Multa notificata da Poste: nessuna violazione della privacy

Respinte le obiezioni mosse da un motociclista, inchiodato dall’autovelox, nei confronti del Comune. Legittima la trasmissione dei dati alle ‘Poste Italiane’ per la consegna della sanzione.

L’autovelox inchioda il motociclista. Conseguente la sanzione pecuniaria per eccesso di velocità”. Per chiudere il cerchio, infine, la notifica effettuata dal Comune tramite ‘Poste Italiane’, notifica che, nonostante le proteste del centauro, costituisce in alcun modo una violazione della privacy Cassazione, ordinanza n. 18500/2018, Sezione Seconda Civile, depositata il 12 luglio . Dati. Codice della strada alla mano, i Giudici ritengono evidente la violazione compiuta dal motociclista e certificata da un autovelox fisso, piazzato lungo una strada cittadina. Inevitabile, quindi, la sanzione pecuniaria per avere superato il limite di velocità. L’uomo punta allora a mettere in discussione l’operato del Comune, censurando la trasmissione dei suoi dati alle ‘Poste Italiane’ per la notificazione della sanzione . L’ipotesi di una violazione della privacy viene però respinta in modo netto dai Giudici della Cassazione, i quali osservano, innanzitutto, che i cosiddetti ‘dati sensibili’ contenuti nel verbale riguardavano esclusivamente il numero di targa del motoveicolo e la relativa intestazione mentre non risultavano dal verbale le generalità del conducente, nonché le circostanze di tempo e di luogo dell’infrazione , e aggiungono che comunque il numero di targa e la conseguente intestazione del veicolo costituiscono un dato pubblico, reperibile presso il ‘Pra’ . Peraltro, viene evidenziato che in assenza di indicazione del conducente, non possono qualificarsi come dati personali le circostanze di tempo e di luogo dell’infrazione, non essendo riferibili ad alcuna persona fisica ma al veicolo . E poi, concludono i Giudici, comunque ‘Poste Italiane’ non fa alcun trattamento dei dati, limitandosi a stampare il verbale e ad imbustarlo per la successiva notifica .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza9 febbraio – 12 luglio 2018, numero 18500 Presidente Matera – Relatore Federico Fatto Anumero Va. propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, avverso la sentenza numero 1529/2013 del Tribunale di Firenze che, in riforma di quella del Giudice di Pace, ha condannato il ricorrente al pagamento di una sanzione pecuniaria per violazione dell'art. 142 comma 7 del C.d.S, rilevata grazie al posizionamento di un autovelox fisso presso il viale Spartaco Lavagnini. Il Tribunale di Firenze, premessa la competenza del Prefetto in ordine alla individuazione delle strade o singoli tratti , diversi dalle autostrade o dalle strade extraurbane principali, nelle quali non è possibile il fermo del veicolo ai fini della contestazione immediata, affermava peraltro che, ove il Prefetto nell'esercizio di tale potere ecceda i limiti segnati dalla disposizione del codice delle strada, il giudice ordinario ben può disapplicare l'atto o il provvedimento amministrativo. Il Comune di Firenze resiste con controricorso. Il Va. in prossimità dell'odierna adunanza ha presentato memorie illustrative. Considerato in diritto Con il primo mezzo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 12 delle preleggi, degli artt. 2 e 3 C.d.S., dell'art. 4 D.L. 121/2002 conv. nella L. 168/2002 in riferimento all'art. 360 numero 3 c.p.comma per aver il Tribunale ritenuto che viale Lavagnini possedesse le caratteristiche di una strada urbana di scorrimento. Il motivo è inammissibile in quanto esso, nei termini in cui è formulato, nonostante l'indicazione del vizio in rubrica sul carattere non vincolante della rubrica del motivo, cfr. Cass. 7981/2007 , si risolve nella richiesta di una rivalutazione delle acquisizioni processuali già oggetto del sindacato del giudice di merito e nella sollecitazione ad un nuovo esame delle risultanze istruttorie, inammissibile in questa sede, spettando al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove e scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione e dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge, in cui un valore legale è assegnato alla prova ex plurimis Cass. numero 6064/08 . La formulazione del primo motivo di ricorso tende a censurare, sotto il profilo della violazione di legge, una rilevazione eseguita dal giudice del merito non censurabile in Questa Sede circa la qualificazione del viale di cui trattavasi al fine della sua riconducibilità alle ipotesi di cui all'art. 2 comma 3, lett. D del C.d.S. Non può ricondursi nell'ambito del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quale motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, primo comma numero 3, cod. procomma civ., la deduzione con la quale si contesti al giudice di merito non di aver errato nella individuazione della norma regolatrice della controversia bensì di avere erroneamente ravvisato, nella situazione di fatto in concreto accertata, la ricorrenza degli elementi costitutivi d'una determinata fattispecie normativamente regolata, giacché siffatta valutazione comporta un giudizio non già di diritto bensì di fatto, eventualmente impugnabile sotto il profilo del vizio di motivazione. Cass. 6653/2005 . Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente censura l'omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le pari in riferimento all'art. 360 numero 5 l'omessa pronuncia sull'appello incidentale e la violazione dell'art. 112 ai sensi del 360 numero 3 la violazione e falsa applicazione degli artt. 3,11,18,19 e 24 D.Lgs. 196/2003 con riferimento all'art. 201 co. 3, c.d.s. e all'art. 3 co.2 L. 890/1982 con riferimento all'art. 360 numero 3 per non aver il Tribunale pronunciato sull'appello incidentale con il quale si doleva che il Comune di Firenze avesse trasmesso i suoi dati alle Poste Italiane per la notificazione della sanzione. Il motivo non ha pregio. Conviene premettere che, secondo il consolidato orientamento interpretativo di questa Corte, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo, nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 384 c.p.c., ove pure sia stata verificata l'omessa pronuncia su una domanda, la Corte di cassazione può pervenire ad una decisione nel merito allorquando la questione in diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto Cass. numero 2313/2010 . Orbene, nel caso di specie, pur ravvisandosi l'omessa pronuncia in ordine alla questione, posta dal ricorrente con l'appello incidentale, si osserva la palese infondatezza della allegazione secondo cui il Comune di Firenze avrebbe violato la 1.196/2003 e sarebbe, conseguentemente incorso nella sanzione di cui all'art. 11 comma 2 stessa legge, vale a dire l'inutilizzabilità dei dati. Si osserva anzitutto che i cd. dati sensibili contenuti nel verbale riguardavano esclusivamente il numero di targa del motoveicolo di proprietà del Va. e la relativa intestazione del veicolo, mentre non risultavano dal verbale le generalità del conducente, nonché le circostanze di tempo e luogo dell'infrazione. Orbene il numero di targa e la conseguente intestazione del veicolo costituisce un dato pubblico, reperibile presso il PRA. In assenza di indicazione del conducente non possono inoltre qualificarsi come dati personali, le circostanze di tempo e luogo dell'infrazione, non essendo riferibili ad alcuna specifica persona fisica, ma al veicolo Poste italiane infine non fa alcun trattamento dei dati ex art. 4 comma 1 lett. a D.Lgs. 196/2003, limitandosi a stampare il verbale e ad imbustarlo per la successiva notifica. Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater D.P.R. 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in 700,00 Euro, di cui 200,00, Euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater D.P.R. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.