La firma in formato CAdES non è l’unica ad offrire garanzie di autenticità

È escluso che le disposizioni vigenti comportino in via esclusiva l’uso della firma digitale in formato CAdES, laddove, al contrario, il formato PAdES è da ritenersi equivalente ed ugualmente ammesso dall’ordinamento, sia pure con differente estensione.

Sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 30927/18, depositata il 29 novembre. Il caso. Nel 2010 un condomino proponeva, dinanzi al Giudice di Pace di Casoria, un’opposizione a un decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di oneri condominiali. Contestava la sua qualità di condomino, in quanto non proprietario di una porzione dell’area facente parte del Condominio, ritenendo di esercitare su tale striscia di terreno una semplice servitù di passaggio. Il Giudice di Pace, nel 2013, rigettava l’opposizione. Avverso la decisione l’uomo proponeva appello innanzi al Tribunale di Napoli Nord, istituito nel 2012, essendo stata soppressa la Sezione distaccata di Casoria del Tribunale di Napoli. Il Condominio si costituiva in giudizio resistendo al gravame. Nel 2016 il Tribunale si pronunciava dichiarando inammissibile l’impugnazione, ritenendo che, poiché al momento dell’instaurazione dell’appello il difensore del Condominio aveva sede a Napoli, nella stessa circoscrizione in cui si era svolto il giudizio di primo grado, in mancanza di disposizioni transitorie doveva applicarsi la normativa che regolava il giudizio di primo grado. Pertanto, l’atto di appello doveva essere notificato presso lo studio dell’avvocato e non invece, come era accaduto, attraverso il deposito in cancelleria, ai sensi dell’art. 82, r.d. n. 37/34. L’uomo proponeva, quindi, ricorso per Cassazione. Il Condominio resisteva in giudizio con controricorso. La causa veniva assegnata alla Sesta Sezione civile. Il relatore formulava proposta di inammissibilità del ricorso per acquiescenza, ex art. 329 c.p.c. La Sesta Sezione, nel 2017, mediante ordinanza interlocutoria rimetteva la causa alla pubblica udienza, non ritenendo sussistenti le condizioni di cui all’art. 375 c.p.c., ossia per una pronuncia in camera di consiglio. Motivi di impugnazione . In primo luogo viene eccepita l’inesistenza e/o la nullità del controricorso, della relata di notifica e dell’attestazione di conformità degli atti notificati in forma telematica agli originali. Per il ricorrente i file Pdf sarebbero firmati in formato PAdES e non CAdES e sarebbero privi dell’estensione p7m”, come previsto per legge. Inoltre, mancherebbe la firma digitale dell’attestazione di conformità con conseguente nullità della procura, insuscettibile di sanatoria, ex art. 156 c.p.c. Per la Suprema Corte il motivo è infondato. Si reputa infondata anche l’eccezione relativa alla notifica del controricorso a mezzo PEC, nella quale non sarebbe stato indicato nell’oggetto notifica ai sensi della l. 53/94”. Per i Supremi giudici si tratta, infatti, di una mera irregolarità in quanto la notifica è comunque avvenuta ai sensi della l. n. 53, indipendentemente dalla dicitura. Infine, infondato è ritenuto anche il motivo attinente alla mancata indicazione dell’elenco dal quale è estratto l’indirizzo di posta elettronica, poiché l’atto ha comunque raggiunto lo scopo cui era destinato, essendo stato notificato all’indirizzo PEC del ricorrente, che ha replicato al controricorso. La Suprema Corte reputa invece fondata l’eccezione di inammissibilità proposta dal controricorrente per acquiescenza alla sentenza impugnata. Il ricorrente, infatti, prima di proporre ricorso per Cassazione aveva proposto, davanti al Tribunale di Napoli Nord, un giudizio, ex art. 702- bis c.p.c., avente ad oggetto l’accertamento e il riconoscimento della servitù di passaggio e la restituzione delle somme incassate dal condominio ex art. 2041 c.c Osservazioni della Corte di Cassazione. I Supremi Giudici, richiamandosi alla normativa europea e nazionale giungono ad affermare il principio di diritto secondo il quale la struttura del documento firmato può essere indifferentemente PAdES o CAdES, considerato che il certificato di firma, inserito nella busta crittografica è presente in entrambi gli standards, ugualmente abilitati. Pertanto, la firma digitale in formato PAdES, più nota come firma PDF” è un file con normale estensione .pdf”, leggibile con i comuni readers disponibili per tale formato. Vi è quindi una piena equivalenza delle firme digitali CAdES e PAdES. Si esclude, infatti, che le disposizioni vigenti, anche a livello di diritto dell’UE, comportino in via esclusiva l’uso della firma digitale in formato CAdES, in quanto il formato PAdES deve ritenersi equivalente e ugualmente ammesso dall’ordinamento anche se con differente estensione. Non esistono elementi obiettivi che inducano a ritenere che soltanto la firma in formato CAdES offra garanzie di autenticità. Per la Corte l’atto è perfettamente valido e, dunque, anche la procura alle liti controfirmata dal difensore con firma digitale in formato PAdES. I Supremi giudici ritengono, inoltre, che la proposizione di un’autonoma azione giudiziaria – di indebito arricchimento, ex art. 702- bis c.p.c. -, peraltro anteriore alla proposizione del ricorso per Cassazione, rientra nelle previsioni dell’art. 329 c.p.c. quale atto incompatibile con la volontà di avvalersi delle impugnazioni. L’acquiescenza alla sentenza – che può avvenire in forma espressa o tacita - consiste nell’accettazione della sentenza e nella manifestazione, da parte del soccombente, della volontà di non voler impugnare. Nel caso di specie l’acquiescenza è avvenuta mediante l’espresso adeguamento alle statuizioni della sentenza impugnata e l’instaurazione di un autonomo giudizio avente la medesima pretesa. Conclusione. Con la sentenza in oggetto, la Suprema Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite. Dà atto, altresì, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 26 settembre – 29 novembre 2018, numero 30927 Presidente Manna – Relatore Giannaccari Fatto R.E. proponeva opposizione a decreto ingiuntivo innanzi al Giudice di Pace di Casoria avente ad oggetto il pagamento di oneri condominiali, contestando la sua qualità di condomino per non essere proprietario di una porzione dell’area facente parte del omissis ma di esercitare su tale striscia di terreno una servitù di passaggio. Il Giudice di Pace rigettava l’opposizione. Proponeva appello innanzi al neo costituito Tribunale di Napoli Nord si costituiva il Condominio, resistendo al gravame. Il Tribunale di Napoli Nord, con sentenza del 3.2.2016, dichiarava inammissibile l’impugnazione. Rilevava il tribunale che il R. aveva erroneamente notificato l’atto di appello al condominio personalmente ad al suo difensore, Avv. Ricca, mediante deposito in cancelleria ai sensi dell’articolo 82 RD 37/34. Osservava che il decreto ingiuntivo era stato emesso dal Giudice di Pace di Casoria in data 8.1.2010, e nello stesso anno era stata proposta l’opposizione, che si era conclusa con sentenza del 2.12.2013. A quella data era già stato istituito il Tribunale di Napoli Nord in virtù del D.Lgs. 155/2012, che aveva soppresso la Sezione Distaccata di Casoria del Tribunale di Napoli. Secondo il giudice d’appello, poiché al momento dell’instaurazione del giudizio il difensore del Condominio aveva sede a Napoli, nella medesima circoscrizione in cui si era svolto il giudizio di primo grado, in assenza di norme transitorie, doveva applicarsi la normativa che regolava il giudizio di primo grado. Di conseguenza l’atto d’appello doveva essere notificato presso lo studio dell’Avv. Ricca e non attraverso il deposito in cancelleria. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso R.E. sulla base di due motivi, cui ha resistito con controricorso il Condominio omissis . Disposta l’assegnazione alla Sesta Sezione Civile di questa Corte, il relatore ha formulato proposta di inammissibilità del ricorso per acquiescenza ex articolo 329 c.p.c Il ricorrente ha depositato memorie ex articolo 380 bis c.p.c La Sesta Sezione Civile, con ordinanza interlocutoria del 26.10-22.12.2017, ha ritenuto non sussistenti le condizioni di cui all’articolo 375 c.p.c. ed ha rimesso la causa alla pubblica udienza. Le parti hanno depositato memorie illustrative ex articolo 378 c.p.c Diritto Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di nullità del controricorso, che è stata avanzata dal ricorrente sotto diversi profili. È stato, in primo luogo eccepita l’inesistenza e/o la nullità del controricorso, della relata di notifica e dell’attestazione di conformità degli atti notificati in forma telematica agli originali, per violazione dell’articolo 3 bis comma 1 e 2 L. 53/94 deduce il ricorrente che i file pdf sarebbero firmati in formato pades e con cades e privi dell’estensione p7m , come previsto dalla legge mancherebbe la firma digitale dell’attestazione di conformità con conseguente nullità della procura, insuscettibile di sanatoria ex articolo 156 c.p.c Il motivo non è fondato. La questione sollevata dal ricorrente è stata rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza interlocutoria della Sesta Sezioni Civile del 31.8.2017 numero 20672, con cui si chiedeva al Supremo collegio di stabilire se la firma CADES del documento informatico, contenente anche la procura speciale indispensabile per la ritualità del ricorso o del controricorso in sede di legittimità, fosse una prescrizione sulla forma dell’atto indispensabile al raggiungimento dello scopo ai sensi dell’articolo 156 c.p.c La fattispecie esaminata dalle Sezioni Unite riguardava un controricorso recante il medesimo caso posto all’esame del collegio, ovvero di una procura speciale e relazione di notifica firmati digitalmente e notificati mediante un rapporto PEC contenente gli estremi identificativi di tre allegati con suffisso PADES, vale a dire sottoscritti con firma PDF . Secondo il Collegio rimettente, tale modalità dovrebbe ritenersi invalida, trattandosi di un documento, non creato interamente e ab origine su supporto informatico, ma articolato anche su di una parte analogica. Inoltre, tali prescrizioni, secondo il collegio remittente, andavano esaminate considerata le peculiarità del giudizio di cassazione, che è ancora un processo essenzialmente analogico, con la sola eccezione delle comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili, secondo quanto previsto dal D.M. 19 gennaio 2016, emesso ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012, articolo 16, comma 10. Ciò, comporta la necessità di estrarre copie analogiche degli atti digitali, riconoscendo all’avvocato il potere di attestare la conformità agli originali digitali delle copie del messaggio di posta elettronica certificata inviato all’avvocato di controparte, delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, nonché degli atti allegati, compresivi dalla relazione di notificazione. La risposta delle Sezioni Unite si snoda attraverso un’attenta e dettagliata ricostruzione della normativa Europea, con il recente Regolamento 910/2014, e nazionale, che prende le mosse sin dalla delibera CNIPA/4/2005, e che conduce all’affermazione del principio di diritto, secondo cui la struttura del documento firmato può essere indifferentemente PAdES o CAdES, tenuto conto che il certificato di firma, inserito nella busta crittografica, è presente in entrambi gli standards, parimenti abilitati. Pertanto, è escluso che le disposizioni vigenti comportino in via esclusiva l’uso della firma digitale in formato CAdES, laddove, al contrario il formato PAdES è da ritenersi equivalente ed egualmente ammesso dall’ordinamento, sia pure con differente estensione. La firma digitale in formato PAdES, più nota come firma PDF , è un file con normale estensione .pdf , leggibile con i comuni readers disponibili per questo formato. Vi è quindi, secondo le norme Euro unitarie, la piena equivalenza delle firme digitali nei formati CAdES e PAdES. Si deve escludere che le disposizioni tecniche tuttora vigenti, anche a livello di diritto dell’UE, comportino in via esclusiva l’uso della firma digitale in formato CAdES, rispetto alla firma digitale in formato PAdES. La Corte ha, inoltre, osservato, che non vi sono elementi obiettivi per poter ritenere che solo la firma in formato CAdES offra garanzie di autenticità, tanto che nel processo amministrativo telematico, per ragioni legate alla piattaforma interna, è stato adottato il solo standard PAdES. Ne consegue la piena validità dell’atto e, conseguentemente, della procura alle liti, controfirmate dal difensore con firma digitale in formato PAdES, con la consueta estensione .pdf . Il secondo profilo di inammissibilità del controricorso riguarda la sua notifica a mezzo pec per violazione dell’articolo 3 bis comma 4 e dell’articolo 11 L. 53/94, poiché non sarebbe indicato nell’oggetto notifica ai sensi della L. 53/94 . Anche tale eccezione è infondata trattandosi di mera irregolarità la notifica è avvenuta, indipendentemente dalla dicitura notifica controricorso in cassazione , ai sensi della L. 53/94 nella certificazione della conformità delle copie all’originale, il difensore ha fatto esplicito riferimento alla relazione di notifica a mezzo di posta elettronica certificata ex articolo 3 bis L. 21.1.1994 numero 53 . L’ultimo profilo di inammissibilità del controricorso attiene all’omessa indicazione dell’elenco dal quale è estratto l’indirizzo di posta elettronica ai sensi dell’articolo 3 bis comma 1 lettera f e dell’articolo 11 L. 53/94. Il motivo è infondato considerando che l’atto ha raggiunto lo scopo cui era destinato, essendo stato notificato presso l’indirizzo di posta elettronica del ricorrente, che ha replicato al controricorso. Va quindi esaminata l’eccezione di inammissibilità proposta dal controricorrente per acquiescenza alla sentenza impugnata. L’eccezione di inammissibilità è fondata. Il R. ha proposto, prima del ricorso per cassazione un giudizio ex articolo 702 bis c.p.c., innanzi al Tribunale di Napoli Nord, avente ad oggetto l’accertamento ed il riconoscimento della servitù di passaggio e la restituzione di somme incassate dal condominio ex articolo 2041 c.c Nel ricorso ex articolo 702 bis c.p.c. il R. , difensore di se medesimo, ammette di introdurre gli stessi temi sottesi all’opposizione a decreto ingiuntivo - la contestazione della sua qualità di condomino - e di aver ottemperato alla sentenza, anche in previsione dell’introduzione di autonomo giudizio, fondato sullo stesso petitum ma su una diversa causa petendi. L’azione di indebito arricchimento, proposta dal R. con il ricorso ex articolo 702 bis c.p.c., ha, infatti, carattere residuale. La proposizione di un’autonoma azione giudiziaria, peraltro antecedente alla proposizione del ricorso per cassazione, rientra nelle previsioni dell’articolo 329 c.p.c. quale atto incompatibile con la volontà di avvalersi delle impugnazioni. L’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione consiste nell’accettazione della sentenza e cioè nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare. Essa può avvenire sia in forma espressa che tacita, ovvero attraverso un comportamento dal quale sia possibile desumere in maniera precisa e univoca il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè in presenza di atti assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi della impugnazione. Nella specie, l’acquiescienza è avvenuta attraverso l’espresso adeguamento alle statuizione della sentenza impugnata e l’instaurazione di un autonomo giudizio avente la medesima pretesa. Il ricorso va, pertanto dichiarato inammissibile. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite che liquida in Euro 1500,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge nella misura del 15%, iva e cap come per legge. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.