L’equo indennizzo riconosciuto alle parti per irragionevole durata del processo esecutivo immobiliare

In tema di equa riparazione per la non ragionevole durata del procedimento esecutivo immobiliare, il disinteresse delle parti alla procedura esecutiva può portare solo ad una riduzione dell’importo indennitario ma non all’esclusione del diritto stesso all’indennizzo per la suddetta irragionevole durata.

Sul puto torna ad esprimersi la Corte di Cassazione con ordinanza n. 27252/18 depositata il 26 ottobre. Il caso. Gli appellanti chiedevano in secondo grado alla competente Corte territoriale il pagamento di un equo indennizzo da parte del Ministero della Giustizia, ex art. 2 l. n. 89/2001, per la irragionevole durata di un procedura esecutiva immobiliare. La Corte d’Appello, in accoglimento della domanda, liquidava in favore di ricorrenti la somma richiesta. Successivamente il Ministero propone ricorso per cassazione. L’irragionevole durata del processo. In tema di equa riparazione, la Corte territoriale, richiamando quanto stabilito in precedenza dalla Suprema Corte, sottolinea che ai fini dell’equa riparazione, la durata del processo di esecuzione include i tempi impiegati per definire i rimedi cognitivi o esecutivi, come la fase di reclamo avverso l’ordinanza che dischiari l’estinzione della procedura . Con riferimento poi al ruolo delle parti durante il procedimento esecutivo, gli Ermellini ricordano come il disinteresse delle parti alla procedura esecutiva può portare solo ad una riduzione dell’importo indennitario ma non all’esclusione del diritto stesso all’indennizzo per la non ragionevole durata del processo. Nel caso in esame, dunque, la sopravvenuta estinzione del giudizio per fatto da imputare al creditore non esclude il diritto all’indennizzo per il periodo antecedente la stessa estinzione, dato che per tale periodo non può rilevarsi una mancanza di interesse, attribuendo efficacia retroattiva all’inattività del creditore. Per queste ragioni, il ricorso va respinto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 22 maggio – 26 ottobre 2018, numero 27252 Presidente Petitti – Relatore Federico Esposizione del fatto Con ricorso presentato in data 1.3.2016 D.S.T. e P.A. adivano la Corte d’appello di Roma per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi dell’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, numero 89, in relazione alla durata irragionevole di una procedura esecutiva immobiliare, che gli istanti avevano promosso nel 1994. Nel corso di quest’ultima i ricorrenti proponevano altresì opposizione al decreto, emanato in data 5.2.2016, della Corte d’appello di Roma. La Corte d’appello di Roma accoglieva parzialmente la domanda, liquidando in favore dei ricorrenti la somma di 8.000, 00 Euro in favore di ciascun ricorrente, a titolo di equa riparazione per la non ragionevole durata del processo. Per la cassazione di tale decreto, il Ministero della Giustizia propone ricorso, affidato a due motivi. Considerato in diritto Con il primo motivo il Ministero denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 4, della legge 24 marzo 2001, numero 89, in relazione all’articolo 360, comma primo, numero 4 , c.p.c. deducendo che il dies a quo ex articolo 4, della l. numero 89 del 2001, avrebbe dovuto decorrere dalla data di adozione dell’ordinanza dichiarativa dell’improcedibilità della procedura esecutiva emessa in data 25.11.2014 , con conseguente tardività di ogni successiva richiesta indennitaria. Il motivo è infondato. In tema di equa riparazione, il processo esecutivo ed i rimedi che hanno natura endoprocessuale, quali i reclami, costituiscono, ai soli fini del riconoscimento dell’equo indennizzo, un unico ed unitario processo. Ne deriva che la durata dell’esecuzione comprende anche tale fase e gli eventuali gradi d’impugnazione. Conseguentemente, la Corte territoriale ha statuito in conformità al principio espresso dalla Suprema Corte, secondo cui ai fini dell’equa riparazione, la durata del processo di esecuzione include i tempi impiegati per definire i rimedi cognitivi o esecutivi, come la fase di reclamo avverso l’ordinanza che dichiari l’estinzione della procedura Cass., Sez. 1, Sentenza numero 15734 del 28/07/2016 . Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 4, della legge 24 marzo 2001, numero 89, in relazione all’articolo 360, comma primo, numero 3 , c.p.c Parte ricorrente evidenzia la contraddittorietà della fattispecie in esame, atteso che le parti istanti hanno chiesto una congrua indennità in relazione alla irragionevole durata di un procedimento estinto per mancata attività delle parti stesse. In ragione di ciò, l’effetto estintivo della procedura esecutiva sarebbe riconducibile esclusivamente ad una omissione di parte, e cioè alla mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento, tale da evidenziare la mancanza di una qualsiasi forma di interesse alla definizione del procedimento. Il motivo è infondato. Come questa Corte ha già affermato, il disinteresse delle parti alla procedura esecutiva può soltanto indurre ad una riduzione dell’importo indennitario, con riferimento a valori minimi, ma non esclude il diritto all’indennizzo per la non ragionevole durata del procedimento Cass. 16028/2013 . La sopravvenuta estinzione del giudizio per fatto imputabile al creditore, pertanto, non esclude il diritto all’indennizzo per il periodo antecedente all’estinzione medesima, non potendo inferirsi per detto periodo una mancanza di apprezzabile interesse, attribuendo efficacia retroattiva a detta inattività del creditore. Il ricorso va dunque respinto e, considerato che gli intimati non hanno svolto nel presente giudizio attività difensiva, non deve provvedersi sulle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.