Al proprietario di terreni acquisiti dalla P.A. è dovuta anche l’indennità di occupazione legittima

In tema di edilizia residenziale pubblica, agevolata e convenzionata, nelle occupazioni illegittime, lo spossessamento del soggetto privato da parte della P.A. costituisce un illecito permanente, che cessa per effetto della rinuncia del proprietario al suo diritto, rinuncia che è implicita nella richiesta di risarcimento per equivalente.

Lo ha ricordato la Suprema Corte con sentenza n. 24101/18 depositata il 3 ottobre. Il caso. La Corte d’Appello dichiarava prescritto il credito risarcitorio del privato verso un Comune per l’occupazione acquisitiva di una porzione di terreno di cui era comproprietario. Con sentenza definitiva condannava il medesimo Comune al risarcimento dei danni in relazione ad aree occupate d’urgenza e irreversibilmente trasformate, nell’ambito di altri interventi espropriativi non conclusi con decreti di esproprio. Avverso tale sentenza il privato propone ricorso per cassazione. Occupazione abusiva. Con riferimento alla fattispecie in esame, la Suprema Corte sottolinea che nelle occupazioni illegittime, lo spossessamento del soggetto privato da parte della P.A. costituisce un illecito permanente, che cessa per effetto della rinuncia del proprietario al suo diritto che è implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente. In tale ipotesi la prescrizione decorre dalla data della domanda risarcitoria. Inoltre la domanda indennitaria del privato è riferita anche alla perdita della disponibilità di quei medesimi terreni nel periodo in cui l’occupazione era ancora legittima e al riguardo, gli Ermellini enunciano il principio secondo cui al proprietario di terreni legittimamente occupati, poi trasformati irreversibilmente e acquisiti dalla P.A., è dovuta anche l’indennità di occupazione legittima, quando egli abbia chiesto di essere indennizzato per l’indisponibilità di quei medesimi terreni per l’intera durata dell’occupazione, in aggiunta al risarcimento del danno per l’occupazione acquisitiva, non ostandovi il fatto che a fondamento della domanda egli abbia dedotto l’illegittimità dell’occupazione . Per queste ragioni, il ricorso viene accolto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 4 luglio – 3 ottobre 2018, n. 24101 Presidente Genovese – Relatore Lamorgese Fatti di causa La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza non definitiva del 22 marzo 2006 oggetto di espressa riserva di impugnazione , ha dichiarato prescritto il credito risarcitorio di M.A. verso il Comune di Silanus per l’occupazione acquisitiva di una porzione di terreno cd. primo lotto di cui era comproprietario, in agro di con sentenza definitiva del 21 settembre 2012, ha condannato il medesimo Comune al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 240628,00 e Euro 22262,00, comprensivi di rivalutazione e del danno da ritardato pagamento, oltre accessori, in relazione ad aree occupate d’urgenza ed irreversibilmente trasformate, nell’ambito di ulteriori interventi espropriativi non conclusi con decreti di esproprio cd. secondo e terzo lotto . Avverso entrambe le sentenze il M. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di nove motivi, illustrati da memoria, cui si è opposto il Comune di Silanus. Ragioni della decisione L’eccezione di tardività del ricorso, sollevata del Comune di Silanus, è infondata la sentenza impugnata del 21 settembre 2012, non notificata, è stata impugnata con ricorso spedito per la notifica il 6 novembre 2013, quindi nel rispetto del termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., tenuto conto della sospensione feriale. Con il primo motivo di ricorso il M. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2934, 2935, 2947 c.c. per avere la Corte d’appello, giudicando sull’occupazione relativa al primo lotto, ritenuto prescritto il credito risarcitorio alla data della citazione introduttiva del giudizio 15 gennaio 1992 , avendo fatto decorrere il relativo termine quinquennale dalla scadenza dei termini finali fissati nella dichiarazione di pubblica utilità gennaio 1976 o 1981 o dalla irreversibile trasformazione settembre 1975 , cioè da una data antecedente all’entrata in vigore della legge n. 458 del 1988 3 novembre 1988 che aveva portato ad emersione l’istituto dell’occupazione acquisitiva. Il motivo è fondato. Si deve precisare che non è alla citata legge del 1988, in tema di edilizia residenziale pubblica, agevolata e convenzionata, che occorre avere riguardo, avendo la giurisprudenza espunto l’istituto dell’occupazione acquisitiva dall’ordinamento ed affermato il principio secondo cui, nelle occupazioni illegittime, lo spossessamento del privato da parte della P.A. ha natura di illecito permanente, che viene a cessare per effetto oltre che della restituzione del terreno, di un accordo transattivo, della compiuta usucapione da parte dell’occupante che lo ha trasformato della rinuncia del proprietario al suo diritto che è implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente, ipotesi quest’ultima nella quale la prescrizione decorre dalla data della domanda risarcitoria Cass. n. 20231/2016, n. 4476/2015, s.u. n. 735/2015 . Il secondo, terzo e quarto motivo, riguardanti profili connessi alla prescrizione, sono assorbiti. Il quinto motivo, proposto in via subordinata nella ipotesi che nessuno dei precedenti motivi venga accolto , è assorbito per effetto dell’accoglimento del primo. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., per avere ritenuto non risarcibile il deprezzamento dell’area di sua proprietà vincolata a verde sportivo , delimitante un campo sportivo, resasi inutilizzabile per effetto dell’iniziativa del Comune, pur non essendo stata oggetto di un provvedimento di occupazione d’urgenza. Il motivo è privo di specificità ex art. 366 n. 4 c.p.c., non precisando se e in che termini vi sia stata occupazione della suddetta area inoltre la sentenza impugnata, riferendosi ad un’area già vincolata , ha escluso che questa possa considerarsi un reliquato o intendersi come area residua, implicitamente escludendo in concreto il denunciato pregiudizio. La censura si risolve nell’impropria critica di un apprezzamento di fatto compiuto dai giudici di merito. Esso è quindi inammissibile. È inammissibile anche il settimo motivo, con il quale si imputa alla Corte territoriale di avere recepito i calcoli operati dal c.t.u., ai fini della stima del valore di mercato dei terreni acquisiti, risolvendosi nella richiesta di un’autonoma valutazione delle risultanze istruttorie e quindi nella censura di apprezzamenti di fatto operati dai giudici di merito. Con l’ottavo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 112 c.p.c., 22 bis, comma 5, e 50 del dPR n. 327 del 2001, e 2043 c.c., per non avergli la Corte di merito riconosciuto la indennità dovutagli per l’occupazione quinquennale legittima dei terreni secondo e terzo lotto , poi divenuta illegittima per l’irreversibile trasformazione degli stessi, in assenza del decreto di esproprio, o per avere omesso di pronunciare sulla relativa domanda, essendo stato risarcito solo per la mancata disponibilità e la perdita dei terreni a seguito dell’irreversibile trasformazione. Il motivo è fondato. La sentenza impugnata ha rigettato la domanda in ragione del fatto che, nell’atto introduttivo del giudizio e nelle conclusioni in appello, il M. aveva denunciato l’illegittimo spossessamento dei propri terreni, domanda interpretata dalla Corte di merito come diretta al risarcimento del danno per l’occupazione illegittima acquisitiva e non anche alla reintegrazione indennitaria per la porzione di occupazione legittima antecedente allo sviluppo illegittimo della procedura, avendo il ricorrente solo nella comparsa conclusionale in primo grado fatto riferimento anche all’”arco temporale di occupazione legittima . Sebbene non sia pertinente il riferimento, nella rubrica del motivo, agli artt. 22 bis e 50 del dPR n. 327 del 2001 inapplicabili nella specie ratione temporis , la doglianza del ricorrente di non avere ricevuto alcunché per una occupazione per la quale aveva comunque diritto di essere indennizzato, è fondata. L’interpretazione della domanda dà luogo, com’è noto, ad un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non quando però si assume che l’interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile ad un error in procedendo Cass. n. 25259/2017 o abbia determinato l’omessa pronuncia su una domanda che si sostiene regolarmente proposta Cass. n. 6018/2017 , come appunto nella specie, in cui il ricorrente si duole del mancato riconoscimento dell’indennità richiesta in giudizio e dovutagli per l’occupazione inizialmente legittima di determinati terreni, poi irreversibilmente trasformati e, quindi, illegittimamente acquisiti dalla P.A Invero, la circostanza che nel giudizio di merito il ricorrente avesse definito come illegittima l’occupazione dei terreni costituenti oggetto della sua domanda indennitaria non escludeva il dovere del giudice di merito di qualificare in jure quella domanda, evidentemente riferita anche alla perdita della disponibilità di quei medesimi terreni nel periodo in cui l’occupazione era ancora legittima, e di riconoscere pertanto anche la relativa indennità di occupazione, in aggiunta al risarcimento del danno per l’occupazione acquisitiva. Tale conclusione è avvalorata non tanto dal fatto che nell’appello incidentale il ricorrente aveva dedotto l’indisponibilità di quei determinati terreni nel periodo tra la loro apprensione e la successiva acquisizione in proprietà da parte della P.A., ma dal fatto che la qualificazione giuridica dei fatti sostanziali in questo caso, della condotta della P.A. implica una quaestio juris riservata al giudice di merito e, in ultima analisi, a questa Corte. Ne consegue che l’errore in cui era incorso il ricorrente nel qualificare come illegittima un’occupazione legittima, nel periodo precedente alla irreversibile trasformazione o alla scadenza del termine dell’occupazione legittima, non vincolava il giudice di merito e non giustificava il diniego della tutela indennitaria prevista dalla legge per l’occupazione legittima di quei medesimi terreni. Si deve enunciare il principio secondo cui al proprietario di terreni legittimamente occupati, poi trasformati irreversibilmente e acquisiti dalla P.A., è dovuta anche l’indennità di occupazione legittima, quando egli abbia chiesto di essere indennizzato per l‘indisponibilità di quei medesimi terreni per l’intera durata dell’occupazione, in aggiunta al risarcimento del danno per l’occupazione acquisitiva, non ostandovi il fatto che a fondamento della domanda egli abbia dedotto l’illegittimità dell’occupazione. Il nono motivo, con il quale il ricorrente si duole del mancato riconoscimento del risarcimento del danno non patrimoniale, in misura del 10% del valore del terreno, è inammissibile, in mancanza di un provvedimento acquisitivo e applicativo dell’art. 42 bis del dPR n. 327 del 2001, cui si riferisce una denuncia di violazione astratta e non pertinente. In conclusione, in relazione ai motivi accolti primo e ottavo , la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, per un nuovo esame ea per le spese. P.Q.M. La Corte accoglie il primo e l’ottavo motivo di ricorso dichiara assorbiti il secondo, terzo, quarto e quinto motivo dichiara inammissibili gli altri motivi in relazione ai motivi accolti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per le spese.