Valida la notifica della sanzione amministrativa al cittadino di un altro stato europeo effettuata con il servizio postale italiano

Ciascuno Stato membro ha la facoltà di notificare o comunicare atti giudiziari alle persone residenti in altro Stato membro direttamente tramite il servizio postale nazionale, mediante spedizione di lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o strumento equivalente.

Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione con ordinanza n. 22000/18 depositata l’11 settembre. Il caso. Il giudice di pace dichiarava con sentenza l’inammissibilità della opposizione alla sanzione depositata da un cittadino di uno stato europeo al quale era stata irrogata una sanzione amministrativa dovuta all’ingresso nella ZTL di una città italiana senza la necessaria autorizzazione. Tale sentenza veniva appellata dal sanzionato, ma il Tribunale adito all’esito del giudizio rigettava il gravame proposto confermando la sentenza di prima cure. In particolare secondo il giudice la notifica effettuata dal Comune irrogante la sanzione era stata ritualmente effettuata in quanto nel rispetto del regolamento CE 1393/2007. Il Comune in questione si era avvalso del servizio di una società privata per provvedere alla notificazione della sanzione al debitore, ma questa era stata considerata valida dal giudice in quanto tale attività materiale di consegna sarebbe stata demandabile dalla P.a. al privato. Avverso detta sentenza di appello il sanzionato soccombente ricorreva in sede di Cassazione. Il ricorso depositato. Al fine di ottenere la riforma della decisione d’appello il soccombente proponeva ricorso fondato su quattro motivi di diritto. In prima battuta il ricorrente contestava la presunta errata applicazione da parte del giudice d’appello del Regolamento CE 1393/2007 e la mancata applicazione della Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1977. La assunta violazione di dette norme, che dettavano principi in materia di notificazione di atti amministrativi all’estero, avrebbe comportato la nullità della notificazione del verbale ricevuto. Il secondo motivo di ricorso era basato sulla asserita violazione degli articoli 14 e 15 del Regolamento CE 1393/2007 sulla base del presupposto che solo gli stati membri dell’Unione Europea avrebbero potuto avvalersi della procedura di notificazione degli atti amministrativi mediante il servizio postale, e non anche i Comuni come nel caso in oggetto. La terza doglianza riguardava, invece, la circostanza che il Comune notificante avesse proceduto ai sensi dell’articolo 201 del Codice della Strada e disapplicato l’articolo 11 della Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 2007 in materia di procedure di notifica all’estero, che affermava al primo comma che Ogni Stato contraente ha la facoltà di far procedere direttamente a mezzo posta alle notifiche di documenti a persone che si trovino sul territorio di altri Stati contraenti”. Come quarto e ultimo motivo di ricorso il soccombente contestava la sentenza impugnata per il presunto omesso esame dell’attività di notificazione realizzata dalla società incaricata dal Comune e il conseguente mancato rilievo dell’illegittimità della stessa. La cassazione rigetta integralmente il ricorso proposto. Con la sentenza Cassazione Civile Sezione II, 11 settembre 2018, numero 22000 la Suprema Corte rigettava integralmente il ricorso proposto dal cittadino soccombente in grado di appello. Si legge in detta sentenza che il relatore, preliminarmente, aveva rilevato come tutti i motivi di ricorso fossero inammissibili o, in subordine, da considerare infondati. In particolare secondo la Cassazione i primi tre motivi, che erano da esaminare congiuntamente, erano infondati, mentre il quarto era inammissibile e comunque privo di fondamento. La difesa del ricorrente aveva rilevato, nelle prime tre doglianze, come ai fini della validità della notifica del verbale sanzionatorio la Pubblica Amministrazione avrebbe dovuto procedere applicando la disciplina della Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1997 e non quella di cui al Regolamento CE numero 1393/2007 che, ove applicabile, sarebbe stato a parere del ricorrente, applicabile solo alle notificazioni tra stati membri e non anche alle notificazioni rivolte a privati cittadini, con conseguente illegittimità di tutte le notifiche realizzate dalla Pubblica Amministrazione Italiana in ossequio alla disciplina dell’art. 201 d. lgs. 285/1992 c.d. Codice della Strada . A parere della Corte, tuttavia, tali valutazioni erano prive di pregio. Secondo gli Ermellini, difatti, il giudice del riesame aveva correttamente applicato la normativa, ritenendo valida la disciplina dettata dal Regolamento CE 1393/2007. Veniva rilevato inoltre come la stessa Cassazione con sentenza 11140 del 2015 avesse rimarcato che il Regolamento Ce succitato fosse la disciplina vigente in materia di notificazione e comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale, ovvero di notificazione o comunicazione degli atti” avendo inoltre abrogato la disciplina previgente, di cui al Regolamento CE 1348/2000. Il Regolamento Ce vigente, quindi, prevede al proprio articolo 14 che ciascuno Stato membro abbia la facoltà di notificare o comunicare atti giudiziari alle persone residenti in altro Stato membro direttamente tramite il servizio postale nazionale, mediante spedizione di lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o strumento equivalente, prevedendo poi al successivo articolo 16 che Gli atti extragiudiziali possono essere trasmessi ai fini della notificazione o della comunicazione in un altro Stato membro, a norma delle disposizioni del presente regolamento”. La ragione di tali disposizioni è da rinvenirsi nella condivisione comunitaria e nel principio di affidamento in ragione del quale ciascuno Stato deve porre fiducia nella regolarità, tempestività e correttezza dei rispettivi servizi postali. Afferma infatti il Giudice di legittimità che il suo esercizio non può soffrire senza violare la lettera e lo spirito della disposizione regolamentare abilitativa, limitazioni di sorta o interpretazioni che ne comportino la sostanziale vanificazione infatti, il criterio ispiratore è quello della massima reciproca fiducia nell’efficienza e sufficienza del semplice servizio postale per la comunicazione o la notificazione degli atti, quando si tratta di rapporti tra due stati membri”. Al fine di non snaturare la norma europea, quindi, non è possibile gravare la procedura di notificazione delle sanzioni amministrative intra-europee di ulteriori gravami e requisiti. In conclusione. Concludeva quindi la Cassazione che il Comune resistente avesse fatto corretta applicazione della normativa vigente, provvedendo al notificare la sanzione amministrativa a mezzo posta ai sensi dell’articolo 201 del Codice della Strada, dato che le disposizioni sopra menzionate dal Regolamento CE 1393/2007 non possono essere considerate valide solamente per gli stati membri, ma anche per le pubbliche amministrazioni degli stessi. Tali P.a., poi, possono validamente avvalersi dell’attività di privati per le materiali attività di imbustamento e consegna dei plichi al servizio postale. Alla luce di quanto sopra riportato la Corte rigettava il ricorso proposto e condannava il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 15 maggio – 11 settembre 2018, n. 22000 Presidente D’Ascola – Relatore Carrato Fatti di causa e ragioni della decisione Il Giudice di pace di Firenze, con sentenza n. 3669/2012, dichiarava l’inammissibilità dell’opposizione - per sua ritenuta tardività - proposta ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22 dal sig. E.P. , cittadino tedesco residente in , avverso un verbale di accertamento per la contestata violazione dell’art. 7 c.d.s. transito in ZTL senza la necessaria autorizzazione . Sull’appello formulato dal soccombente ricorrente in primo grado e nella costituzione dell’appellato Comune di Firenze, il Tribunale del capoluogo toscano, con sentenza n. 4340/2016, respingeva il gravame e condannava l’appellante alla rifusione delle spese del grado. A sostegno della adottata decisione il Tribunale fiorentino ravvisava l’infondatezza dell’appello sul presupposto che, nella fattispecie, l’eseguita notificazione del verbale di accertamento opposto non poteva qualificarsi come inesistente siccome compiuta nel rispetto del regolamento CE n. 1393/2007 ed effettuata ritualmente dal predetto Comune che si era avvalso della società EMO, la quale aveva agito per conto del servizio postale gestito da Poste Italiane al solo fine di curare l’attività di materiale consegna del verbale impugnato per la notifica a mezzo posta. Avverso l’indicata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il predetto appellante soccombente, articolato in quattro complessi motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimato Comune di Firenze. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto - in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. - la supposta falsa applicazione del Regolamento CE n. 1393/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio e la mancata applicazione della Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1977 alla stregua della quale doveva essere notificato, nel caso di specie, l’opposto verbale di accertamento , la cui violazione, per la materia degli atti amministrativi all’estero, avrebbe dovuto comportare l’inesistenza della notificazione per come eseguita, nello specifico, dal Comune di Firenze. Con il secondo motivo il ricorrente - sempre con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. - ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 15 dello stesso Regolamento CE n. 1393/2007, sul presupposto che - sensi delle citate disposizioni normative e pur nella denegata ipotesi di ravvisata applicabilità di tale Regolamento comunitario - solo gli Stati membri avrebbero potuto avvalersi del servizio postale per effettuare le notificazioni secondo le previste modalità e non anche i privati o gli enti pubblici periferici dotati di autonomia privata, come i Comuni. Con il terzo motivo il ricorrente ha prospettato - sempre con riguardo all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. - la violazione e falsa applicazione dell’art. 201 c.d.s. 1992 e dell’art. 10, comma 1, Cost., asserendo che, nella fattispecie, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale di Firenze, avrebbe dovuto trovare diretta applicazione l’art. 11 della Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1977 per le notifiche all’estero in luogo della disposizione di cui al citato art. 201 c.d.s Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente ha dedotto - ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. - l’omesso esame dell’attività notificatoria della Nivi Credit s.r.l. ed il conseguente mancato rilievo dell’illegittimità della stessa siccome non dotata di alcun potere di notifica, nemmeno ai sensi del suddetto Regolamento CE n. 1392/2007. Si è costituito con controricorso il Comune di Firenze, che ha chiesto il rigetto del ricorso. Su proposta del relatore, il quale rilevava che tutti i motivi formulati con il ricorso potesse essere ritenuti inammissibili o, in via subordinata, manifestamente infondati in relazione all’art. 375, comma 1, nn. 1 e 5 , c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio, in prossimità della quale i difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c Rileva il collegio che i primi tre motivi - esaminabili congiuntamente siccome tra loro strettamente connessi - sono infondati, nel mentre l’ultimo si prospetta inammissibile e comunque, privo di fondamento . Come evincibile dal coacervo delle prime tre censure la difesa della parte ricorrente ha propriamente contestato che, nella fattispecie, ai fini della notificazione del verbale di accertamento originariamente opposto, sarebbe stato necessario - allo scopo di ravvisare la ritualità ed effettiva validità dell’inerente attività notificatoria - far luogo all’applicazione della disciplina prevista specificamente per la materia degli atti amministrativi di cui alla Convenzione di Strasburgo 24 novembre 1997 e non di quella contemplata dal Regolamento CE n. 1393/2007 invece ritenuta legittimamente osservata dal giudice di appello , che - ove fosse stata ritenuta eventualmente applicabile -avrebbe dovuto riferirsi soltanto alle notificazioni di atti intercorrenti tra gli Stati membri, con conseguente inapplicabilità, in ogni caso, delle modalità stabilite dall’art. 201 c.d.s. 1992. Orbene, confutando le ragioni dell’appello prospettate dall’attuale ricorrente, il Tribunale di Firenze ha - convincentemente e legittimamente escluso - sulla scorta dei pregressi arresti della giurisprudenza di questa Corte dai quali non si ha motivo per discostarsi - escluso la sussistenza delle dedotte violazioni, reiterate con i primi tre motivi del ricorso nella presente sede di legittimità. Infatti, il giudice di appello ha correttamente ritenuto che, nel caso di specie, fosse stata validamente applicata la disciplina delle notificazioni così come prevista dal Regolamento CE n. 1393/2007. A tal proposito si evidenzia che - come già rimarcato con la sentenza di questa Corte n. 11140/2015 - il Regolamento CE n. 1393/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale, ovvero di notificazione o comunicazione degli atti , che abroga il regolamento CE n. 1348/2000 del Consiglio, applicabile alla fattispecie, prevede espressamente, al suo art. 14, che ciascuno Stato membro ha facoltà di notificare o comunicare atti giudiziari alle persone residenti in un altro Stato membro direttamente tramite i servizi postali, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o mezzo equivalente. Va, poi, precisato che il successivo art. 16 prevede, altresì, che gli atti extragiudiziali possono essere trasmessi ai fini della notificazione o della comunicazione in un altro Stato membro, a norma delle disposizioni del presente regolamento da qui - secondo la pregressa condivisa giurisprudenza di questa Corte - deriva la sostanziale estensione delle norme relative agli altri atti, oggetto delle precedenti previsioni, tra cui appunto l’art. 14. È stato, poi, aggiunto che in virtù del criterio di semplificazione e, soprattutto, di quello di reciproco affidamento degli ordinamenti dei singoli membri dell’Unione, che ispira ormai da tempo più che apprezzabile la legislazione processualcivilistica comunitaria prima ed eurounitaria poi e che comunque pervade anche il Regolamento in esame secondo quanto si ricava dai primi considerando al testo premessi, soprattutto il 7, il 9 e il 15 , tale facoltà deve considerarsi posta su di un piano di piena equivalenza o perfetta equipollenza rispetto alle altre considerando n. 17 ed il suo esercizio non può soffrire, senza violare la lettera e lo spirito della disposizione regolamentare abilitativa, limitazioni di sorta o interpretazioni che ne comportino la sostanziale vinificazione infatti, il criterio ispiratore è quello della massima reciproca fiducia nell’efficienza e nella sufficienza del semplice servizio postale per la comunicazione o la notificazione degli atti, quando si tratta di rapporti tra due Stati membri. Almeno in quest’ambito, deve allora considerarsi sufficiente - fino a prova del contrario così garantendosi il diritto del destinatario , nei limiti però in cui la legge dello Stato membro in cui l’attività richiesta si espleta unica ad applicarsi, per principi generali confermati da tutte le disposizioni procedurali di volta in volta emanate lo consente - la cura con cui normalmente si esplica quel servizio a fondare il reciproco affidamento sulla funzionalità delle operazioni e sulla loro idoneità ad un’efficace tutela di entrambi i soggetti coinvolti, il mittente e il destinatario dell’atto. Da tutto ciò consegue che non è allora possibile condizionare la validità della notifica o comunicazione a mezzo posta, collegata dalla nonna comunitaria alla semplice modalità della lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, ad un ulteriore requisito, quale l’applicazione, all’estero, di modalità previste da peculiari leggi nazionali in materia di notifiche a mezzo posta tanto comporterebbe, in sostanza, un non consentito svuotamento della chiara ed univoca facoltà alternativa concessa dall’art. 14 del Regolamento. Andranno, ovviamente, osservate solo le disposizioni dello Stato membro nel quale la comunicazione o notificazione deve essere eseguita, che siano dettate, rispetto alle definizioni usuali di posta raccomandata, in modo speciale per le concrete modalità di esecuzione dei singoli atti previsti dalla legislazione di quello Stato anche - o se non altro - per l’intuitiva impossibilità di pretendere che un funzionario postale di altro Stato applichi norme di un ordinamento che comunque, sul punto, rimane per lui straniero, quale quello peculiare di altro Stato membro dell’Unione, nella parte eccedente le disposizioni di rango eurounitario immediatamente applicabili. Correttamente, pertanto, nella specie il Comune di Firenze - in applicazione del Regolamento CE n. 1393/2007 che si estende sia agli atti giudiziari e che a quelli amministrativi ha proceduto a notificare ritualmente, a mezzo posta, con le modalità previste dall’art. 201 c.d.s., il verbale di accertamento della violazione amministrativa elevato a carico del ricorrente cfr. anche Cass. n. 10543/2015 , con ciò rimanendo escluse le violazioni dallo stesso dedotte con i primi tre motivi rimanendo inapplicabile, nella fattispecie, la precedente Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1977 . A tal proposito deve aggiungersi che non può aver seguito - e, quindi, va ritenuta infondata - anche l’ulteriore deduzione specificamente prospettata con la seconda censura, per effetto della quale, tutt’al più secondo la parte ricorrente , la disciplina notificatoria contemplata dal citato Regolamento CE n. 1393/2007 agli artt. 14 e 15 andrebbe limitata, quanto al suo ambito di applicabilità, ai soli rapporti tra gli Stati membri firmatari. Come altrettanto legittimamente rilevato dal Tribunale fiorentino siffatta interpretazione risulterebbe illogicamente riduttiva della portata del complesso disposto normativo in questione, essendo conforme alla condivisa dottrina assolutamente prevalente l’affermazione per cui, con riferimento sia all’art. 14 del Regolamento CE 1348/00 che all’art. 14 Reg. CE 1393/07, deve ritenersi che l’espressione ciascuno Stato membro ha facoltà di . ecc. vada intesa come ellissi per gli organi a ciò preposti e legittimati in ciascuno degli Stati membri ad eseguire le attività notificatorie v. la già citata Cass. n. 10543/2015 , che, nel caso di specie, sono state realizzate legittimamente ai sensi dell’art. 201 c.d.s., il cui comma terzo consente di provvedervi anche a mezzo posta secondo, appunto, le norme sulle notificazioni mediante il servizio postale. Anche l’ultimo motivo denunciato nell’interesse della ricorrente è privo di pregio sul piano giuridico. Infatti, il giudice di appello non solo non ha affatto omesso di esaminare la ragione del gravame circa la supposta illegittimità della notificazione compiuta a mezzo posta sull’asserito presupposto che fosse stata eseguita da un mero soggetto privato la EMO , ma ha risolto correttamente la relativa questione giuridica. Sul punto si è, invero, conformato alla giurisprudenza di questa Corte cfr. Cass. n. 7177/2012 e Cass. n. 462/2017 , ad avviso della quale, in tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, la notifica del verbale di accertamento, ai sensi dell’art. 385, terzo comma, del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada avviene mediante invio al destinatario di uno degli originali o di copia autenticata a cura del responsabile dell’ufficio o comando, o da un suo delegato, potendo, tuttavia, essere validamente affidate a soggetti terzi, anche privati, le attività intermedie di natura materiale, relative all’imbustamento ed alla consegna dei plichi al servizio postale. E sulla base di tale principio il Tribunale fiorentino ha accertato la legittimità della notificazione avvenuta a mezzo posta in relazione alla quale la EMO si era limitata a svolgere una mera attività ausiliaria materiale esecutiva e di semplice postalizzazione , come tale non incidente sull’attività essenziale propriamente notificatoria. Alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte il ricorso deve, dunque, essere integralmente rigettato, con conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento, in favore del Comune controricorrente, delle spese della presente fase di legittimità, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo. Sussistono, inoltre, le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 1, comma 17, della legge n. 228/2012, che ha aggiunto il comma 1- quater all’art. 13 del d.P.R. n. 115/2002 - dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente Comune di Firenze, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidati in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre contributo forfettario al 15%, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228/2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.