La necessaria specificità dei motivi di doglianza

Nell’ipotesi in cui il primo giudice abbia omesso di concedere alla parte il termine per l’articolazione di nuovi mezzi di prova ed il deposito di documenti articoli 183 e 184 c.p.c. , la parte stessa, nel proporre appello, non può limitarsi a chiedere nuovamente la concessione del suddetto termine ma, in forza del combinato disposto degli articoli 342 e 163 c.p.c. deve, a pena di decadenza, articolare i nuovi mezzi di prova e depositare i documenti.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 17046/18 depositata il 28 giugno. Il caso. Il signor M.P. proponeva con atto di citazione, innanzi al Tribunale di Bari, domanda di prelazione agraria dapprima contro C.P. e poi anche contro la di lui moglie G.F. nonché contro A.P., il dante causa. Il giudice di prime cure e successivamente la Corte d’Appello di Bari con sentenza n. 1088/2009 respingevano le richieste di M.P. rilevando la decadenza dall’azione nei confronti di G.F. quale litisconsorte necessario. Avverso tale decisione, M.P. ricorreva in cassazione. La Corte di Cassazione con ordinanza n. 30424/2011 accoglieva il ricorso sulla scorta di un indirizzo giurisprudenziale in virtù del quale la nullità della domanda derivante dalla mancata notificazione a tutti i litisconsorti, viene sanata dall’integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti necessarie inizialmente pretermesse. Tuttavia, la Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, alla quale la decisione era stata rimessa, con ordinanza del 21 maggio 2013 rigettava l’istanza di assegnazione dei termini formulata da M.P. ai sensi degli articoli 183 e seguenti c.p.c. in quanto assenti gli estremi per una rimessione in termini. Inoltre la Corte territoriale riteneva che la disciplina delle suddette norme non fosse applicabile al giudizio di appello e che comunque non vi fossero gli estremi per una rimessione in termini per la formulazione dei mezzi di prova, in quanto M.P. invece di specificare il thema decidendum , sul quale il giudice di primo grado si sarebbe dovuto pronunciare e indicare quali prove sarebbero state dedotte, si è limitato, in modo generico, a chiedere l’assegnazione dei termini. Con la sentenza n. 2122/2015 la Corte d’Appello di Bari confermava la citata ordinanza e rigettava la domanda di M.P. per difetto di prova, ritenendo quest’ultimo decaduto da qualunque richiesta istruttoria. Avverso tale sentenza M.P. propone ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo, la nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c. per violazione degli articoli 384, comma 2, e 394 c.p.c La Corte di Cassazione rigetta il ricorso in quanto inammissibile, e comunque infondato. L’efficacia vincolante della regola di diritto enunciata dalla Corte di Cassazione. A norma dell’articolo 384 c.p.c. in tema di enunciazione del principio di diritto da parte della Corte di Cassazione, il giudice del merito innanzi al quale è stato disposto il rinvio deve uniformarsi alla suddetta regola di diritto. In altri termini la sentenza della Corte di Cassazione che dispone il rinvio vincola il giudice innanzi al quale la causa è riassunta ai principi di diritto affermati, nonché ai relativi presupposti di fatto, che devono ritenersi accertati, seppur in modo implicito, in via definitiva nelle pregresse fasi di merito. Nel caso di specie il ricorrente si duole della violazione dell’articolo 384 c.p.c. in quanto, a suo dire, la Corte di Appello di Bari non si sarebbe uniformata alla regola giuridica enunciata dalla Corte di Cassazione, nonché alle premesse logico-giuridiche della decisione in guisa della quale il giudice del rinvio, disattesa l’eccezione di decadenza, avrebbe dovuto esaminare nel merito le domande del ricorrente in conformità a quanto devoluto con il gravame. Viene sottolineato, in particolare, che la Corte di Cassazione, attribuendo alla Corte territoriale il compito di esaminare nel merito le domande del ricorrente M.P. in conformità a quanto devoluto dal gravame e tralasciando l’eccezione di decadenza, avrebbe compiuto una valutazione dell’incidenza della violazione delle decadenza procedimentali sul diritto di azione e di difesa di M.P., precludendo una nuova valutazione da parte del giudice del rinvio. A ben vedere la Corte d’Appello innanzi alla quale è stato disposto il rinvio, rigettando nel merito la domanda per mancanza di prova, si è uniformata alla regola di diritto affermata dalla Corte di legittimità. Quest’ultima, infatti, ha unicamente imposto alla Corte territoriale di disattendere l’eccezione di decadenza relativa alla citazione in giudizio di G.F. quale litisiconsorte necessario, e dunque di ritenere validamente introdotta in primo grado la domanda, mentre nulla ha proferito con riguardo alla questione relativa alla tempestiva richiesta dei mezzi istruttori a sostegno della domanda, né ciò costituisce presupposto logico della regola di diritto enunciata. La specificità delle doglianze. Affinché si possa giungere ad una decisione nel merito è necessario che le doglianze avverso la sentenza impugnata siano ben formulate, o meglio, siano specifiche. In particolare, ai fini della specificità dei motivi d'appello di cui all’articolo 342 c.p.c., l'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto deve sostanziarsi in una critica adeguata e specifica della decisione impugnata, tale da consentire al giudice di comprendere quale sia il contenuto delle censure. Da ciò consegue che le rimostranze del ricorrente non possono esaurirsi nella mera reiterazione delle sue richieste. Nel caso di specie, M.P., ha pedissequamente ripetuto il contento dell’atto di appello relativamente alla mancata assegnazione dei termini di cui agli articoli 183 e ss. c.p.c., non svolgendo alcuna censura puntuale non vi è, infatti, alcun riferimento a cosa avrebbe chiesto nelle memorie istruttorie laddove fossero stati concessi i termini per la presentazione delle stesse. In tal modo, a ben vedere, non è possibile evincere la decisività e la rilevanza delle prove non ammesse. Premesso ciò, se da un lato Corte d’Appello del rinvio ha reso un dispositivo conforme alla regola giuridica enunciata dalla Corte di legittimità, erronea appare essere la sua motivazione. Come noto, tuttavia, la Corte di Cassazione, mantenendo fermo il dispositivo, ha il potere di correggere la motivazione della sentenza impugnata. Tale potere, secondo quanto disposto dall’articolo 384, comma 2, c.p.c., può essere esercitato laddove la decisione del giudice del rinvio è conforme al principio di diritto a monte enunciato, ma non lo sia la motivazione. Quanto detto trova la sua ragione giustificatrice in un’esigenza di economia processuale, presentandosi inutile la cassazione di una sentenza con conseguente rimessione della causa innanzi al giudice di merito quando l’errore non abbia inciso sul dispositivo. Effettuata tale doverosa precisazione, la Corte di Cassazione, rigettando il ricorso di M.P. e correggendo la motivazione, e sulla base di quanto sopra precisato, ha affermato che nell’ipotesi in cui il primo giudice abbia omesso di concedere alla parte il termine per l’articolazione di nuovi mezzi di prova ed il deposito di documenti articoli 183 e 184 c.p.c. , la parte stessa, nel proporre appello, non può limitarsi a chiedere un'altra volta la concessione del suddetto termine ma, in forza del combinato disposto degli articoli 342 e 163 c.p.c. deve, a pena di decadenza, articolare i nuovi mezzi di prova e depositare i documenti. Nel caso di specie, invece, M.P. si è limitato a chiedere nuovamente la concessione del suddetto termine istanza ribadita nel giudizio di rinvio a seguito di cassazione omettendo l’articolazione di nuovi mezzi di prova ed il deposito di documenti.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 13 marzo – 28 giugno 2018, n. 17046 Presidente Olivieri – Relatore Pellecchia Fatti di causa 1. Con sentenza n. 1088/2009, la Corte di appello di Bari respinse l'impugnazione proposta da Ma. Pl. avverso la sentenza del Tribunale di Bari che aveva rigettato la sua domanda di prelazione agraria dispiegata in origine contro Ca. Pa. e poi anche contro la di lui coniuge Gi. Fi. ed il dante causa An. Pr. in particolare, la Corte di appello rilevò la decadenza dall'azione nei confronti della litisconsorte necessaria Fi 2. Avverso tale decisione, ricorse per Cassazione il Pl Gli intimati non proponevano controricorsi. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 30424/2011, accolse il motivo di ricorso fondato su di una giurisprudenza delle Sezioni Unite intervenuta dopo la pubblicazione della sentenza gravata, a mente della quale, in tema di prelazione e riscatto di immobile locato, ai sensi degli artt. 38 e 39 della L. 392/1978, qualora il conduttore eserciti il diritto di riscatto con l'atto di citazione entro il termine previsto dalla suddetta norma soltanto contro uno o alcuno gli acquirenti, il consolidamento dell'acquisto è impedito anche nei confronti degli altri acquirenti, a condizione che la nullità della domanda derivante dalla mancata notificazione a tutti i litisconsorti sia sanata dall'integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti necessarie inizialmente pretermesse. La Suprema Corte cassò pertanto la decisione impugnata, con rinvio alla corte di appello di Bari, in diversa composizione affinché, disattesa l'eccezione di decadenza [ .] esaminasse nel merito le domande del Pl. in conformità a quanto devoluto con il gravame . 3. In sede di giudizio di riassunzione, la Corte d'Appello di Bari, con ordinanza del 21 maggio 2013 ha rigettato l'istanza di assegnazione dei termini di cui agli articoli 183 e 185 c.p.c. formulata dal Pl Al riguardo, la Corte territoriale ha ritenuto che la disciplina di cui alle suddette norme non fosse applicabile al giudizio di appello che l'applicazione delle stesse non derivasse dalla sentenza di rinvio che non vi fossero comunque gli estremi per una rimessione in termini dell'appellante per la formulazione dei mezzi di prova in quanto il Pl., anziché specificare il thema decidendum sul quale il giudice di primo grado si sarebbe dovuto pronunciare ove fosse stata consentita l'appendice di cui all'art. 183, comma 5, c.p.c, e indicare quali prove sarebbero state dedotte, si è limitato genericamente a chiedere l'assegnazione dei termini di cui agli artt. 183 e 185 c.p.c. Con la sentenza n. 2122 del 30 dicembre 2015, la Corte di Appello di Bari, confermata la citata ordinanza, ha rigettato la domanda del Pl. per difetto di prova, essendo lo stesso decaduto da qualsivoglia richiesta istruttoria. 3. Avverso tale sentenza propone ricorso in Cassazione Ma. Pl., sulla base di un unico motivo illustrato da memoria. 3.1. Gli intimati non hanno svolto difese. Ragioni della decisione 4. Con l'unico motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la nullità della sentenza e del procedimento, ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c, per violazione degli artt. 384, comma 2, e 394 c.p.c . La Corte di appello di Bari, in violazione delle norme indicate nell'intestazione del motivo, non si sarebbe uniformata alla regola giuridica enunciata dalla Corte di Cassazione e comunque alle premesse logico-giuridiche della decisione. Né rileverebbe la giurisprudenza citata dalla Corte di merito secondo cui l'appellante non può limitarsi a dedurre la violazione dell'art. 183 comma 6 c.p.c, ma deve specificare il thema decidendum sul quale il giudice di primo grado si sarebbe dovuto pronunciare ove fosse stata consentita l'appendice di cui all'art. 183, comma 5, c.p.c. e indicare quali prove sarebbero state dedotte in ordine all'impugnazione della sentenza di primo grado per aver il Tribunale deciso la causa nel merito prima ancora che le parti avessero deciso il thema decidendum ed il thema probandum. In questo caso, infatti, la Corte di Cassazione, la quale ha espressamente attribuito alla Corte territoriale il compito di esaminare nel merito le domande del Pl. in conformità a quanto devoluto con il gravame e disattesa l'eccezione di decadenza , avrebbe già compiuto la valutazione dell'incidenza della violazione delle cadenze procedimentali sul diritto di azione e di difesa del Pl., precludendo una nuova valutazione da parte del giudice del rinvio. Il ricorso è inammissibile, e comunque infondato. Il Pl., dopo aver ripetuto il contenuto dell'atto di appello relativo alla mancata assegnazione dei termini ex artt. 183 e 185 c.p.c, non svolge una censura puntuale della decisione della Corte di appello. Infatti, non replica all'argomento in ordine alla inapplicabilità delle suddette norme nell'ambito del giudizio in appello. Inoltre parte ricorrente non dice cosa avrebbe chiesto nelle memorie istruttorie se fossero stati concessi i termini per le stesse, non potendosi evincere, quindi, la decisività e rilevanza delle prove non ammesse, né spiega se abbia formulato le istanze istruttorie in sede di conclusione nel giudizio di primo grado, cioè nella sede in cui comunque aveva la possibilità e il dovere di insistere per l'apertura dell'istruttoria cfr., tra le più recenti, Cass. civ. Sez. II, 30/09/2016, n. 19568 . Non è vero inoltre che il giudice del rinvio non si sarebbe uniformato alla regola di diritto affermata da questa Corte, avendo rigettato nel merito la domanda per mancanza di prova. L'ordinanza della Corte di Cassazione, infatti, aveva unicamente imposto alla Corte di Appello di disattendere l'eccezione di decadenza relativa alla citazione in giudizio della litisconsorte necessaria Fi., e dunque di ritenere validamente introdotta in primo grado la domanda. Non è invece oggetto della suddetta decisione, né ne costituisce presupposto logico, la questione relativa alla tempestiva richiesta dei mezzi istruttori a sostegno della domanda. La sentenza impugnata, che ha reso un dispositivo conforme a diritto, va corretta nella sua erronea motivazione in diritto attraverso l'affermazione del seguente principio nell'ipotesi in cui il primo giudice abbia omesso di concedere alla parte il termine per l'articolazione di nuovi mezzi di prova ed il deposito di documenti artt. 183 e 184 c.p.c , la parte stessa, nel proporre appello, non può limitarsi a chiedere nuovamente la concessione del suddetto termine ma, in forza del combinato disposto degli artt. 342 e 163 c.p.c, deve, a pena di decadenza, articolare i nuovi mezzi di prova e depositare i documenti. Nella specie, invece, la parte, nel giudizio d'appello s'è limitata a chiedere nuovamente la concessione del suddetto termine istanza poi ribadita nel giudizio di rinvio a seguito di cassazione , omettendo l'articolazione di nuovi mezzi di prova ed il deposito di documenti. 5. In conclusione, il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva. 6. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.