Decorrenza del termine per l'opposizione agli atti esecutivi e conoscenza di fatto dell'atto

Per il principio generale della sanatoria della nullità degli atti processuali in seguito al raggiungimento del loro scopo, la comunicazione da parte della cancelleria del provvedimento del giudice dell'esecuzione, anche se inviata in non esatta ottemperanza alle disposizioni di cui al capoverso dell'art. 45 disp. att. trans. c.p.c. come ad es. qualora non sia inviato il testo integrale dell'atto , è idonea a far scattare il decorso del termine per l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. qualora abbia prodotto la conoscenza di fatto della giuridica esistenza del provvedimento potenzialmente pregiudizievole.

È dunque onere del destinatario in tal caso attivarsi per acquisire la piena conoscenza dell'atto incombendo, altresì, sullo stesso, eventualmente, l'onere di fornire prova dell'inidoneità della comunicazione della cancelleria a consentire l'esercizio del diritto di difesa. Tale in sintesi il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 15193/18, depositata il 12 giugno, che ora andiamo ad analizzare più da vicino. Il caso giudiziale. Un creditore proponeva opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione aveva dichiarato la propria incompetenza per territorio nell'ambito di un pignoramento presso terzi, ma si vedeva respingere l'opposizione per tardività, in quanto proposta oltre i venti giorni dalla comunicazione a mezzo pec del dispositivo da parte della cancelleria. Il creditore avverso il detto provvedimento propone ricorso in cassazione ex art. 111 Cost. con un unico motivo in sintesi, afferma che il termine per proporre ex art. 617 c.p.c. decorre dalla conoscenza integrale dell'atto e non del solo dispositivo. La Corte di Cassazione respinge la tesi del ricorrente, per i motivi che vedremo. Il motivo di ricorso notificazioni. In termini più precisi, il ricorrente afferma per quanto qui principalmente interessa, che la sentenza contiene la violazione e falsa applicazione degli artt. 134, comma 2, c.p.c. e 45, comma 2, disp. att. trans. c.p.c., nonchè violazione e falsa applicazione dell'art. 136, comma 1, c.p.c Le norme citate prevedono testualmente che Il cancelliere comunica alle parti l'ordinanza pronunciata fuori dell'udienza, salvo che la legge ne prescriva la notificazione art. 134, comma 2, c.p.c. Il biglietto contiene in ogni caso l'indicazione dell'ufficio giudiziario, della sezione alla quale la causa è assegnata, dell'istruttore se è nominato, del numero del ruolo generale sotto il quale l'affare è iscritto e del ruolo dell'istruttore il nome delle parti ed il testo integrale del provvedimento comunicato art. 45, comma 2, disp. att. trans. c.p.c. infine, Il cancelliere, con biglietto di cancelleria, fa le comunicazioni che sono prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico ministero, alle parti, al consulente, agli altri ausiliari del giudice e ai testimoni, e dà notizia di quei provvedimenti per i quali è disposta dalla legge tale forma abbreviata di comunicazione art. 136, comma 1, c.p.c. . Dunque, la questione posta dal ricorrente è se a fare avviare il termine utile per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617, c.p.c., se sia sufficiente la sola comunicazione del dispositivo - come ritenuto dal giudice dell'esecuzione - o sia invece, come ritiene il ricorrente, necessaria la comunicazione o la notificazione integrale dell'atto, onde consentire alla parte di valutare se proporre opposizione oppure no. L'art. 617, comma 2, c.p.c. prevede, infine, per quanto qui interessa, che Le opposizioni [ .] relative [ .] ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti . È sufficiente la conoscenza di fatto. Ed è tale norma il riferimento da cui parte la Corte nel respingere la tesi del ricorrente l'espressione di cui all'art. 617, comma 2, c.p.c. dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti indica chiaramente che la decorrenza scatta dal momento dell' oggettiva esistenza” dell'atto e non dalla sua comunicazione piena. D'altronde, rileva la Corte, la stessa giurisprudenza di legittimità ha ormai acquisito in maniera consolidata il principio secondo cui, ai fini della decorrenza dell'opposizione ex art. 617 c.p.c., è sufficiente la conoscenza anche solo di fatto dell'atto sul punto la sentenza menziona, tra tante, Cass. n. 25861/17, Cass. ord. n. 18723/17, Cass. n. 25743/15 . Tale posizione ha superato la precedente, più rigorosa – che affermava la necessità della conoscenza legale dell'atto menziona Cass. n. 9018/09 , posizione che era stata già temperata da quella che ammetteva la sufficienza della conoscenza di un atto appartenente alla sequenza procedimentale che presupponeva” quello che si assumeva viziato menziona Cass. n. 10841/01 . La presenza di tale orientamento giurisprudenziale sarebbe sufficiente a respingere il ricorso, afferma la Corte la mera comunicazione del dispositivo integra sicuramente quella conoscenza di fatto o sommaria richiesta dalla giurisprudenza a tal punto l'interessato dovrebbe attivarsi per conoscere a pieno il contenuto dell'atto. Ma vi è di più. Nel processo esecutivo non vi sono provvedimenti decisori. L'orientamento giurisprudenziale citato è coerente con gli aspetti peculiari del processo esecutivo e cioè, l'assenza di provvedimenti decisori, incidenti sul merito, con la conseguenza che i rimedi avverso gli stessi previsti all'interno della procedura non possono definirsi impugnazioni in senso stretto . Il processo esecutivo ha la funzione di consentire l'esecuzione di quanto già accertato ed indicato nel titolo esecutivo ecco perchè il giudice non emette atti decisori o comunque in grado di pregiudicare diritti o di risolvere questioni diverse da quelle strettamente esecutive . Ciò è confermato dalla stessa struttura e natura del processo, che non prevede il contraddittorio in senso tecnico , ma, al contrario, una sovrardinazione processuale di una parte rispetto all'altra ciò proprio per via del fatto che l'accertamento è stato già eseguito e che la parte qui più debole, non ha adempiuto spontaneamente a quanto è tenuta a pagare, in virtù, appunto, di quell'accertamento. In conclusione, l'assenza di decisione sui diritti soggettivi e, dunque, di contenuto decisorio del provvedimento esclude il carattere impugnativo in senso stretto del rimedio tipico, l'opposizione agli atti esecutivi, il quale ha sì natura contenziosa, ma non impugnativa e l'atto impugnato non è dunque una decisione ma l'oggetto stesso del giudizio di opposizione nel procedimento attivato con l'opposizione agli atti esecutivi non si impugna una decisione giudiziaria, ma si accerta la lesione dell' interesse dell'opponente al rispetto della legalità del processo esecutivo . Non si possono dunque applicare alle opposizioni agli atti esecutivi i principi relativi alle impugnazioni. Nel processo esecutivo, al contrario, le sue peculiarità – assenza di accertamento circa i diritti soggettivi, esigenza del rispetto della ragionevole durata, un principio immanente di autoresponsabilità” dell'esecutato , posto in una posizione di subordinazione processuale rispetto al creditore, inducono a concludere per la necessità di una particolare solerzia, da parte di quello, ad attivarsi onde acquisire la conoscenza piena dell'atto di cui ha avuto sommaria conoscenza ed eventualmente proporre opposizione. Le decisioni sulla competenza una deroga ai principi della conoscenza legale del processo di cognizione. Aggiungasi, osserva la Corte, che la giurisprudenza di legittimità ha sempre ritenuto sufficiente, ai fini della decorrenza del termine per attivare il regolamento di competenza di cui agli artt. 43 e 47, c.p.c., una menzione imprecisa o incompleta del tenore del provvedimento , attribuendo all'impugnante l'onere di provare l'inidoneità dell'apprensione menziona Cass. n. 1997/1967 e Cass. n. 6776/2000 e altre, per le conclusioni a contrario, quali Cass. n. 6232/2000 con la conseguente sufficienza della comunicazione della decisione comunicazione che, prima dell'introduzione del processo telematico, non era dell'atto integrale . Dunque, pur nel processo di cognizione, di natura decisoria, quanto alla decisione sulla competenza, non incidendo questa sul merito, è richiesta alla parte una particolare solerzia nell'acquisizione della conoscenza del contenuto integrale dell'atto ai fini dell'impugnativa. Può dunque affermarsi, prosegue il provvedimento, che alla parte è richiesta tanta maggiore solerzia quanto minore è l'incidenza dell'atto sui suoi diritti. E, se così è con riferimento alle decisioni sulla competenza all'interno del processo di cognizione, non può certo concludersi il contrario con riguardo al processo di esecuzione, che non incide su questioni di natura sostanziale anzi, può pretendersi maggiore solerzia alle parti e dunque imporsi alla parte che siano loro ad attivarsi per avere compiuta visione” di atti e provvedimenti avverso i quali intendono proporre opposizione ex art. 617 c.p.c Nel caso di specie, osserva la Corte, l'opposizione attiene proprio ad una decisione sulla competenza si tratta di un atto sulla competenza emesso nel processo esecutivo, il quale è privo di carattere decisorio conclusioni di maggior favore verso il destinatario dell'atto rispetto a quelle raggiunte con riguardo al regolamento di competenza e riguardo all'opposizione di altri atti esecutivi sarebbero pertanto irragionevoli e illegittime. Sull'obbligo di comunicazione integrale del provvedimento emesso fuori udienza. Tanto premesso, prosegue la Corte, deve concludersi che la mancata trasmissione del testo integrale del provvedimento emesso fuori udienza prescritta dagli artt. 134, comma 2, c.p.c. e 45, comma 2, disp. att. trans. c.p.c. in combinato disposto, il secondo come modificato dall'art. 16, d.l. n. 179/2012 non incide sulla decorrenza dei termini in questione, se consente la conoscenza di fatto del provvedimento se è vero che anche la comunicazione affetta da nullità per violazione di norme sul procedimento può integrare la conoscenza di fatto purché dia sufficiente conto, almeno, dell'esistenza di un provvedimento pregiudizievole onde consentire alla parte solerte di acquisirne il testo integrale ed eventualmente proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. nel termine, peraltro significativamente aumentato nel 2005, di venti giorni. Le novelle sulla comunicazione degli atti del processo telematico non hanno inciso sulle discipline speciali dei singoli gravami. Le novelle relative alla comunicazione dei provvedimenti per via telematica non hanno la ratio di offrire una maggiore tutela alle parti destinatarie della comunicazione – dunque non hanno inciso sulle discipline speciali relative ai singoli mezzi di gravame menziona Cass. ord. n. 23526/14 e Cass. n. 19177/16 , ma solo quella di razionalizzare l'ufficio circa il funzionamento del processo civile telematico. Ne consegue che nemmeno l'innovazione di cui all'art. 16, d.l. n. 179/2012 che tra l'altro, all'art. 45 disp. att. trans. c.p.c., ha introdotto l'obbligo di comunicazione del testo integrale dell'atto da parte della cancelleria , in quanto lex posterior rispetto alle norme su citate, abbia inciso sul regime di proposizione degli atti esecutivi. E, comunque, aggiunge la Corte, il principio della sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo si applica anche con riferimento alla notificazione a mezzo di PEC menziona Cass. n. 20625/17 . Conclusivamente, la Corte afferma il principio di diritto riportato in massima.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 19 dicembre 2017 – 12 giugno 2018, n. 15193 Presidente Vivaldi – Relatore D’Arrigo Svolgimento del processo P.A. ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Roma, quale giudice dell’esecuzione, aveva dichiarato la propria incompetenza per territorio in un procedimento di esecuzione forzata per espropriazione di crediti promosso nei confronti di AGEA, presso il terzo Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane. Il Tribunale di Roma ha dichiarato l’opposizione inammissibile, in quanto tardivamente proposta. Il P. ricorre, ai sensi dell’art. 111 Cost., per la cassazione di tale sentenza, sulla base di un unico motivo. L’ALEA resiste con controricorso. L’Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane non ha svolto attività difensiva. Il ricorso è stato inizialmente trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., in quanto ritenuto dal relatore destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato, ma è stato poi rimesso alla pubblica udienza della sezione ordinaria con ordinanza del 19 marzo 2017. Entrambe le parti costituite hanno depositato ulteriori memorie, ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ Motivi della decisione 1.1 Va preliminarmente esaminata l’eccezione, sollevata dal ricorrente nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ., di nullità del controricorso per difetto di ius postulandi per avere l’Ente, autorizzato, ai sensi dell’art. 43 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, ad avvalersi del patrocinio legale dell’Avvocatura dello Stato, conferito il mandato difensivo ad un avvocato del libero Foro, senza la prescritta delibera autorizzativa da sottoporre agli organi di vigilanza. Trattasi di eccezione già accolta in altra pronuncia di questa Corte Cass. ord. 20/11/2017, n. 27530 , ma alla quale la controricorrente ha replicato, anche alla luce di analoghe condotte processuali della controparte in altri contesti, depositando documentazione e argomentando nella sua memoria. 1.2 Il precedente richiamato dal ricorrente ha affermato invero che per l’ALEA è previsto - dall’art. 2, comma quarto, del d.lgs. 27 maggio 1999, n. 165 - il patrocinio facoltativo dell’Avvocatura dello Stato, disciplinato dall’art. 43, del r.d. n. 1611 del 1933, richiamato dalla norma speciale succitata Cass. Sez. U. 11/11/2005, n. 22021 Cass. 20/09/2005, n. 18959 Cass. 18/01/2006, n. 863 ed ha concluso che, per gli enti autorizzati ad avvalersi della difesa erariale, la facoltà di non servirsene è condizionata all’adozione di un’apposita e motivata delibera, senza la quale la possibilità di rivolgersi ad un avvocato del libero foro deve considerarsi esclusa Cass. Sez. U. 29/08/1989, n. 3817 Cass. 27/07/1990, n. 7568 Cass. 22/03/1991, n. 3101 Cass. 04/05/1999, n. 5183 Cass. 13/05/2016, n. 9880 . Sulla base di tali premesse, questa Corte ha poi riscontrato come il mandato conferito da AGEA all’avvocato Salvatore Pugliese non risultasse preceduto o assistito dalla delibera suindicata, con conseguente rilievo della nullità del relativo atto. 1.3 Ritiene il Collegio che non sia necessario affrontare funditus la questione del regime della rappresentanza in giudizio di AGEA. Infatti, anche la conclusione più rigorosa - già fatta propria da questa Corte nella citata ordinanza n. 27530 del 2017 - può dirsi rispettata, come risulta dalla documentazione prodotta dalla controricorrente ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ In particolare, la delibera di AGEA del 18 giugno 2008 atto n. 315, avente ad oggetto Collaborazioni degli Avvocati del libero Foro doc. n. 10 dell’indice della documentazione prodotta integra gli estremi della delibera apposita e motivata sulla cui base disporre legittimamente l’affidamento di incarichi ad avvocati del libero Foro. Altrettanto legittimamente essa ha un tenore generale, siccome riferita a categorie di fattispecie tra cui le cause seriali di valore medio per ciascuna causa non superiore a Euro 10.000,00 in cui è operata ex ante - in concerto con la stessa Avvocatura dello Stato - la valutazione di convenienza dell’affidamento dell’incarico a professionisti del libero Foro, in relazione al contenzioso seriale di minor valore al quale ben si riconduce la presente controversia, di valore di 551,00 circa , a sua volta fondata sulla condivisibile considerazione dell’impossibilità, per l’Avvocatura dello Stato, di farvi adeguatamente fronte. Deve quindi concludersi per l’infondatezza dell’eccezione sollevata dal ricorrente. 2.1 E possibile quindi passare all’esame del motivo dedotto in ricorso, intestato illegittimità per violazione e falsa applicazione dell’art. 134 c.p.c., comma 2, c.p.c. in combinato disposto con l’art. 45, comma 2, disp. att. c.p.c. - erroneità manifesta - illegittimità per violazione e falsa applicazione dell’art. 136, comma 1, c.p.c. - omessa motivazione su un fatto controverso decisivo per il giudizio art. 360, comma 1, n.ri 3 e 5, c.p.c. . In sostanza, il ricorrente prospetta la questione se, ai fini del decorso del termine di decadenza di venti giorni per proporre tempestiva opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., sia sufficiente una comunicazione di cancelleria effettuata, nel caso di specie, a mezzo posta elettronica certificata non contenente il testo integrale dell’ordinanza dichiarativa dell’incompetenza, ma soltanto il suo dispositivo oppure se sia invece necessaria la comunicazione o notificazione integrale del testo dell’ordinanza, al fine di mettere il destinatario in condizioni di valutare, sulla base della lettura della motivazione del provvedimento, se proporre o meno opposizione. Ciò in quanto il giudice dell’opposizione ha ritenuto che la sola comunicazione del dispositivo fosse sufficiente a portare a conoscenza della parte interessata l’esistenza e il contenuto del provvedimento del giudice e quindi dovesse ritenersi idonea a far decorrere il termine decadenziale di venti giorni previsto dall’art. 617 cod. proc. civ La soluzione propugnata dal ricorrente è invece in senso contrario, poiché la comunicazione dell’ordinanza dichiarativa dell’incompetenza in forma abbreviata, in luogo di quella integrale, avrebbe privato il destinatario della possibilità di conoscerne le motivazioni delle decisione e di espletare con cognizione di causa il suo diritto di difesa. Il motivo è infondato. 2.3 L’art. 617, secondo comma, cod. proc. civ. stabilisce che le opposizioni agli atti esecutivi relative alla regolarità formale del processo si propongono nel termine perentorio di venti giorni dal compimento dei singoli atti. La disposizione, dunque, non afferma il principio - sostenuto invece dal ricorrente - della necessità di una piena conoscenza dell’atto da impugnare. Al contrario, decorrendo il termine di decadenza dal giorno in cui l’atto esecutivo da opporre è stato compiuto, quest’ultimo rileva nella sua oggettiva esistenza, a prescindere dall’attività successiva di comunicazione o notificazione al soggetto del processo esecutivo eventualmente interessato a contestarne la regolarità formale. D’altronde, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio della sufficienza, ai fini della decorrenza del termine previsto dall’art. 617 cod. proc. civ., della conoscenza anche solo di fatto dell’atto da opporre ex plurimis Cass. 31/10/2017, n. 25861 Cass. ord. 27/07/2017, n. 18723 Cass. 22/12/2015, n. 25743 . Risulta così superata la più rigorosa precedente impostazione, che invece faceva leva sulla necessità della conoscenza legale dell’atto da ultimo, v. Cass. 16/04/2009, n. 9018, che escludeva la sufficienza della semplice conoscenza di fatto , già temperata però dal riconoscimento della sufficienza della conoscenza di un atto della sequenza procedimentale che presupponeva quello viziato già Cass. 06/08/2001, n. 10841 . 2.4 Tanto potrebbe bastare a far dichiarare infondato il ricorso. Infatti, non può dubitarsi che la comunicazione, da parte della cancelleria, del solo dispositivo dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione sia sufficiente a determinare in capo al destinatario quella situazione di conoscenza sommaria o in via di mero fatto, in presenza della quale quest’ultimo è tenuto ad attivarsi per apprendere il contenuto integrale dell’atto e le sue motivazioni, così da poter valutare, con cognizione di causa, le iniziative da assumere. 2.5 Del resto, il mutato ma ormai consolidato corso della giurisprudenza di legittimità in tema di sufficiente conoscenza dell’atto da opporre ex art. 617 cod. proc. civ. è del tutto coerente con le peculiarità del processo esecutivo. Nell’ambito di questo, infatti, non è prevista l’adozione di provvedimenti decisori, incidenti sul merito, sicché i rimedi ad esso interni non possono propriamente definirsi impugnazioni in senso stretto. Il processo esecutivo è una sequenza di attività materiali e procedimentali finalizzate alla mera esecuzione del titolo esecutivo. Va pertanto esclusa la possibilità, per il giudice dell’esecuzione, di adottare atti decisori o comunque in grado di pregiudicare diritti o di risolvere questioni diverse da quelle strettamente esecutive. Ne costituisce riprova la stessa struttura e natura del processo di esecuzione, in cui difetta un contraddittorio in senso tecnico e in cui una delle due parti è istituzionalmente in posizione di legittima sovraordinazione processuale rispetto all’altra, in virtù di un accertamento altrove eseguito titolo esecutivo e della sua peculiare condizione di avente diritto alla prestazione ineseguita dalla controparte. Se, dunque, il giudice dell’esecuzione non decide di diritti soggettivi, il rimedio tipico di impugnazione dei suoi provvedimenti l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ. non dà luogo ad un giudizio di impugnazione in senso stretto. L’atto procedurale che si assume essere viziato non rappresenta una decisione impugnata , giacché priva di carattere decisorio, bensì lo oggetto stesso del giudizio di opposizione agli atti esecutivi. Quest’ultimo giudizio, pertanto, ha - esso si - natura contenziosa, ma non anche impugnativa. Difatti, con lo stesso a differenza, ad esempio, di quanto avviene con un appello o con un ricorso per cassazione non si impugna una decisione giudiziaria, ma si accerta la lesione dell’interesse dell’opponente al rispetto della legalità del processo esecutivo. 2.6 In conclusione, stante la differenza strutturale fra le due fattispecie, non è possibile traslare automaticamente all’ambito delle opposizioni agli atti esecutivi i principi valevoli in tema di impugnazioni in senso proprio, nella cui categoria non rientrano, per l’appunto, i ricorsi proposti ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ Al contrario, la particolarità del processo esecutivo, la sua incapacità di incidere sul merito dei diritti soggettivi, l’esigenza di contenimento entro i termini della ragionevole durata e un principio immanente di autoresponsabilità dell’esecutato, il quale si trova in una posizione di sottordinazione processuale, giustificano la conclusione che, acquisita la conoscenza sommaria dell’esistenza di un provvedimento del giudice dell’esecuzione, anche mediante la comunicazione del solo dispositivo, sia onere del soggetto interessato attivarsi per prendere visione dell’intero provvedimento ai fini dell’eventuale proposizione di una opposizione agli atti esecutivi. 3.1 Alle superiori considerazioni si deve aggiungere che la regola della necessità della conoscenza integrale dell’atto giudiziario ai fini della decorrenza del termine per la sua impugnazione subisce una deroga nell’ipotesi particolare del regolamento necessario di competenza previsto dagli artt. 43 e 47 cod. proc. civ Difatti, la consolidata giurisprudenza di legittimità ha sempre ritenuto sufficiente, ai fini della decorrenza del termine per la proposizione del regolamento necessario di competenza, anche una menzione imprecisa o incompleta del tenore del provvedimento, addossando all’impugnante il conseguente onere di provare l’inidoneità all’acquisizione della notizia così già Cass. 27/07/1967, n. 1997 si veda pure Cass. 24/05/2000, n. 6776, che si accontenta della presenza di estremi identificativi sufficienti all’individuazione del provvedimento e del fatto che esso ha pronunciato sulla competenza l’orientamento è del tutto consolidato, come si desume, a contrario, da Cass. 15/05/2000, n. 6232 Cass. 07/07/2004, n. 12462 Cass. 13/02/2006, n. 3077 Cass. ord. 12/03/2009, n. 6050 Cass. 27/09/2011, n. 19754 . Pertanto, è stata sempre ritenuta sufficiente a determinare il decorso del termine per la proposizione del regolamento necessario di competenza la semplice comunicazione della decisione censurata comunicazione che, fino all’introduzione del processo civile telematico, normalmente non era integrale. Pertanto, fin dall’impostazione codicistica originaria, l’impugnazione della pronuncia sulla competenza era soggetta a termini più stringenti, decorrenti dall’attività ufficiosa, evidentemente per la peculiarità della questione risolta, incapace di incidere sul merito di qualsiasi questione controversa. Sicché, pur in presenza di un provvedimento adottato nell’ambito di un processo di natura decisoria, dal potenziale impugnante si esige, ad evidente garanzia della ragionevole durata, un particolare onere di diligenza nell’acquisizione della piena conoscenza del contenuto dell’atto entro il termine complessivo previsto per la sua impugnazione. 3.2 E quindi possibile affermare l’esistenza di una chiara correlazione in forza della quale gli oneri di diligenza richiesti all’impugnante saranno tanto maggiori, quanto minore è l’impatto diretto dell’atto da impugnare su questioni di diritto sostanziale. È quindi coerente con questa impostazione la conclusione che nel processo esecutivo, incapace di incidere sul merito, gli oneri di diligenza e solerzia dei soggetti coinvolti siano maggiori che nel rito di cognizione e si spingano fino a imporre che siano costoro ad attivarsi per prendere compiuta visione degli atti e dei provvedimenti sulla cui legalità intendono attivare il controllo giudiziario mediante l’opposizione di cui all’art. 617 cod. proc. civ 3.3 Vi è poi da aggiungere un’ulteriore considerazione nel caso in esame, il provvedimento del giudice dell’esecuzione opposto dal ricorrente si pronuncia proprio in tema di competenza. Orbene, se una conoscenza anche imprecisa o incompleta del provvedimento è ritenuta sufficiente ai fini della decorrenza del termine per proporre il regolamento necessario di competenza, a maggior ragione la medesima regola deve valere quando si tratti di opporre atti del giudice dell’esecuzione che abbiano ad oggetto proprio questioni di competenza. In una simile eventualità, infatti, si sommano le caratteristiche delle due tipologie infatti, il provvedimento del giudice dell’esecuzione che abbia per di più il contenuto di pronuncia sulla sua competenza quanto al processo esecutivo, non può essere a meno di un’irragionevole ed illegittima differenziazione del trattamento di situazioni processuali analoghe - soggetto a forme di tutela più ampie, anche solo sotto il profilo delle modalità di conoscenza, né delle pronunce di incompetenza del giudice della cognizione, né di ogni altro atto esecutivo, singolarmente presi le une e gli altri. 4.1 Tali conclusioni gettano luce anche sulla dedotta violazione dell’art. 45, secondo comma, disp. att. cod. proc. civ. Infatti, è ben vero che ogni ordinanza pronunziata dal giudice fuori udienza va ormai comunicata, ai sensi del combinato disposto dell’art. 134, secondo comma, cod. proc. civ. e dell’art. 45 disp. att. cod. proc. civ. nel testo modificato dall’art. 16 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221 , mediante trasmissione anche del testo integrale del provvedimento comunicato. Ma ai fini che ci occupano occorre valutare non quale sia la forma corretta delle comunicazioni di cancelleria, bensì se la non ottemperanza a tali formalità incida sul decorso del termine per dispiegare l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ 4.2 A tale quesito deve darsi risposta negativa. Infatti, se è vero che ad integrare la conoscenza di fatto dell’esistenza del provvedimento pregiudizievole, è sufficiente una comunicazione affetta da nullità per violazione di norme sul procedimento purché dia sufficiente conto quantomeno di un dispositivo chiaramente pregiudizievole , a maggior ragione deve ritenersi idonea a far decorrere il termine previsto dall’art. 617 cod. proc. civ. la comunicazione adottata in imperfetta ottemperanza alla normativa sulle modalità di trasmissione telematica degli atti giudiziari, in quanto comunque idonea a determinare la conoscenza di fatto del provvedimento e quindi ad attivare l’onere, in capo al destinatario della comunicazione, di rendersi parte diligente nell’acquisire il testo integrale del provvedimento e dispiegare il rimedio oppositivo entro il complessivo e ben congruo dopo il significativo aumento disposto nel 2005 termine di venti giorni. 4.3 Non può dirsi neppure che l’innovazione disposta dall’art. 16 del d.l. n. 179 del 2012, abbia inciso sul regime di proposizione dell’opposizione formale prevista dall’art. 617 cod. proc. civ., quale lex posterior. Va ricordato, infatti, che le novelle in tema di comunicazione dei provvedimenti per via telematica non hanno innovato le discipline speciali eventualmente dettate in relazione a singoli mezzi di gravame v., tra le altre, Cass. ord. 05/11/2014, n. 23526 Cass. 28/09/2016, n. 19177 , siccome chiaramente non finalizzate all’ampliamento della tutela del destinatario della comunicazione sotto forma di assicurazione della conoscenza integrale dell’atto comunicato , ma alla razionalizzazione dell’ufficio sotto il profilo del funzionamento del cosiddetto processo civile telematico giacché l’estrapolazione, dal documento digitale, del solo dispositivo costituisce un’attività più complessa del semplice inoltro dell’intero documento integrale . Del resto, anche alla nullità delle comunicazioni telematiche si applica la sanatoria in caso di raggiungimento dello scopo. Infatti, l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità, se la consegna dell’atto ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza Cass. 31/08/2017, n. 20625 . 5. Deve quindi concludersi affermando il seguente principio di diritto In base al principio di generale sanatoria della nullità degli atti processuali che abbiano comunque raggiunto il loro scopo, la comunicazione, da parte della cancelleria, del provvedimento del giudice dell’esecuzione è idonea a determinare il decorso del termine per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 cod. proc. civ. anche qualora sia avvenuta in non esatta ottemperanza al disposto del capoverso dell’art. 45 disp. att. cod. proc. civ. come nel caso in cui essa abbia avuto ad oggetto il testo non integrale del provvedimento , purché abbia determinato in capo al destinatario la conoscenza di fatto della giuridica esistenza un provvedimento potenzialmente pregiudizievole. Pertanto, è onere del destinatario, nonostante l’incompletezza della comunicazione, attivarsi per prendere piena conoscenza dell’atto, senza che ciò impedisca il decorso del termine complessivo di venti giorni dalla comunicazione incompleta ed incombe all’opponente dimostrare, se del caso, l’inidoneità in concreto della ricevuta comunicazione ai fini dell’estrinsecazione, in detti termini, del suo diritto di difesa . 6. In applicazione di tale principio di diritto il motivo di ricorso deve dirsi infondato e va rigettato. 7. Le spese del giudizio di legittimità vanno tuttavia compensate in considerazione della novità della questione, specie con riferimento al profilo dell’incompletezza della comunicazione telematica di cancelleria. Ricorrono, invece, i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sicché va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550 . P.Q.M. rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13