il danno era derivato dal ritardo con cui la Novartis, pur informata, aveva evidenziato in Italia la pericolosità del prodotto farmacologico che, contenendo bifosfonati, esponeva coloro che lo assumevano al rischio di insorgenza di gravi effetti collaterali, rischio che era stato reso noto attraverso l’inserimento dell’informazione nel foglietto illustrativo del farmaco solo dopo qualche anno da quando la circostanza era stata resa nota dalla comunità scientifica. 2. L’intimata ha resistito con controricorso e memoria. 3. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto. Motivi della decisione 1. Devono essere preliminarmente esaminate le eccezioni sollevate dalla controricorrente concernenti la tardività del ricorso, il difetto di procura speciale conferita dai ricorrenti al difensore ed, infine, il difetto di legittimazione attiva di N.C. e M.T. per mancata prova della qualità di eredi di R.R. , deceduta nelle more del giudizio. Tutti i rilievi sono infondati. 1.1. Quanto alla tardività del ricorso che, in tesi, sarebbe stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica il giorno successivo allo spirare del termine di decadenza dell’impugnazione, si osserva che il computo formulato dal contro ricorrente è erroneo, nella parte in cui, pur dando atto della modifica introdotta dal decreto L. n. 132 del 2014, convertito nella L. n. 162 del 2014, ritiene che il periodo di sospensione feriale sia pari ad un mese e vada calcolato ex numerationE dierum cfr. pag. 5 controricorso la modifica introdotta prevede, invece, che il relativo periodo decorra dall’1 al 31 agosto ed ammonti, pertanto, a 31 giorni. A ciò consegue che - pacifico che la sentenza venne pubblicata il 27.5.2016 e che debba applicarsi il termine semestrale oltre al periodo di sospensione feriale nella misura testé indicata - l’ultimo giorno utile per la notifica era proprio il 28 dicembre 2016, data in cui l’incombente, per la parte riguardante il ricorrente, è stato effettivamente eseguito il computo, infatti, deve essere effettuato ex numerazione dierum per quanto riguarda il termine di cui all’art. 327 c.p.c., da calcolare a mesi , e deve essere aggiunto il periodo di 31 giorni di sospensione previsto dalla L. n. 742 del 1969, art. 1, nella formulazione novellata dalla legge del 2014 sopra richiamata cfr. al riguardo cfr. Cass. 11491/2012 Cass. 22699/2013 . 1.2. Quanto al difetto di procura speciale e la mancata attestazione di conformità della copia del ricorso all’originale, l’eccezione è, prima facie, inammissibile in quanto manca di autosufficienza e non chiarisce se il rilievo che presenta connotati del tutto generici - si riferisca alla procura o all’atto introduttivo cfr. pag. 7, secondo cpv del controricorso in ogni caso, si osserva che il ricorso presenta, in epigrafe, il riferimento al mandato rilasciato in calce su foglio separato che è presente in atti ed dotato di specialità in quanto richiama, nel testo, espressamente il ricorso per cassazione. 1.3. Infine, quanto al difetto di legittimazione attiva di N.C. e M.T. , si osserva che il rilievo non ha pregio risulta infatti prodotto il certificato di morte di R.R. e lo stato di famiglia dai quali si evince la qualità di eredi dei ricorrenti cfr. docomma 4 e 5 fascomma giudizio di cassazione . 2. Sul ricorso. 2.1. Con unico motivo, i ricorrenti lamentano, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, l’omesso esame di un punto decisivo della controversia nonché l’assenza di motivazione e la violazione dell’art. 2050 c.c., e art. 24 Cost. assumono che la Corte territoriale aveva svolto, su un punto decisivo della controversia, una disattenta ed immotivata lettura degli esiti dell’elaborato peritale con il quale era stato evidenziato che l’allarme della comunità scientifica era stato recepito in Italia con un ritardo di almeno due anni, ritardo che aveva determinato conseguenze devastanti e mortali per i pazienti ai quali era stato somministrato il farmaco Zometa e che, contraddittoriamente, i giudici d’appello, da una parte avevano condiviso l’operato dei periti che avevano confermato il nesso etiologico fra la somministrazione del farmaco e l’insorgenza della osteonecrosi della mandibola, e dall’altra avevano disatteso la parte decisiva dell’accertamento tecnico che aveva individuato il ritardo di ben due anni nel recepimento dell’allarme formulato dalla comunità scientifica. 2.2. Il motivo è inammissibile sia perché non coglie la ratio decidendi della sentenza e prospetta un vizio di motivazione incoerente rispetto al percorso argomentativo sviluppato sia perché difetta di autosufficienza, non riportando i passaggi della CTU sui quali si fonda la critica prospettata. La Corte territoriale, infatti, confermando la sentenza di primo grado, sia pur con diversa motivazione, ha affermato che - tenuto conto del petitum e della causa petendi, circoscritta alla responsabilità della società Novartis per aver ritardato di evidenziare, nel foglietto illustrativo, gli effetti collatelari del farmaco fino al 2006 - la domanda doveva ritenersi infondata, perché dalla documentazione prodotta ed esaminata dai CTU emergeva che l’avviso del rischio di osteonecrosi era stato inserito nel 2004 senza alcun ritardo, rispetto alle certezze scientifiche raggiunte che, a quello stadio, potevano soltanto consentire l’introduzione della rettifica/integrazione nel bugiardino . 2.3. I giudici d’appello hanno, infatti, chiaramente esplicitato le conclusioni della CTU e le hanno confrontate con le risultanze del Bollettino di informazione farmaci n. 2/2006 e con il provvedimento AIFA 9.11.2006, traendo conclusioni coerenti rispetto alle non complete certezze raggiunte con gli accertamenti svolti. Al riguardo, va precisato che la censura proposta omette di trascrivere la motivazione della sentenza nella parte successiva a quella oggetto del rilievo mosso con la quale è stato precisato che pur essendo vero che - come ricordano gli appellanti - i CTU nominati nel primo giudizio hanno scritto che l’allarme della comunità scientifica è stato recepito in Italia dalla Novartis con un ritardo di almeno due anni questa Corte non può esimersi dal constatare che tale affermazione appare di non chiarissima comprensibilità, una volta letta contestualmente al testo del Bollettino di informazione dei farmaci n. 2/2006 e a quello del provvedimento Aifa 9.11.2006, peraltro espressamente citati dai CTU, perché - nel primo si legge v. pag. 81, docomma 21 Novartis, all. 12 CTU che le schede tecniche dei. farmaci contenenti bifosfonati per via endovenosa come quelli in esame NDE sono state aggiornate nel 2004 e contengono precauzioni riguardo alla osteonecrosi della mandibola. A breve saranno aggiornate anche quelle dei bifosfonati per via orale - nel secondo si legge che l’ordine di modifica riguardava i medicinali contenenti bifosfonati, escluso acido pamidromico ed acido zolendronico cioè, incontestabilmente Aredia e Zomeda NDE il cui materiale informativo doveva quindi ritenersi essere già stato modificato cfr. pag. 8 sentenza impugnata . 2.3. La decisione, fondata sulle argomentazioni sopra riportate, mostra coerenza e non presenta profili di apparenza in quanto si riferisce al provvedimento AIFA che, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Farmaco docomma 21 delle produzioni del controricorrente risale al novembre del 2006 ed impose di integrare gli stampati dei medicinali contenenti bifosfonati, escluso acido pamidromico ed acido zolendronico l’indicazione è stata ascritta dalla Corte al risultato del pregresso aggiornamento scientifico e supera, dunque, la censura proposta con la quale si lamenta l’omissione di cautela della Novartis nel 2006, omissione che invece, rispetto a quell’anno, da una parte è stata ritenuta infondata non potendo un’azienda farmaceutica inserire dette precisazioni sul materiale informativo prima che il fondamento scientifico sia stato maturato raggiungendo un sufficiente grado di certezza cfr. pag. 7 della sentenza , e dall’altra non risulta neanche tempestivamente dedotta perché l’originaria allegazione è riferita ad epoca precedente, in cui la comunità scientifica non aveva ancora acquisito certezza sugli effetti del farmaco, tale da imporre l’introduzione degli avvisi nelle illustrazioni del bugiardino cfr. pag. 6 della sentenza di primo grado riportata nella pronuncia impugnata . La Corte, al riguardo, ha anche specificato che il rigetto della domanda era imposto da un non consentito tentativo di modifica oltre i termini perentori stabiliti per la definizione del thema decidendum cfr. pag. 7 u. cpv. della sentenza . 2.4. Si ritiene, pertanto, che la Corte abbia reso sul punto una motivazione congrua, logica e sufficiente e, pertanto, immune dal vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e che, per il resto, il ricorso sia privo di autosufficienza in quanto la CTU alla quale il motivo si riferisce non è stata in esso riportato né è stata indicata la sede processuale in cui essa può essere rinvenuta cfr. ex multis Cass. 14784/2015 Cass. 10072/2018 Cass. 29093/2018 . 3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. P.Q.M. La Corte, dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.