L’errata indicazione della data del verbale di udienza non inficia la veridicità dei fatti in esso dichiarati

L'interesse a proporre querela di falso sussiste in capo a tutti coloro nei cui confronti il medesimo documento è o può essere fatto valere.

Il giudizio di querela di falso, tanto in via principale che incidentale, si connota quale processo a contenuto oggettivo con prevalente funzione di protezione dell'interesse pubblico all'eliminazione di documenti falsi dalla circolazione giuridica. L'interesse a proporre querela di falso in via principale, che tende a rimuovere erga omnes ” l'efficacia probatoria del documento che ne forma oggetto, sussiste in capo a tutti coloro nei cui confronti il medesimo documento è o può essere fatto valere. È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione, n. 8483/2018 depositata il 6 aprile scorso. Il caso. Il Tribunale dichiarava improponibile la querela di falso avente ad oggetto un verbale d’udienza. La Corte territoriale chiariva che, la data assegnata al verbale era errata atteso che la data indicata non era quella in cui si era effettivamente svolta l’udienza la data in cui si era svolta l’udienza era differente ma pacificamente individuata dalle parti. La data erroneamente indicata corrispondeva ad una udienza rinviata d’ufficio ed il rinvio era stato comunicato alle parti. L’errata indicazione della data, chiariva il Giudice di Appello, non inficiava la veridicità dei fatti accaduti e la relativa verbalizzazione. L’udienza oggetto di contesa si era celebrata, nell’ambito di una procedura esecutiva, al fine di accertare l’obbligo del terzo che, prima, non si era presentato e, dopo, aveva proposto querela di falso, affermando la mancata comunicazione in suo favore del rinvio. Le parti hanno proposto ricorso per cassazione. Il giudizio di querela di falso, tanto in via principale che incidentale, si connota quale processo a contenuto oggettivo con prevalente funzione di protezione dell'interesse pubblico all'eliminazione di documenti falsi dalla circolazione giuridica. Ove, peraltro, la querela di falso sia proposta in via principale, il Giudice non è tenuto al preliminare vaglio, al fine della valutazione dell'ammissibilità della domanda, della rilevanza del documento, come richiede invece l'art. 222 c.p.c., per il caso di querela incidentale, dopo avere prescritto l'interpello della controparte, ma deve, ai soli fini del riscontro della fondatezza o non della querela, controllare che sulla genuinità del documento sia insorta contestazione, che di esso sia stato fatto uso, anche al di fuori di un determinato processo e che, per il suo contenuto, esso sia suscettibile di costituire mezzo di prova contro l'istante, mentre non ha rilievo l'ammissione della falsità da parte del soggetto nei cui confronti la querela è stata proposta Cass. 12130/2011 . Interesse a proporre querela di falso. L'interesse a proporre querela di falso in via principale, che tende a rimuovere erga omnes ” l'efficacia probatoria del documento che ne forma oggetto, sussiste in capo a tutti coloro nei cui confronti il medesimo documento è o può essere fatto valere Cass. n. 9013/1992 . La querela di falso è finalizzata a privare il documento impugnato della capacità probatoria al fine di impedire che esso costituisca fondamento per la formazione di un erroneo convincimento, oppure, accertare la veridicità del fondamento. Così operando, il documento viene sottratto alla efficacia che, diversamente, l’ordinamento giuridico gli accorderebbe. Nel caso di specie l’errata indicazione della data costituiva mero errore mentre i fatti in esso indicati restavano ineccepibili, compresa la mancata costituzione in giudizio del terzo che, a prescindere dal rinvio regolarmente comunicato, era contumace nel giudizio. Con queste argomentazioni, la S.C. ha respinto il ricorso e confermato la decisione della corte territoriale.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 7 luglio 2017 – 6 aprile 2018, n. 8483 Presidente Tirelli – Relatore Campanile Fatti di causa 1. Con sentenza depositata in data 21 agosto 2008 il Tribunale di Cagliari dichiarava improponibile la querela di falso proposta dal sig. P.C. - avente ad oggetto il verbale di udienza del 28 luglio 1999, disposta ai sensi dell’art. 543 cod. proc. civ. - nei confronti dell’avv. D.M.E. , il quale aveva proposto un’azione di accertamento di un debito vantato nei confronti del predetto P. da un proprio debitore, avv. Corrado Altea. 2. Con la decisione indicata in epigrafe la Corte di appello di Cagliari ha dichiarato inammissibile la querela di falso, rilevando che - era fondato il motivo di gravame con il quale si contestava la declaratoria di improponibilità della querela di falso avverso il verbale di udienza - la querela era tuttavia inammissibile, in quanto nel verbale era riportata per errore la data del 28 luglio 1999, nella quale l’udienza, contrariamente a quanto stabilito, non si era tenuta, essendo stata rinviata al 22 settembre 1999 nel verbale per errore era indicata la data originaria, già predisposta - essendo pacifico che il verbale si riferiva in realtà all’udienza del 22 settembre 1999, non poteva considerarsi falsa l’attestazione della mancata comparizione del P. , il quale per altro, come da lui stesso riconosciuto, era a conoscenza del rinvio dell’udienza del 28 luglio 1999 la querela di falso era in ogni caso inammissibile, in quanto - non essendo egli comparso all’udienza del 22 settembre la procedura relativa all’accertamento dell’obbligo del terzo non poteva considerarsi inficiata dall’erronea indicazione della data nel suddetto verbale, in relazione al cui accertamento il P. non era portatore di un interesse giuridicamente rilevante. 3. Per la cassazione di tale decisione il P. propone ricorso, affidato a cinque motivi, cui resiste con controricorso il D.M. . Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, deducendosi violazione e falsa applicazione degli artt. 2699 e 2700 cod. civ., 226, 537, 132, n. 4 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si sostiene che agli atti del procedimento esecutivo risulta presente il solo verbale che reca la data del 28 luglio, data in cui l’udienza non si era tenuta, nel quale erano attestati fatti non corrispondenti a verità, laddove non era predicabile la ricorrenza di un errore materiale, che non era rilevabile dal documento emergendo la circostanza relativa al differimento dell’udienza, in realtà, da un’attestazione del cancelliere in data 21 gennaio 2000 . 2. Con il secondo mezzo si deduce la nullità della decisione ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., sia in ordine alle conseguenze della pur affermata non rilevabilità immediata dell’errore materiale, sia in relazione all’assenza di interesse a proporre la querela di falso. 3. Sotto quest’ultimo profilo, con il motivo successivo, deducendosi violazione e falsa applicazione degli artt. 2699 e 2700 cod. civ., 100, 112, 130, 132, n. 4, 1, 226, 537, 543547 - 548- -549, 221 e 70 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si deduce, da un lato, che l’interesse alla declaratoria del falso può prescindere dagli effetti della successiva azione giudiziaria, e, dall’altro, che, in realtà, la contestazione non riguardava soltanto la data, ma la circostanza che l’udienza del 28 luglio 1999 non si era tenuta. Il P. avrebbe avuto interesse all’accertamento della non veridicità del documento posto alla base dell’azione giudiziaria intrapresa dalla controparte, anche in relazione al fatto che egli avrebbe dovuto essere avvisato del rinvio, e che l’accertamento della falsità avrebbe comportato la caducazione degli atti successivi all’udienza realmente tenutasi, per omessa applicazione dell’art. 485, cod. proc. civ., terzo comma. 4. Con la quarta censura la violazione delle norme sopra indicate viene prospettata in relazione al riferimento, nel dispositivo della sentenza impugnata, al verbale dell’udienza del 28 luglio 1999 , in maniera da affermarne la regolarità, in netto contrasto con la circostanza inerente all’omessa celebrazione di quell’udienza. 5. Con l’ultimo motivo si denuncia, da un lato, violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omesso esame di alcune questioni specificamente dedotte, e, dall’altro, violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., in quanto sarebbe stato conforme a giustizia compensarle per intero, così come avvenuto nel primo grado. 6. Preliminarmente deve rilevarsi l’inammissibilità del controricorso, notificato a mezzo del servizio postale, non essendo stata depositata la cartolina comprovante il ricevimento del plico da parte del destinatario. 7. Il ricorso, i cui motivi vanno esaminati complessivamente, attesa la loro intima connessione, è infondato. 8. Vale bene premettere che il ricorrente non contesta la ricostruzione operata nell’impugnata decisione, con particolare riferimento alla circostanza che l’udienza del 28 luglio 1999 non si era tenuta, essendo stata rinviata al 22 settembre successivo. La tesi difensiva del ricorrente, invero, si fonda proprio sulla non veridicità del verbale recante la data del 28 luglio 1999, con la precisazione che la falsità investiva non soltanto la data, ma l’intero contenuto l’interesse a proporre la querela di falso sarebbe correlato al fatto che non poteva attribuirsi rilievo alla mancata comparizione in data 22 settembre 2009, anche perché in tale data il P. non aveva obbligo di comparire, essendo stato convocato per il 28 luglio 1999, posto che il creditore procedente non gli aveva comunicato formalmente lo spostamento al 22 settembre 1999, come invece era necessario, stante la fase esecutiva . 9. Ad avviso del Collegio la declaratoria di inammissibilità della querela di falso, cui la Corte di appello è pervenuta anche osservando che nessun rilievo probatorio ha avuto e poteva avere nel giudizio di merito di accertamento dell’obbligo del terzo nel quale il P. è rimasto contumace, così giustamente affermato dal giudice di primo grado e come si evince dalle sentenze del Tribunale, della Corte di appello e della Corte di cassazione che hanno definito il predetto giudizio di merito, considerato che, come sopra detto, effettivamente il P. non è comparso all’udienza del 22.9.1999 , non appare scalfita dalle censure del ricorrente. 10. Non si tratta, infatti, di verificare se nella specie la materialità dell’errore presente nel verbale di udienza sopra indicato fosse o meno direttamente rilevabile, ovvero fosse necessario il ricorso alla querela di falso, ma, piuttosto, di considerare la funzione della sua proposizione in via principale, e, in tale ambito, operare una riflessione sulla connotazione dell’indefettibile requisito dell’interesse ad agire. Pur dovendosi rilevare che, ove la querela di falso sia proposta in via principale, il giudice non è tenuto al preliminare vaglio, al fine della valutazione dell’ammissibilità della domanda, della rilevanza del documento, come richiesto dall’art. 222 cod. proc. civ. per il caso di querela proposta in via incidentale Cass., 3 giugno 2011, n. 12130 , non può omettersi di osservare che la querela di falso proposta in via principale dà luogo a un giudizio autonomo, diretto a contestare l’autenticità di un atto pubblico, ovvero di una scrittura privata, anche se non riconosciuta, o legalmente, considerata tale, allo scopo di paralizzarne l’efficacia probatoria e a rendere inoperante ogni effetto giuridico ad esso attributo. Se, quindi, la querela di falso è intesa a privare il documento impugnato dell’attitudine a costituire strumento di prova a favore di chi possa su di esso fondare una propria pretesa, eliminando o rendendo privo di forza probatoria un documento suscettibile di determinare un falso convincimento del giudice, se esibito in un futuro e distinto processo Cass., 27 luglio 1992, n. 9013 l’interesse ad agire, con riferimento a tale impugnativa del documento, è quello di conseguire una certezza quanto alla falsità o genuinità dello scritto nei confronti di chiunque abbia mostrato di volersi concretamente avvalere di esso. Quando, poi, la querela attiene, come nella specie, a un documento che si inserisce - come momento imprescindibile - in una sequenza processuale, la valutazione in ordine alla sussistenza di un interesse a promuovere il relativo giudizio non può giammai avvenire - come pure sembra postulare il ricorso - in via astratta, dovendosi sempre considerare il risultato concreto cui la proposizione della querela di falso mira, che è quello di sottrarre al documento la particolare efficacia che l’ordinamento gli attribuisce, vale a dire di eliminare una situazione di incertezza oggettiva, tale da determinare un pregiudizio concreto ed attuale, in assenza di un accertamento giudiziale sulla res in iudicium deducta Cass., 10 settembre 2009, n. 19577 Cass., 17 maggio 2006, 11536 . 11. Nel caso in esame, come correttamente rilevato dalla Corte di appello, sia pure in termini sintetici, la questione alla cui soluzione il P. affermava fosse finalizzata la proposizione della querela di falso era già stata risolta con sentenza definitiva. 11.1. Per meglio intendere la portata di tale rilievo, deve preliminarmente richiamarsi il principio secondo cui la Corte di cassazione è tenuta, per dovere d’ufficio, a conoscere i propri precedenti Cass., 4 dicembre 2015, n. 24740 Cass., 5 marzo 2009, n. 5360 . Come affermato dalle Sezioni unite, questa corte è comunque tenuta a conoscerli per ragioni che nulla hanno a che fare con la sfera privata dei componenti il collegio, ma che si ricollegano alla stessa funzione istituzionale della cassazione quella funzione nomofilattica assegnatale dall’art. 65, dell’ordinamento giudiziario, per facilitare il cui assolvimento opera l’ufficio del massimario e sono predisposti presso la corte stessa archivi anche elettronici . Avuto, poi, riguardo ai principi affermati dalla nota pronuncia delle Sezioni unite n. 226 del 2001, che ha ricondotto invece il giudicato nella sfera delle questioni di diritto, sottolineando la natura pubblicistica dell’interesse al suo rispetto ed assimilando l’accertamento di esso all’individuazione della norma di diritto applicabile al caso in esame, si è rilevato che appare inammissibilmente artificioso sostenere che la corte debba conoscere un proprio precedente provvedimento per preservare l’uniformità della giurisprudenza in via generale, ma che, al medesimo tempo, dimentica delle esigenze di stabilità e di non contraddittorietà delle decisioni, essa debba ignorare la regula iuris che quello stesso provvedimento già contiene con preciso riferimento alla res iudicanda sottoposta al suo esame Cass., Sez. U, 17 dicembre 2007, n. 26482 . 11.2. Tanto premesso, vale bene richiamare la decisione di questa Corte del 22 agosto 2007, n. 17839, nella quale i problemi agitati nel ricorso in esame hanno trovato - fra le stesse parti - soluzione, nel senso che è stato giudicato infondato il rilievo secondo cui l’udienza del 28.7.1999, nella quale il terzo era stato chiamato a rendere la dichiarazione, non era stata tenuta, perché per quella data non era fissata alcuna udienza del giudice dell’esecuzione e la causa era stata rinviata d’ufficio al giorno 22.9.1999, senza alcun avviso al P. , che non era parte del giudizio. Si è infatti osservato che la Corte di appello aveva evidenziato, conformemente a quanto affermato dallo stesso ricorrente, che l’udienza del 28.7.1999 non fu tenuta e fu rinviata d’ufficio al 22.9.1999 che tale udienza fu regolarmente tenuta e ad essa non partecipò il P. , che doveva rendere la dichiarazione di terzo . È stato quindi affermato che il P. , non essendo parte nel procedimento di esecuzione, non aveva diritto a ricevere la comunicazione del rinvio dell’udienza ed aveva l’onere di costituirsi nel giudizio di accertamento. Mancando tale costituzione e la dichiarazione circa il suo credito, era legittimo applicare la disposizione dell’art. 232 cod. proc. civ., come previsto dall’art. 548, cod. proc. civ., comma 2 . 11.3. La definizione del procedimento nell’ambito del quale era sorta la questione relativa al verbale in esame, che, nella sostanza, si risolveva nell’accertamento della comparizione o meno del terzo debitore per rendere la dichiarazione prevista dall’art. 548 cod. proc. civ., nonché la specifica soluzione delle questioni alle quali, secondo quanto affermato dal ricorrente, era sottesa la proposizione della querela di falso in via principale, rendono palese, alla luce di quanto sopra evidenziato, la totale carenza di interesse in capo al P. in ordine alla stessa. 12. Rilevata, infine, la corretta applicazione del principio della soccombenza, ai fini del regolamento delle spese processuali sulla base dell’esito finale della lite, essendosi per altro disposta una compensazione parziale, deve concludersi per il rigetto del ricorso, senza alcun provvedimento in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, in considerazione dell’evidenziata assenza di una valida attività difensiva da parte dell’intimato. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.