La dichiarazione di definizione agevolata e l’estinzione del giudizio di cassazione

Nell’ipotesi in cui il debitore dichiari di avvalersi della definizione agevolata con impegno a rinunciare al giudizio, cui sia seguita la comunicazione dell’esattore, il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto per rinuncia del debitore.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con ordinanza n. 24083/18 depositata il 3 ottobre. Il caso. La Corte d’Appello di Roma rigettava il ricorso dell’INPS contro la sentenza con cui il Tribunale in accoglimento dell’opposizione proposta dal contribuente, dichiarava l’illegittimità della cartella esattoriale relativa al pagamento di una somma di denaro a titolo di mancato versamento dei contributi previdenziali. In particolare la Corte territoriale disattendeva l’appello dell’INPS sia per la tardività dell’originario ricorso in opposizione alla cartella, sia per l’avvenuto decorso del termine prescrizionale. L’INPS ricorre in Cassazione sollevando come unica questione la tardività dell’originario ricorso introduttivo. L’estinzione del giudizio. Sul punto, al Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto In presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata con impegno a rinunciare al giudizio ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 193/2016, convertito, con modificazioni, nella l. n. 225/2016, cui sia seguita la comunicazione dell’esattore ai sensi del comma 3 di tale norma, il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto ai sensi dell’art. 391 c.p.c., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia ricorrente, e ricorrendo un caso di estinzione ex lege, se egli sia resistente o intimato. Qualora risulti al momento della decisione che il debitore ha anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato, allora dovrà essere dichiarata la cessazione della materia del contendere . Applicando tale principio alla fattispecie in esame, si rileva che la parte resistente ha documentato di aver presentato la dichiarazione di definizione agevolata, l’avvenuta comunicazione dell’esattore ed anche di aver pagato la rate scadute. Quindi la Suprema Corte dichiara estinto per legge il giudizio di cassazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 11 luglio – 3 ottobre 2018, n. 24083 Presidente Curzio – Relatore Frasca Fatto e diritto Rilevato che 1. Con sentenza del 26 aprile 2016, la Corte d’Appello di Roma, Sezione Lavoro, ha rigettato l’appello dell’I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale contro la sentenza n. 13934 del 2012, con la quale il Tribunale di Roma in accoglimento dell’opposizione proposta da G.A. e nel contraddittorio di Equitalia Sud s.p.a., aveva dichiarato l’illegittimità della cartella esattoriale relativa al pagamento della somma di Euro 3.774,46 a titolo di mancato versamento di contributi previdenziali dovuti alla Gestione separata in riferimento all’anno 2004. 2. In particolare, la Corte territoriale ha disatteso l’appello dell’I.N.P.S. sia quanto alla dedotta tardività dell’originario ricorso in opposizione alla cartella, sia quanto all’avvenuto decorso del termine prescrizionale, che era stato ritenuto dal giudice di prime cure. 3. Avverso la sentenza della corte capitolina l’I.N.P.S. ha proposto ricorso per cassazione contro il G. e nei confronti di Equitalia Sud s.p.a., affidandolo ad un unico motivo afferente alla questione della tardività dell’originario ricorso introduttivo. 4. Al ricorso ha resistito con controricorso il G. , mentre non ha svolto attività difensiva Equitalia Sud. 5. La trattazione del ricorso veniva disposta nella camera di consiglio della Sesta Sezione-Lavoro per il 22 febbraio 2018 con proposta del relatore designato, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., di definizione nel senso dell’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza. 6. In vista dell’adunanza il resistente depositava memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ., evidenziando di aver presentato richiesta di definizione agevolata ex art. 6 del d.l. n. 193 del 2016 convertito, con modificazioni, nella legge n. 225 del 2016, che detta richiesta era stata accettata e che il pagamento delle rate era in corso. Nella memoria, cui allegava comunicazione delle somme dovute proveniente da Equitalia e anche tre ricevute di versamento in conto corrente postale di rate ivi indicate, il G. chiedeva, quindi, dichiararsi cessata la materia del contendere atteso l’intervenuto riconoscimento del debito. 7. Con ordinanza interlocutoria n. 12141 del 17 maggio 2017, all’esito della camera di consiglio, la Sottosezione, premesso il rilievo che occorre valutare se effettivamente la presentazione della dichiarazione di adesione alla definizione agevolata contenente il suddetto impegno a rinunciare ai giudizi pendenti seguita dal pagamento delle rate in scadenza - anche se non ancora ultimato -possa comportare - come nel caso in esame, in cui il ricorso risulta essere stato proposto dall’INPS - la declaratoria di cessazione della materia del contendere , rilevava che, pertanto, appare opportuno rimettere al Presidente della Sesta sezione perché valuti se ricorra un caso di rimessione della causa al Collegio di cui al punto 41.2 delle Tabelle della Corte . 8. Con decreto del 24 maggio 2018 il Presidente Titolare della Sesta Sezione nominava nuovo relatore in funzione della decisione nella composizione di cui al detto punto delle Tabelle e veniva redatta nuova proposta di definizione, la quale veniva notificata agli avvocati delle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza davanti al suddetto Collegio. 9. Non v’è stato deposito di memorie. Considerato che 1. Va rilevato che nella giurisprudenza della Corte, in punto di modalità di applicazione nei giudizi di cassazione della fattispecie di definizione c.d. agevolata ex art. 6 del d.l. n. 193 del 2016, convertito, con modificazioni, nella legge n. 225 del 2016, naturalmente quando essa venga evidenziata alla Corte e non vi sia contestazione sulla sua verificazione, si registra, sebbene non accompagnata da particolari motivazioni, una varietà di formule di definizione del processo. Talvolta si è fatto luogo ad una pronuncia di estinzione del processo di cassazione, anche con la modalità del provvedimento per decreto del presidente ai sensi del secondo inciso del primo comma dell’art. 391 cod. proc. civ. Altre volte si è fatto luogo ad una dichiarazione di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Altre volte si è dichiarata la cessazione della materia del contendere. In taluni casi nel dispositivo della decisione si è espressamente accompagnata la formula decisoria con l’indicazione della ragione giustificativa nella cennata definizione. In un caso, nel quale l’evidenziazione nel processo di cassazione della dichiarazione di definizione agevolata e dei suoi sviluppi palesava addirittura il completamento del procedimento di definizione, si è cassata senza rinvio la sentenza impugnata, reputando che la situazione sostanziale fosse ormai definita Cass., Sesta Sezione Trib., ord. n. 13550 del 2018 . 2. Il Collegio, dovendo prendere posizione in generale sul problema della formula decisoria adeguata nel giudizio di cassazione con riferimento alle vicende riconducibili alla norma dell’art. 6 del d.l. n. 193 del 2016, ritiene di farlo in modo completo, cioè, oltre che con riferimento al caso in cui il procedimento di definizione agevolata risulti iniziato a seguito della comunicazione di cui al comma 3 dell’art. 6, di cui si dirà, ma non ancora definito con il pagamento delle rate di credito somme, anche con riguardo all’ipotesi in cui la Corte sia chiamata a decidere quando il procedimento sia stato definito con quel pagamento. L’opzione esegetica che nel primo caso si ritiene adeguata è rappresentata dalla riconduzione della previsione normativa alla nozione di rinuncia al processo e segnatamente - per quello che qui interessa quanto al processo di cassazione - alla norma dell’art. 390 cod. proc. civ. oppure al fenomeno dell’estinzione disposta per legge, cui allude il primo comma dell’art. 391 cod. proc. civ 2.1. La prima ipotesi si configura quando il debitore si trovi nel detto processo in posizione di ricorrente. In questo caso, poiché la norma prevede un suo impegno a rinunciare, l’evidenziazione alla Corte di Cassazione della formulazione della dichiarazione di avvalimento della definizione agevolata con una formale rinuncia o comunque con una richiesta anche non espressa come rinuncia, ma con altre formule, come la richiesta di dichiarare cessata la materia del contendere, si deve intendere come adempimento dell’impegno de quo e quindi - spettando alla Corte di Cassazione dare l’esatto significato e l’efficacia sua propria secondo le norme ed al di là della richiesta di parte - come una rinuncia ai sensi dell’art. 390 cod. proc. civ., sebbene - come si vedrà disciplinata direttamente dalla legge in modo particolare quanto agli effetti sulla situazione sostanziale oggetto del processo. 2.2. La seconda ipotesi trova, viceversa, applicazione allorquando la suddetta evidenziazione avvenga in un processo di cassazione nel quale il debitore, com’è nel caso che si giudica, rivesta la posizione non di ricorrente, bensì di resistente o di intimato. Ed anche in tal caso l’applicazione deve avvenire al di là del contenuto formale della richiesta formulata dalla parte per evidenziare il fenomeno dell’art. 6 citato. 3. Per dar conto delle ragioni di tali soluzioni mette conto di prendere le mosse dalla disciplina normativa espressa nell’art. 6, che evidenzia quanto segue. Il comma 1 della norma individua il fenomeno al quale il legislatore ha assegnato rilievo riferendolo ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016 e prevedendo che i debitori possono estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni comprese in tali carichi, gli interessi di mora di cui all’articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, provvedendo al pagamento integrale delle somme di cui alle lettere a e b , dilazionato in rate sulle quali sono dovuti, a decorrere dal 10 agosto 2017, gli interessi nella misura di cui all’articolo 21, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 . Il comma 2 individua la forma in cui il fenomeno si deve manifestare e lo fa stabilendo che Ai fini della definizione di cui al comma 1, il debitore manifesta all’agente della riscossione la sua volontà di avvalersene, rendendo, entro il 31 marzo 2017, apposita dichiarazione, con le modalità e in conformità alla modulistica che lo stesso agente della riscossione pubblica sul proprio sito internet nel termine massimo di quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto in tale dichiarazione il debitore indica altresì il numero di rate nel quale intende effettuare il pagamento, entro il limite massimo previsto dal comma 1, nonché la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione, e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi. Entro la stessa data del 31 marzo 2017 il debitore può integrare, con le predette modalità, la dichiarazione presentata anteriormente a tale data . Dopo tale iniziativa del soggetto debitore, il comma 3, stabilisce che entro il 15 giugno 2017, l’agente della riscossione - cui spetta, quindi, di gestire il procedimento innescato dal debitore - comunica al debitore che ha presentato la dichiarazione di cui al comma 2 l’ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, nonché quello delle singole rate, e il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse e, quindi, stabilisce una serie di criteri che l’agente deve osservare, nonché ulteriori modalità dell’agire del medesimo in funzione degli oneri di informazione al debitore. Il successivo comma 4 disciplina gli effetti del mancato rispetto del programma di definizione agevolata una volta intervenuta la comunicazione dell’esattore e lo fa stabilendo quanto segue In caso di mancato ovvero di insufficiente o tardivo versamento dell’unica rata ovvero di una rata di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento delle somme di cui al comma 1, lettere a e b , la definizione non produce effetti e riprendono a decorrere i termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi oggetto della dichiarazione di cui al comma 2. In tal caso, i versamenti effettuati sono acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell’affidamento del carico e non determinano l’estinzione del debito residuo, di cui l’agente della riscossione prosegue l’attività di recupero e il cui pagamento non può essere rateizzato ai sensi dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 . Il successivo comma 5 a sua volta dispone in questi termini A seguito della presentazione della dichiarazione di cui al comma 2, sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi che sono oggetto di tale dichiarazione e, fermo restando quanto previsto dal comma 8, sono altresì sospesi, per i carichi oggetto della domanda di definizione di cui al comma 1, fino alla scadenza della prima o unica rata delle somme dovute, gli obblighi di pagamento derivanti da precedenti dilazioni in essere relativamente alle rate di tali dilazioni in scadenza in data successiva al 31 dicembre 2016. L’agente della riscossione, relativamente ai carichi definibili ai sensi del presente articolo, non può avviare nuove azioni esecutive ovvero iscrivere nuovi fermi amministrativi e ipoteche, fatti salvi i fermi amministrativi e le ipoteche già iscritti alla data di presentazione della dichiarazione, e non può altresì proseguire le procedure di recupero coattivo precedentemente avviate, a condizione che non si sia ancora tenuto il primo incanto con esito positivo ovvero non sia stata presentata istanza di assegnazione ovvero non sia stato già emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati . 4. Le norme qui richiamate dettano previsioni di natura sostanziale perché dirette ad incidere sulla situazione sostanziale riguardo alla quale viene effettuata la dichiarazione di avvalimento, con le implicazioni procedimentali conseguenti, e, nel contempo, dettano norme indirettamente od direttamente relative al processo, cioè concernenti la ricaduta degli effetti sostanziali della dichiarazione e del procedimento conseguente sul processo allorquando la situazione giuridica oggetto della dichiarazione di cui al comma 1 risulti oggetto di un giudizio pendente o sull’azione, cognitiva od esecutiva, che riguardo alla situazione sostanziale per come era esistente e per come risulta modificata sarebbe esercitabile. 5. Sotto il profilo sostanziale è palese che la dichiarazione di avvalimento del debitore del contribuente in ambito tributario risulta certamente espressione di un diritto potestativo del debitore o contribuente , che realizza un vero e proprio potere di conformazione, cioè di sostituire al regolamento della situazione sostanziale debitoria esistente ed eventualmente sub iudice, la nuova regolamentazione anche quantitativa del dovuto, imperniata sulle modalità di adempimento previste e da fissarsi ai sensi del comma 3 dall’esattore. Tale sostituzione non necessita di un’accettazione da parte dell’esattore, che sia esplicazione di sue scelte di convenienza o comunque discrezionali. L’esattore ha solo la possibilità di contestare la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione della norma e dunque della ascrivibilità della dichiarazione alla previsione normativa. Al di fuori di tale ipotesi e dunque se ricorrano i presupposti giustificativi indicati dalla legge per la dichiarazione di definizione agevolata, l’esattore è obbligato a procedere agli adempimenti indicati dal comma 3, necessari perché il debitore possa attuare la c.d. definizione agevolata. L’indicato effetto conformativo della dichiarazione di voler procedere alla definizione agevolata e, quindi, la sua idoneità ad esplicare direttamente effetti sulla situazione giuridica che ne è oggetto e su cui - per quanto interessa in questa sede - pende il giudizio di cassazione, è rivelato dalla previsione del comma 5 la circostanza che ai sensi di tale comma sono sospesi i termini di prescrizione secondo le specificazioni ivi indicate fino alla scadenza della prima o unica rata delle somme dovute, nonché gli obblighi di pagamento derivanti da precedenti dilazioni, nonché l’imposizione all’agente della riscossione del divieto di avviare nuove azioni esecutive ovvero iscrivere nuovi fermi amministrativi e ipoteche, fatti salvi i fermi amministrativi e le ipoteche già iscritti alla data di presentazione della dichiarazione, ed ancora il divieto di proseguire le procedure di recupero coattivo precedentemente avviate sebbene alle condizioni ivi indicate , sono tutte implicazioni disposte direttamente dalla legge come conseguenza della dichiarazione del debitore, o meglio - è da ritenere - della consecuzione ad essa, della comunicazione dell’esattore, di cui al comma 3. Si deve allor ritenere che, per effetto della dichiarazione, seguita dalla comunicazione de qua, la situazione giuridica relativa alla pretesa di riscossione, allorquando sia oggetto di giudizio e, per quanto qui interessa, del giudizio di cassazione, viene ad essere regolata dagli effetti conformativi ad esse ricollegati e non è più identificabile, per effetto di una vera e propria sostituzione, secondo il modo di essere con cui era stata dedotta in giudizio. 6. Sotto il profilo processuale, l’espressa necessità che nella dichiarazione di volersi avvalere della definizione agevolata sia contenuto l’impegno a rinunciare al giudizio pendente, evidenzia in primo luogo che la tecnica di incisione della fattispecie regolata è ricondotta dal legislatore al fenomeno della rinuncia al giudizio. Il prevedere che la dichiarazione del debitore di voler definire la situazione su cui pende il giudizio in via agevolata dev’essere accompagnata dall’impegno a rinunciare al giudizio, evidenzia in modo indubbio che una rinuncia deve avvenire ed individua il fenomeno sotteso alla dichiarazione di volersi avvalere della definizione agevolata quale fenomeno di rilevanza sostanziale che può, anzi deve, divenire rilevante nel processo di cassazione pendente attraverso l’adempimento dell’impegno, una volta esauritosi il procedimento di cui al citato comma 3, e, dunque, con una dichiarazione di rinuncia. Pertanto, l’impegno a rinunciare dev’essere seguito, una volta che l’esattore abbia fatto la comunicazione di cui al comma 3 in senso positivo, dalla presentazione da parte del debitore di una rinuncia, in adempimento dell’impegno assunto con la dichiarazione di avvilimento originaria, rimanendo altrimenti la situazione sostanziale oggetto del processo e, dunque, del processo di cassazione, regolata, agli effetti del processo pendente, nei termini in cui era ivi sub iudice e risultanti dalla decisione di merito impugnata. Con la conseguenza che il giudice, cioè la Corte di Cassazione, dovrebbe rendere la sua decisione senza considerare la vicenda della dichiarazione di definizione agevolata, perché essa non è stata evidenziata nel suo mutamento. Poiché la presentazione della rinuncia nel processo e, per quanto interessa, nel processo di cassazione, è possibile solo da parte di chi rivesta la posizione di ricorrente, risulta allora palese che l’adempimento da parte del debitore dell’impegno a rinunciare espresso nella dichiarazione di definizione agevolata è possibile solo nel caso in cui egli rivesta la posizione di ricorrente. Atteso che nel processo di cassazione la rinuncia al ricorso del ricorrente è disciplinata dall’art. 390 cod. proc. civ., l’adempimento dell’impegno di rinunciare supposto dall’art. 6 citato deve estrinsecarsi mediante la forma prevista da detta norma. 6.1. La particolarità della rinuncia di adempimento dell’impegno cui allude l’art. 6 si individua nella circostanza che gli effetti della fattispecie di rinuncia sono qui direttamente disciplinati dalla legge con le previsioni dello stesso art. 6 e non sono invece riconducibili, come accade di regola in presenza della rinuncia ex art. 390 cod. proc. civ., dall’art. 338 cod. proc. civ., che è norma idonea a disciplinare anche gli effetti della rinuncia al giudizio di cassazione in termini si vedano Cass. nn. 9611 del 2016 e 2534 del 2003 . Ne consegue che la rinuncia de qua e la dichiarazione di estinzione cui ravvisatane la ritualità procede la Corte di Cassazione non fanno passare in cosa giudicata la sentenza impugnata, ma comportano, per volontà di legge, che la situazione dedotta in giudizio sia sostituita, per previsione di legge, dalla disciplina emergente dalla dichiarazione di avvalimento nei termini indicati dalla comunicazione ex comma 3 citato dell’esattore. Con la conseguenza indicata dall’art. 6 comma 4, per il caso di inadempimento totale o parziale, la quale si identifica nell’attribuzione all’esattore del diritto di procedere al recupero di quanto oggetto della dichiarazione ai sensi del comma 2 e, dunque, di quella somma, determinata ai sensi del comma 1 dell’art. 6, per la quale il debitore aveva fatto dichiarazione di avvalimento della procedura di definizione agevolata. In pratica, la norma del comma 4, per il caso di inadempimento alla definizione agevolata fa insorgere una pretesa di riscossione nei termini risultanti dalla dichiarazione di avvalimento ed abilita l’esattore a procedere direttamente all’attività di riscossione, cioè alle attività esecutive per cui l’esattore procederà alle attività di recuperi coattivo. È palese che il debitore, di fronte ad esse, non potrà contestare la debenza della somma che si era impegnato a pagare nella dichiarazione di voler definire in via agevolata la pendenza. L’efficacia in tal senso della dichiarazione quale sostanziale riconoscimento del debito si sovrapporrà, naturalmente a quella dell’accertamento esistente nella sentenza impugnata in Cassazione e passata formalmente in cosa giudicata per effetto della dichiarazione di estinzione. Tale sovrapposizione della disciplina sostanziale del comma 4 dell’art. 6 a quella che la situazione avrebbe secondo la sentenza passata in cosa giudicata a mente dell’art. 338 cod. proc. civ. discende direttamente dalla legge. V’è da rilevare che è opportuno, per chiarezza formale - anche se non necessario, dato che discende dalla legge così interpretata - che la dichiarazione di estinzione cui, in forza della rinuncia del debitore, la Corte di Cassazione procede con le forme indicate nel primo comma dell’art. 391 cod. proc. civ. e, dunque, pure con decreto del presidente, dia atto del particolare effetto dell’estinzione nei termini qui indicati, per il che è sufficiente dire che l’estinzione viene pronunciata a seguito di rinuncia motivata per il verificarsi della fattispecie di cui all’art. 6 più volte citato. 7. È necessario, a questo punto, passare a chiarire come la fattispecie di cui all’art. 6 più volte citato debba determinare effetti sul processo e segnatamente su quello di cassazione, allorquando il debitore si trovi nella posizione processuale di soggetto resistente o intimato. Mette conto di rilevare, in primo luogo, che la dichiarazione di volersi avvalere della procedura di definizione agevolata ai sensi dell’art. 6 è sicuramente possibile in una situazione nella quale il debitore o contribuente sia nel giudizio pendente e, dunque, in quello di cassazione, non il ricorrente, ma il resistente o l’intimato, essendo invece ricorrente l’ente titolare della pretesa di riscossione. È quanto accade nella specie. È palese che in tal caso il debitore non può assumere un impegno a rinunciare al giudizio, ma è evidente che la sua dichiarazione di avvalimento, implicando necessariamente un riconoscimento della pretesa creditoria nei termini di cui al comma 1 dell’art. 6, assumerà gli effetti sulla situazione sostanziale indicati dal comma 5 e dal comma 4. Gli effetti ivi indicati e sopra precisati sono, come s’è veduto, di sostituire al modo di essere della situazione oggetto di giudizio quello emergente dalla dichiarazione di definizione agevolata e, per il caso di suo inadempimento, di sovrapporre ad essa la regolamentazione indicata nel comma 4, che, come s’è detto suppone il venir meno dell’efficacia regolatrice della sentenza, impugnata in Cassazione dal titolare della pretesa. Ebbene, con riferimento alla sorte del processo di cassazione pendente, siffatta regolamentazione sopravvenuta della vicenda sostanziale si risolve nel rendere inutile il prosieguo del processo e tale inutilità discende direttamente dalla volontà di legge, sebbene essa debba esser fatta constare alla Corte di Cassazione. Ciò suppone una iniziativa di parte diretta ad evidenziare alla Corte la sopravvenienza della dichiarazione di avvalimento della definizione agevolata seguita dalla comunicazione dell’esattore ai sensi del comma 3 e, dunque, da un’assenza di contesa sui suoi effetti. L’iniziativa di portare a conoscenza della Corte la vicenda sopravvenuta può essere sia del ricorrente, cioè del titolare della pretesa, sia del debitore se resistente, e si estrinseca nel deposito della dichiarazione con la comunicazione dell’esattore. Tali attività unilaterali supporranno un’attività di notificazione alla controparte ai sensi del secondo comma dell’art. 372 cod. proc. civ. Se avvenute nell’udienza potranno spiegare effetto se l’altra parte sia presente e non sollevi contestazioni. Può anche aver luogo, se le parti sono entrambe costituite, un’attività di deposito comune o una dichiarazione comune sull’esistenza di essa. Se il debitore è intimato egli non può svolgere attività di deposito, ma essa è possibile da parte del ricorrente titolare della pretesa. Inoltre, ben si può immaginare che il debitore intimato si costituisca depositando procura speciale e con essa la dichiarazione e la comunicazione, notificandole al ricorrente. 8. Occorre interrogarsi sulla sorte del processo di cassazione in presenza del verificarsi delle eventualità appena indicate. Poiché il legislatore, nell’ipotesi in cui è ricorrente il debitore ha, come s’è veduto, disciplinato la sorte del processo in termini di estinzione, sebbene a seguito di una manifestazione di rinuncia con gli effetti particolari sostitutivi su indicati e discendenti ex lege, si deve ritenere che la situazione in cui il debitore sia resistente o intimato debba intendersi regolata in modo omologo e, dunque, sempre come fattispecie estintiva e sempre con gli stessi effetti discendenti ex lege. Ne segue che è ragionevole ricondurre tali ipotesi alla nozione dei casi di estinzione del processo disposta per legge , cui fa riferimento l’art. 391, primo comma, cod. proc. civ., e la cui ricorrenza Cass. Sez. Un. n. 19980 del 2014 ha individuato statuendo che L’art. 391, primo comma, cod. proc. civ. nel testo sostituito dall’art. 15 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 , alludendo ai casi di estinzione del processo disposta per legge , si riferisce sia alle ipotesi in cui l’estinzione del processo è disposta direttamente dalla legge, senza necessità di comportamenti diretti ad integrare la fattispecie estintiva, sia a quelle in cui tali comportamenti siano necessari poiché l’effetto estintivo è previsto dalla norma in ragione del verificarsi all’esterno del processo di cassazione di determinati fatti che poi devono essere rappresentati e fatti constare e, quindi facendone conseguire che, ricorrendone i presupposti di legge e salvo che si debba necessariamente pronunciare sentenza ovvero ordinanza camerale ai sensi degli artt. 375, n. 3, e 380-bis cod. proc. civ., in entrambi i casi è possibile procedere alla dichiarazione di estinzione con decreto ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ. . In tale formulazione possono comprendersi sia in casi in cui è lo stesso legislatore, nel descrivere la vicenda incidente sul processo di cassazione, ad usare l’espressione estinzione , sia i casi nei quali, pur in mancanza dell’uso di quella espressione, il legislatore, nel descrivere la fattispecie, ne disciplini il contenuto in modo sostanzialmente tale da consentire di individuare una fattispecie estintiva. Tale individuazione non espressa e diretta, ma implicita ed indiretta, si presta ad essere riconosciuta allorquando la disciplina della vicenda oggetto del processo pendente sia regolata dal legislatore in modo tale che il risultato della sua verificazione non determini la consumazione dell’azione che è in corso nel processo pendente e dunque un effetto definitivo sulla situazione sostanziale oggetto di giudizio, ma soltanto un’incidenza preclusiva dello svolgimento del processo, ancorché - secondo la nozione generale delle due alternative indicate dalle Sezioni Unite - riscontrabile non già direttamente in base al disposto espresso della legge nel senso dell’estinzione che sia come tale direttamente percepibile dalla Corte di Cassazione , bensì come oggettiva implicazione e, dunque, conseguenza direttamente riconducibile alla volontà della legge del verificarsi all’esterno del processo di cassazione di determinati fatti che poi devono essere rappresentati e fatti constare alla Corte di Cassazione. Per quanto in precedenza osservato è proprio in questi termini che le dette situazioni possono essere ricostruite e, pertanto, esse vanno ricondotte ad un caso di estinzione del processo di cassazione disposto indirettamente dalla legge. Ciò si giustifica a maggior ragione per evidente ragione di omologia con l’ipotesi in cui il debitore sia ricorrente, nella quale il potere di evidenziare alla Corte la vicenda della definizione agevolata si sostanzia nella rinuncia. Ne consegue che in tali casi la Corte, anche con i poteri del presidente a norma dell’art. 391, primo comma, cod. proc. civ., deve dichiarare estinto per legge il processo. È appena il caso di rilevare che una formula decisoria alternativa non potrebbe essere quella di cassare la sentenza qui impugnata e di decidere nel merito dichiarando cessata a materia del contendere, perché ciò comporterebbe l’artificio di dovere intendere la dichiarazione di definizione agevolata e la rinuncia al giudizio non già nel senso genuino che essa esprime secondo la legge, che è quello di sostituire la regolazione della vicenda, bensì in modo del tutto improprio come giustificativa della ingiustizia della sentenza impugnata, che è sempre sottesa alla cassazione, che esprime un annullamento della stessa per un vizio che qui non c’è. Nemmeno adeguata sarebbe la formula della dichiarazione di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto essa, contro il dictum della legge, lascerebbe non solo in piedi la sentenza impugnata ma anche ne confermerebbe l’efficacia. Altrettanto inidonea, come evidenziato da Cass. Sez. Un. n. 8980 del 2018 in relazione al problema della formula decisoria in caso di cessazione della materia del contendere, sarebbe una formula decisoria nel senso della cassazione senza rinvio ai sensi dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ., sull’assunto che il processo non possa proseguire, atteso che la formula colà presente si riferisce alla constatazione della impossibilità di proseguire del processo esistente prima della pronuncia della sentenza impugnata, così risolvendosi in un vizio di essa. 9. Resta da precisare che, qualora in sede di trattazione del ricorso emerga che in relazione all’oggetto di esso si è verificata la vicenda della presentazione della dichiarazione di volersi avvalere della definizione agevolata, seguita dalla comunicazione dell’esattore e, quindi, dall’adempimento delle rate di pagamento fissate in base ad essa, di modo che il debito così determinato risulti estinto, allora la decisione della Corte di Cassazione, tanto se il debitore sia in posizione di ricorrente quanto in posizione di resistente o intimato, dovrà essere adeguata alla circostanza che in tal modo la nuova situazione sostanziale verificatasi per effetto della vicenda del definizione agevolata e che ha sostituito quella oggetto di giudizio risulta anche ormai soddisfatta. La formula decisoria in tal caso dovrà essere corrispondente a tale definizione e dovrà consistere nella dichiarazione di cessazione della materia del contendere nei termini indicati da Cass., Sez. Un., n. 8980 del 2018, cioè con la precisazione che si intende cessata l’efficacia della sentenza impugnata. Si rammenta che, in ordine alle formule di definizione del giudizio, di fronte alla cessazione della materia del contendere per concorde dichiarazione delle parti di avere definito la controversia con un regolamento negoziale, le Sezioni Unite, nella citata sentenza, hanno ritenuto che il giudizio debba definirsi con una dichiarazione di cessazione della materia del contendere sui ricorsi per intervenuto accordo negoziale fra le parti determinativo del venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata , sottolineando e spiegando che la formula decisoria deve constatare che il regolamento della vicenda ha fatto venir meno l’efficacia della sentenza impugnata, ma non disporne la cassazione senza rinvio sebbene per un evento sopravvenuto, in quanto la cassazione senza rinvio non è giustificabile per eventi sopravvenuti. La sentenza è approdata a dette conclusioni facendosi carico dell’apparente problema della ristrettezza delle formule decisorie relative a giudizio di cassazione. 10. Giusta le svolte considerazioni si può allora enunciare il seguente principio di diritto In presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata con impegno a rinunciare al giudizio ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 193 del 2016, convertito, con modificazioni, nella legge n. 225 del 2016, cui sia seguita la comunicazione dell’esattore ai sensi del comma 3 di tale norma, il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia ricorrente, e ricorrendo un caso di estinzione ex lege, se egli sia resistente o intimato. Qualora risulti al momento della decisione che il debitore ha anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato, allora dovrà essere dichiarata la cessazione della materia del contendere . 11. Venendo all’applicazione delle considerazioni esposte al ricorso in esame, si rileva che la parte resistente ha documentato di avere presentato la dichiarazione di definizione agevolata, l’avvenuta comunicazione dell’esattore ed anche di aver pagato le rate frattanto scadute non anche quelle a scadere . Lo ha fatto allegando la relativa documentazione alla memoria depositata in funzione dell’adunanza dinanzi alla Sesta Sezione Lavoro. Nella memoria ha chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere, ma, come sì è detto, spetta a questa Corte qualificare giuridicamente l’istanza. L’I.N.P.S. non ha depositato memoria in relazione a detta adunanza e a seguito della fissazione della nuova trattazione nell’odierna adunanza e della notificazione della nuova proposta di definizione, nulla ha osservato ed in particolare nulla ha eccepito sulla mancata notificazione dei documenti prodotti con la memoria, che, evidentemente, devono ritenersi comunque conosciuti e, del resto, non ha eccepito che non le siano stati notificati ai sensi dell’art. 372, secondo comma, cod. proc. civ. . Ne segue che di essi si può e si deve tenere conto ed anzi si deve reputare che l’I.N.P.S. concordi sulla verificazione di quanto da detta documentazione emerge. Risulta, dunque, evidenziata, secondo i principi indicati in precedenza, una fattispecie di estinzione ex lege del processo di cassazione per il verificarsi della fattispecie di cui all’art. 6 più volte citato, della quale si deve senz’altro fare dichiarazione. La situazione sostanziale resterà regolata dal contenuto dell’atto comunicato dall’esattore a seguito della dichiarazione di avvalimento della procedura di definizione agevolata, mentre l’eventuale anche parziale inadempimento determinerà la sua evoluzione nei termini indicati dal comma 4 dell’art. 6 più volte citato. Non è luogo a provvedere sulle spese perché tanto nel caso di rinuncia al ricorso da parte del debitore quanto in quello, come nella specie, di emersione della verificazione della fattispecie dell’art. 6 in situazione in cui il debitore o contribuente risulti resistente o intimato non si debbono regolare le spese, in quanto il contenuto della definizione agevolata assorbe il costo del processo pendente. P.Q.M. La Corte dichiara estinto per legge il giudizio di cassazione per il verificarsi della fattispecie di cui all’art. 6 del d.l. n. 193 del 2016. Nulla sulle spese.