Permesso di soggiorno per lo straniero sfruttato che denuncia il datore di lavoro

Irrilevante il fatto che la Questura abbia negato questa opportunità, alla luce del parere sfavorevole espresso dalla Procura. Ciò che conta, secondo i Giudici del ‘Palazzaccio’, è il fatto che il cittadino extracomunitario abbia denunciato il datore di lavoro e abbia cooperato nel conseguente procedimento penale.

Possibile il riconoscimento del permesso di soggiorno ‘speciale’ per lo straniero che, vittima di sfruttamento in ambito lavorativo, denuncia l’imprenditore e fa la propria parte nel conseguente procedimento penale. Secondario il fatto che in prima battuta la Questura, alla luce del parere negativo espresso dalla Procura, abbia respinto la richiesta presentata dal cittadino extracomunitario Cassazione, ordinanza n. 10291/18, sez. I Civile, depositata oggi . Permesso. Ricostruita la vicenda, ambientata nella provincia leccese, viene appurato che lo straniero – lo chiameremo Moustapha, utilizzando un nome di fantasia – è stato vittima di una grave forma di sfruttamento lavorativo e ne ha fatto denuncia . Ciò nonostante, però, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, viene respinta la sua domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari . I Giudici ritengono decisivo il fatto che la Procura della Repubblica abbia negato il parere favorevole al rilascio del titolo di soggiorno, esprimendosi in senso positivo soltanto rispetto al nulla osta per un permesso per motivi di giustizia . In particolare, in Appello, viene osservato che la determinazione della Questura è subordinata alle valutazioni espresse dal Pubblico Ministero, non potendosi rilasciare il titolo di soggiorno qualora manchi la proposta o il parere favorevole della Procura, parere che si configura come vincolante , osservano i giudici, con la conseguenza che la Questura non avrebbe potuto fare altro che disattendere l’istanza . Condizioni. A ridare speranzo a Moustapha è la Corte di Cassazione, che ritiene fondato il suo ricorso e discutibile la valutazione compiuta in Appello. In premessa viene ricordato che ci si trova di fronte a una speciale forma di permesso di soggiorno, concesso per motivi umanitari in favore del cittadino straniero che, come in questa vicenda, trovandosi in una situazione di particolare sfruttamento lavorativo , abbia presentato denuncia contro il proprio datore di lavoro e cooperi nel procedimento penale . Una volta accertato che Moustapha è stato vittima di un grave sfruttamento lavorativo e che ne ha fatto denuncia , fornendo fattiva cooperazione nel procedimento penale a carico dell’imprenditore, il parere espresso dalla Procura è secondario, poiché la posizione di avente diritto al rilascio del permesso ‘speciale’ viene a costituirsi in capo allo straniero direttamente in virtù delle condizioni stabilite dalla legge , cioè il ‘Testo unico sull’immigrazione’ con cui si è stabilito che nelle ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo, è rilasciato dal Questore, su proposta o con il parere favorevole del Procuratore della Repubblica, allo straniero, che abbia presentato denuncia e cooperi nel procedimento penale instaurato nei confronti del datore di lavoro, un permesso di soggiorno per motivi umanitari . Di questa visione, fissata in Cassazione, dovranno ora tenere conto i giudici d’Appello, chiamati ad esaminare nuovamente la richiesta presentata da Moustapha.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 17 gennaio – 27 aprile 2018, n. 10291 Presidente Campanile – Relatore Acierno Fatti di causa Con sentenza n. 1073/2016 la Corte d'appello di Lecce ha, per quanto ancora interessa, rigettato l'impugnazione proposta da Di. Ma., cittadino straniero, avverso la pronuncia del Tribunale della medesima città che aveva disatteso la sua domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi dell'art. 22, comma 12quater, del D.Lgs. 286/1998. Secondo il giudice di primo grado il predetto permesso, concesso dal Questore dietro proposta o parere favorevole del P.M. al cittadino straniero che abbia denunciato lo sfruttamento lavorativo cui è sottoposto, non può in ogni caso essere rilasciato ove tale proposta o parere manchi. La Corte d'appello ha condiviso tale impostazione, rilevando che, pur essendo incontroverso che lo straniero sia stato vittima di una grave forma di sfruttamento lavorativo e ne abbia fatto denuncia, il P.M. ha negato il parere favorevole al rilascio del titolo di soggiorno ex art. 22, comma 12quater, D.Lgs. cit., esprimendosi in senso positivo soltanto rispetto al nulla osta per un permesso ex art. 11, comma 1, lett. c-bis, del D.P.R. 394/1999 permesso per motivi di giustizia . A giudizio della Corte territoriale, nel sistema definito dal succitato comma 12quater, la determinazione della Questura è subordinata alle valutazioni espresse dal P.M., non potendosi rilasciare il titolo di soggiorno in oggetto qualora manchi la proposta o il parere favorevole dell'autorità requirente. Tale parere si configura infatti come vincolante e la Questura non avrebbe potuto far altro che disattendere l'istanza. Avverso questa pronuncia Di. Ma. ha proposto ricorso per cassazione, accompagnato da memoria ex art. 378 c.p.c. L'Amministrazione intimata non ha svolto difese in questa sede. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta. Ragioni della decisione Con l'unico motivo di ricorso viene denunciata la violazione, ex art. 360, n. 3, c.p.c, dell'art. 22, comma 12quater, D.Lgs. 286/98. Deduce il ricorrente che la proposta e il parere favorevole del P.M. devono ascriversi ad un'attività amministrativa meramente ricognitiva dei presupposti previsti dalla disposizione citata la presentazione della denuncia e la cooperazione nel procedimento penale a carico del datore di lavoro , mentre l'effetto costitutivo della posizione giuridica soggettiva di diritto sostanziale dello straniero viene determinato dalla legge. Il Questore è obbligato a conformarsi al parere del P.M., ma lo stesso non può dirsi per il giudice, il quale deve eseguire una valutazione della fattispecie concreta al fine di accertare se sussistono o meno i requisiti del comma 12quater, non potendo omettere di pronunciarsi su una domanda di accertamento del diritto soggettivo al rilascio del permesso di soggiorno. Preliminarmente deve rilevarsi che il ricorso può essere esaminato in sede camerale, in quanto si è consolidato un orientamento del tutto costante in ordine alla natura giuridica dei permessi di natura umanitaria, all'assoggettamento alla giurisdizione del giudice ordinario, al contenuto ed all'ampiezza della cognizione del giudice adito, alla correlazione e all'autonomia della fase amministrativa relativa al predetto titolo di soggiorno ed a quella giurisdizionale. Né si ritiene di dover sottoporre al vaglio della pubblica udienza o delle S.U. la questione di indubbio peso relativa al potere del p.m. nei giudizi civili essendo nella specie unicamente in questione la natura giuridica e gli effetti del parere del Procuratore della Repubblica, espresso all'interno di un procedimento penale, verosimilmente pendente nella fase delle indagini preliminari, nell'ambito del procedimento di rilascio del titolo di soggiorno. Il ricorso è fondato. Il titolo di cui si tratta, disciplinato dall'art. 22, comma 12quater, del D.Lgs. 286/1998, è una speciale forma di permesso di soggiorno per motivi umanitari introdotta nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 109/2012, emanato in attuazione della direttiva Europea n. 52/2009, e concesso in favore del cittadino straniero che, trovandosi in una situazione di particolare sfruttamento lavorativo, abbia presentato denuncia contro il proprio datore di lavoro e cooperi nel procedimento penale instaurato a suo carico. Lo sfruttamento sussiste in presenza di condizioni lavorative, incluse quelle risultanti da discriminazione di genere e di altro tipo, in cui vi è una palese sproporzione rispetto alle condizioni di impiego dei lavoratori assunti legalmente, che incide, ad esempio, sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori ed è contraria alla dignità umana art. 2, lett. i , direttiva n. 52 cit. . Il comma 12quater stabilisce che tale titolo di soggiorno è rilasciato dal Questore su proposta o con il parere favorevole del procuratore della Repubblica e, ai sensi del successivo comma 12quinquies, ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno o per il maggior periodo occorrente alla definizione del procedimento penale. Deve rilevarsi in primo luogo che nella specie risulta incontestato, perché espressamente affermato dalla Corte d'appello pag. 3 , che l'odierno ricorrente sia stato vittima di un grave sfruttamento lavorativo e ne abbia fatto denuncia. Il giudice a quo ha inoltre correttamente rilevato che la situazione giuridica soggettiva dello straniero che domandi il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari ha consistenza di diritto soggettivo, da annoverare tra i diritti umani fondamentali, non degradabile ad interesse legittimo per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo Cass., sez. un., n. 5059/2017 . Invero, il comma 12quater prevede che venga rilasciato un permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 5, comma 6 , sicché tra le due norme sussiste un rapporto di specie a genere, essendo la condizione di sfruttamento lavorativo uno dei possibili motivi umanitari , benché nel caso di specie si aggiunga l'ulteriore requisito della denuncia e della cooperazione nel procedimento penale, rispondente alla finalità anche premiale di tale misura. Da tali premesse la Corte d'appello giunge, tuttavia, a una conclusione non condivisibile. Il rilascio del titolo di soggiorno in esame da parte della Questura è subordinato alla proposta o al parere positivo dell'autorità giudiziaria inquirente, sicché, come correttamente osservato dal giudice a quo, la Questura medesima, nel caso di specie, non avrebbe potuto far altro che disattendere l'istanza del cittadino straniero. La proposta o il parere positivo vincolante del P.M. si configura, infatti, come atto necessario nell'ambito nel procedimento amministrativo avente ad oggetto la concessione del permesso ex comma 12quater, in quanto, come per le altre tipologie di permesso umanitario rinvenibili nel nostro ordinamento giuridico, si configura come attività vincolata e non esercizio di potere discrezionale. Il procedimento amministrativo che conduce al riconoscimento del permesso umanitario nella fattispecie dedotta nel presente giudizio, in conclusione, è analogo a quello previsto nel comma 3 dell'art. 32 del D.Lgs. n. 25 del 2008, nel senso che l'autorità amministrativa il Questore non ha il potere di verificare l'esistenza dei presupposti sostanziali gravi motivi di carattere umanitario richiesti dalla legge, la valutazione dei quali è affidata in via esclusiva, in questa fase, alle Commissioni territoriali, ma esclusivamente l'esistenza eventuale di altre condizioni ostative purché normativamente imposte. Ugualmente per il permesso umanitario ex art. 22, comma 12quater del D.Lgs. n. 286 del 1998 la valutazione della sussistenza dei requisiti sostanziali spetta al p.m. nell'ambito del procedimento amministrativo che conduce al riconoscimento o al diniego del permesso da parte del Questore. La peculiare articolazione bifasica del procedimento tuttavia non incide sull'ambito della cognizione del giudice ordinario, il quale è tenuto alla verifica, integrale e senza subordinazione alcuna alla valutazione svolta in sede amministrativa, dell'esistenza dei requisiti per il riconoscimento del titolo di soggiorno, dal momento che la valutazione dell'autorità giudiziaria inquirente ha esaurito la propria efficacia deliberativa all'interno del procedimento amministrativo che ha condotto al provvedimento impugnato. Ne consegue che la Corte d'Appello non ha fatto buon governo dei principi sopra enucleati, tratti peraltro dalla giurisprudenza costante delle Sezioni Unite di questa Corte a partire dall'ord. n. 19393 del 2009 così massimata La controversia avente ad oggetto una domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposta in data anteriore al 20 aprile 2005, e quindi disciplinata dagli artt. 5, comma sesto, e 19 del D.Lgs. n. 286 del 1998 e dall'art. 28, lett. d , del D.P.R. n. 394 del 1999, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto la situazione giuridica soggettiva dello straniero ha natura di diritto soggettivo, che va annoverato tra i diritti umani fondamentali che godono della protezione apprestata dall'art. 2 della Costituzione e dall'art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, e non può essere degradato ad interesse legittimo per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo, al quale può essere affidato solo l'accertamento dei presupposti di fatto che legittimano la protezione umanitaria, nell'esercizio di una mera discrezionalità tecnica, essendo il bilanciamento degli interessi e delle situazioni costituzionalmente tutelate riservato esclusivamente al legislatore . Il principio è stato costantemente riaffermato nelle pronunce successive tra le quali si richiamano S.U. 19577 del 2010 3670 del 2011 e la già citata 5059 del 2017. L'autorità giurisdizionale ordinaria, in conclusione, è tenuta ad accertare la sussistenza o meno dei presupposti stabiliti dal comma 12quater cit., vale a dire la condizione di particolare sfruttamento lavorativo, nella specie riconosciuta come sussistente nella pronuncia impugnata, la denuncia e la cooperazione nel procedimento penale a carico del datore di lavoro, alla luce delle acquisizioni istruttorie fornite dalla parte, inclusi gli accertamenti eseguiti in sede penale. Tale soluzione è, da un lato, necessitata dalla riconosciuta natura di diritto soggettivo della posizione giuridica dello straniero dall'altro, è del tutto conforme a quanto questa Corte ha statuito in relazione alla natura del giudizio impugnatorio avverso i provvedimenti di diniego di riconoscimento della protezione internazionale o umanitaria emessi dalle Commissioni territoriali. Anche in quest'ultimo caso la legge prevede un sistema bifasico composto da una fase amministrativa e da una successiva eventuale fase giurisdizionale introdotta mediante l'impugnazione rectius opposizione avverso la decisione dell'autorità amministrativa cionondimeno il giudizio ha ad oggetto non l'atto bensì il rapporto, con devoluzione piena dell'accertamento del diritto invocato Cass. n. 26480/2011 . Nel merito, come correttamente osservato dalla parte ricorrente nella propria memoria, il parere del P.M. deve ritenersi meramente ricognitivo della sussistenza dei presupposti determinati dalla legge, giacché la posizione di avente diritto al rilascio del permesso ex comma 12quater cit. viene a costituirsi in capo allo straniero direttamente in virtù delle condizioni stabilite dalla legge, e non in ragione della proposta o del parere favorevole del P.M., che svolge nei casi in esame un'attività amministrativa espressione di una mera discrezionalità tecnica. In conclusione, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d'appello di Lecce, in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto L'opposizione avverso il diniego del questore di rilascio del permesso di soggiorno previsto dall'art. 22, comma 12quater, del D.Lgs. 286/1998 in favore del cittadino straniero vittima di sfruttamento lavorativo, devolve al giudice ordinario la piena cognizione sulla sussistenza dei relativi presupposti, atteso che il parere espresso dal Procuratore della Repubblica ha carattere vincolante per il questore ma non per l'autorità giurisdizionale . Il giudice di rinvio provvedere a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.