Il termine di prescrizione ex art. 2953 c.c. opera anche in relazione alle condanne generiche emesse in sede penale

L’actio iudicati ex art. 2953 c.c. opera anche in relazione a una pronuncia definitiva di condanna generica emessa in sede penale e, in difetto di espressa limitazione contenuta in tale pronuncia, si estende a tutte le pretese risarcitorie comunque correlate al reato, senza possibilità di ritenere soggette al termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2947 c.c. pretese relative a danni che, sebbene non specificamente dedotti nell’atto di costituzione di parte civile, siano comunque conseguenti al reato.

La fattispecie. La questione sottoposta alla Corte di Cassazione trae origine dalla decisione del Tribunale di Trento di respingere le domande avanzate dal soggetto danneggiato da un sinistro di grosse proporzioni a seguito dell’asserita prescrizione delle relative pretese risarcitorie non azionate in un correlato procedimento penale. Secondo il Tribunale, per quanto non possa negarsi l’astratta facoltà di un danneggiato di introdurre nel giudizio civile che segue quello penale nel quale abbia ottenuto una condanna generica in proprio favore, accanto alla richiesta di liquidazione dei danni già allegati e riconosciuti in sede penale, una ulteriore nuova domanda di condanna al risarcimento dei pregiudizi mai dedotti prima, questa deve ritenersi prescritta ai sensi dell’art. 2953 c.c. per quanto riguarda i danni azionati e riconosciuti in sede penale, ma non per quelli non precedentemente azionati al vaglio dei Giudici penali, per i quali vale il termine quinquennale previsto dall’art. 2947, primo comma, c.c Peraltro tale decisione è stata confermata nel corso del successivo giudizio di appello. Dopo il passaggio in giudicato della sentenza penale non opera più il termine breve” ex art. 2947 c.c Affrontando il ricorso del soccombente la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema relativo alla portata del giudicato derivante dalla condanna generica pronunciata in sede penale e sulla possibilità di escludere – come sostenuto dal ricorrente – l’applicabilità dell’actio iudicati in caso di pronuncia di condanna generica in sede penale. Accogliendo il ricorso, gli Ermellini hanno precisato che la domanda svolta con la costituzione di parte civile non richiede – ai sensi del vigente Codice di Procedura Penale e, ancor di più, ai sensi di quello previgente – la specifica indicazione delle voci di danno di cui si richiede il risarcimento e l’individuazione del nesso causale esistente fra l’illecito e ciascuna posta di danno da risarcire e che dunque la pronuncia di condanna generica emessa nel giudizio penale non richiede anche l’individuazione dei danni risarcibili e l’accertamento della loro derivazione causale dall’illecito. Pertanto la Corte di Appello come già il Tribunale hanno erroneamente affermato la necessità di correlare il giudicato sull’azione civile al contenuto della domanda. Per tali ragioni, secondo la Corte di Cassazione non possono esservi dubbi sulla portata onnicomprensiva della pronuncia di condanna generica e non risultano pertanto di alcuna utilità né l'esame dell'atto di costituzione di parte civile né quello delle conclusioni rassegnate in dibattimento. Tale conclusione è, peraltro, in linea con la consolidata giurisprudenza civile di legittimità in materia di liquidazione del danno, secondo cui, come noto, in tema di responsabilità civile, la domanda con la quale un soggetto chieda il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, senza ulteriori specificazioni, si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta. Inoltre, occorre dare continuità al principio secondo cui nella previsione normativa dell’art. 2953 c.c. deve ritenersi compresa anche la sentenza di condanna generica al risarcimento del danno, la quale, pur mancando dell’attitudine all'esecuzione forzata, contiene tuttavia, la statuizione sulla responsabilità del debitore, rispetto alla quale la successiva sentenza di liquidazione non ha altra funzione che quella di determinare in concreto la prestazione dovuta affinché sia resa attuabile la condanna già pronunziata con la precedente sentenza sull’an debeatur . Pertanto, una volta che sia passata in giudicato la sentenza penale di condanna generica al risarcimento del danno cagionato da fatto illecito, l’azione diretta alla liquidazione del quantum resta assoggettata non più alla prescrizione breve di cui all’art. 2947 c.c., ma a quella decennale ex art. 2953 c.c In conclusione la Corte di Cassazione ha affermato il principio per cui l’actio iudicati ex art. 2953 c.c opera anche in relazione a una pronuncia definitiva di condanna generica emessa in sede penale e, in difetto di espressa limitazione contenuta in tale pronuncia, si estende a tutte le pretese risarcitorie comunque correlate al reato, senza possibilità di ritenere soggette al termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2947 c.c pretese relative a danni che, sebbene non specificamente dedotti nell'atto di costituzione di parte civile, siano comunque conseguenti al reato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 28 novembre 2018 – 14 febbraio 2019, n. 4318 Presidente Amendola – Relatore Sestini Fatti di causa D.A. convenne in giudizio la Montedison s.p.a. per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito della valanga di fango, acqua, limo e detriti verificatasi il omissis , che aveva provocato fra l’altro la morte di dieci suoi congiunti, la distruzione dell’Albergo gestito dalla madre, con annessi bar e ristorante, nonché di un azienda di produzione di bibite gestita dal fratello A. e di tredici immobili. Affermò di avere patito danni morali per la perdita dei familiari, danno biologico e danni materiali per la perdita degli immobili, delle attività imprenditoriali e di tutti i beni personali e chiese il risarcimento di tutti i danni morali e materiali subiti , che quantificò in sessanta miliardi di lire, dichiarando di avere ricevuto importi a seguito delle provvisionali disposte in sede penale dal Tribunale e dalla Corte di Appello di Trento. La Montedison chiamò in causa la Snam s.p.a., la Finimeg s.p.a., la Provincia Autonoma di Trento e il Fallimento di omissis s.p.a. e nel merito eccepì, fra l’altro, l’ intervenuta prescrizione di ogni diritto , rilevando che, nel costituirsi parte civile nel precedente procedimento penale, l’attore non aveva avanzato alcuna richiesta di risarcimento del danno biologico né della maggior parte delle voci di danno materiale. Analoga eccezione fu proposta dalle terze chiamate Snam s.p.a., Provincia Autonoma di Trento e Finimeg s.p.a In corso di causa subentrarono nel giudizio la Eni s.p.a. a seguito di fusione con incorporazione della Snam e la Edison s.p.a. quale successore della originaria convenuta Montedison . Il Tribunale osservò che il giudice penale si era avvalso della facoltà, prevista dall’art. 489 c.p.p. del 1930 applicabile ratione temporis , di rimettere le parti al giudice civile per la definitiva liquidazione dei danni azionati e riconosciuti nel giudizio penale, sicché oggetto della controversia è la mera valutazione dei danni dedotti da D.A. in quel processo se non può negarsi l’astratta facoltà del danneggiato di introdurre, nel giudizio civile che segue quello penale nel quale abbia ottenuto condanna generica in proprio favore, accanto alla richiesta di liquidazione dei danni già allegati e riconosciuti in sede penale, una ulteriore, nuova domanda di condanna al risarcimento dei pregiudizi mai prima dedotti . , nella presente fattispecie ciò appare precluso dall’eccepito intervento della prescrizione più precisamente, a seguito del passaggio in giudicato della pronuncia penale avvenuto l’11.12.1990 per Montedison e Provincia Autonoma di Trento e il 6.7.1992 per Snam e omissis , il termine di prescrizione del diritto vantato dal D. era divenuto decennale ex art. 2953 c.c. , ma ciò valeva per i soli danni azionati e riconosciuti in sede penale non così per tutti gli altri danni biologico, a immobili, autovetture, aziende ecc. , dal D. non precedentemente sottoposti al vaglio dei Giudici penali per questi danni . vale il termine di prescrizione quinquennale stabilito dall’art. 2947 c.c., comma 1, applicabile ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, essendo qui intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale se, dunque, la domanda di liquidazione del risarcimento dei danni dedotti in sede penale, contenuta nell’atto di citazione notificato il giorno 1.8.2000, appare proposta tempestivamente cioè prima del decorso di dieci anni dal passaggio in giudicato della condanna generica , il diritto al risarcimento degli ulteriori danni allegati per la prima volta in questo giudizio si è invece estinto per prescrizione, essendo stata la relativa domanda proposta oltre cinque anni dopo il fatto illecito, senza che vi siano stati tempestivi atti interruttivi la liquidazione definitiva dei danni demandata al Giudice civile concerneva dunque il danno non patrimoniale patito dall’attore per la perdita di tutte e delle sole relazioni familiari elencate nella sentenza penale del Tribunale di Trento non impugnata dal D. quanto ai capi civili , nonché il danno consistito nella perdita del reddito che l’azienda alberghiera sarebbe stata in grado di produrre nell’arco di un periodo di otto anni il credito risarcitorio di D.A. per le voci di danno riconosciute in suo favore dai giudici penali danno non patrimoniale per la predita dei rapporti familiari, danno patrimoniale da perdita del reddito prodotto dall’impresa alberghiera e interessi compensativi calcolati ad oggi ammonta a complessivi Euro 1.304.077,99 dall’ammontare spettante all’attore a titolo di risarcimento debbono detrarsi gli importi erogati dalla Provincia Autonoma di Trento, il cui importo attualizzato ammonta a 2.030.753,68 Euro se si considera che l’incasso di tale complessivo importo capitale da parte dell’attore ha comportato anche minori interessi compensativi per Euro 616.135,25 . , questo giudizio non può che concludersi con l’affermazione che null’altro spetta ad D.A. oltre a quanto da lui già percepito . Provvedendo sull’impugnazione principale del D. , su quella incidentale della Provincia e su quelle incidentali condizionate dell’Eni e della Nuova Cisa già Finimeg , la Corte di Appello, ha osservato che la prescrizione decennale prevista dall’art. 2953 c.c. si applica anche nel caso di sentenza di condanna generica passata in giudicato, ma ciò pur sempre solo con riferimento e in relazione ai soli diritti che nel processo penale erano stati effettivamente azionati il D. non ha provato che il Giudice penale abbia preso in considerazione danni diversi e ulteriori rispetto a quelli espressamente da esso riconosciuti e poi tradottisi in provvisionali nei limiti della prova raggiunta , cioè il danno morale . per la morte della madre, di due fratelli, della nonna e di tre nipoti e il danno patrimoniale da lucro cessante e da mancato avviamento dell’Albergo omissis infatti, l’atto di costituzione di parte civile è stato prodotto per la prima volta solo in sede di appello, e quindi tardivamente, mentre al foglio di precisazione delle conclusioni rassegnate in sede dibattimentale non è stato fatto alcun riferimento neppure in grado di appello per effetto della condanna generica al risarcimento dei danni, passata in giudicato . il termine prescrizionale del diritto al risarcimento vantato dal D. è divenuto decennale , ma ciò vale soltanto . per i danni azionati e riconosciuti nel giudizio penale non è invece così per tutti gli altri pregiudizi biologico, a immobili, autovetture, aziende, ecc. che dal D. non risultano con certezza sottoposti al vaglio dei giudici penali , per i quali opera il termine quinquennale stabilito dall’art. 2947 c.c., commi 1 e 3 andava peraltro esclusa valenza interruttiva della prescrizione ad un atto di intimazione stragiudiziale notificato alla Provincia il 13.12.1994 e ad una successiva richiesta inviata alla Montedison il 6.6.1998 risultava, inoltre, condivisibile la quantificazione dei danni effettuata dal primo giudice ed era stata correttamente disposta la compensazione fra gli importi liquidati e le maggiori somme riscosse dal D. non soltanto in forza delle provvisionali penali, ma anche ai sensi della L. n. 10 del 1986 della Provincia di Trento tanto più che lo stesso D. aveva effettuato detta compensazione nell’elaborazione finale del quantum residuo ancora dovuto , tenuto conto del fatto che non possono aversi -senza giustificazione due attribuzioni patrimoniali che, cumulate fra loro potrebbero superare l’entità del danno risarcibile , nonché del fatto che la causa dei contributi è, nella sostanza, pur sempre la medesima, cioè quella di un indennizzo che trova il suo fondamento nell’effettività di un danno subito a seguito dei tragici eventi in omissis . La Corte ha rigettato pertanto sia l’appello principale che quelli incidentali, compensando integralmente le spese del grado. Ha proposto ricorso per cassazione il D. , affidandosi a dieci motivi hanno resistito la Provincia Autonoma di Trento, l’Eni s.p.a., la Nuova Cisa s.p.a in liquidazione e la Edison s.p.a., le ultime tre proponendo anche ricorsi incidentali condizionati ad essi ha resistito, con unico controricorso, il D. tutte le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione Il ricorso principale del d. . 1. Col primo motivo che deduce la violazione degli artt. 2909 e 2953 c.c., artt. 278 e 324 c.p.c. e art. 489 c.p.p. del 1930 , il ricorrente censura la Corte per avere la sentenza impugnata ritenuto che la condanna generica pronunciata in sede penale a favore del ricorrente, con sentenza passata in giudicato, non riguardasse tutti i danni potenzialmente riconducibili ai reati accertati in quel giudizio, ma solo le voci di danno espressamente considerate dai giudici penali ai fini della liquidazione delle provvisionali, limitando a queste la prescrizione decennale ex art. 2973 c.c. rectius 2953 assume che, stante l’ampiezza con cui tanto nel dispositivo, quanto nella motivazione della sentenza sull’an, passata in giudicato, vengono individuati i danni oggetto di condanna generica, la limitazione operata dal gravato provvedimento risulta lesiva del giudicato e che è giuridicamente errato sostenere, come ha fatto la Corte territoriale, che la domanda svolta in giudizio sia elemento imprescindibile per determinare . la portata del giudicato aggiunge che la condanna generica copre anche il danno emergente conseguente alla distruzione di immobili e aziende , ancorché per tale danno sia stata esclusa la provvisionale. 2. Col secondo motivo, che denuncia violazione degli artt. 22, 489 c.p.p. 1930 e falsa applicazione degli artt. 75, 76 e 529 c.p.p. 1988 , il ricorrente si duole che la sentenza impugnata abbia applicato -nel valutare, ai fini della delimitazione del giudicato di condanna generica, la domanda che il signor D. avrebbe dovuto svolgere nel giudizio penale di Trento del 1985 le norme del codice di procedura penale attualmente vigenti in luogo di quelle dell’abrogato codice di procedura penale approvato con R.D. 19 ottobre 1930, n. 1399, applicabile ratione temporis e che contrastano con le affermazioni dell’impugnata sentenza evidenzia che la dottrina e la giurisprudenza formatesi sulle norme del previgente codice di procedura penale avevano affermato che la parte civile poteva limitarsi alla sola costituzione in giudizio, senza necessità di individuare il tipo di azione che intendeva esercitare e di indicare l’entità dei danni, essendo sufficiente che avanzasse una richiesta di risarcimento. 3. Il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 278 e 324 c.p.c. e art. 489 c.p.p. 1930 . , per avere la sentenza impugnata fatto carico al ricorrente dell’onere di provare i singoli danni a cui riferire la condanna generica al risarcimento danni pronunciata in suo favore senza alcuna particolare limitazione a questa o a quella voce di danno nella sentenza del Tribunale di Trento passata in giudicato assume il ricorrente che, a fronte dell’ampiezza della condanna in via generica al risarcimento dei danni, senza alcuna formale esclusione dell’una o dell’altra categoria di danni pronunciata sia nel dispositivo che nella motivazione della sentenza penale posta a fondamento del presente giudizio . era semmai onere di coloro contro cui quell’ampia statuizione era diretta dimostrare l’eventuale portata più circoscritta sulla base di quegli atti costituzione di parte civile e conclusioni definitive la cui produzione è stata erroneamente posta a carico del ricorrente . 4. Il quarto motivo lamenta la violazione degli artt. 1223, 2043, 2056, 2059, 2934, 2943, 2945, 2947 e 2953 c.c., art. 278 c.p.c. e art. 489 c.p.p. 1930 per avere la sentenza impugnata valutato diversamente, ai fini della prescrizione, singoli profili di un unico ed unitario diritto, quale è sia il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, sia quello al risarcimento del danno patrimoniale nelle sue componenti del danno emergente e del lucro cessante il ricorrente rileva che la Corte, dopo aver ritenuto non prescritto il danno morale per la perdita di alcuni congiunti, ha riservato un diverso trattamento al danno biologico, senza considerare che l’uno e l’altro dei profili sopra considerati non danno vita ad autonomi danni e a consequenziali diritti al risarcimento come tali suscettibili di autonoma prescrizione , ma costituiscono mere componenti descrittive di un unico danno quello non patrimoniale analogamente censura la sentenza per il diverso trattamento riservato, in relazione al danno patrimoniale, al danno da lucro cessante e da perdita di avviamento ritenuto soggetto a prescrizione decennale e al danno emergente correlato alla lesione del medesimo diritto ossia la proprietà del medesimo Albergo , avendo per esso escluso tanto l’operatività della causa interruttiva, quanto la conversione derivante dall’actio iudiucati . 5. Col quinto motivo, viene dedotta la violazione degli artt. 1324, 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c., art. 2943 c.c., comma 4, artt. 278 e 324 c.p.c. e art. 489 c.p.p. 1930 . per avere la sentenza impugnata escluso l’efficacia interruttiva della prescrizione all’intimazione notificata alla PAT in data 13.12.1994 e alla raccomandata indirizzata a Montedison in data 6.6.1998, in quanto, a suo dire, riferite ai soli danni azionati nel giudizio penale ed oggetto delle provvisionali liquidate in favore dell’odierno ricorrente trascritti integralmente entrambi gli atti, il D. assume -quanto all’intimazione che, vista l’amplissima formulazione della richiesta di risarcimento dei danni del ricorrente, appare lesa . la regola posta dall’art. 1362 c.c., visto il carattere ampio ed omnicomprensivo della pretesa fatta valere e che, in violazione dell’art. 1363 c.c., non si è tenuto conto dell’intero contenuto dell’intimazione analoga violazione delle regole di ermeneutica contrattuale viene denunciata in relazione alla raccomandata, rilevandosi come il riferimento ivi contenuto a tutti i danni non può essere inteso come circoscritto solo ad alcuni . 6. Il sesto motivo denuncia la violazione dell’art. 2943 c.c., comma 4 per avere la Corte ritenuto inidoneo ad interrompere la prescrizione l’atto di intimazione notificato alla PAT in data 13.12.1994 con riguardo ai danni ulteriori rispetto a quelli oggetto delle provvisionali in quanto genericamente dedotti premesso che, affinché un atto possa acquisire efficacia interruttiva della prescrizione ai sensi dell’art. 2943 c.c., comma 4, è necessario e sufficiente che esso contenga l’esplicitazione di una pretesa . , idonea a manifestare la inequivocabile volontà del titolare del credito . di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto passivo , il ricorrente sostiene che l’intimazione contiene pacificamente l’esplicitazione di una pretesa nel senso richiesto dall’art. 2943 c.c., comma 4 . 7. Il settimo motivo deduce la nullità della sentenza, per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la sentenza omesso di pronunciare sull’eccezione di interruzione della prescrizione per effetto del riconoscimento ex art. 2944 c.c. sollevata dall’esponente nel giudizio di appello con riguardo ai pagamenti eseguiti nel 2001/2002 dalla Provincia Autonoma di Trento in favore del ricorrente stesso ai sensi della legge provinciale 10/86 premesso che era pacifico che la Provincia aveva effettuato in favore del D. , in base alla legge provinciale n. 10/86, dei pagamenti diretti a coprire i soli danni emergenti ossia una voce di danno, erroneamente, ritenuta prescritta nel presente giudizio , il ricorrente dà atto di avere eccepito, nel corso del giudizio di appello, che le attribuzioni degli anni 2001/2002 avrebbero dovuto indurre a ritenere la pretesa non prescritta anche sotto il profilo dell’avvenuto riconoscimento del debito ex art. 2944 c.c. e censura la Corte per non avere pronunciato su tale eccezione. 8. Con l’ottavo motivo, viene denunciata la violazione degli artt. 2056 e 2059 c.c. in relazione alla liquidazione del danno morale per la perdita dei congiunti, censurandosi la Corte per avere omesso espressamente l’esame della circostanza della contemporanea scomparsa di un gran numero di componenti della famiglia del ricorrente , sicuramente rilevante ai fini della personalizzazione del danno. 9. Il nono motivo nullità della sentenza per omessa pronuncia e conseguente violazione dell’art. 112 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 deduce l’omessa pronuncia sul motivo di appello con cui l’odierno ricorrente censurava la sentenza di primo grado per avere compensato con gli importi riconosciuti a titolo di danno morale per la perdita di congiunti e di danno da lucro cessante e perdita di avviamento dell’Albergo le provvidenze erogate nel 2001/2002 dalla Provincia di Trento in forza della legge provinciale 10/86 in quanto dirette a coprire il danno emergente assume il ricorrente che la Corte non aveva pronunciato sul punto, avendo preso posizione unicamente sul diverso profilo della natura solidaristica e non risarcitoria delle provvidenze de quibus . 10. Col decimo motivo, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1223, 2034, 2043, 2056 e 2940 c.c. e L. Provincia di Trento 1 aprile 1986, n. 10, artt. 2, 3 e 6 per avere la sentenza impugnata compensato con gli importi riconosciuti come dovuti a titolo di danno morale per la perdita dei congiunti e di danno da lucro cessante e perdita di avviamento dell’Albergo le provvidenze erogate nel 2001/2002 dalla Provincia di Trento in forza della L. Provinciale n. 10 del 1986 trascritti gli artt. 2, 3 e 6 della legge provinciale, il ricorrente evidenzia come le provvidenze dalla stessa previste fossero dirette alla realizzazione di edifici abitativi o alla ricostruzione o riparazione di alberghi, di opifici, di impianti e strutture e a sostenere i costi tecnici connessi, e -quindi a far fronte al danno emergente, cosicché, una volta ritenuto erroneamente e a distanza di anni dal pagamento di quegli importi prescritto quel danno , i relativi importi non potevano essere detratti da quanto dovuto per altri e diversi pregiudizi, quali quelli ritenuti non prescritti dall’impugnata sentenza né alcun significato poteva riconoscersi alla circostanza che lo stesso D. avesse detratto tali provvidenze dagli importi richiesti a titolo di risarcimento, giacché la domanda risarcitoria riguardava non soltanto le voci riconosciute come non prescritte dalla Corte, bensì tutti i danni, compresi quelli emergenti . Il ricorso incidentale condizionato della edison s.p.a 11. Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, la EDISON s.p.a. deduce la violazione dell’art. 539 c.p.p., comma 1, e art. 651 c.p.p. . per avere la sentenza impugnata respinto il primo motivo di appello incidentale di Edison, ed avere riconosciuto efficacia di giudicato alla sentenza penale di condanna generica pronunciata in sede penale sostiene la ricorrente che, qualora trovasse accoglimento il primo motivo del ricorso principale, diverrebbe attuale l’interesse di Edison a proporre ricorso incidentale condizionato avverso il capo della sentenza di appello con cui, a pag. 37, la Corte territoriale . ha attribuito alla sentenza di condanna generica efficacia di giudicato ancorché con riferimento ai soli diritti che nel processo penale erano stati effettivamente azionati richiama al riguardo Cass. Pen. n. 42684/2015 a mente della quale la condanna generica al risarcimento del danno di cui all’art. 539 c.p.p., comma 1, . non ha . efficacia di giudicato in ordine alle conseguenze economiche dell’illecito commesso dall’imputato e sostiene che nel caso di specie non si applicherebbe la norma di cui all’art. 2953 c.c. -invocata dal ricorrente principale ed i diritti azionati dal D. sarebbero irrimediabilmente prescritti, applicandosi a questi il termine quinquennale di cui all’art. 2947 c.c. . Più specificamente, trascrive alcuni passaggi della sentenza del Tribunale penale di Trento in cui si afferma che, ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni non è necessario che il danneggiato fornisca prova degli stessi, essendo sufficiente che il fatto illecito accertato risulti potenzialmente idoneo a produrre i danni stessi, e in cui si conclude che l’azione civile va accolta emergendo il fumus boni iuris dell’azione stessa in relazione alla potenzialità lesiva del fatto dannoso e alla esistenza di un nesso di causalità evidente tra quest’ultimo ed il pregiudizio lamentato, che è quanto necessario e nel contempo sufficiente ai fini della pronuncia meramente dichiarativa di condanna generica evidenzia che la sentenza di condanna generica emessa dal Tribunale di Trento non ha autorità di giudicato in relazione al diritto al risarcimento vantato . dal D. ed esclude pertanto che possa ritenersi verificato il presupposto per l’applicazione del termine prescrizionale decennale previsto dall’art. 2953 c.c., cosicché non sono da liquidare all’attore ulteriori importi, oltre a quelli già percepiti . Il ricorso incidentale condizionato di eni s.p.a 12. Col primo motivo, viene dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 163 c.p.c., nn. 3 e 4, artt. 166 e 167 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per essere l’atto di citazione parzialmente nullo, ed in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, ove rileva omessa pronuncia sul punto od omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio premesso che l’ENI aveva eccepito e riproposto in appello la nullità delle domande dell’attore volte al riconoscimento del danno biologico, di quello da lucro cessante per la cessazione dell’azienda di bibite e di quello per la perdita dei beni mobili, la ricorrente assume che -diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale la nullità non poteva considerarsi sanata dalla costituzione della Montedison. 13. Il secondo motivo deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2947 c.c., comma 3 e art. 2953 c.c. assume la ricorrente che, mentre il principio previsto dall’art. 2947 c.c., comma 1 è norma di carattere generale, il disposto del 3 comma è norma speciale, non solo con riferimento al comma 1 dello stesso articolo, ma anche riguardo al disposto dell’art. 2953 c.c. contesta dunque la possibilità di applicare l’art. 2953 c.c., sostenendo che la prescrizione dell’azione risarcitoria conseguente alla commissione di un reato, rispetto al quale sia intervenuta sentenza definitiva nel giudizio penale, è disciplinata esclusivamente dall’art. 2947 c.c., comma 3. 14. Il terzo motivo deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2056, 2057 e 2059 c.c. . per danno morale riconosciuto a parenti esterni al nucleo familiare premesso che la provvisionale ha natura delibativa e non è suscettibile di passare in giudicato , la ricorrente censura la sentenza impugnata confermativa, sul punto, di quella di primo grado nella parte in cui sostiene di essere vincolata, quanto alla liquidazione del danno morale, al giudicato penale della condanna generica rileva che nessuna prova era stata offerta circa l’intensità affettiva del rapporto fra il D. e la nonna e i tre nipoti e conclude che la sentenza andrà dunque cassata per la parte riconoscente le somme di Euro 25.000,00 per la nonna e 30.000,00 per i tre nipoti . 15. Il quarto motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 99, 100 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per avere riconosciuto al ricorrente un danno dallo stesso ceduto a terzi e/o in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 o 5 ove rilevato omessa pronuncia sul punto od omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio la ricorrente rileva che il D. aveva dolosamente taciuto una circostanza decisiva , e cioè di aver ceduto il diritto alla ricostruzione dell’albergo alla D.A. s.n.c., a far data dall’aprile 1986 contesta l’assunto della difesa attorea secondo cui si sarebbe trattato non della cessione di un credito risarcitorio ma solo del diverso credito vantato dal D. nei confronti del Comune di Tesero in virtù delle provvidenze ex L. n. 10 del 1986 e conclude che deve ritenersi che, non solo la domanda di danno per la ricostruzione, ma anche quella da lucro cessante si sia trasferita in capo alla D.A. snc fin dal 1986 osserva, infine, che la sentenza impugnata su tale questione di fondamentale importanza nulla pare aver rilevato . 16. Il quinto motivo censura la Corte sotto il profilo della violazione o falsa applicazione degli artt. 230 bis, 536, 566, 581, 583, 2033 e 2036 e/o sotto quello della violazione dell’art. 112 c.p.c. per non avere considerato che l’albergo era gestito da un’impresa familiare di cui erano soci, oltre alla madre del D. , al 50%, anche De.An. e S.N. , per la quota del 25% ciascuna , sicché era stato erroneamente riconosciuto all’attore un danno da lucro cessante doppio rispetto a quello dovuto da calcolare sul solo reddito della madre Do.Co. . 17. Il sesto motivo deduce la violazione degli artt. 99, 100 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 riguardante la pretesa risarcitoria per danno emergente e lucro cessante di azienda di bibite di terzo soggetto e/o in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5 ove rilevata omessa pronuncia sul punto od omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio premesso che fin dal primo grado era stato eccepito il difetto di legittimazione attiva del D. in relazione alle poste risarcitorie riferentisi all’azienda di bibite, la ricorrente rileva che era emerso che tale attività era gestita dall’attore e dal fratello A. tramite una società, sicché a quest’ultima spettava il diritto di richiedere il danno emergente ed il lucro cessante sulle bibite e non alla persona fisica D.A. . Il ricorso incidentale condizionato della nuova cisa s.p.a 18. I primi sei motivi sono sostanzialmente riproduttivi tranne qualche modifica lessicale dei motivi del ricorso incidentale della ENI s.p.a 19. Col settimo motivo, la Nuova Cisa denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2056, 2057, 2059, 2697, 2730-2731-2735 c.c. e artt. 113 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 sulla prova dei redditi non dichiarati e tempo necessario per la ricostruzione dell’albergo la ricorrente censura la sentenza impugnata per il raddoppio dell’utile presunto effettuato sommando ai redditi risultanti dalle dichiarazioni dei redditi quelli presunti come percepiti in nero , nonché per avere stimato in otto anni il tempo occorrente per la ricostruzione dell’albergo, superando di gran lunga il termine di tre anni individuato dal giudice penale e quello di sei anni stimato dal Tribunale civile in altre consimili controversie risarcitorie. 20. Deve procedersi all’esame congiunto dei primi tre motivi del ricorso principale e, successivamente, allo scrutinio dell’unico motivo dell’incidentale della Edison e del secondo motivo comune ai ricorsi dell’Eni e della Nuova Cisa i primi riguardano la portata del giudicato derivante dalla condanna generica pronunciata in sede penale, mentre gli altri -dedotti per l’ipotesi di accoglimento dei primi-escludono a priori la stessa possibilità di applicare l’actio iudicati in caso di pronuncia di condanna generica in sede penale. 21. I primi tre motivi del ricorso principale -esaminati congiuntamente sono fondati. Va rilevato, innanzitutto, che il giudizio penale era soggetto al regime del C.P.P. del 1930 ai sensi del D.Lgs. n. 271 del 1989, artt. 241 e ss., contenente nome di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale , in quanto il procedimento era in corso e, anzi, già definito in primo grado al momento dell’entrata in vigore del nuovo C.P.P Da ciò conseguono l’erroneità dei riferimenti contenuti nella sentenza impugnata all’art. 75 c.p.p. vigente e la necessità di valutare la costituzione di parte civile alla luce del codice del 1930, che, a differenza del codice vigente il cui art. 78 richiede a chi si costituisca parte civile la esposizione delle ragioni che giustificano la domanda , prescriveva all’art. 94 che la dichiarazione di costituzione di parte civile contenesse, oltre alle generalità della parte e all’elezione di domicilio, l’indicazione del procedimento nel quale aveva luogo la costituzione e la esposizione sommaria dei motivi che la giustificano . A fronte di tale prescrizione, risulta infondato l’assunto della Corte secondo cui nel processo penale . vige pur sempre l’indefettibile principio, desunto dall’art. 75 c.p.p., per cui la costituzione di parte civile altro non è che l’instaurazione, all’interno del processo penale, di un procedimento civile, con conseguente applicazione anche nell’ambito penale del principio dispositivo la domanda risarcitoria deve cioè essere stata azionata in tutti i suoi elementi costitutivi , ossia per quanto emerge dalla sentenza di primo grado che il giudice di appello trascrive e mostra di fare propria con specifica indicazione del danno e della sua derivazione causale dal fatto reato con il corollario che il giudizio successivo alla condanna generica non sarebbe volto all’accertamento del danno, ma soltanto alla sua liquidazione . Invero, la giurisprudenza penale di legittimità risulta consolidata nell’affermazione che, ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile non è necessario che il danneggiato provi la effettiva sussistenza dei danni ed il nesso di causalità tra questi e l’azione dell’autore dell’illecito, essendo sufficiente l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose la suddetta pronuncia infatti costituisce una mera declaratoria juris da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione Cass. n. 12175/2016, conforme a Cass. n. 9266/1994 sicché, a monte, l’ omessa determinazione, nelle conclusioni scritte della parte civile, dell’ammontare dei danni di cui si chiede il risarcimento, non produce alcuna nullità né impedisce al giudice di pronunciare la condanna generica al risarcimento dei danni , in quanto unica condizione essenziale, dell’esercizio dell’azione civile in sede penale, è la richiesta del risarcimento, la cui entità può essere precisata in altra sede dalla stessa parte, o rimessa alla prudente valutazione del giudice Cass. n. 11124/1997 conforme Cass. n. 3792/1997 . Sulla stessa linea, si muove la giurisprudenza civile di legittimità, secondo cui la condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non esige e non comporta alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e della probabile esistenza di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, salva restando nel giudizio di liquidazione del quantum la possibilità di esclusione della esistenza stessa di un danno collegato eziologicamente all’evento illecito Cass. n. 2127/1998 conforme Cass. n. 24030/2009 . Ciò comporta che la domanda svolta con la costituzione di parte civile non richiede ai sensi del vigente C.P.P. e, ancor di più, ai sensi di quello previgente la specifica indicazione delle voci di danno di cui si richiede il risarcimento e l’individuazione della nesso causale esistente fra l’illecito e ciascuna posta di danno da risarcire risultando invero sufficiente che sia dedotta ancorché sommariamente l’esistenza di pregiudizi riconducibili all’illecito penale e, correlativamente, che la pronuncia di condanna generica emessa nel giudizio penale non richiede anche l’individuazione dei danni risarcibili e l’accertamento della loro derivazione causale dall’illecito né può riconoscersi rilevanza, al fine di individuare l’ambito oggettivo del giudicato penale sulla domanda risarcitoria, alla circostanza che il giudice penale abbia riconosciuto provvisionali in relazione a determinati profili di danno, ove non risulti per certo che, con ciò, abbia inteso escludere la ricorrenza di altri pregiudizi riconducibili al reato. La Corte di Appello come già il Tribunale ha pertanto errato nell’affermare la necessità di correlare il giudicato sull’azione civile che è conseguito alla irrevocabilità delle pronunce penali sia al contenuto della domanda ossia dell’atto di costituzione di parte civile sia alla circostanza che le provvisionali siano state disposte solo in relazione al danno morale per la perdita dei congiunti e al lucro cessante conseguente alla distruzione dell’albergo in tal modo, la Corte ha trascurato il fatto –dirimente che il giudice penale aveva disposto in favore delle parti civili la condanna al risarcimento dei danni, senza alcuna formale esclusione dell’una o dell’altra categoria di danni cfr. sentenza impugnata . Alla luce dei rilievi che precedono, non possono esservi dubbi sulla portata onnicomprensiva della pronuncia di condanna generica e non risultano pertanto di alcuna utilità né l’esame dell’atto di costituzione di parte civile né quello delle conclusioni rassegnate dal D. in dibattimento che dovrebbero invece servire, nell’ottica della sentenza, a individuare il perimetro del giudicato un siffatto accertamento è infatti ultroneo a fronte di una condanna generica che, non distinguendo fra categorie di danni, si riferisce evidentemente ad ogni tipo di pregiudizio scaturito dal reato. Il fuoco dell’accertamento deve pertanto essere spostato dalla domanda formulata con l’atto di costituzione di parte civile al contenuto della pronuncia emessa dal giudice penale, che concerne come detto ogni tipo di danno, senza distinzione o limitazione alcuna. Se, dunque, non rileva la mancata prospettazione nel giudizio penale di tutti i profili di danno poi dedotti in sede civile e neppure rileva la circostanza che il giudice penale abbia liquidato la provvisionale in riferimento a due sole tipologie di danno per le quali ha evidentemente ritenuto di disporre di elementi sufficienti per riconoscere la provvisionale , ma assume significato decisivo il dictum del giudice penale che ha disposto il risarcimento dei danni senza formale esclusione dell’una o dell’altra categoria di danni, ha errato la Corte di Appello quando ha imputato al D. di non avere provato di avere dedotto in sede penale nell’atto di costituzione di parte civile e nelle conclusioni tutti i pregiudizi di cui ha chiesto la liquidazione in sede civile ed ha errato ulteriormente quando ha distinto fra tipologie di danni ai fini della prescrizione, limitando gli effetti dell’actio iudicati al danno morale per la perdita dei congiunti e a quello per la perdita degli utili dell’albergo, ritenendo invece tutte le altre pretese risarcitorie soggette al termine quinquennale ex art. 2947 c.c., comma 3, con conseguente affermazione, per esse, dell’avvenuta prescrizione. Se, infatti, la condanna sulle richieste della parte civile può essere generica ed abbracciare senza distinzione -come nel caso in esame tutti i danni conseguenti al reato, non v’è ragione per affermare che l’actio iudicati non riguardi ogni possibile profilo di danno, ancorché non espressamente individuato nell’atto di costituzione di parte civile o non fatto oggetto di pronunce provvisionali. Tale conclusione è, peraltro, in linea con la consolidata giurisprudenza civile di legittimità in materia di liquidazione del danno, secondo cui, in tema di responsabilità civile, la domanda con la quale un soggetto chieda il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, senza ulteriori specificazioni, si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta Cass. n. 20643/2016 , di talché, quando un soggetto agisca in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta e, laddove nell’atto introduttivo siano indicate specifiche voci di danno, a tale specificazione deve darsi valore meramente esemplificativo dei vari profili di pregiudizio dei quali si intenda ottenere il ristoro, a meno che non si possa ragionevolmente ricavarne la volontà attorea di escludere dal petitum le voci non menzionate Cass. n. 17879/2011 . 22. L’accoglimento dei primi tre motivi del ricorso principale comporta la necessità di esaminare -di seguito l’unico motivo del ricorso incidentale dell’Edison s.p.a., volto ad escludere la possibilità di applicare il termine di cui all’art. 2953 c.c. al giudicato conseguente a condanna generica in sede penale. Il motivo è infondato, atteso che il giudicato si forma – per orientamento risalente, ma mai superato anche in caso di condanna generica da reato. Va infatti data continuità al principio secondo cui nella previsione normativa dell’art. 2953 c.c. deve ritenersi compresa anche la sentenza di condanna generica al risarcimento del danno, la quale, pur mancando dell’attitudine all’esecuzione forzata, contiene tuttavia, la statuizione sulla responsabilità del debitore, rispetto alla quale la successiva sentenza di liquidazione non ha altra funzione che quella di determinare in concreto la prestazione dovuta affinché sia resa attuabile la condanna già pronunziata con la precedente sentenza sull’an debeatur. Pertanto, una volta che sia passata in giudicato la sentenza penale di condanna generica al risarcimento del danno cagionato da fatto illecito, l’azione diretta alla liquidazione del quantum resta assoggettata, non più alla prescrizione breve di cui all’art. 2947 c.c., ma a quella decennale di cui all’art. 2953 c.c., con decorrenza dalla data in cui la sentenza penale di condanna e divenuta irrevocabile Cass. n. 1340/1969 conforme Cass. n. 839/1976 cfr. anche Cass. n. 3378/1968 . 23. Sulla base dello stesso principio, risulta infondato anche il secondo motivo comune ai ricorsi incidentali dell’Eni e della Nuova Cisa. 24. Va dunque affermato il principio che l’actio iudicati ex art. 2953 c.c. opera anche in relazione ad una pronuncia definitiva di condanna generica emessa in sede penale e, in difetto di espressa limitazione contenuta in tale pronuncia, si estende a tutte le pretese risarcitorie comunque correlate al reato, senza possibilità di ritenere soggette al termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2947 c.c. pretese relative a danni che, sebbene non specificamente dedotti nell’atto di costituzione di parte civile, siano comunque conseguenti al reato. La sentenza va pertanto cassata nella parte in cui ha ritenuto prescritte le pretese diverse da quelle concernenti il danno per la perdita dei congiunti e il danno per la perdita dell’avviamento dell’attività alberghiera e la Corte di rinvio dovrà attenersi al principio di cui sopra, applicando il termine decennale di prescrizione -dal momento in cui la sentenza penale è divenuta irrevocabile in data 11.12.90 e, per altre parti, il 6.7.92 in relazione a tutte le richieste risarcitorie comunque correlate al reato. 25. Il quarto, il quinto, il sesto e il settimo motivo del ricorso principale rimangono assorbiti. 26. L’ottavo motivo con cui si contesta la quantificazione del danno morale, che si assume inadeguata anche in considerazione della pluralità e della concomitanza dei decessi dei congiunti è inammissibile, in quanto non individua effettive violazioni in iure a fronte del rilievo della Corte che non erano stati violati i limiti tabellari , ma sollecita una liquidazione di importo superiore, investendo pertanto l’apprezzamento di merito compiuto dal giudice di merito. 27. Il nono e il decimo motivo risultano assorbiti la questione della impossibilità di compensare il credito per danni morali e per perdita dell’utile dell’attività alberghiera con le provvidenze erogate in base alla legge provinciale a fronte del danno patrimoniale emergente è priva di attuale interesse una volta che si rimetta in campo con l’accoglimento dei primi tre motivi la possibilità di accertare ed eventualmente liquidare anche il danno emergente, in relazione al quale lo stesso ricorrente ha riconosciuto l’operatività della compensazione. 28. I restanti motivi comuni ai ricorsi incidentali dell’Eni e della Nuova Cisa risultano tutti inammissibili. 28.1. Il primo motivo è inammissibile, in relazione alla omessa pronuncia, in quanto le ricorrenti incidentali non hanno dedotto di avere appellato l’affermazione del giudice di primo grado circa l’avvenuta sanatoria della nullità dell’atto di citazione è del pari inammissibile, per genericità, quanto alla dedotta violazione degli artt. 166 e 167 c.p.c. e in punto di omesso esame di un fatto decisivo che non è stato specificamente individuato . 28.2. Il terzo motivo è inammissibile poiché si sostanzia, in definitiva, nella contestazione dell’avvenuta dimostrazione di un rapporto affettivo del D. con la nonna e con i tre nipoti che giustificasse la liquidazione del risarcimento, in tal mondo investendo un apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità. 28.3. Il quarto motivo è inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto è basato sul contenuto di un documento la determinazione n. 331 del 2001 rispetto al quale viene omessa l’indicazione circa l’attuale localizzazione nell’ambito degli atti processuali. 28.4. Il quinto motivo è inammissibile poiché le ricorrenti incidentali non hanno allegato e dimostrato di avere impugnato la statuizione del primo giudice censurata dal D. unicamente in punto di adeguatezza del reddito presunto sotto il profilo -qui proposto della necessità di tener conto del fatto che l’attività alberghiera era gestita a mezzo di impresa familiare e che l’intero reddito non avrebbe potuto essere riferito alla madre del D. . 28.5. Il sesto motivo è inammissibile per difetto di interesse, poiché concerne una voce di danno che non è stata liquidata dalla sentenza impugnata. 29. Il settimo motivo del ricorso incidentale condizionato della Nuova Cisa è inammissibile in relazione ad entrambi i profili ossia al raddoppio dell’utile stimato rispetto a quello risultante dalle dichiarazioni fiscali e al tempo necessario per la ricostruzione dell’albergo in quanto non deduce specifici errores iuris, ma sollecita una diversa valutazione di merito. 30. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite. 31. In relazione a tutti e tre i ricorsi incidentali condizionati sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso principale, dichiarando inammissibile l’ottavo e assorbiti gli altri rigetta il ricorso incidentale della Edison s.p.a. e il secondo motivo dei ricorsi incidentali condizionati della Eni s.p.a. e della Nuova Cisa s.p.a., dichiarando inammissibili i restanti motivi cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di ciascuno dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il rispettivo ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.