Contestazione dei consumi telefonici: cosa fare se la società deposita i tabulati e cosa se non li deposita

A fronte di una presunzione di corretta contabilizzazione dei costi, in caso di contestazione, spetta al consumatore provare, anche per presunzione, la presenza di elementi anomali idonei ad inficiare e annullare la garanzia di corretta contabilizzazione. In caso di mancato deposito dei tabulati da parte del gestore telefonico, spetta al consumatore chiedere l’ordine di esibizione della documentazione ex art. 210 c.p.c

Tale in sintesi il contenuto dell’ordinanza della Corte di Cassazione numero 4323/19, depositata il 14 febbraio, che ora andiamo ad analizzare più da vicino. I fatti di causa. Una consumatrice conviene in giudizio Telecom Italia per chiedere l’accertamento negativo della debenza dei consumi addebitatile in termini di telefonate e connessioni ad internet con due fatture nonché l’immediato ripristino della linea telefonica e la condanna al risarcimento del danno subito in conseguenza del distacco ritenuto illegittimo . La sua domanda viene accolta in primo grado, va poi la donna soccombe in secondo grado e, come stiamo per vedere, anche in grado di legittimità. Il nodo della vicenda processuale si concentra tutto, secondo la Corte di Cassazione, nel mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’attrice. Uno dei punti settori più scivolosi nelle controversie attinenti alla contestazione dei consumi nei rapporti di consumo riguardanti rapporti di fornitura, attiene proprio al corretto adempimento dell’onere probatorio ed alla distribuzione dello stesso tra le parti. A fronte della contestazione dei consumi da parte del consumatore, cosa spetta fare alla compagnia costituita in giudizio per difendersi? È sufficiente che depositi i tabulati? Cosa invece spetta fare al consumatore, e nel caso di deposito, e anche nel caso di mancato deposito dei detti tabulati? Queste le domande cui la Corte risponde nell’ordinanza in commento. I motivi di ricorso. Con il primo motivo la donna contesta, nella sentenza del tribunale, il mancato rispetto degli artt. 115 e 116 c.p.c. secondo la ricorrente la sentenza è errata per non avere adeguatamente valutato le risultanze probatorie a sostegno della domanda attorea prove documentali testimoniali, queste ultime volte relativa alla interruzione della linea internet tra la prima e la seconda fattura la denuncia alla polizia postale . Viceversa, Telecom non ha fornito il dettaglio delle connessioni ad internet e non ha provato la circostanza che sulla linea non si fossero inseriti pirati informatici. Con il secondo motivo la consumatrice addebita a Telecom la violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., dunque un comportamento scorretto, dato dalla tardiva comunicazione degli elevati consumi, pervenuta solo con la fattura, e non sin dall’inizio, elemento che ha consentito la lievitazione dell’importo inoltre, osserva la ricorrente, un comportamento corretto avrebbe richiesto la sospensione precauzionale del servizi e, data la consapevolezza della possibile provenienza illecita del traffico, l’adozione di iniziative di natura cautelare onde non incorrere nei reati di ricettazione in relazione alla frode informatica e omessa denunzia di reato da parte di incaricato di pubblico servizio . Statuisce la Corte che il richiamo agli artt. 115 e 116 c.p.c. è errato. Essa spiega, infatti, che la violazione dell’art. 115 c.p.c. è deducibile in grado di legittimità solo per contestare che la decisione è avvenuta sulla base di prove disposte dal giudice e non dalle parti dal p.m. nei casi in cui la legge non gli consente tale iniziativa salvo il dovere di valutare i fatti non contestati dalla pare costituita e ferma restando sempre la possibilità di decidere sulla base di nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza”. Mentre, continua la Corte, l’art. 116 c.p.c. è richiamabile in grado di legittimità solo per contestare il mancato esame delle prove addotte dalla parte a sostegno della propria richiesta infatti, la valutazione delle prove non legali per quelle legali non c’è margine di libero apprezzamento, essendo le stesse valutate dallo stesso legislatore è rimessa all’apprezzamento del giudice. Il motivo di ricorso va oltre i limiti suddetti e si traduce, spiega la Corte, in una richiesta di nuova valutazione delle prove, non ammessa in grado di legittimità. Aggiunge, ad ogni modo, la Corte una serie di considerazioni. In primis , rileva che la ricorrente non ha dato prova di non avere potuto utilizzare internet l’interruzione è infatti avvenuta dopo le due fatture contestate, e non tra la prima e la seconda, come invece affermato dalla ricorrente. La condanna da parte dell’Antitrust richiamata dalla ricorrente riguarda connessioni a numeri satellitari o numeri speciali non geografici e dunque è irrilevante nel giudizio de quo, riguardante la contestazione dell’addebito di un numero elevato di ore di navigazione in internet. Contro la presunzione di corretta contabilizzazione dei costi è necessaria la prova delle anomalie. La Corte si sofferma poi sulla giurisprudenza richiamata dalla ricorrente, segnatamente Cass. numero 1236/2003, rilevando che non le giova in quella decisione, infatti, spiega la Corte, si statuì che a fronte di una presunzione di corretta contabilizzazione dei costi, fosse onere del cliente dare prova, anche per presunzioni, della possibile presenza di elementi anomali, idonei ad inficiare ed annullare la garanzia di corretta contabilizzazione elementi quali ad es., la prova di avere custodito con diligenza l’impianto, elementi indiziari sicuri idonei a far ragionevolmente presumere la probabile inesattezza delle rilevazioni del contatore Cass. numero 4323/2019, etc. . In tale ottica, si prosegue, nel caso di specie le ipotesi della ricorrente della presenza di dialer non possono assurgere a valore di presunzione che è la conseguenza che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato v. art. 2727 e ss. c.c. circa l’errata contabilizzazione e la presenza di terzi sulla linea. Contro la mancata esibizione del tabulato, istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c La stessa giurisprudenza richiamata dalla ricorrente, prosegue la Corte, esclude che valga come prova presuntiva la mancata esibizione, da parte del gestore telefonico, dei tabulati indicanti il dettaglio dei siti visitati. Nel caso oggetto del giudizio, la Corte osserva che Telecom ha fornito il dettaglio delle telefonate da cui emerge la regolarità della contabilizzazione , ma non il dettaglio dei siti visitati ebbene, al fine di dimostrare la presenza di dialer, la ricorrente avrebbe dovuto chiedere l’ordine di esibizione, ex art. 210 c.p.c. come statuito dl tribunale , della documentazione di dettaglio relativa alla visitazione dei siti e non limitarsi a mere ipotesi basate sull’impennata dei consumi circa il mancato funzionamento del contatore centrale, l’inadempimento da parte di Telecom nel garantire la sicurezza delle linee o intrusioni di terzi. Il secondo motivo, quello afferente al mancato rispetto degli artt. 1175 e 1375 c.c., non è valutato, in quanto non risulta formulato nei precedenti gradi di giudizio, né risulta trattato nella sentenza impugnata peraltro, il motivo presuppone una diesa causa petendi e petitum non si chiede una decisione circa la non debenza delle somme, ma circa il comportamento tenuto dalla controparte ed in grado di legittimità non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizi di merito, a meno che si tratti di questioni rilevabili di ufficio, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti Cass. 22/10/2013, numero 23913 Cass., 26/03/2012, numero 4787 .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 8 gennaio – 14 febbraio 2019, numero 4323 Presidente Amendola - Relatore Gorgoni Fatti di causa B.M.C. propone ricorso per la cassazione della decisione numero 440/2017, depositata il 20/03/2017, del Tribunale di Reggio Calabria, formulando due motivi di ricorso, corredati di memoria. Resiste con controricorso Telecom Italia S.p.A La ricorrente conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Gallina RC , Telecom Italia S.p.A., di cui era cliente, affinché accertasse la non debenza delle somme indicate nelle fatture numero 3/07 e numero 4/07, l’immediato ripristino della linea telefonica e la condanna della convenuta al risarcimento dei danni causati dall’illegittimo distacco della linea telefonica. Il Giudice adito, accogliendo la domanda attorea, condannava la convenuta a disporre l’immediato ripristino della linea telefonica, dichiarava che l’attrice non aveva effettuato le telefonate e le connessioni attribuitele da Telecom Italia e condannava quest’ultima a corrispondere all’attrice Euro 4.500,00 a titolo di risarcimento dei danni ed a pagare le spese processuali. Lamentando il mancato accoglimento dell’eccezione di incompetenza per territorio e per valore del Giudice di Pace di Gallina, l’errato accertamento in negativo del proprio credito e l’erroneo riconoscimento del diritto dell’attrice al risarcimento dei danni, Telecom Italia impugnava la decisione di prime cure dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria, il quale, son la sentenza numero 440/2017, oggetto dell’odierna impugnazione, dichiarava l’incompetenza del Giudice di Pace di Galina in favore del Tribunale di Reggio Calabria, rigettava tutte le domande propose da B.M.C. e la condannava alla refusione delle spese di lite, relative ad entrambi i gradi di giudizio, sostenute da Telecom Italia. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, numero 3. La ricorrente imputa al giudicante di non avere tenuto in debito conto tutto il corredo probatorio a supporto della propria richiesta - prove documentali e testimoniali queste ultime relative al momento in cui dopo la prima fattura, ma prima della seconda, non sarebbe stato più possibile il collegamento a internet, essendo stato isolato il modem , la denuncia alla polizia postale - dal quale sarebbe stato possibile evincere l’erroneo addebito dei consumi telefonici. Telecom Italia, invece, non avrebbe soddisfatto la sua richiesta di fornire il dettaglio delle connessioni e non avrebbe provato che sulla linea telefonica non si fossero inseriti dei pirati informatici. 2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, numero 3. La tesi della ricorrente è che Telecom Italia avrebbe dovuto informarla tempestivamente anziché attendere il termine del periodo di fatturazione, dell’impennata dei consumi consentendole di intervenire prima che il sommarsi delle spese raggiungesse un importo così elevato, ovvero sospendere precauzionalmente il servizio e, data la sua consapevolezza della possibile provenienza illecita del traffico anomalo, avrebbe dovuto adottare iniziative di tipo cautelare per non incorrere nei reati di ricettazione in relazione alla frode informatica, di omessa denuncia della notizia di reato da parte di un incaricato di pubblico servizio. 3. Il ricorso non merita accoglimento per le seguenti ragioni a La violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità solo ove si denunci che il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c. , ma non per lamentare le modalità attraverso cui ha raggiunto il proprio convincimento b non è ammissibile denunciare per cassazione la violazione dell’art. 116 c.p.c., allo scopo di dare rilievo unicamente all’asserito omesso esame delle prove a sostegno della propria richiesta c la valutazione delle prove non legali è rimessa al prudente apprezzamento del giudice. 3.1. La censura della ricorrente si risolve, dunque, in una pretesa inammissibile di diversa valutazione delle risultanze che il giudice ha posto alla base della propria decisione. 3.2. Vale la pena di aggiungere che - da nessuna delle prove asseritamente non valutate dal giudice emerge l’impossibilità tecnica per la ricorrente, dato l’avvenuto isolamento del modem, di accedere ad internet, atteso che l’operazione di distacco del modem non è stata collocata precisamente nell’arco temporale antecedente la seconda fatturazione, come preteso dalla ricorrente al contrario, come è ben messo in rilievo nel controricorso, è la stessa B.M.C. a collocare tale distacco a fine maggio 2007, cioè in epoca successiva al periodo di fatturazione p. 7 ricorso , a nulla rilevando la data di recapito della fattura, certamente posteriore - la condanna di Telecom da parte dell’Antitrust invocata dalla ricorrente è inconferente nel caso di specie, perché attiene a servizi non oggetto dei fatti per cui è causa, cioè a connessioni a numerazioni satellitari o numeri speciali non geografici mentre nel caso in questione è pacifico che i costi siano dipesi da un elevato numero di ore di navigazione on line - la giurisprudenza richiamata dalla ricorrente - Cass. 28/01/2003, numero 1236 - non le giova. La decisione invocata infatti ha ritenuto che, a fronte di una presunzione di corretta contabilizzazione dei costi, spettasse al cliente fornire la prova, anche per presunzioni della ricorrenza di elementi, logici e tecnici, in ordine al possibile intervento di fattori anomali, idonei ad inficiare e annullare la garanzia di corretta contabilizzazione a tal fine è stato esemplificato che il cliente, al fine di invalidare le misurazioni, avrebbe dovuto provare di aver esercito con diligenza la custodia degli impianto e di aver, quindi, adottato le cautele atte ad impedire che soggetti, non autorizzati oppure autorizzati, potessero fare uso anomalo o illecito degli apparecchi offrire elementi indiziari sicuri idonei a far ragionevolmente presumere la probabile inesattezza delle rilevazioni del contatore, per inefficienza tecnica degli impianti esterni o per azione di terzi o per altri fattori. 3.3. Non possono ritenersi presunzioni, ex art. 2729 c.c., le congetture della ricorrente circa la presenza di dialer, inidonee ad inferire da un fatto noto, secondo le leggi naturali o logiche o di esperienza, la probabilità del verificarsi del fatto ignoto nella specie errori di contabilizzazione o incursioni di terzi sulla linea . 3.4. Tantomeno è stata ritenuta, proprio dalla giurisprudenza invocata dalla ricorrente, idonea prova presuntiva la omessa esibizione da parte del gestore telefonico dei tabulati analitici contenenti il dettaglio dei siti visitati. 3.5. Nel caso di specie, Telecom ha prodotto i tabulati telefonici riferiti al periodo 1/04/2007-31/05/2008, da cui emerge l’origine delle voci oggetto dei servizi fatturati e la regolarità della contabilizzazione. La ricorrente, al fine di dimostrare che le connessioni erano dipese dai dialer, avrebbe potuto, avvalendosi dello strumento di cui all’art. 210 c.p.c., come statuito dal Tribunale, ordinare a Telecom Italia l’esibizione dei documenti comprovanti il dettaglio analitico dei siti visitati durante la navigazione e non limitarsi a ipotizzare, sulla scorta di un’impennata dei consumi raffrontata a due fatture, errori nella contabilizzazione, il non corretto funzionamento del contatore centrale e l’inadempimento da parte del gestore telefonico dell’obbligo di garantire la sicurezza delle linee da possibili intrusioni ed attacchi da parte di terzi. 4. Quanto al comportamento asseritamente scorretto tenuto da Telecom Italia, denunciato con il secondo motivo, non risulta a questa Corte che la ricorrente abbia formulato tale contestazione ne precedenti gradi di giudizio, né tale questione risulta trattata in alcun modo nella sentenza impugnata né indicata nelle conclusioni epigrafate. Tantomeno la ricorrente ha allegato l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito o ha indicato in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto. Cass. 15/01/2018, numero 715 . 4.1. Il motivo presuppone, in particolare, una domanda a titolo diverso, con diversa causa petendi e petitum, fondata non sulla non ricorrenza del credito, ma sul comportamento tenuto da Telecom Italia. Nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo e alle questioni di diritto proposte, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, a meno che si tratti di questioni rilevabili di ufficio o, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti Cass. 22/10/2013, k numero 23913 Cass., 26/03/2012, numero 4787 . 5. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso. 6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. 7. Si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.