Il fascicolo di parte non si trova ma il giudice emette ugualmente la sentenza. La pronuncia però viene cassata

In assenza di annotazione dell'avvenuto ritiro del fascicolo di parte, il giudice non può rigettare una domanda per mancanza di una prova documentale inserita nello stesso, ma deve disporre le ricerche in cancelleria e, in caso negativo, concedere un termine alla parte per la sua ricostruzione.

Così la Corte di Cassazione, Seconda Sezione, con sentenza n. 314/19, depositata il 9 gennaio. Il caso. In tema di rescissione per lesione di un contratto di compravendita di un immobile, il giudice di prime cure aveva accolto la relativa domanda condannando una parte a restituire il prezzo ricevuto in virtù del negozio e, nello stesso tempo, l’altro soggetto a restituire la somma che il primo aveva versato per la liberazione, dell'immobile venduto, da una ipoteca iscritta a favore di una banca. Ma contro la pronuncia di primo grado proponevano l'acquirente appello principale, deducendo -tra le altre censure che il tribunale aveva deciso la causa nonostante il mancato reperimento, al momento della decisione, del proprio fascicolo di parte ed il venditore appello incidentale, col quale censurava la decisione nella parte in cui il Tribunale lo aveva condannato a restituire all'acquirente la somma versata per l'ipoteca esistente sull'immobile. Da precisare che il fascicolo scomparso in primo grado, veniva prodotto in appello proprio dalla parte. Ad ogni buon fine, la corte territoriale rigettava entrambe le impugnazioni. Per quanto ci interessa, in merito all'argomento oggetto di analisi, la corte territoriale aveva riconosciuto che la decisione del tribunale di definire la lite allo stato degli atti nonostante, il mancato reperimento del fascicolo del convenuto al momento della decisione, costituiva coerente applicazione del principio dispositivo delle prove. In altri termini, secondo la corte di merito, l'acquirente non aveva dato prova di alcuna situazione che comportasse la ‘necessaria involontarietà della mancanza del fascicolo’, non avendo prodotto, tanto per dirne una, alcuna certificazione che ne attestasse il ritrovamento negli uffici in un momento successivo alla decisione. Ciò posto, la corte di appello affermava che la pluralità delle censure fondate su quei documenti non potevano essere accolte perché l'acquirente non aveva dato alcuna spiegazione di come fosse entrato in possesso -successivamente alla pubblicazione della sentenza di primo grado del fascicolo smarrito in prime cure. Pertanto, ricorreva in Cassazione l’acquirente dell’immobile, affidando la propria difesa a numerosi motivi i primi dei quali censuravano la sentenza essenzialmente nella parte in cui la corte di appello aveva ritenuto che il tribunale avesse correttamente definito la causa, allo stato degli atti, in assenza del fascicolo di parte e nonostante la mancata annotazione dell'avvenuto ritiro. Inoltre, la pronuncia veniva impugnata anche perché la corte di merito -secondo la tesi del ricorrente avrebbe dovuto, comunque, considerare che il fascicolo era stato prodotto in appello e, quindi, non dichiarare inammissibili i documenti in esso contenuti, prendendone atto ai fini della decisione. Per il ricorrente, in sostanza, tale produzione imponeva alla corte di valutare i documenti ivi contenuti, la cui decisività -tra l’altro emergeva dalle stesse nunciazione della sentenza, posto che i motivi fondati su quegli stessi documenti erano stati rigettati proprio in base all'assunto della loro inutilizzabilità. La decisione della Suprema Corte e la procedura corretta in caso di smarrimento del fascicolo di parte. Vengono accolti dalla Corte i motivi di ricorso dell'acquirente riferiti all'assenza del fascicolo di parte nel fascicolo d'ufficio al momento della emissione della decisione, e la motivazione sostenuta dagli Ermellini è la seguente. Innanzitutto, la Corte ricorda che quando non risulta alcuna annotazione dell'avvenuto ritiro del fascicolo di una parte, il giudice non può rigettare una domanda oppure una eccezione per mancanza di una prova documentale inserita proprio nel fascicolo di parte, ma deve disporre le opportune ricerche tramite la cancelleria e, in caso negativo, concedere un termine all'appellante per la ricostruzione del proprio fascicolo. Secondo la Corte si deve sempre presumere che le attività delle parti dell'ufficio siano svolte nel rispetto delle norme processuali e che -quindi il fascicolo, dopo l'avvenuto deposito, non sia mai stato ritirato. Soltanto in caso di insuccesso delle ricerche da parte della cancelleria, oppure in caso di inottemperanza della parte all'ordine di ricostruire il proprio fascicolo, il giudice può pronunciare sul merito della causa in base agli atti a propria disposizione. E nella propria motivazione la Corte di Cassazione continua con l’evidenziare che la corte territoriale, ai fini del decidere se la scelta del giudice di primo grado id est, di pronunciare nel merito del giudizio in assenza del fascicolo fosse stata assunta in presenza dei presupposti, avrebbe dovuto preventivamente verificare quantomeno che ci fosse la annotazione dell'avvenuto ritiro. Oltre a ciò, secondo gli Ermellini, la corte territoriale risultava aver errato laddove aveva ritenuto non utilizzabili i documenti prodotti dall'appellante. Tanto la corte di appello lo aveva deciso non perché avesse riconosciuto quei documenti come ‘nuovi’, nel senso di atti non introdotti prima del grado di appello, ma esclusivamente in base al rilievo che l'appellante non aveva provato che non fosse a lui imputabile l'assenza di documenti al momento della decisione in primo grado. Argomento evidentemente non idoneo per la Cassazione a giustificare la inammissibilità della produzione nel giudizio di appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 giugno 2018 – 9 gennaio 2019, n. 314 Presidente Lombardo – Relatore Tedesco Fatti di causa 1. Il Tribunale di Palermo, investito della domanda di rescissione di un contratto di compravendita di un immobile proposta dal venditore D.F.C. nei confronti dell’acquirente G.G. , ha accolto tale domanda. Ha quindi condannato il convenuto a restituire il prezzo ricevuto Lire 350.000.000 . Nello stesso tempo il tribunale ha accolto la domanda riconvenzionale dell’acquirente, di restituzione della somma di Euro 94.140,00, che egli aveva dedotto di aver versato per la liberazione dell’immobile venduto da un’ipoteca iscritta a favore di una banca. Contro la sentenza il G. ha proposto appello, deducendo, fra le altre censure, che il tribunale aveva deciso la causa nonostante il mancato reperimento, al momento della decisione, del proprio fascicolo di parte e, conseguentemente, senza tenere conto dei documenti prodotti ciò il tribunale non avrebbe potuto fare senza disporre in via preventiva le opportune ricerche tramite cancelleria. A sua volta il D.F. ha proposto contro la sentenza appello incidentale, con il quale ha censurato la decisione nella parte in cui il tribunale lo aveva condannato a restituire al G. la somma di Lire 94.140.004. La corte d’appello ha rigettato entrambe le impugnazioni. Per quanto interessa in questa sede la corte ha riconosciuto che la decisione del tribunale, di definire la lite allo stato degli atti nonostante il mancato reperimento del fascicolo del convenuto al momento della decisione, costituiva coerente applicazione del principio dispositivo delle prove. Secondo la corte di merito l’appellante non aveva dato prova di alcuna situazione che comportasse la necessaria involontarietà della mancanza del fascicolo, non avendo infatti prodotto alcuna certificazione che ne attestasse il ritrovamento negli uffici in un momento successivo alla decisione. Ciò posto la corte ha affermato che la pluralità delle censure fondate su quei documenti non potevano essere accolte, posto che l’appellante non aveva dato alcuna spiegazione di come ne fosse entrato in possesso successivamente alla pubblicazione della sentenza di primo grado . La corte osservava che, quantunque non preceduta da contratto preliminare, la stipula del contratto definitivo non poteva ritenersi una libera scelta del venditore, il quale, avendo ricevuto somme in conto prezzo, avrebbe potuto essere convenuto in giudizio per l’adempimento. Per la cassazione della sentenza G.G. ha proposto ricorso, affidato a undici motivi. Il D.F. ha resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memorie in prossimità della pubblica udienza. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso denuncia - violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 169, 190 c.p.c. e artt. 73 e 75 disp. att. c.p.c. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - nullità della sentenza o del procedimento art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - omesso esame di fatti e documenti decisivi per il giudizio e motivazione insufficiente illogica e contraddittoria art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 . Il motivo censura essenzialmente la sentenza nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che il tribunale avesse correttamente definito la causa allo stato degli atti, in assenza del fascicolo di parte e nonostante la mancata annotazione dell’avvenuto ritiro. Il secondo motivo denuncia - violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 169, 190 c.p.c. e artt. 73 e 75 disp. att. c.p.c. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - nullità della sentenza o del procedimento art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - omesso esame di fatti e documenti decisivi per il giudizio e motivazione insufficiente illogica e contraddittoria art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 . Il ricorrente censura la sentenza perché la corte di merito avrebbe dovuto comunque considerare che il fascicolo era stato prodotto in appello. Tale produzione imponeva alla corte di valutare i documenti ivi contenuti, la cui decisività emerge dalle stesse enunciazioni della sentenza, posto che i motivi fondati su quegli stessi documenti sono stati rigettati proprio in base all’assunto della loro inutilizzabilità. 3. Il terzo motivo denuncia - violazione dell’art. 112 c.p.c., per omissione di pronuncia sui presupposti per l’esperimento dell’azione di rescissione ex art. 1448 c.c. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - omesso esame di fatto decisivo per il giudizio e motivazione insufficiente e contraddittoria art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 . La corte di merito ha accolto la domanda di rescissione senza statuire preventivamente su quale fosse il valore effettivo del bene. 4. Il quarto motivo denuncia - violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - omesso esame di documenti decisivi per il giudizio e omessa e insufficiente motivazione. La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la corte d’appello ha negato l’utilizzabilità dei documenti prodotti in primo grado dal G. in sede di supplemento di consulenza tecnica sulla base di un semplice sospetto di una loro tardiva produzione. 5. Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 1448, 2702 c.c. e art. 215 c.p.c., n. 2. La corte avrebbe dovuto tenere conto di un ulteriore pagamento che risultava dalle quietanze prodotte e non disconosciute dal D.F. . 6. Il sesto motivo denuncia omesso esame di fatti e documenti decisivi e omessa o insufficiente motivazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 sempre sul profilo della mancata utilizzazione dei documenti comprovanti maggiori pagamenti. 7. Il settimo motivo denuncia violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e omesso esame di fatti e documenti decisivi per il giudizio. Analogamente al precedente, il motivo riguarda la mancata utilizzazione dei documenti, in questo caso riferiti al pagamento delle spese condominiali e per l’accatastamento dell’immobile. 8. L’ottavo motivo denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 112, 115, 116 c.p.c. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e omesso esame di elementi e documenti decisivi per il giudizio e omessa o insufficiente motivazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 . La sentenza è censurata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto raggiunta la prova dello stato di bisogno, in presenza di documenti, a torto ritenuti non utilizzabili, che provavano il contrario. Il nono motivo denuncia omesso esame e omessa pronuncia sulla sussistenza dei presupposti dell’azione ex art. 1448 c.c Non c’era prova che del supposto stato di bisogno l’attuale ricorrente avesse approfittato. Il decimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1449 e 2932 c.c. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e motivazione insufficiente e contraddittoria circa un punto decisivo della controversia. Il punto investito della censura attiene ai presupposti della pronuncia di rescissione, in particolare sotto il profilo della costrizione alla stipulazione, riconosciuta dalla corte di merito pur in assenza di un obbligo a contrarre. L’undicesimo motivo denuncia omesso esame di fatti e documenti decisivi per il giudizio. La sentenza è censurata per avere la corte di merito disatteso l’istanza di correzione della sentenza di primo grado relativamente all’importo oggetto di condanna a carico del D.F. . I documenti prodotti provavano infatti che il ricorrente aveva anticipato per la liberazione dell’immobile da una ipoteca una somma maggiore rispetto a quella riconosciuta dal primo giudice. 2. Il primo motivo è fondato. Ove non risulti alcuna annotazione dell’avvenuto ritiro del fascicolo di una parte, il giudice non può rigettare una domanda, o un’eccezione, per mancanza di una prova documentale inserita nel fascicolo di parte, ma deve disporre le opportune ricerche tramite la cancelleria, e, in caso di esito negativo, concedere un termine all’appellante per la ricostruzione del proprio fascicolo, presumendosi che le attività delle parti e dell’ufficio si siano svolte nel rispetto delle norme processuali e, quindi, che il fascicolo, dopo l’avvenuto deposito, non sia mai stato ritirato. Soltanto in caso di insuccesso delle ricerche da parte della cancelleria, ovvero in caso di inottemperanza della parte all’ordine di ricostruire il proprio fascicolo, il giudice potrà pronunciare sul merito della causa in base agli atti a sua disposizione Cass. 12369/2014 n. 7630/2016 n. 3771/2017 . La sentenza impugnata non è in linea con tale principio. La corte di merito, infatti, al fine di decidere se la scelta del giudice di primo grado, di pronunciare nel merito in assenza del fascicolo, fosse stata assunta in presenza dei presupposti, avrebbe dovuto preventivamente verificare se ci fosse o meno l’annotazione dell’avvenuto ritiro. Infatti, come appena chiarito, solo il positivo riscontro di tale annotazione avrebbe abilitato il giudice a decidere la controversia allo stato degli atti Cass. n. 10741/2015 . 3. È fondato anche il secondo motivo. Ed invero il carattere perentorio del termine entro il quale deve avvenire, ai sensi dell’art. 169 c.p.c., comma 2, il deposito del fascicolo di parte ritirato all’atto della rimessione della causa al collegio, va riferita solo alla fase decisoria di primo grado e non può in alcun modo operare una volta che il procedimento trasmigri in appello, stante il riferimento dell’art. 345 c.p.c., alle sole prove nuove e, quindi, ai documenti che nel giudizio si pretenda di introdurre come nuovi , in quanto non introdotti prima del grado di appello, tra i quali non rientrano quelli contenuti nel fascicolo di parte di primo grado, ove prodotti nell’osservanza delle preclusioni probatorie di cui agli artt. 165 e 166 c.p.c. Cass. 29309/2017 n. 28462/2013 . In contrasto con tale principio la corte palermitana ha ritenuto non utilizzabili i documenti prodotti dall’appellante non perché li abbia riconosciuti nuovi nel senso sopra indicato, ma esclusivamente in base al rilievo che l’appellante non aveva provato che non fosse a lui imputabile l’assenza dei documenti al momento della decisione in primo grado, che, per quanto appena detto, è argomento non idoneo a giustificare l’inammissibilità della produzione nel giudizio d’appello. 4. L’accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso comporta l’assorbimento di tutte le altre censure di cui ai restanti motivi. 5. La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo, che provvederà a nuovo esame attenendosi ai principi di cui sopra e regolerà le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il primo motivo e il secondo motivo di ricorso dichiara assorbiti i restanti motivi cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo anche per le spese.