Progettato un edificio non conforme alla vigente disciplina edilizia: è nullo il contratto di prestazione d’opera?

Il contratto di prestazione d’opera intellettuale, sulla base del quale sia stato progettato un edificio non conforme, in tutto o in parte, alla disciplina edilizia vigente, non è di per sé nullo per contrasto con la normativa in materia e neanche per l’impossibilità dell’oggetto.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 562/19, depositata l’11 gennaio. Il caso. L’opponente presentava opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale in favore di un ingegnere, a titolo di compenso professionale per l’attività svolta nell’interesse dell’opponente, relativa alla progettazione di un complesso sportivo da realizzare in Florida. In particolare l’opponente sosteneva che il progetto non rispettava gli standard urbanistici necessari per il rilascio della concessione edilizia da parte del Comune, cosicché voleva revocargli l’incarico. La Corte d’Appello rigettava l’appello dell’opponente, disattendendo l’eccezione di nullità del contratto di opera intellettuale intercorso tra le parti. Così questi propone ricorso per cassazione. La nullità del contratto d’opera. Il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1346 c.c., sostenendo il mancato rilievo della nullità del contratto, vista l’impossibilità di dare esecuzione all’opera oggetto di progettazione. Al riguardo ribadisce la Suprema Corte che il contratto di prestazione d’opera intellettuale, sulla base del quale sia stato progettato un edificio non conforme, in tutto o in parte, alla disciplina edilizia vigente, non è di per sé nullo per contrasto con la normativa in materia e neanche per l’impossibilità dell’oggetto, essendo la prestazione a cui è contrattualmente vincolato il progettista eseguibile anche dal punto di vista giuridico . La diligenza del progettista. È opportuno ricordare che poiché il progettista, che redige un progetto edilizio, deve usare la diligenza del buon padre di famiglia nello svolgimento delle attività finalizzate ad ottenere il provvedimento amministrativo che consenta l’esecuzione legittima dell’opera, a tal punto che l mancato rispetto di ciò comporta la responsabilità del soggetto per inadempimento, è correttamente esclusa la nullità dell’incarico professionale, pervenendosi ad una decisione della controversia sulla scorta della valutazione delle reciproche condotte dei contraenti anche nella fase esecutiva . Per tali ragioni il ricorso deve essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 27 settembre 2018 – 11 gennaio 2019, n. 562 Presidente D’Ascola – Relatore Criscuolo Motivi in fatto ed in diritto della decisione G.G. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Catania in favore dell’ing. I.S. , a titolo di compenso per l’attività professionale svolta nell’interesse dell’opponente, e relativa alla progettazione di un complesso sportivo polivalente, con annessa struttura di riabilitazione dei disabili, da realizzare a . A sostengo dell’opposizione deduceva che il progetto esecutivo predisposto dal professionista difettava del rispetto degli standard urbanistici necessari per il rilascio della concessione edilizia da parte del Comune, tanto che aveva dovuto revocargli l’incarico. In via riconvenzionale, chiedeva, in aggiunta alla revoca del decreto opposto, la condanna dell’opposto al risarcimento dei danni subiti. Si costituiva il professionista il quale insisteva per il rigetto dell’opposizione della domanda riconvenzionale. Il Tribunale, con la sentenza 6 marzo 2008, n. 251, non definitivamente pronunciando, dichiarava il contratto risolto per inadempimento del G. , rigettando la riconvenzionale, e disponeva la rimessione della causa in istruttoria per la determinazione del compenso da riconoscere al progettista. La Corte d’Appello di Catania con la sentenza 14 gennaio 2016, n. 85, rigettava l’appello dell’opponente. In primo luogo disattendeva l’eccezione di nullità del contratto di opera intellettuale intercorso tra le parti. Infatti, il G. eta perfettamente consapevole che il Consiglio Comunale aveva approvato, in epoca anteriore al conferimento dell’incarico, una richiesta di variante urbanistica per la zona di terreno interessata dalla progettazione dell’impianto sportivo, prevedendo però l’adozione di un piano particolareggiato convenzionato a cura dei privati da concordare secondo le direttive dell’Ufficio. Dalle indagini peritali, alla luce delle acquisizioni probatorie, era emerso che il G. aveva richiesto il rilascio della concessione per l’impianto progettato dall’I. , sottoscrivendo per accettazione il progetto a tal fine predisposto. Il Comune aveva però respinto la richiesta, evidenziando la necessità del predetto piano particolareggiato, invitando il richiedente a rielaborare il progetto in base alle norme urbanistiche vigenti. Rilevavano i giudici di appello che, come peraltro riscontrato anche dal Tribunale, all’opposto non era stato dato incarico di redigere il progetto per l’approvazione del piano particolareggiato, emergendo dal progetto invece predisposto la piena consapevolezza dei limiti di cubatura e di altezza dell’edificio progettato alla luce della disciplina vigente. Dalla prova testimoniale era però emerso che il G. aveva insistito per la redazione di un progetto in deroga agli standard vigenti, essendo convinto della sua approvazione, rifiutandosi altresì di conferire l’incarico per la richiesta di approvazione del piano particolareggiato. Ne derivava che il progetto era suscettibile di approvazione ma solo con la preventiva approvazione di un apposito piano particolareggiato, e che quindi la redazione del progetto de quo non fu un mero errore del progettista, ma rispondeva ad una precisa scelta progettuale proveniente dal committente. Inoltre risultava che successivamente il G. , avvalendosi dell’attività di un altro tecnico, aveva presentato un piano particolareggiato che aveva ricevuto l’approvazione da parte del Comune, con il rilascio della concessione edilizia. Pertanto, poiché l’I. aveva rappresentato al committente l’esigenza di superare alcune delle prescrizioni costruttive, sebbene suscettibili di deroga, ottenendo però dal G. comunque l’accettazione del progetto predisposto, non poteva essere ritenuto inadempiente. Una volta esclusa anche la violazione delle norme deontologiche, in quanto le prescrizioni urbanistiche non rispettate nel progetto non costituivano norme imperative, riteneva che fosse stata la condotta del G. ad essere inadempiente, in quanto aveva precluso al professionista di portare a termine il proprio incarico, rifiutando di conferirgli l’attività di progettazione del piano particolareggiato, agendo quindi in evidente violazione del principio di buona fede e correttezza nell’esecuzione dei rapporti contrattuali. Quanto al motivo di appello concernente l’illegittima il ammissione della prova testimoniale, rilevavano i giudici di appello che la prova non verteva sulla dimostrazione di patti aggiunti o contrari al testo del contratto, quanto sulla condotta dei contraenti successiva alla conclusione dell’accordo. Infine, quanto al mezzo di gravame, con il quale ci si doleva della mancata valutazione di documenti tardivamente prodotti da parte dell’appellante, la Corte distrettuale osservava che non era invocabile la previsione di cui all’art. 184 c.p.c., u.c., nella formulazione all’epoca vigente, atteso che i documenti non erano in replica a mezzi istruttori ammessi d’ufficio, ma al contenuto di una prova testimoniale articolata dalla controparte, dovendo quindi esser prodotti con la memoria di replica di cui all’art. 184 c.p.c Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso G.G. sulla base di quattro motivi. L’intimato non ha svolto difese in questa fase. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1346 c.c., dolendosi il ricorrente del mancato rilievo della nullità del contratto, attesa l’assoluta impossibilità di dare esecuzione all’opera oggetto di progettazione. Si ribadisce che la normativa urbanistica vigente all’epoca per la zona ove doveva essere realizzato il complesso sportivo, non avrebbe giammai consentito di realizzare l’opus conformemente alle indicazioni progettuali dell’I. , come peraltro confermato anche dalle indagini del CTU. Il motivo è infondato. Ed, invero, costituisce orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui cfr. Cass. n. 5790/1996 il contratto di prestazione d’opera intellettuale, in base al quale sia stato progettato un edificio in tutto o in parte non conforme alla vigente disciplina edilizia, non è di per sé nullo per contrasto con le norme imperative e con l’ordine pubblico, e neanche per impossibilità dell’oggetto, essendo la prestazione a cui è contrattualmente vincolato il progettista eseguibile anche dal punto di vista giuridico conf. Cass. n. 17393/2004 Cass. n. 8941/1994 . Deve, infatti, reputarsi che cfr. Cass. n. 8197/2010 poiché il professionista che si obbliga alla redazione di un progetto edilizio deve usare la diligenza del buon padre di famiglia nel porre in essere tutte le attività finalizzate ad ottenere il provvedimento amministrativo che consenta la legittima esecuzione dell’opera che ne costituisce oggetto, ivi compresa la presentazione della documentazione richiesta dal Comune ai fini del rilascio della concessione edilizia, così che il mancato rispetto di tale canone può determinare la responsabilità per inadempimento cfr. sul punto anche Cass. n. 1214/2017, sempre in tema di concreta utilizzabilità del progetto , correttamente è stata esclusa la nullità dell’incarico professionale, pervenendosi ad una decisione della controversia sulla scorta della valutazione delle reciproche condotte dei contraenti anche nella fase esecutiva. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175, 1375 e 1376 c.c., sostenendosi che le norme in esame sarebbero state malamente applicate dai giudici di appello, senza considerare il preciso obbligo del professionista di controllare la fattibilità giuridica dell’opera progettata. Il motivo, ad onta della formale denuncia di violazione di legge, mira nella sostanza a pervenire ad un diverso apprezzamento delle risultanze fattuali, così come insindacabilmente operato dai giudici di merito. La sentenza gravata ha invero dato atto della non rispondenza del progetto redatto dall’intimato alle prescrizioni normative urbanistiche vigenti, ma con accertamento in fatto che ritenuto che era stato il G. ad insistere con l’I. per la redazione di un progetto in deroga agli indici urbanistici, essendo convinto della possibilità della sua approvazione, e rifiutandosi di estendere l’incarico anche alla progettazione necessaria per ottenere l’approvazione del piano particolareggiato che invece avrebbe consentito la deroga cfr. pag. 6 . A tal fine ha richiamato anche le risultanze della CTU, dalle quali si evinceva che il progetto venne in tal modo predisposto dall’opposto, non per effetto di un errore, ma come consapevole scelta progettuale cfr. pag. 7 , pervenendo quindi alla conclusione che l’inadeguatezza del progetto era addebitabile unicamente alle scelte del G. , che aveva richiesto la redazione di un progetto non in linea con le prescrizioni normative vigenti, e senza cautelarsi con la predisposizione di un piano particolareggiato, che invece, dopo il rifiuto di rilascio della concessione, è stato affidato ad altro professionista, permettendo quindi il conseguimento del provvedimento autorizzativo l’attività edilizia cfr. pag. 8 . La decisione dei giudici di appello, ponendosi quindi correttamente nell’ottica della valutazione dei reciproci inadempimenti, ha escluso che la condotta del professionista fosse suscettibile di essere valutata come contraria agli impegni contrattuali, ravvisando pertanto il mancato conseguimento della concessione per l’opus progettato, come frutto di una scelta autonoma del committente. Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 2722 c.c. laddove è stata ammessa una prova testimoniale volta a documentare patti aggiunti o contrari al contenuto del contratto d’opera professionale. Anche tale motivo va disatteso. Ed, infatti, in disparte l’evidente carenza del requisito di specificità del motivo nella parte in cui denunciando l’espletamento di una prova in contrasto con il contenuto del contratto di conferimento dell’incarico, ne omette di riprodurre quanto meno i passi salienti, e ciò in evidente violazione della regola di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, deve reputarsi corretta la valutazione espressa sul punto dal giudice di appello, che ha correttamente evidenziato come la prova non vertesse sul contenuto degli accordi originari, ma ben più limitatamente, e senza che ciò implichi deroga alla norma di cui si denuncia la violazione, sul comportamento dei contraenti nella fase esecutiva del contratto. Il quarto motivo denuncia, infine, la violazione del principio del regolare contraddittorio processuale, laddove i giudici di primo grado, con valutazione condivisa dai giudici di appello, non hanno acquisito d’ufficio la documentazione prodotta dal ricorrente nella prima udienza successiva all’escussione testimoniale del teste R. . Anche quest’ultimo motivo non appare meritevole di accoglimento. In primo luogo, il ricorrente omette di richiamare, sia pure per sintesi, il contenuto dei documenti che non sarebbero stati valutati dai giudici di merito, in quanto idonei a confutare l’attendibilità del teste R. , omissione questa che oltre a violare il già richiamato precetto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, impedisce a monte di poter apprezzare la decisività della censura sollevata. In secondo luogo, e premesso che appare del tutto improprio il richiamo all’art. 184 c.p.c., u.c., nella formulazione applicabile ai giudizi introdotti in data anteriore al 1 marzo 2006, quale quello in esame, posto che non si tratta di richiesta istruttoria in risposta all’ammissione ufficiosa di mezzi di prova, la soluzione raggiunta dalla sentenza gravata appare conforme ai precedenti di questa Corte, essendosi infatti affermato cfr. Cass. n. 16467/2017 che, poiché la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti, deve reputarsi inammissibile la tardiva produzione documentale volta a confutare l’effettiva idoneità del teste a riferire la verità, fatta salva soltanto l’eventuale remissione in termini, che, nel caso di specie, non risulta essere stata richiesta. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Nulla per le spese, atteso che l’intimato non ha svolto attività difensiva. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.