Il ricorso avverso il diniego di protezione internazionale impedisce l’espulsione dell’immigrato

Laddove il richiedente asilo politico o protezione internazionale proponga ricorso avverso il provvedimento di diniego della tutela, l’efficacia di tale provvedimento è sospesa.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 12476/18, depositata il 21 maggio. Il caso. Il Giudice di Pace di Pesaro respingeva l’opposizione avverso il provvedimento di espulsione di un cittadino nigeriano emesso dal Prefetto per immigrazione clandestina. Lo status di richiedente la protezione internazionale era infatti decaduto per rigetto della richiesta da parte della Commissione territoriale. Il cittadino nigeriano ricorre per la cassazione della decisione. Ricorso avverso il diniego di protezione internazionale. La Corte di legittimità ricorda che in tema di immigrazione, la proposizione del ricorso da parte del richiedente asilo avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale sospende l’efficacia di tale provvedimento. Di conseguente, non sussiste l’obbligo per il richiedente di lasciare il territorio nazionale permanendo una situazione di inespellibilità fino alla decisione sul ricorso. Ed infatti la decisione della Commissione territoriale di rigetto della domanda di asilo politico ovvero di protezione internazionale era stata impugnata dal richiedente dinanzi alla Corte d’Appello, dopo la sentenza del giudice di prime cure. Aggiungono inoltre gli Ermellini che essendo la sospensione del provvedimento impugnato disposta non con provvedimento giudiziale ma direttamente quale conseguenza di una disposizione legislativa art. 19, comma 4, d.lgs. n. 150/2011, come modificato dal d.lgs. n. 142/2015 , la sospensione stessa sussiste sino alla fine dell’intero giudizio e dunque con il passaggio in giudicato. Infatti, come affermato dalla medesima Suprema Corte sentenza n. 18737/17 se la sospensione non si protraesse anche in grado d’appello e di cassazione, non avrebbe molto senso la previsione di termini entro cui definire il giudizio stesso sia in appello che in cassazione . Il Giudice di Pace non ha considerato, nel caso di specie, l’efficacia sospensiva del ricorso avverso il diniego di protezione internazionale proposto dall’odierno ricorrente. Per questi motivi, la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito annulla il decreto di espulsione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 13 aprile – 21 maggio 2018, n. 12476 Presidente Campanile – Relatore Iofrida Fatti di causa Il Giudice di Pace di Pesaro, con ordinanza n. 218/2016, ha respinto l’opposizione avverso il provvedimento di espulsione di A.W. , cittadino omissis , emesso nel maggio 2016, nei suoi confronti, dal Prefetto di Pesaro per essere entrato nel territorio italiano sbarcando clandestinamente sulla costa siciliana in violazione degli artt. 4 e 13 comma 2 lett. a d.lgs. 286/1998, sottraendosi ai controlli di frontiera , rilevando che lo status di richiedente la protezione internazionale era decaduto , essendovi stato rigetto della richiesta da parte della Commissione territoriale, confermato da Tribunale di Ancona, e non avendo la Corte d’appello di Ancona, a seguito di impugnazione, sospeso l’esecutività del provvedimento, con conseguente passaggio in giudicato dello stesso, e non avendo lo stesso A. richiesto la proroga del permesso di soggiorno per richiedenti asilo, scaduto. Avverso la suddetta ordinanza, A.W. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., e della Prefettura di Pesaro Urbino, in persona del Prefetto p.t. che resistono con controricorso . Il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e la violazione e falsa applicazione dell’articolo 324 c.p.c., per avere il Giudice di Pace omesso di considerare che, essendo stato proposto appello avverso l’ordinanza del Tribunale reiettiva dell’opposizione alla decisione della Commissione territoriale competente, di rigetto della domanda di asilo politico ovvero di protezione internazionale o umanitaria, pendeva ancora la lite relativa e dunque non poteva essere emesso il decreto di espulsione 2 con il secondo motivo, il ricorrente lamenta quindi l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e la violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 13 comma 2 lett. a d.lgs. 286/1998, avendo il Giudice di Pace omesso di considerare che il ricorrente non era entrato clandestinamente in Italia, essendo un richiedente asilo politico tratto in salvo nel mare Mediterraneo, nel marzo 2014, con l’operazione Mare Nostrum . 2. La prima censura è fondata, con assorbimento della seconda. Questa Corte ha già chiarito che in materia di immigrazione, la proposizione del ricorso del richiedente asilo avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale sospende l’efficacia esecutiva di tale provvedimento, con la conseguenza che, secondo l’interpretazione data dalla Corte di Giustizia all’articolo 2, paragrafo della Direttiva CEE n. 115 del 2008, non scatta l’obbligo per il richiedente di lasciare il territorio nazionale, permanendo la situazione di inespellibilità sino all’esito della decisione sul ricorso Cass. 22415/2015 . Questa Corte, poi, in una fattispecie analoga ha chiarito Cass. 18737/2017 Cass. 699/2018 che, ove, come nella specie, la sospensione del provvedimento impugnato, di rigetto della richiesta di asilo, non sia disposta con provvedimento giudiziale - nel qual caso si sarebbe potuto plausibilmente ritenere la durata limitata al grado di giudizio nell’ambito del quale la stessa era stata disposta-, ma sia direttamente prevista dalla legge articolo 19,comma 4, d.lgs. 150/2011, come modificato dall’articolo 27, comma 1, lett.c del d.lgs. 142/2015 , che non stabilisce quando cessi , deve concludersi nel senso di ritenerne la cessazione alla fine dell’intero giudizio, e quindi col passaggio in giudicato . Invero, in origine, l’articolo 35 del d.lgs. 25/2008 attuazione della Direttiva 2005/95/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status del rifugiato , al comma 6, prevedeva che il reclamo forma processuale dell’impugnazione prevista, ratione temporis non aveva effetto sospensivo, ma che la sospensione potesse essere chiesta alla Corte d’appello detta previsione è stata soppressa dal d.lgs. 150/2011, che, all’articolo 19, ha previsto l’applicazione, alle predette controversie promosse ai sensi dell’articolo 35 d.lgs. 25/2008, del rito sommario di primo grado, con conseguente assoggettamento ad appello dell’ordinanza del Tribunale, secondo la regola generale di cui all’articolo 702 quater c.p.c Il d.lgs. 142/2015, entrato in vigore il 30/09/2015, ha modificato il testo dell’articolo 19 citato, con l’inserzione, tra le varie modifiche, del comma 4, con il quale era previsto che la proposizione del ricorso sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato , tranne in alcune ipotesi particolari. La cessazione dell’effetto sospensivo, in caso di rigetto del ricorso, con decreto, anche non definitivo del Tribunale, è stata invece espressamente prevista soltanto dal d.l. 13/2017, convertito nella legge 46/2017, entrata in vigore il 18/4/2017 all’articolo 35 bis del d.lgs. 25/2008, al comma 13, introdotto dall’articolo 6, comma 1, lett. g del d.l. cit. , previa abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 150/2011, e tale espressa previsione conferma la tesi che, prima, la cessazione non si verificava. E del resto - ha osservato questa Corte nella pronuncia n. 18737 del 2017 - se la sospensione non si protraesse anche in grado d’appello e di cassazione, non avrebbe molto senso la previsione di termini entro cui definire il giudizio stesso sia in appello che in cassazione . Nella specie, al di là della imprecisione terminologica, laddove nella decisione del giudice di pace si parla di passaggio in giudicato dell’ordinanza del Tribunale di Ancona , conseguente al mancato accoglimento della sospensiva, richiesta, da parte della Corte d’appello di Ancona, investita dell’impugnazione del provvedimento del Tribunale, di rigetto del ricorso avverso il provvedimento della Commissione territoriale, reiettivo della richiesta di riconoscimento dello status di protezione internazionale, non è stata considerata dal Giudice di Pace l’efficacia sospensiva correlata al ricorso avverso il diniego di protezione internazionale. 3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di merito, decidendo nel merito, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., annulla il decreto di espulsione. In considerazione della novità della questione e del recente consolidarsi della giurisprudenza di questo giudice di legittimità, ricorrono giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese processuali dell’intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di merito, decidendo nel merito, annulla il decreto di espulsione. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio. Ai sensi dell’articolo 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto che, in conseguenza dell’ammissione al gratuito patrocinio, il processo risulta esente dal versamento del contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.