Lo sforamento minimo del limite di velocità non basta a salvare l’automobilista

Riprende sostanza il verbale comminato dalla Polizia municipale nei confronti di una donna beccata a 57 chilometri orari su una strada con limite fissato a 50 chilometri orari. Applicando l’abbattimento previsto per legge, si parla di un eccesso di velocità per soli 2 chilometri. Ciò però non è sufficiente per escludere la colpa della persona alla guida.

Appena 7 chilometri sopra il limite di velocità, ridotti poi a 2 con l’abbattimento percentuale previsto per legge. Questi dati non sono però sufficienti, secondo i giudici, per ritenere non punibile l’automobilista Cassazione, ordinanza n. 6018/19, sez. II Civile, depositata oggi . Verbale. Scenario dell’episodio è la zona di Chieti. Lì, lungo una strada provinciale, la postazione di controllo della velocità allestita dalla Polizia municipale inchioda una automobilista ha superato di 7 chilometri il limite vigente su quel tratto, cioè 50 chilometri orari. Inevitabile il verbale, maldigerito dalla donna che contesta la multa. Scelta giustissima, poiché prima il Giudice di pace e poi i giudici del Tribunale annullano il verbale di contestazione emesso dalla Polizia municipale. Come si spiega questa doppia decisione? Per i Magistrati è rilevante la ridottissima velocità eccedente il limite 2 chilometri orari , anche alla luce dell’ abbattimento in percentuale previsto dalla legge . E proprio questo dato è ritenuto sufficiente per escludere la colpa della automobilista. Entità. La gioia della donna è però effimera, poiché la visione ‘buonista’ del Tribunale viene messa in discussione dai Giudici della Cassazione. In premessa viene ricordato che sul tratto di strada incriminato esisteva segnalazione adeguata della postazione di controllo della velocità . E subito dopo viene chiarito dai magistrati che l’entità minima dello sforamento del limite di velocità – l’autovelox ha registrato 57 chilometri orari con abbattimento ulteriore di 5 chilometri a fronte di un limite fissato a 50 chilometri orari – non basta per considerare acclarata la buonafede dell’automobilista , dando per scontato che ella sia transitata dinanzi alla postazione di controllo nella convinzione di non superare il limite segnalato . Riprende quindi sostanza il verbale firmato dagli agenti della Polizia municipale. Mentre toccherà al legale della automobilista affrontare un nuovo giudizio in Tribunale e portare ulteriori elementi a sostegno della buonafede della sua cliente.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 12 ottobre 2018 – 28 febbraio 2019, n. 6018 Presidente Correnti – Relatore Picaroni Fatti di causa 1. Il Tribunale di Chieti, con sentenza pubblicata depositata il 24 giugno 2015, ha accolto 20141 23 aprile 2014, ha rigettato l'appello proposto dal Comune di Casacanditella avverso la sentenza del Giudice di pace di Guardiagrele n. 42 del 2014, e nei confronti di Cl. Ro 2. Il Tribunale ha confermato l'annullamento del verbale di contestazione elevato dalla Polizia Municipale di Casacanditella alla sig.ra Ro. per violazione dell'art. 142, comma 7, cod. strada, accertata a mezzo autovelox sulla strada provinciale 214 Val di Foro, nel tratto in territorio del Comune indicato. 2.1. Previo rilievo che sul tratto di strada in oggetto esisteva segnalazione adeguata della postazione di controllo della velocità, il Tribunale ha ritenuto insussistente l'elemento soggettivo, tenuto conto della ridottissima velocità eccedente 2 km/h e dell'abbattimento in percentuale previsto dalla legge. 3. Per la cassazione della sentenza ricorre il Comune di Casacanditella, sulla base di due motivi, anche illustrati da memoria. Non ha svolto difese in questa sede la parte intimata. Il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte per chiedere il rigetto del ricorso. Ragioni della decisione 1. Il ricorso è fondato. 2. Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 3 L. n. 689 del 1981, e si contesta la ritenuta carenza dell'elemento soggettivo della colpa in capo all'opponente. In particolare, il Comune ricorrente sottolinea l'incongruità dell'argomento utilizzato dal Tribunale per supportare la decisione, e cioè il ridotto sforamento del limite di velocità, in assenza di prova di circostanze esimenti da parte del trasgressore. 3. Il motivo, che coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, è fondato. 3.1. A fronte dell'accertato superamento del limite di velocità e previo rilievo che la postazione di rilevamento era adeguatamente segnalata, il Tribunale ha ritenuto insussistente l'elemento psicologico in considerazione della entità minima dello sforamento 2 km/h , e dell'abbattimento in percentuale previsto dalla legge, donde la verosimiglianza che il conducente fosse transitato dinanzi alla postazione di controllo convinto di non superare il limite segnalato. Aggiunge poi il Tribunale, che il tachimetro della vettura potrebbe aver indicato una velocità errata, seppur di poco, rispetto a quella reale. 3.2. In realtà, per quanto si possa convenire sul rilievo che nella fattispecie l'entità dello sforamento del limite di velocità sia stata minima limite di 50 km/h, velocità registrata 57 km/h, abbattimento di 5 km/h in applicazione dell'art. 345 D.P.R. n. 495 del 1992 , nondimeno tale elemento non integra la buona fede del conducente, necessaria per superare la presunzione di colpa. Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte regolatrice, la responsabilità dell'autore dell'infrazione non è esclusa dal mero stato di ignoranza circa la sussistenza dei relativi presupposti, ma occorre che tale ignoranza sia incolpevole, cioè non superabile dall'interessato con l'uso dell'ordinaria diligenza ex piurimis, Cass. 15/01/2018, n. 720 Cass. 11/06/2007, n. 13610 . Per configurare l'esimente della buona fede, che rileva come causa di esclusione della responsabilità amministrativa, occorrono elementi positivi idonei ad ingenerare nell'autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e risulti altresì che il trasgressore abbia fatto tutto il possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso. Letta in questa prospettiva, che è l'unica conforme al sistema dell'illecito amministrativo, la sentenza impugnata si rivela carente dell'indicazioni di elementi concreti dai quali desumere ragionevolmente la buona fede del trasgressore, e ciò comporta la violazione dell'art. 3 I. 689 del 1981. 5. Risulta inammissibile il secondo motivo di ricorso, che prospetta il vizio di motivazione al di fuori del paradigma delineato dall'art. 360, n. 5, cod. proc. civ. nel testo vigente, applicabile ratione temporis al presente giudizio, come enucleato dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte regolatrice a partire da Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053 . L'art. 360, n. 5, nel testo introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, da intendersi nell'accezione storico-fenomenica, quindi non un punto o un profilo giuridico. 6. All'accoglimento del primo motivo segue la cassazione della sentenza impugnata relativamente al motivo accolto, con rinvio al giudice designato in dispositivo che procederà ad un nuovo esame della domanda, alla luce del principio richiamato, provvedendo anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata relativamente al motivo accolto e rinvia, anche per spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Chieti, in persona di diverso magistrato.