Il contribuente impugna con successo la cartella esattoriale: chi paga le spese processuali?

Per non aggravare la posizione del destinatario di una cartella esattoriale che abbia proposto opposizione ottenendo pronuncia favorevole, il giudice non può attribuirgli il carico della ripartizione delle spese processuali dovute all’ingiustizia od iniquità dell’azione esecutiva intrapresa dall’Ente creditore.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15390/18, depositata il 13 giugno. Il caso. Nell’ambito di un giudizio di opposizione a cartella esattoriale emessa dal Comune di Napoli per sanzioni amministrative, il Tribunale di Sulmona accoglieva parzialmente l’appello di Equitalia e nella contumacia del creditore - il Comune di Napoli - disponeva la compensazione delle spese di lite del primo e del secondo grado tra il debitore e l’appellante Equitalia. Il Tribunale aveva condiviso la tesi di Equitalia secondo cui essa non poteva sottrarsi dall’emissione della cartella con conseguente esclusione della sua responsabilità essendo risultata fondata la contestazione del debitore in relazione all’estinzione della pretesa creditoria per silenzio formatosi sui ricorsi dell’opponente avverso i verbali di contestazione delle violazioni amministrative. Il debitore ricorre dinanzi alla Corte di Cassazione. Spese di lite. Nell’esaminare i motivi del ricorso, il Collegio sottolinea in primo luogo la rilevanza della scissione tra titolarità del credito e titolarità del potere di azione esecutiva dell’agente di riscossione. Quest’ultimo ha l’onere di chiamare in causa l’ente interessato al fine di evitare le eventuali conseguenze negative della lite ed ha anche la facoltà di chiedere di essere manlevato nel caso in cui la contestazione risulti fondata su vizi di procedimento o di merito ascrivibili al creditore stesso. L’agente di riscossione risponde comunque delle spese di lite imposte dalla sua stessa condotta in forza non tanto come avverrebbe se la contestazione ritenuta fondata riguardasse atti ad esso ascrivibili del principio di soccombenza, quanto piuttosto di quello di causalità . In altre parole, se l’agente di riscossione ben può esercitare l’azione di manleva nei confronti dell’ente creditore interessato, azione che si configura come onere processuale in senso tecnico, non è conforme a diritto escludere aprioristicamente la responsabilità anche dell’agente della riscossione per le spese dalla controversia cui il debitore sia stato costretto per l’illegittimità dell’esecuzione esattoriale, minacciata od intrapresa, poi rivelatasi fondata per vizi ascrivibili anche solo all’ente creditore interessato . In conclusione, gli Ermellini, accogliendo il ricorso, affermano il principio di diritto secondo cui nella controversia con cui il debitore contesti l’esecuzione esattoriale, in suo danno minacciata o posta in essere, non integra ragione di esclusione dalla condanna alle spese di lite, né – di per sé sola considerata – di compensazione delle stesse, nei confronti dell’agente della riscossione la circostanza che l’illegittimità dell’azione esecutiva sia da ascrivere all’ente creditore interessato . Restano comunque ferme la facoltà dell’agente della riscossione di chiedere a quest’ultimo di manlevarlo anche dall’eventuale condanna alle spese in favore del debitore vittorioso e, dall’altro, la possibilità, per il giudice, di compensare le spese del debitore vittorioso nei confronti dell’agente della riscossione e condannare al pagamento delle spese del debitore vittorioso soltanto l’ente creditore interessato o impositore quanto questo è presente in giudizio, ove sussistano i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., diversi ed ulteriori rispetto alla sola circostanza che l’opposizione sia stata accolta per ragioni riferibili all’ente creditore interessato o impositore .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 marzo – 13 giugno 2018, n. 15390 Presidente Vivaldi – Relatore De Stefano Fatti di causa 1. R.D. ricorre a questa Corte, sulla base di almeno sei motivi illustrati da memoria ex art. 378 cod. proc. civ., per la cassazione della sentenza n. 351 del 23/11/2015 del Tribunale di Sulmona, con la quale, accolto parzialmente l’appello di Equitalia Centro spa e nella contumacia dell’ente creditore Comune di Napoli, è stata disposta la compensazione delle spese di lite del primo e del secondo grado nei rapporti tra lui e detto appellante, nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale emessa per crediti del Comune di Napoli, azionati con cartella esattoriale in sentenza indicata col n. omissis e riguardante sanzioni amministrative in particolare, avendo il giudice di secondo grado condiviso la tesi dell’appellante sull’impossibilità, per la medesima, di sottrarsi all’emissione della cartella, con conseguente esclusione della sua responsabilità in caso di opposizione fondata sulla contestazione della stessa pretesa creditoria, nella specie dedotta come estinta per silenzio formatosi sui ricorsi dell’opponente avverso i verbali di contravvenzione posti a base di quella. 2. Gli intimati non espletano attività difensiva in questa sede. Ragioni della decisione 1. È superflua l’analisi dettagliata dei singoli motivi, almeno i primi tre dei quali si prestano ad una trattazione congiunta e sono fondati, in conformità alla giurisprudenza ormai consolidatasi di questa Corte sul punto, fondata sul rilievo che immancabile soggetto nei cui confronti è necessario dispiegare la contestazione è proprio quello che, in virtù della configurazione dell’attuale sistema, fondato sulla istituzionalizzata scissione tra titolarità del credito e titolarità del potere di azione esecutiva, a quest’ultima ha dato in concreto luogo o ha in concreto minacciato di farlo cioè l’agente della riscossione. 2. Pertanto, sia pure per un dovere istituzionale, è questo il solo soggetto che fa sorgere l’onere di contestazione in capo al debitore ed è quindi giocoforza che sia esso a sopportarne le conseguenze in dipendenza della sua veste, per il caso di fondatezza delle contestazioni all’azione esecutiva da esso benché doverosamente posta in essere. 3. Poiché, poi, l’agente di riscossione ha un vero e proprio onere di chiamare in causa l’ente creditore interessato art. 39 d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112 onde evitare di subire le conseguenze negative della lite, egli ha sì la facoltà di chiedere di essere manlevato dal chiamato, quando evidentemente la contestazione ritenuta fondata riguardi non già atti commessi dal medesimo agente, ma appunto vizi di procedimento o di merito ascrivibili esclusivamente all’altro, ma poi bene risponde delle spese di lite imposte dalla sua - benché doverosa per l’impulso dell’ente creditore - stessa condotta, in forza non tanto come avverrebbe se la contestazione ritenuta fondata riguardasse atti ad esso ascrivibili del principio di soccombenza, quanto piuttosto di quello di causalità. 4. Onde non aggravare ulteriormente senza motivo la posizione del debitore di pretesa esattoriale, già assoggettato a regime di particolare sfavore - rispetto all’esecuzione ordinaria - in nome delle esigenze di maggiore effettività del recupero connesse alle qualità oggettive o funzionali del credito, non può allora farglisi carico della ripartizione, tutta interna al rapporto tra ente creditore interessato ed agente della riscossione, dell’imputabilità dell’ingiustizia od iniquità dell’azione esecutiva al primo o al secondo, nemmeno ai fini del riparto delle spese della lite che egli è stato costretto ad intentare per fare valere l’illegittimità dell’azione esecutiva stessa. 5. Se resta salva, beninteso, l’azione di maniera che l’agente della riscossione può proporre nei confronti dell’ente creditore interessato e che viene a configurarsi come onere processuale in senso tecnico, non è conforme a diritto escludere aprioristicamente la responsabilità anche dell’agente della riscossione per le spese della controversia cui il debitore sia stato costretto per l’illegittimità dell’esecuzione esattoriale, minacciata od intrapresa, poi rivelatasi fondata per vizi ascrivibili anche solo all’ente creditore interessato. 6. Deve allora concludersi che la gravata sentenza erra nel considerare che la vittoriosa contestazione del debitore non riguardava regolarità o validità degli atti di esecuzione e che tanto potesse fondare l’esclusione, anche solo quale ragione di compensazione, dell’agente della riscossione dalla condanna alle spese in favore del debitore vittorioso non potendo, con ogni evidenza, integrare una grave ed eccezionale ragione di compensazione un presupposto errato in punto di diritto. 7. E, se è vero che la restaurata piena legittimità di una condanna alle spese non elide la facoltà del giudice della contestazione della pretesa di applicare il relativo regime anche quanto alla compensazione, è pur vero che una specifica considerazione dei relativi presupposti, che siano peraltro diversi ed ulteriori dal mero riferimento dell’oggetto a vizi non ascrivibili di per sé all’agente di riscossione, deve essere operata in modo espresso ciò che invece è mancato nella specie. 8. Va applicato quindi il seguente principio di diritto nella controversia con cui il debitore contesti l’esecuzione esattoriale, in suo danno minacciata o posta in essere, non integra ragione di esclusione della condanna alle spese di lite, né - di per sé sola considerata - di compensazione delle stesse, nei confronti dell’agente della riscossione la circostanza che l’illegittimità dell’azione esecutiva sia da ascrivere all’ente creditore interessato restano peraltro ferme, da un lato, la facoltà dell’agente della riscossione di chiedere a quest’ultimo di manlevarlo anche dall’eventuale condanna alle spese in favore del debitore vittorioso e, dall’altro, la possibilità, per il giudice, di compensare le spese del debitore vittorioso nei confronti con l’agente della riscossione e condannare al pagamento delle spese del debitore vittorioso soltanto l’ente creditore interessato o impositore quando questo è presente in giudizio, ove sussistano i presupposti di cui all’art. 92 cod. proc. civ., diversi ed ulteriori rispetto alla sola circostanza che l’opposizione sia stata accolta per ragioni riferibili all’ente creditore interessato o impositore . 9. La soluzione è ormai recepita da questa Corte in numerose altre pronunce, tra le quali - menzionata Cass. 19/05/2017, n. 12612, sulla collocazione sistematica dei rapporti tra agente della riscossione ed ente creditore - basti un cenno alle seguenti del 2017 1070, 3099, 3101, 3105, 3154, 6636, 7371, 8162, 11730, 11954, 11955, 12040, 12742, 12864, 2865, 12866, 13414, 15314, 17064, 18907, 18912, 20865, 20867, 21898, 22071, 24042, 24246, 24407, 24767, 24772, 25828, 25833, 25860, 26844, 26849, 29783, 29784, 30554, 30771 del 2018 1110, 1286, 2993, 2996. 10. Il ricorso - così complessivamente considerati almeno i primi tre motivi e potendo ritenersi assorbiti gli altri - va accolto, con cassazione della gravata sentenza e rinvio al medesimo ufficio giudiziario che l’ha pronunciata, ma in persona di diverso giudicante, anche per le spese del giudizio di legittimità, affinché, indiscutibile l’astratta legittimità della condanna alle spese anche dell’agente di riscossione per il caso di accoglimento dell’opposizione anche solo per ragioni ascrivibili all’ente creditore interessato, rivaluti la questione a lui devoluta e, impregiudicata la potestà di applicare - o meno - l’art. 92 cod. proc. civ., escluda tuttavia tale mera o sola circostanza quale ragione di compensazione. 11.- Non sussistono i presupposti, essendo stato accolto il ricorso, per l’applicazione dell’art. 13 co. 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, co. 17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228. P.Q.M. Accoglie il ricorso. Cassa la gravata sentenza e rinvia al tribunale di Sulmona, in persona di diverso giudicante, anche per le spese del giudizio di legittimità.