Le differenze e le interazioni del giudizio civile e quello penale di falso

Il giudizio civile di falso e il procedimento penale di falso, pur conducendo entrambi, in pratica, a una eliminazione dell’efficacia rappresentativa del documento, sono differenti tra loro. Il primo tende soltanto a dimostrare la totale, o parziale, non rispondenza al vero di un determinato documento nel suo contenuto obiettivo o nella sua sottoscrizione il secondo, oltre ad accertare la falsificazione, mira a identificare l’autore al fine di assoggettarlo alle pene stabilite dalla legge.

Sul tema la Corte di Cassazione con ordinanza n. 27161/18 depositata il 25 ottobre. La fattispecie. Nel caso in esame la Corte d’Appello ha confermato la sentenza resa dal Giudice di prime cure ove era stata accolta la querela di falso formulata nei confronti di un avvocato e avente ad oggetto la sottoscrizione di una procura alle liti. Il Giudice civile, nello statuire, non aveva dato rilievo alla sentenza di assoluzione emessa dalla sezione penale del medesimo Tribunale a favore del legale, perché il fatto non sussiste, in ordine alla fattispecie criminosa di cui all’art. 481 c.p Controversia che è giunta all’esame del Supremo Collegio. Differenze fra il giudizio civile e penale di falso. Il Giudice di legittimità ha avuto modo di ribadire che il giudizio civile e il procedimento penale di falso hanno funzioni del tutto differenti tra loro in quanto il primo tende a dimostrare la falsità, totale o parziale, di un documento il secondo ha la pretesa di identificare l’autore del falso al fine di assoggettarlo alle pene stabilite dalla legge. Ne consegue che ha efficacia di giudicato nel giudizio civile la sola sentenza penale che abbia accertato l’autenticità del documento. Le prove raccolte nel giudizio penale. Inoltre la Corte osserva che non sussiste alcun obbligo, per il Giudice civile, di esaminare e valutare le prove e le risultanze acquisite nel processo penale come fonte del proprio convincimento. La formazione del giudicato e i limiti di cui all’art. 345 c.p.c Il giudicato esterno, al pari di quello interno, risponde alla finalità di interesse pubblico di eliminare l’incertezza delle situazioni giuridiche e di rendere stabili le decisioni ne consegue che il suo accertamento è rilevabile, e valutabile, anche d‘ufficio da parte del Magistrato in ogni grado e stato del processo. Pertanto la parte può sempre produrre la sentenza contenente un giudicato esterno senza che a tale documento si applichino le decadenze previste dall’art. 345 c.p.c

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 27 giugno – 25 ottobre 2018, n. 27161 Presidente Manna – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione Pa.Ig.Pa.Ma. detta Pa. , P.L. , P.C. e P.V. hanno proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari - sezione distaccata di Sassari - n. 130/2014, depositata il 26 marzo 2014 Resiste con controricorso P.B. , mentre restano intimati senza svolgere attività difensive, P.M. , Pa.Ma. , P.G. , Pa.Gi. , Pi.Pi. e G.P. . Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Lucio Capasso, ha depositato le sue conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c., chiedendo l’accoglimento del ricorso. P.B. con citazione del 12 aprile 2006 convenne innanzi al Tribunale di Tempio Pausania l’avvocato Pa.Ig.Pa.Ma. , nonché le restanti ricorrenti e gli altri attuali intimati, tutti fratelli germani ed uterini dello stesso attore, per sentire dichiarare la falsità delle sottoscrizioni a lui riconducibili, apposte in calce alle procure alle liti del 5 maggio 1993 e del 18 maggio 2004, rilasciate all’avvocato Pa.Ig.Pa.Ma. , la prima in relazione alla comparsa di costituzione e risposta nella causa avente numero r.g. 277/93 svoltasi davanti al Tribunale di Tempio Pausania, e la seconda in relazione all’atto di citazione in appello avverso la sentenza 218/2003 che aveva deciso il giudizio di primo grado. Quel procedimento era relativo alla successione ereditaria di p.g. , madre dei contendenti, e l’attore sostenne di aver delegato la sorella Lidia a seguire la vicenda. Il Tribunale, con sentenza del 22 maggio 2008, accolse la querela di falso, dichiarando apocrife le sottoscrizioni di P.B. . L’avvocato Pa.Ig.Pa.Ma. propose appello, sostenendo l’erroneità della sentenza di primo grado per avere il Tribunale omesso di pronunciare in ordine alla carenza di interesse ad agire dell’attore, eccezione formulata sin dalla comparsa di costituzione e risposta, stante il fatto che la prima delle sottoscrizioni in oggetto avrebbe consentito la difesa di P.B. dalla domanda di riduzione di legittima proposta da Pi.Pi. nei suoi confronti e che le cause si erano comunque concluse con esito positivo per l’attore peraltro, nessun rilievo avrebbe assunto l’asserita falsità della firma della procura alle liti relativa alla domanda riconvenzionale proposta da P.L. , la quale era difesa dal medesimo avvocato, in quanto P.B. aveva interamente delegato ad interessarsi della difesa giudiziale per il procedimento n. 277/93 proprio la sorella L. . Vennero altresì criticate dall’appellante le risultanze della c.t.u., come la valutazione delle prove testimoniali. La Corte di Appello di Cagliari - sezione distaccata di Sassari -, con sentenza del 26 marzo 2014, n. 130/2014, rigettò il gravame, ravvisando comunque l’interesse di P.B. ad agire al fine di riconoscere la falsità della firma sulla procura alle liti, giudicando corretto l’operato del c.t.u. anche nella scelta delle scritture di comparazione e ritenendo irrilevante la testimonianza di Pu.Sa. . I. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 345, comma 3 c.p.c. per omessa pronuncia in ordine all’ammissibilità e per il mancato esame - che avrebbe portato ad una decisione di segno opposto - delle produzioni effettuate all’udienza del 12.10.2012 . Le ricorrenti spiegano che, nelle more del processo di appello del presente giudizio, l’avvocato Paola Pa. aveva subito un procedimento penale per il reato di cui all’art. 481 codice penale, nel quale si costituì parte civile P.B. ed avente ad oggetto la falsità della sottoscrizione della procura alle liti del 15 maggio 2004. Tale processo penale si era concluso con sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste emessa il 22 dicembre 2011 n. 240/2011 dal Tribunale di Tempio Pausania, divenuta irrevocabile il 6 febbraio 2012. La sentenza penale era stata prodotta in questo giudizio, insieme ai verbali dibattimentali ed alla perizia calligrafica eseguita su incarico del giudice penale, all’udienza davanti alla Corte d’Appello del 12 ottobre 2012. La Corte di Appello non avrebbe tuttavia tenuto conto di tale documentazione. Il secondo motivo di ricorso lamenta la nullità della sentenza, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e la violazione dell’art. 654 c.p.c. per omessa pronuncia in ordine all’eccezione rilevabile d’ufficio di efficacia di giudicato nel giudizio civile della sentenza penale di assoluzione in ordine alla dichiarata falsità della sottoscrizione dicente P.B. apposta alla procura alle liti datata 15.5.2004 a margine dell’atto di citazione in appello avverso la sentenza n. 218/03 del Tribunale di Tempio Pausania depositata nella causa iscritta al n. 186/04 Corte Appello Sassari ed anche di quella dicente P.B. apposta in calce al mandato 5.5.1993 conferito a margine della comparsa di costituzione e risposta nella causa iscritta al n. 277/93 Tribunale di Tempio Pausania . La Corte di Appello, secondo le ricorrenti, non avendo dato alcun rilievo all’eccezione relativa all’effetto preclusivo della cosa giudicata penale, avrebbe errato nel non dichiarare la veridicità non solo dell’autentica della sottoscrizione 18.5.2004, ma anche dell’autentica della sottoscrizione 5.5.1993, oggetto anch’essa del processo penale, seppur non investita dalla decisione, in quanto accertata dalla consulenza calligrafica del perito L. , espletata in quella sede. Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 2729 c.c. articolo la cui corretta applicazione avrebbe condotto ad una decisione diversa in ordine alla dichiarata falsità della sottoscrizione dicente P.B. apposta alla procura alle liti datata 5.5.1993 a margine della comparsa di costituzione e risposta depositata nella causa 277/1993 già pendente presso il Tribunale di Tempio Pausania oltre quella 18.5.1994 a margine dell’atto di citazione in appello avverso la sentenza n. 218/03 del Tribunale di Tempio Pausania depositata nella causa iscritta al n. 186/04 Corte Appello Sassari coperta dal giudicato penale . Il contrasto tra la c.t.u. espletata nella causa civile e la c.t.u. espletata nella causa penale relativamente all’autenticità della sottoscrizione 18.5.2004 priverebbe di ogni valore indiziario la prima. Il quarto motivo di ricorso lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti che se esaminato avrebbe comportato il riconoscimento della veridicità anche relativamente alla scrittura 5.5.1993 a margine della comparsa di costituzione e risposta nella causa 277/1993 e non solo a quella già ritenuta vera come illustrato nel motivo n. 2 che precede . La Corte del merito non avrebbe in alcun modo preso in considerazione che P.B. , nel procedimento penale, all’udienza del 20 gennaio 2011, ha dichiarato, con valore confessorio ex art. 2730 c.c., di essere stato presente all’incontro svoltosi a XXXXX e di aver rilasciato la procura all’avvocato Pa. , fatto riferito anche dal teste Pu.Sa. . Possono essere esaminati congiuntamente i primi due motivi di ricorso, per la loro connessione, e gli stessi si rivelano fondati nei limiti di seguito precisati, rimanendo dal loro accoglimento assorbiti il terzo ed il quarto motivo, i quali perdono di immediata rilevanza decisoria. Questa Corte ha già avuto occasione di affermare, e va qui ribadito, come il giudizio civile di falso ed il procedimento penale di falso, pur conducendo entrambi in pratica ad una eliminazione dell’efficacia rappresentativa del documento risultato falso, sono in realtà sostanzialmente differenti tra loro. Infatti, mentre il primo tende soltanto a dimostrare la totale o parziale non rispondenza al vero di un determinato documento nel suo contenuto obiettivo o nella sua sottoscrizione, l’altro, al contrario, oltre che ad accertare il fatto della falsificazione, mira ad identificarne l’autore, al fine di assoggettarlo alle pene stabilite dalla legge Cass. Sez. 3, 07/02/2006, n. 2524 Cass. Sez. 1, 23/05/1969, n. 1814 . La querela di falso di cui all’art. 221 del codice di procedura civile, e segg. e la denuncia in sede penale hanno quindi funzioni diverse, salva l’efficacia propria della sentenza penale sul giudizio civile, regolata dall’art. 654 del codice di procedura penale. Ai sensi del medesimo art. 654 cod. proc. pen., l’efficacia vincolante del giudicato penale di assoluzione, è infatti invocabile nel giudizio civile tra coloro che parteciparono al processo penale, purché la soluzione del primo dipenda dagli stessi fatti materiali del secondo. Di tal che ha efficacia di giudicato nel giudizio civile di falso la sentenza penale che, ad esempio, abbia accertato l’autenticità della sottoscrizione della parte certificata dall’avvocato ai fini della procura alle liti, assolvendolo dall’imputazione di falso ideologico in certificati commesso da persona esercente un servizio di pubblica necessità art. 481 cod. pen. , stante l’identità dei fatti materiali accertati ai fini della decisione penale e di quelli in relazione ai quali sia stata proposta querela di falso cfr. Cass. Sez. 2, 23/04/2015, n. 8303 . Non sussiste, peraltro, un obbligo per il giudice civile - pur in presenza di un giudicato penale - di esaminare e valutare altresì le prove e le risultanze acquisite nel processo penale come fonte del proprio convincimento Cass. Sez. 2, 25/03/2005, n. 6478 . La Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, dunque, non ha preso in esame la sentenza penale n. 240/2011 emessa il 22 dicembre 2011 dal Tribunale di Tempio Pausania, recante l’assoluzione dell’avvocato Pa.Pa. perché il fatto non sussiste, passata in giudicato e prodotta all’udienza del 12 ottobre 2012. Non vi è ragione di far riferimento ai limiti di cui all’art. 345 c.p.c. per le prove nuove in appello, trattandosi qui di dar conto di un giudicato esterno, formatosi nel corso del giudizio di secondo grado e la cui esistenza è stata eccepita, sempre nel corso dello stesso, dalla parte interessata, il che rende la sentenza di appello impugnabile con il ricorso per cassazione. Il giudicato esterno, invero, al pari di quello interno, risponde alla finalità d’interesse pubblico di eliminare l’incertezza delle situazioni giuridiche e di rendere stabili le decisioni, sicché il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti ed il giudice, al quale ne risulti l’esistenza, non è vincolato dalla posizione assunta da queste ultime in giudizio, dovendo procedere al suo rilievo e valutazione anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo Cass. Sez. U, 25/05/2001, n. 226 . Conseguono l’accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso, nei limiti indicati in motivazione, l’assorbimento del terzo e del quarto motivo e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, che, in diversa composizione, sottoporrà la causa a nuovo esame, tenendo conto dei rilievi svolti, e provvederà altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.