Per l'azione revocatoria degli atti a titolo oneroso il terzo deve essere a conoscenza dei debiti ulteriori contratti dal suo dante causa

In tema di azione revocatoria ordinaria, ove l'atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, l'esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore.

Lo ha deciso la Cassazione con l’ordinanza n. 23326/18, depositata il 27 settembre. Il caso. Un istituto di credito proponeva domanda di ammissione al passivo privilegiato di un fallimento di una persona fisica dichiarato in estensione a quello di una azienda agricola. Il credito derivava da un contratto di mutuo stipulato dalla persona fisica e assistito da ipoteca. Il Giudice Delegato ammetteva il credito al chirografo poiché la curatela aveva eccepito la revoca ex art. 2901 c.c. della garanzia ipotecaria. In sede di opposizione allo stato passivo il Tribunale respingeva il gravame della banca e confermava la decisione presa in verifica crediti. L'istituto di credito proponeva allora ricorso in Cassazione. La massima. In tema di azione revocatoria ordinaria, ove l'atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, l'esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore. Ne consegue, in tale secondo caso, che l'accoglimento della predetta azione dipende dalla conoscenza da parte del terzo, che il proprio dante causa sia già vincolato verso creditori e che l'atto posto in essere arrechi pregiudizio alla garanzia patrimoniale del disponente. La decisione della Cassazione In sede di opposizione allo stato passivo il Tribunale osservava che in realtà il mutuo ipotecario era stato utilizzato per munire di una garanzia reale un precedente debito chirografario della società e tramutarlo così in privilegiato. Infatti l'effettiva destinataria del finanziamento risultava essere l'azienda agricola più un'altra appartenente al medesimo gruppo e non la persona fisica fallita in estensione. L'accensione di ipoteca era così revocabile, quale atto a titolo oneroso, in via breve cioè tramite l'eccezione opportunamente sollevata in sede di verifica crediti dal curatore fallimentare. Ad avviso del Tribunale sussistevano i requisiti di cui all'art. 2901 c.c., n. 2, prima parte. Secondo tale norma ai fini della revoca degli atti a titolo oneroso successivi al sorgere del credito devono sussistere - il requisito oggettivo del danno inteso come pregiudizio che l'atto revocabile reca alle ragioni dei creditori - Il requisito soggettivo della scientia damni in capo al debitore e al terzo che partecipa all'operazione, cioè la consapevolezza di pregiudicare le ragioni dei creditori con il compimento dell'atto astrattamente revocabile. Nello specifico secondo il Collegio la banca, a propria discolpa per confutare la sussistenza del requisito danno, avrebbe dovuto dimostrare l'esistenza di altri cespiti capienti e facilmente aggredibili da parte degli altri creditori. In relazione, invece, al requisito soggettivo il Tribunale desumeva la scientia damni in capo all'istituto di credito dalla complessiva architettura dell'operazione che aveva comportato l'impoverimento della persona fisica. Infine la preesistenza dei crediti rispetto all'atto dispositivo era desumibile dalle istanze di ammissione al passivo. L'istituto di credito ricorre in Cassazione affidando la propria impugnazione a due motivi. In primo luogo nega la consapevolezza della scientia damni sottolineando come non ci fossero dubbi sull'esposizione debitoria della persona fisica che non aveva segnalazioni in Centrale Rischi, né dati riferiti a levate di protesti. Sotto altro profilo la Banca lamenta il fatto che il Tribunale non ha considerato le indagini appositamente effettuate dall'istituto di credito prima dell'erogazione del mutuo e che dimostrerebbero l'insussistenza di obbligazioni in essere con altri creditori in capo alla persona fisica. La Cassazione accoglie il ricorso sostenendo che il Tribunale non ha applicato correttamente le regole dettate dall'art. 2901 c.c. in tema di revocatoria degli atti a titolo oneroso posteriori al sorgere del credito, in particolare con riferimento al requisito della scientia damni . In simili ipotesi condicio sine qua non per l'accoglimento dell'azione è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie che l'atto comporta e che analoga consapevolezza sorga in capo al terzo Cass. n. 5618/2017 . Come da giurisprudenza costante, gli Ermellini ribadiscono che non è necessaria la conoscenza specifica da parte del terzo dello specifico credito pregiudicato mentre tale specificità è richiesta solo se l'atto fosse anteriore al sorgere del credito, così Cass. n. 16825/2013 , ma egli deve essere conscio che il proprio dante causa ha già contratto debiti con altri e quindi che l'atto astrattamente revocabile possa pregiudicare le pretese dei creditori. Altrimenti, osserva giustamente la Cassazione, la scientia damni del terzo si tradurrebbe nella semplice consapevolezza che quell'atto rechi pregiudizio al suo dante causa. Al contrario la ratio dell'istituto è quella di tutelare i creditori da atti che possano compromettere la garanzia patrimoniale del debitore. Ciò implica inevitabilmente che il terzo abbia contezza - ancorché generica - dell'esistenza di esposizioni debitorie del proprio dante causa ulteriori rispetto a quella sorta con il terzo e nei riguardi di altri soggetti così Cass. n. 5451/1985 . Sul punto la motivazione del Tribunale non convince la Cassazione. Il Collegio aveva infatti desunto la scientia damni dall' architettura generale dell'operazione che aveva determinato genericamente l'impoverimento della persona fisica fallita, ma non aveva verificato se la persona fisica fallita cioè il dante causa della banca terzo , per usare i termini di cui sopra avesse o meno ulteriori debiti verso altri soggetti e - se sì - se l'istituto di credito cioè il terzo ne fosse stato a conoscenza. Solo verificando se la persona fisica fallita fosse già vincolata cioè già debitrice verso altri creditori diversi e ulteriori rispetto alla banca e accertando che l’istituto ne fosse a conoscenza comprendendo altresì il pregiudizio a tali creditori che poteva derivare dall’atto revocabile poteva dirsi provato il requisito soggettivo del terzo necessario per l'accoglimento dell'azione revocatoria ex art. 2901 c.c., n. 2, prima parte. La Suprema Corte quindi cassa con rinvio rimandando la causa al Tribunale che dovrà attenersi al principio di diritto sopra riportato nella massima.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 16 giugno – 27 settembre 2018, n. 23326 Presidente De Chiara - Relatore Falabella Fatti di causa 1. - Banco di Brescia San Paolo CAB s.p.a. domandava di insinuarsi al passivo del fallimento di B.D. , dichiarata fallita, quale socia, in estensione del fallimento della omissis s.s., per la somma di Euro 2.042.621,28, e ciò in via ipotecaria l’insinuazione, secondo l’istante, trovava ragione nel residuo credito avente ad oggetto il rimborso di un mutuo da lei contratto, che era assistito da ipoteca. Il Tribunale ammetteva il credito in chirografo, avendo la curatela eccepito che la prestazione della garanzia ipotecaria era soggetta a revocatoria. 2. - Proposta opposizione, il Tribunale di Brescia la respingeva. Osservava che il mutuo ipotecario era stato utilizzato per munire di una garanzia reale la pregressa esposizione debitoria chirografaria della società fallita e di Borghetto s.p.a. società, queste, appartenenti entrambe al gruppo M. e risultate essere le effettive destinatarie del finanziamento richiesto da B.D. . Rilevava che l’accensione dell’ipoteca era suscettibile di revocatoria, a norma dell’art. 2901 c.c. infatti quanto al danno, la banca avrebbe dovuto dimostrare l’esistenza di altri cespiti capienti e facilmente aggredibili da parte dei creditori quanto alla preesistenza di creditori pregiudicati dall’operazione, il Tribunale poneva in evidenza l’ingente esposizione debitoria della società fallita e di B.D. , quale socia illimitatamente responsabile, siccome desumibile dalle istanze di insinuazione al passivo prodotte dalla curatela riguardo all’elemento soggettivo della banca, infine, veniva osservato che esso poteva desumersi dall’architettura dell’operazione, che aveva comportato un impoverimento per B.D. , alla quale la somma mutuata era stata sottratta per ripianare i debiti delle società del gruppo. 3. - Contro il decreto del Tribunale bresciano il Banco di Brescia ha proposto un ricorso per cassazione che si basa su due motivi. Resiste con controricorso il fallimento di B.D. , che ha pure depositato memoria. Ragioni della decisione 1. - Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2901, 2729 e 2697 c.c., 66 l. fall., 115 e 116 c.p.c Premesso che la consapevolezza dell’evento dannoso consiste nella conoscenza del pregiudizio che l’atto a titolo oneroso possa arrecare alle ragioni degli altri creditori, viene negato che tale consapevolezza in concreto vi fosse la ricorrente esclude che in capo ad essa potesse configurarsi alcuna scientia damni e pone l’accento sulla mancata evidenza di posizioni a sofferenza riferibili a B.D. presso la Centrale rischi, oltre che sui dati riferiti alla levata dei protesti in danno della medesima. L’istante contesta, infine, che la scientia damni potesse argomentarsi muovendo dal rilievo che l’operazione di mutuo era volta, in sé, a danneggiare gli altri creditori, giacché era proprio questo il fatto che la controparte era onerata di dimostrare. Col secondo motivo la ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Lamenta che il Tribunale abbia mancato di valutare che la banca, prima di procedere all’erogazione del mutuo e all’iscrizione ipotecaria, aveva diligentemente verificato, con il supporto dei mezzi a propria disposizione, l’insussistenza, in capo a B.D. e alla società dalla stessa rappresentata, di obbligazioni in essere con altri creditori. Viene spiegato, in particolare, che la banca aveva constatato, attraverso verifiche presso la Centrale rischi e la ricognizione dei protesti, che sulla fallita non gravavano obbligazioni. 2. - I due motivi possono scrutinarsi congiuntamente, in quanto nella loro articolazione le singole censure attengono alla medesima questione, seppur riguardata da distinte prospettive la violazione o falsa applicazione della norma sostanziale di cui all’art. 2901 c.c. la violazione o falsa applicazione delle disposizioni che regolano l’onere della prova e la formazione del convincimento del giudice il vizio motivazionale di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c Deve ritenersi che il decreto impugnato abbia fatto non corretta applicazione della richiamata disposizione sostanziale in tema di azione revocatoria ordinaria, e ciò con particolare riguardo all’elemento della scientia damni. Occorre considerare che in tema di azione revocatoria ordinaria, quando l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, unica condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore per tutte Cass. 22 marzo 2016, n. 5618 Cass. 30 dicembre 2014, n. 27546 . A tal fine non è necessaria la conoscenza, da parte del terzo, dello specifico credito per cui è proposta l’azione, invece richiesta qualora quest’ultima abbia ad oggetto un atto, a titolo oneroso, anteriore al sorgere di detto credito Cass. 5 luglio 2013, n. 16825 . Nondimeno - deve precisarsi - il terzo deve essere a conoscenza del fatto che il proprio debitore abbia già assunto obbligazioni verso terzi e che, in conseguenza, l’atto revocando possa nuocere, in concreto, ai creditori dello stesso, non essendo di contro sufficiente la consapevolezza che l’atto medesimo comporti una semplice alterazione, in senso peggiorativo, del patrimonio del suddetto debitore. Ove così non fosse, l’inefficacia dell’atto dipenderebbe dalla conoscenza, da parte del creditore, del solo fatto che esso possa nuocere al disponente laddove, di contro, l’azione revocatoria ha la funzione di tutelare il creditore contro gli atti dispositivi che sono in grado di porre in pericolo la garanzia patrimoniale del debitore, sicché la scientia damni non può che essere correlata a tale ragione di pregiudizio, la quale implica, di necessità, la conoscenza, ancorché generica, da parte del terzo, dell’esposizione debitoria del disponente che è suo debitore nei confronti di altri. Questa Corte ha difatti in più occasioni precisato che la scientia damni ha ad oggetto anche la condizione debitoria del disponente si veda, in proposito, Cass. 8 novembre 1985, n. 5451, secondo cui ai fini dell’azione revocatoria ordinaria è richiesta la consapevolezza del fatto che il dante causa del terzo, già vincolato verso creditori , mediante l’atto di disposizione diminuisca la sua sostanza patrimoniale e con essa la garanzia spettante alle ragioni di credito altrui, arrecando così pregiudizio cfr. altresì Cass. 19 marzo 1996, n. 2303, per cui il requisito della consapevolezza, da parte del terzo acquirente, del pregiudizio arrecato dall’atto dispositivo alle ragioni del creditore dell’alienante investe la riduzione delle garanzie offerte dal debitore, in relazione alla consistenza patrimoniale considerata ed ai vincoli già esistenti nei confronti di altri creditori . Come si è visto, il decreto impugnato reputa che lo stato soggettivo della banca, rispetto all’atto di prestazione della garanzia ipotecaria, oggetto della domanda revocatoria, discenda dall’architettura dell’operazione, che aveva comportato un impoverimento del patrimonio di B.D. in tal modo, però, il Tribunale ha conferito rilievo a un dato intrinsecamente neutro, mentre ha mostrato di disinteressarsi della questione, centrale ai fini della scientia damni, vertente sulla consapevolezza, da parte della banca, del fatto che la fallita, all’epoca del compimento dell’atto dispositivo, avesse ulteriori debiti nei confronti di terzi. 3. - Il ricorso va dunque accolto, per quanto di ragione il decreto è cassato e la causa rinviata al Tribunale di Brescia, cui è pure demandato di statuire sulle spese del giudizio di legittimità. Il giudice del rinvio dovrà fare applicazione del seguente principio di diritto In tema di azione revocatoria ordinaria, ove l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore ne consegue, in questo secondo caso, che l’accoglimento della predetta azione dipende dalla conoscenza, da parte del terzo, che il proprio dante causa sia già vincolato verso creditori e che l’atto posto in essere arrechi pregiudizio alla garanzia patrimoniale del disponente . P.Q.M. La Corte accoglie nei sensi di cui in motivazione i due motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.