Liquidazione delle spese di lite: quando il giudice può disporla a carico della parte ricorrente?

Il giudice può procedere alla liquidazione delle spese processuali, a carico della parte ricorrente, solo nelle ipotesi in cui dichiari la propria incompetenza o l’inammissibilità del ricorso oppure lo rigetti senza procedere all’espletamento del mezzo istruttorio richiesto. Qualora, viceversa, dia corso alla consulenza preventiva, il giudice non ha il potere di statuire sulle spese.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con ordinanza n. 26573/18 depositata il 22 ottobre, la quale deve esprimersi sulla questione se, al termine di un procedimento di istruzione preventiva, ex art. 696- bis c.p.c., il Tribunale possa liquidare le spese processuali sostenute dal resistente, mettendole a carico del ricorrente sulla base del principio generale della soccombenza. La liquidazione delle spese di giudizio. Alla questione innanzi detta è collegata quella, rilevabile d’ufficio, dell’ammissibilità del rimedio impugnatorio del ricorso straordinario di cui all’art. 111, comma 7, c.p.c. che presuppone l’esistenza di un provvedimento avente carattere decisiorio non altrimenti impugnabile. Qualora il giudice invece provveda alla liquidazione delle spese in ragione non dell’inammissibilità o della infondatezza ex ante dell’istanza di istruzione preventiva, ma sulla base di ciò che risulta dopo l’espletamento del mezzo istruttorio richiesto, il relativo provvedimento è abnorme, in quanto emesso fuori dalla previsione di legge astratta. Il principio di diritto. La Suprema Corte afferma quindi che sulla base del combinato disposto degli artt. 669-septies, comma 2, e 669-quaterdecies c.p.c., nei procedimenti di consulenza preventiva, il giudice può procedere alla liquidazione delle spese processuali a carico della parte ricorrente solamente nei casi in cui dichiari la propria incompetenza o l’inammissibilità del ricorso oppure lo rigetti senza procedere all’espletamento del mezzo istruttorio richiesto. Qualora, viceversa, dia corso alla consulenza preventiva, il giudice non ha il potere di statuire sulle spese. L’eventuale provvedimento in tal senso risulta abnorme, ma non è impugnabile ai sensi dell’art. 111, comma 7, della Costituzione, giacché privo dei caratteri della definitività e della decisorietà. Data la sua natura sommaria, ove venga azionato come titolo esecutivo, può essere opposto ai sensi dell’art. 615 c.p.c. come se fosse un titolo esecutivo stragiudiziale, assumendo l’opposizione il valore di querela nullitatis . Il provvedimento è altresì discutibile anche nel caso in cui venga iniziato il giudizio di merito sulla pretesa in relazione alla quale era stata richiesta la consulenza preventiva . Concludendo, la Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 16 gennaio – 22 ottobre 2018, n. 26573 Presidente Frasca – Relatore Besso D’Arrigo Ritenuto S.L. propose ricorso, ai sensi dell’art. 696-bis cod. proc. civ., nei confronti di D.P. al fine di accertarne la responsabilità professionale sanitaria. Espletata una consulenza tecnica d’ufficio, che escludeva l’asserita responsabilità del D. , non essendosi le parti conciliate, il Tribunale di Roma rigettò il ricorso e condannò la ricorrente alle spese di lite in favore del resistente. Contro tale pronuncia la S. ha proposto ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost., deducendo la violazione degli artt. 91, 112 e 696-bis cod. proc. civ. Il D. ha resistito con controricorso. Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ. come modificato dal comma 1, lett. e , dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla l. 25 ottobre 2016, n. 197 , ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata. Considerato La questione sottoposta all’attenzione della Corte è se, all’esito di un procedimento di istruzione preventiva ai sensi dell’art. 696-bis cod. proc. civ., il Tribunale possa liquidare le spese giudiziali sostenute dal resistente, ponendole a carico del ricorrente secondo il principio generale della soccombenza. A tale questione, espressamente prospettata dalla ricorrente, è strettamente connessa quella, rilevabile d’ufficio, dell’ammissibilità del rimedio impugnatorio del ricorso straordinario di cui all’art. 111, settimo comma, cod. proc. civ. che - com’è noto - presuppone l’esistenza di un provvedimento di carattere decisorio non altrimenti impugnabile. Com’è noto, l’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ., all’atto dell’intervento della disciplina del c.d. procedimento cautelare uniforme, estese l’ambito di applicazione dell’art. 669-septies cod. proc. civ. anche ai provvedimenti di istruzione preventiva, di modo che, qualora il giudice adito ai sensi degli artt. 692 e segg. cod. proc. civ. si fosse ritenuti incompetente oppure non avesse ritenuto sussistenti i presupposti per procedere all’accertamento tecnico preventivo, risultò legittimato a provvedere sulle spese giudiziali. Qualora, invece, il giudice, dando corso alla domanda di istruzione preventiva, avesse disposto l’espletamento del mezzo istruttorio indicato dalla parte ricorrente, la liquidazione delle spese processuali non risultava è consentita, né in favore del ricorrente, né a favore della controparte e ciò indipendentemente dal fatto che le risultanze dell’accertamento avessero avallato le rispettive prospettazioni sul modo di essere e sull’utilità dell’oggetto dell’accertamento. La suddetta disciplina è rimasta immutata e, allorquando il legislatore ha introdotto l’art. 696-bis nella sezione richiamata dall’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ., essa è risultata applicabile anche all’istituto di cui alla nuova norma, ancorché essa non prevedeva, com’è pacifico, una misura cautelare. Ne è derivato che, con riferimento al procedimento ai sensi dell’art. 696-bis il giudice può statuire sulle spese di procedimento solo se si ritiene privo di competenza oppure se ritiene di rigettare l’istanza per mancata ricorrenza dei presupposti giustificativi indicati dalla norma, mentre, se all’accertamento dia corso, quale che sia l’esito di esso, la statuizione sulle spese è preclusa. Costituisce corollario delle superiori considerazioni la conclusione che, qualora, difformemente da quanto previsto dalla legge, il giudice provveda alla liquidazione delle spese in ragione non dell’inammissibilità o della infondatezza ex ante dell’istanza di istruzione preventiva, ma sulla base di ciò che risulta dopo l’espletamento del mezzo istruttorio richiesto, il relativo provvedimento è abnorme, perché emesso al di fuori della previsione di legge astratta. Esso, dunque, in particolare, non è qualificabile, pur rivestendone le forme, come titolo esecutivo, in quanto non rientra nella previsione dell’art. 474, primo comma, n. 1, cod. proc. civ., che attribuisce valore di titolo esecutivo alle sentenze e ai soli provvedimenti cui la legge riconosce valore esecutivo. Consegue che il ricorso per cassazione ex art. 111, settimo comma, Cost. è inammissibile, in quanto rivolto contro un provvedimento cui la legge non riconosce alcuna rilevanza decisoria agli effetti di cui a detta norma. Il rimedio consentito alla parte nei cui confronti sia stato reso un provvedimento giudiziario abnorme contenente una condanna al pagamento di una somma di denaro nella specie, la liquidazione delle spese di lite è rappresentato dall’actio nullitatis da far valere mediante opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ., qualora il provvedimento venga azionato come titolo esecutivo. In tal caso, infatti, il provvedimento, risultando emesso sulla base di una cognizione sommaria e al di fuori della previsione di legge, risulta censurabile come se fosse un titolo esecutivo stragiudiziale, secondo la soluzione ad altri effetti indicata da Cass. n. 11370 del 2011. Resta altresì possibile discutere il provvedimento sulle spese, ove non lo si faccia valere come titolo esecutivo, anche nell’ambito del giudizio di merito che eventualmente si inizi sulla pretesa sostanziale in relazione alla quale il procedimento ai sensi dell’art. 696-bis era stato introdotto. In base alle considerazioni svolte si deve affermare che Per effetto del combinato disposto degli artt. 669-septies, secondo comma, e 669-quaterdecies cod. proc. civ., nei procedimenti di consulenza preventiva ex art. 696-bis cod. proc. civ. il giudice può procedere alla liquidazione delle spese processuali a carico della parte ricorrente solamente nei casi in cui dichiari la propria incompetenza o l’inammissibilità del ricorso oppure lo rigetti senza procedere all’espletamento del mezzo istruttorio richiesto. Qualora, viceversa, dia corso alla consulenza preventiva, il giudice non ha il potere di statuire sulle spese. L’eventuale provvedimento in tal senso risulta abnorme, ma non è impugnabile ai sensi dell’art. 111, settimo comma, della Costituzione, giacché privo dei caratteri della definitività e della decisorietà. Data la sua natura sommaria, ove venga azionato come titolo esecutivo, può essere opposto ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ. come se fosse un titolo esecutivo stragiudiziale, assumendo l’opposizione il valore di querela nullitatis. Il provvedimento è altresì discutibile anche nel caso in cui venga iniziato il giudizio di merito sulla pretesa in relazione alla quale era stata richiesta la consulenza preventiva . In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Considerata la particolare novità della questione discussa va disposta l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità. Ricorrono, invece, i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sicché va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso. Compensa integralmente le spese processuali. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.