Trasferimento del domiciliatario non comunicato alla cancelleria: la notifica va fatta al difensore a mezzo PEC

Nei procedimenti civili di cassazione le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di PEC risultante da pubblici elenchi secondo la normativa riguardante la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione con ordinanza n. 21238/18 depositata il 29 agosto. Il caso. Con motivata sentenza la Suprema Corte dichiarava inammissibile il ricorso proposto dal difensore della parte avverso l’ordinanza del Tribunale di rigetto dell’opposizione avente ad oggetto il decreto di liquidazione dell’onorario del difensore in ordine al quale parte ricorrente lamentava l’inadeguatezza dell’importo liquidato. Per la revoca della suddetta sentenza l’avvocato propone ricorso, sulla base dell’erroneo presupposto dell’avvenuta comunicazione dell’ordinanza di integrazione del contraddittorio, ritenuto non compiuto l’adempimento, nonostante la comunicazione della cancelleria non fosse legittima, poiché non avvenuta a mezzo telefax ovvero a mezzo PEC, i cui numeri e indirizzi mail erano stati forniti. La notifica delle comunicazioni a cura della cancelleria. Secondo la disciplina dettata dall’art. 16 d. l. n. 179/2012 convertito nella l. n. 221/2012, a partire da quella data nei procedimenti civili di cassazione le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo PEC indicato negli elenchi accessibili alle pubbliche amministrazioni, rimanendo salva la possibilità di eseguirle mediante deposito in cancelleria qualora non sia possibile ricorrere alla PEC per cause imputabili al destinatario . Dunque nel caso di trasferimento del domiciliatario non comunicato alla cancelleria della Corte di Cassazione, l’avviso di fissazione dell’udienza deve essere comunicato al difensore della parte, in via prioritaria, a mezzo PEC o mediante telefax, potendo ricorrere alla comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria solo quando le comunicazioni stesse a mezzo PEC o telefax non siano andate a buon fine. Il ricorso, pertanto, si dichiara inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 25 gennaio – 28 agosto 2018, n. 21238 Presidente D’Ascola/Relatore Falaschi Fatti di causa e ragioni della decisione Con sentenza n. 24746 del 5 dicembre 2016 questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’Avv. C.F. e da B.S. oltre altri avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma, depositata il 19 aprile 2013, di rigetto dell’opposizione ex art. 170 d.P.R. n. 115 del 2002 avente ad oggetto il decreto di liquidazione dell’onorario del difensore determinato in Euro 15.140,81, in ordine al quale parte ricorrente lamentava la inadeguatezza dell’importo liquidato. La sentenza n. 24746 ha concluso per la declaratoria di inammissibilità per non avere parte ricorrente, pur ritualmente avvisata della necessità di provvedere alla integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della giustizia, provveduto all’incombente. Per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione C.F. ha proposto ricorso, con atto notificato il 5 giugno 2017, sulla base di un unico articolato motivo. Gli intimati non hanno svolto difese. Ritenuto che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5 , c.p.c., su proposta del relatore, regolarmente comunicata alla parte ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. In prossimità dell’adunanza camerale la ricorrente ha anche depositato memoria illustrativa. Atteso che va preliminarmente esaminata l’ammissibilità del ricorso proposto ex art. 111, comma 7 Cost., dal solo difensore, in materia di patrocinio a spese delle Stato. Come già chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, con riferimento a norme analoghe legge n. 533 del 1973, artt. 11 e 13, ora abrogati e a fattispecie similari, l’ammissione al patrocinio a carico dello Stato esclude ogni rapporto d’incarico professionale tra la parte in favore della quale è stato emesso il relativo provvedimento ed il difensore nominato, sia in caso di vittoria, sia in caso di soccombenza, in quanto il rapporto si costituisce esclusivamente tra il difensore nominato e lo Stato. Pertanto, legittimata a proporre impugnazione contro il provvedimento che liquida le spese o ne rigetta l’istanza, non è la parte bensì il difensore, il quale è l’esclusivo titolare del diritto al compenso dovuto dallo Stato, mentre nessun interesse e quindi nessuna legittimazione in proposito può riconoscersi alla parte assistita, la quale non ha obbligo di pagare alcun compenso al difensore cfr. Cass. n. 3068 del 1985 Cass. n. 502 del 1984 più di recente Cass. n. 1539 del 2015 - con l’unico motivo di ricorso la C. lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 134 e 136, comma 3, c.p.c. per avere la Corte di legittimità sulla base dell’erroneo presupposto dell’avvenuta comunicazione dell’ordinanza n. 20510 del 2014 di integrazione del contraddittorio, rinnovata nell’udienza pubblica del 10.07.2014, ritenuto non compiuto l’adempimento, nonostante la comunicazione della cancelleria non fosse legittima, in quanto non avvenute a mezzo telefax ovvero posta elettronica certificata, i cui numeri ed indirizzo mail esano stati puntualmente forniti. L’errore ipotizzato dalla ricorrente è palesemente estraneo al parametro dell’errore revocatorio di fatto, rilevante ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c Per consolidata interpretazione, invero, in materia di re rotazione delle sentenze della Corte di cassazione, l’errore di fatto di cui all’art. 395 n. 4, c.p.c. deve consistere in una disamina superficiale di dati di fatto che abbia quale conseguenza l’affermazione o la negazione di clementi decisivi per risolvere la questione, ovvero in un errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza od esistenza di un fatto, positivamente acquisito od escluso nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale. Orbene dagli atti risulta che la comunicazione dell’ordinanza interlocutoria di integrazione del contraddittorio n. 20510 del 2014, dopo essere stata vanamente tentata presso il domicilio eletto dai ricorrenti presso lo studio dell’avv. C.F. , in via OMISSIS , da cui la professionista risultava trasferita v. annotazione del 3 ottobre 2014 , è stata effettuata, ai sensi dell’art. 366, secondo comma, c.p.c., con deposito presso la cancelleria con ricevuta rilasciata il 13 ottobre 2014. Fissata nuova udienza per il 22 ottobre 2015, il Collegio rilevava la irregolarità della comunicazione, per non essere stata effettuata a mezzo fax, pure indicato nel ricorso, con la conseguenza che, con ordinanza n. 25847 del 2015, disponeva la rinnovazione della comunicazione dell’ordinanza n. 20510/2014 a mezzo telefax al numero OMISSIS , come indicato in ricorso, effettuata dalla cancelleria in data 22 dicembre 2015 con esito positivo v. al riguardo rapporto di trasmissione in pari data . Eseguita la predetta comunicazione, veniva nuovamente fissata per la trattazione del ricorso l’udienza dell’11 aprile 2016, con avviso questa volta comunicato con modalità telematica, divenuta da ultimo operativa, il 15 febbraio 2016, a seguito dell’emanazione del decreto del Ministero della giustizia 19 gennaio 2016 che ha accertato la funzionalità dei servizi di comunicazione limitatamente alle comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili della Corte di cassazione, la disciplina dettata dall’art. 16 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221 con la conseguenza che, a partire da quella data, nei procedimenti civili di cassazione le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici comma 4 , rimanendo salva la possibilità di eseguire le comunicazioni e le notificazioni mediante deposito in cancelleria se non sia possibile ricorrere alla posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario comma 6 , e rendendosi applicabile la disciplina dell’art. 136, terzo comma, e degli arti. 137 e seguenti del codice di procedura civile q uando non è possibile procedere ai sensi del comma 4 per causa non imputabile al destinatario comma 8 . Dunque nella specie è stato fatto buon governo del principio espresso dall’ordinanza 18 marzo 2013 n. 6752 e ribadito, in un caso di comunicazione a cura del cancelliere, dalla sentenza 27 ottobre 2015 n. 21892, la quale ha affermato che, a seguito delle recenti modifiche dell’art. 366 c.p.c., introdotte dall’art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, nell’ipotesi di trasferimento del domiciliatario non comunicato alla cancelleria della Corte di cassazione, l’avviso di fissazione dell’udienza va comunicato al difensore della parte, in via prioritaria, a mezzo posta elettronica certificata e, qualora ciò non sia possibile, mediante telefax essendo sufficiente a far considerare la comunicazione avvenuta l’attestato del cancelliere da cui risulti che il messaggio è stato trasmesso al numero di fax corrispondente a quello del destinatario , potendosi ricorrere alla comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria soltanto quando le comunicazioni a mezzo posta elettronica o per fax non siano andate a buon fine. In base alle considerazioni che precedono va quindi riconosciuta l’inammissibilità del ricorso. Nessuna pronuncia sulle spese del giudizio non avendo gli intimati svolgo difese. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del solo ricorrente per essere rimasto assorbito quello della ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Raddoppio contributo unificato.